N. 10 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 maggio 2006
Ordinanza emessa il 2 maggio 2006 (pervenuta alla Corte costituzionale il 9 gennaio 2007) dalla Corte di appello di Genova nel procedimento penale a carico di Fazzari Francesco ed altri Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento - Preclusione, salvo nelle ipotesi di cui all'art. 603, comma 2, se la nuova prova e' decisiva - Contrasto con il principio di ragionevolezza - Lesione dei diritti della persona offesa dal reato Violazione del principio di parita' delle parti - Violazione del principio della ragionevole durata del processo - Contrasto con i principi costituzionali in materia del ricorso alla Corte di cassazione. - Codice di procedura penale, art. 593, comma 2, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46; legge 20 febbraio 2006, n. 46, art. 10. - Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, 111, commi primo, secondo, sesto e settimo, e 112.(GU n.7 del 14-2-2007 )
LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento a carico di Fazzari Francesco, nato a Mammola (Reggio Calabria) il 1° ottobre 1926 (contumace), Fazzari Filippo, nato a Genova il 20 settembre 1951 (contumace); Casanova Federico, nato a Finale Ligure (Savona) il 16 ottobre 1940 (contumace); Bonorino Fiorenza, nata a Finale Ligure (Savona) il 21 febbraio 1936 (contumace) e Accame Eligio, nato a Tovo San Giacomo (Savona) il 12 novembre 1948 (gia' presente); Fazzari Francesco, Fazzari Filippo, Casanova Federico, Bonorino Fiorenza, imputati: A) del delitto di cui agli artt. 61, n. 5, 81 cpv., 110 e 434, commi 1 e 2 c.p., perche', in concorso tra loro ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso, Casanova e Bonorino, agendo quale intermediario anche a mezzo della S.r.l. Consorzio Artigiano Ecosistem in seguito denominata Fumeco, per l'attivita' di smaltimento di rifiuti tossico-nocivi (composti da elevate concentrazioni di benzene, toluene, cilene, cromo esavalente e piombo) provenienti da varie imprese situate sul territorio nazionale ed estero; Fazzari Francesco e Fazzari Filippo gestendo una cava abusiva di materiale lapideo in localita' Pattarello che di fatto veniva utilizzata, sfruttando i profondi scavi realizzati mediante l'attivita' di estrazione, quale copertura di una discarica abusiva di circa 20.000 fusti metallici contenenti i rifiuti de quibus e per un quantitativo complessivo pari a circa 13.000 tonnellate di rifiuti speciali che venivano direttamente interrati senza alcuna precauzione di sorta), nonche' adoperandosi per il materiale di occultamento di ulteriore analogo materiale tossico-nocivo, che veniva interrato presso le discariche comunali site in localita' Casei, Zerbetti ed ex Fumeco e per un consistente ancorche' imprecisato quantitativo complessivo; con l'aggravante di aver approfittato di circostanze di tempo e di luogo tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, in parte agito di notte per i lavori materiali di interramento presso le pubbliche discariche; B) del delitto di cui agli artt. 56, 81 cpv. e 110 e 439, comma 1 c.p., perche', in concorso tra loro in esecuzione del medesimo disegno criminoso, ponendo in essere la condotta di cui al capo A), compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad avvelenare le acque dei rii Pattarello, Bottasano e Maremola nonche' delle relative falde acquifere destinate, tramite i vicinari pozzi, all'alimentazione umana (prima che le stesse venissero attinte per il consumo) e non riuscendo nell'intento per causa indipendente dalla propria volonta', costituita dallo stato dei luoghi di interramento e dalle caratteristiche dei contenitori, tali da arginare temporaneamente la capacita' inquinante dei rifiuti tossico-nocivi, nonche' dalla successiva scoperta dei medesimi da parte della p.g.; con la recidiva reiterata per Fazzari Francesco e quella specifica per Fazzari Filippo. In Borghetto S. Spirito, Magliolo Andora e Tovo S. Giacomo dal 1982 al 1991 e fatti accertati nell'aprile 1992. Accade, imputato: F) del delitto di cui agli artt. 61, n. 2, 81 cpv. e 479 - 476 1 2 c.p., perche', in tempi diversi e con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, alfine d'eseguire il delitto di abuso di ufficio di cui al capo D) (stralciato) del decreto che dispone il giudizio del 2 marzo 1997, attesa la sua qualita' di sindaco, emettendo due ordinanze sindacali contingibili e urgenti, ai sensi dell'art. 12 del d.P.R. n. 915/1982, attestava falsamente fatti dei quali i detti atti erano destinati a provare la verita' e, segnatamente, nella prima (n. 2/1991) la sussistenza di un parere espressamente qualificato come favorevole dell'USL n. 5 e nella seconda (n. 1/1992) indirettamente qualificato tale. In Tovo S. Giacomo fino al 24 febbraio 1992. Il Tribunale di Savona, con sentenza in data 9 aprile 2001, assolveva i predetti perche' il fatto non sussiste. Con atto di appello in data 8 novembre 2001 il p.m., la P.C. Ministero dell'ambiente, la P.C. Regione Liguria, la P.C. World Wildlife Fund e la P.C. Associazione Italiana Legambiente impugnavano la sentenza del tribunale di Savona in data 9 aprile 2001 con la quale Casanova Federico, Fazzari Francesco, Fazzari Filippo, Bonorino Fiorenza e Accame Eligio erano stati assolti dai reati loro rispettivamente scritti perche' il fatto non sussiste. La sentenza impugnata esaminava l'imputazione di cui al capo A), premettendo un esame del concetto di disastro inteso in giurisprudenza come un evento di danno che espone a pericolo collettivo con effetti gravi complessi ed estesi un numero indeterminato di persone; ritenendolo un delitto a consumazione anticipata senza che sia necessario il prodursi dell'evento dannoso; e l'ipotesi di cui al capo B) per cui chi avveleni acque destinate all'alimentazione e' punito anche prima che le stesse vengano attinte senza la prova di un effettivo pericolo per le persone. Il tribunale quindi non riteneva configurabile il tentativo, perche' l'univocita' della condotta implica che all'agente puo' essere attribuito solo l'evento che debba considerarsi previsto e voluto, e, nel caso in esame, il dolo indiretto desumibile dalla condotta contestata, era incompatibile con la fattispecie di cui all'art. 56 c.p. La sentenza ricostruiva quindi i fatti in primo luogo sulla scorta delle dichiarazioni di Fazzari Filippo che aveva detto di aver ricevuto da Casanova Federico nel 1983 l'incarico di prelevare dall'area sita in Andora, detta «ex Fumeco» e dall'area sita in Tovo S. Giacomo, loc. Zerbetti circa 10.000 fusti provenienti da varie imprese che vennero trasportati e interrati nella cava Fazzari e altri nelle discariche di Tovo, Magliolo e ex Fumeco, per cui il Fazzari ne avrebbe sotterrati circa 2 o 3000 a Magliolo, un centinaio ad Andora e 10 o 15.000 a Tovo S. Giacomo. Cio' dietro compenso. La sentenza inoltre richiamava la deposizione del teste ispettore Iberto che aveva detto di aver rinvenuto nella cava di Borghetto Santo Spirito un lago di sostanza maleodorante fuori uscente dal costone di roccia franato, sostanza che i tecnici della Usl avevano indicato come tossico-nociva. Altresi' vennero rinvenuti dei sacchi di carta da 25 chili l'uno con la denominazione «cromato di piombo», e circa 20.000 fusti dai quali fuoriusciva un odore nauseabondo che aveva causato malori ai colleghi dell'ispettore. Per quanto riguarda il sito di Tovo San Giacomo il teste ha parlato di 1576 fusti contenenti metalli pesanti, cianuri, fenoli, solventi clorurati, TBC, pesticidi e altro. Quanto alla cava Fazzari, il teste Causa Renato, che vi aveva effettuato dei trasporti di circa 200-250 fusti, aveva parlato di terre sporche di olio combustibile o gasolio e aveva detto che si era poi rifiutato di proseguire nell'attivita'. Il consigliere di minoranza nel Comune di Tovo, Folco Nicolina ha parlato di un costante via vai di camion anche nelle ore notturne, camion che perdevano liquami. Il teste Cesio Gianni, membro del comitato ecologico della Val Maremola ha ricordato il transito di mezzi verso la discarica di Zerbetti, che trasportavano fusti in enorme quantita', del tutto incompatibile con le possibilita' di smaltimento dei forni che funzionava anche 24 ore al giorno. Il teste Giustini Andrea operaio presso la Fumeco fino al 1986 ha ricordato di aver visto centinaia di fusti sul piazzale della Fumeco e ha ricordato che era la ditta Fazzari a occuparsi dei lavori di movimentazione della terra all'interno del piazzale e di caricare questi fusti sui camion, cosi' come l'altro dipendente Puglies Crescenzo dal 1984 ha detto di aver visto arrivare ad Andora qualche centinaio di fusti da due quintali l'uno. Per quanto riguarda la discarica di Magliolo il teste Pesce Ignazio consigliere comunale fino al 1983 ha detto di aver visto il Casanova nel 1980 o 1981 scaricare con tre o quattro operai muniti di maschera liquami da un'autobotte versandoli in una buca e di avere visto una ventina di fusti dentro la discarica. Il teste Aramini, che gesti la discarica fino al 1981, ha detto di avere visto scaricare liquami che egli interrava. Roncelli Giancarlo, infermiere ospedaliero, ha ricordato di essere stato chiamato da alcuni abitanti di Magliolo, che si lamentavano di fumi acri provenienti dalla discarica e di aver constatato che questi davano fastidio a respirare e di aver visto poi sui fusti di legno l'immagine di un grosso teschio nero su fondo giallo e di aver rinvenuto un enorme lago di 40 metri quadrati circa ai piedi della discarica e di averne portato un campione all'ufficio igiene di Savona che rilevo' zinco rame e ferro. Il teste Scaletta Gianpiero, palista escavatorista, ha ricordato che fra il 1987 e il 1988 trovo' 4 5 fusti che contenevano una roba giallastra emanante un odore che gli diede il vomito e che egli ricevette l'ordine di sotterrare. La sentenza quindi aveva preceduto a verificare se fossero state eseguite analisi chimiche sulle sostanze rinvenute all'interno delle singole discariche e aveva preceduto ad esaminarne gli esiti. Pertanto quanto alla Cava Fazzari, ha detto che dalla relazione del 16 aprile 1992 della Usl 5 Finalese, emergono dieci prelievi di una sostanza rinvenuta in una pozza e un campione di sostanza polverosa color antracite prelevata da un fusto metallico e un residuo di materiale cartaceo imbevuto di sostanza sconosciuta color giallo. Ebbene, rileva il primo giudice, le analisi effettuate dai c.t. del p.m. nella relazione del 9 maggio 1992 avevano evidenziato che in soli cinque campioni su dieci prelevati erano presenti sostanze tossico nocive (benzene, toluene, piombo, cromo esavalente) in concentrazioni superiori al limite di legge. Ancora effettuati dalla Usl prelievi in alcuni pozzi posti a valle della discarica vi sarebbe stato un esito negativo quanto al pozzo 2 in localita' Orto, come nei pozzi e 5 e 7 di via Campo Sportivo, mentre dal pozzo 18 Ponte Autostrada il tetracloroetilene sarebbe stato inferiore al limite di legge e negativi anche altri campioni prelevati da una pozza vicino al piazzale silos di carico. In data 29 maggio 1992 su incarico del Comune di Borghetto Santo Spirito nelle discariche venne trovato il tetracloroetilene, ma in concentrazioni inferiori al limite di legge e i tecnici incaricati dissero che cio' non dipendeva dalla discarica, altrimenti si sarebbero contaminate le falde anche con altre sostanze inquinanti. In data 4 novembre 1992 il servizio igiene pubblica della Usl 5 affermava che era stata trovata la presenza nei pozzi Boissano, loc. Loree, SLA loc. Grascee e Loano nella valle Varatela dove sbocca il rio Pattarello, di organo alogenati, in quantita' inferiore ai limiti del d.P.R. n. 236/1981, ma comunque indesiderabili perche' riconducibili al tetracloroetilene, ma riteneva che la discarica abusiva fosse il fattore potenziale massimamente inquinante. Il primo giudice peraltro affermava che solo cinque campioni relativi alla cava Fazzari erano stati positivi e soltanto per il tetracoloroetilene. Quanto alla discarica loc. Zerbetti a Tovo San Giacomo, la sentenza rilevava come l'argomentazione fosse scarsa, come il 17 luglio 1992 i tecnici della Usl 5 l'avessero rinvenuto fusti, che il 17 febbraio 1994 il servizio igiene pubblica della Usl 2 savonese avesse rinvenuto tre campioni classificati come rifiuti speciali, n. 4232, 4233, 4234. Quanto all'area ex Fumeco di Andora il primo giudice parlava di un solo documento utile relativo al reinfustamento in 1532 nuovi contenitori del contenuto dei fusti rinvenuti a cielo aperto e del rinvenimento nelle trincee esplorative del piazzale teste di venti fusti e quali la concentrazione degli inquinanti era sempre inferiore ai limiti fatte salve poche eccezioni relative a solventi organici nello scavo T3 e a solventi clorurati rinvenuti dei fusti interrati. Circa la discarica di Magliolo la sentenza impugnata richiamava la perizia del 19 dicembre 1984 del pretore di Finale Ligure secondo la quale il sito era idoneo per la discarica essendo il sottosuolo poco permeabile mentre il percolato della discarica metteva a rischio la presa acquedotto di Tovo sita in alveo Maremola a 1750 m. a valle del punto di immissione nel fiume del percolato, ma le analisi chimiche erano negative. Dalla relazione 30 gennaio 1987 della Usl 5 finalese emergeva che i rifiuti erano di provenienza domestica. Infine la perizia del G.i.p. del Tribunale di Savona e in data 11 febbraio 1997, depositata il 22 dicembre 1997 richiamava rilevazioni eseguite tra il 29 luglio 3 agosto dello stesso anno che non avevano accertato masse, fusti e contenitori come in altra area della discarica, come quella dell'8/10 settembre stesso anno, e quanto all'esame delle acque sotterranee lungo la direttrice discarica-risorgenza Rue', non erano emerse concentrazioni apprezzabili di ammoniaca, cloruri, solfati. Il primo giudice quindi riteneva che non fosse emersa la prova certa, in assenza di dati certi sulla presenza, la composizione delle sostanze, la potenza inquinante, la capacita' di penetrare nel terreno, la velocita' di infiltrazione; e quanto alla composizione del terreno per quanto attiene alla permeabilita', ne' certezza su ciascun componente in relazione alle condizioni di occultamento, al tipo di recipienti utilizzati per lo stoccaggio e alle condizioni di conservazione di tali recipienti. E cio' per la cava Magliolo. Ne conseguiva inoltre che per la cava Fazzari i risultati positivi su soli cinque campioni non consentiva di affermare un pericolo per l'aria, il terreno, la flora, la fauna, il sistema ecologico. E ancora piu' il tentativo di avvelenamento delle falde acquifere non era provato, non essendo stata accertata la presenza degli inquinanti nelle acque monitorate per la discarica di Magliolo e per quella di Zerbetti. Altresi' il decreto del Pres. Cons. min. 28 maggio 1992 con il quale era stato dichiarato lo stato d'emergenza per fronteggiare il pericolo del rinvenimento in alcuni comuni della regione Liguria di rilevanti quantita' di rifiuti tossico nocivi in discariche abusive, non essendo supportato da dati tecnici che individuassero le sostanze inquinanti, il grado di tossicita', i rii interessati a tali sostanze e la presenza di falde destinate all'alimentazione al disotto e a valle di tali discariche, nonche' dati certi di agenti inquinanti, non era significativo per provare il fatto. Ne discendeva quindi, secondo primo giudice, il proscioglimento di Fazzari Filippo e Francesco, di Bonorino Fiorenza e Casanova Federico. Quanto all'imputazione a carico di Accame Eligio, la sentenza ha ritenuto che trattasi di fattispecie multipla a condotta tipica, e quella in esame sarebbe consistita in una richiesta di parere preventivo ai fini della emissione di un provvedimento urgente per la creazione di una discarica temporanea per rifiuti speciali in loc. Suia, da parte del Sindaco di Tovo San Giacomo al Direttore dei servizi di igiene pubblica della Usl 5 finalese, e cio' nell'ambito delle sue competenze, dovendo egli emettere una ordinanza contingibile e urgente in materia di smaltimento dei rifiuti accompagnata dal parere degli organi tecnici locali. Ebbene, la sentenza rilevava come ha Usl 5 avesse risposto in data 13 luglio 1990, tenuto conto dei rilievi ispettivi e della documentazione fotografica presentata, e affermava che sussisteva lo stato di necessita' della raccolta e lo smaltimento di questi rifiuti, cosicche' il 20 luglio 1990 il sindaco metteva l'ordinanza n. 15/1990, con la quale richiamava il parere favorevole espresso dall'Ufficio sanitario, e disponeva i lavori di approntamento e gestione di questa discarica. Presentato dal Comune di Borgio Verezzi ricorso al Tribunale amministrativo regionale contro tale ordinanza, il Tribunale amministrativo regionale la sospendeva, ma il 19 febbraio 1991 la Commissione lavori pubblici e ambiente del Comune di Tovo emetteva una seconda ordinanza per completare la detta discarica e cio' sulla base dei risultati di uno studio tecnico geologico della geologa Bellini e il sindaco emanava l'ordinanza n. 2/1991 con la quale dava avvio alla gestione della discarica in oggetto «visto il parere favorevole della Usl 5» e questa volta il Tribunale amministrativo regionale sul ricorso del Comune di Borgio Verezzi negava la sospensione. Ebbene l'ufficio d'igiene in data 7 marzo 1991 invitava l'imputato a modificare la sua ordinanza perche' il parere che l'imputato aveva richiamato non era stato favorevole, ma aveva attestato soltanto l'esistenza dello stato di necessita' della raccolta dei rifiuti. Tuttavia allo scadere dell'ordinanza 2/1991 imputato nei metteva un'altra, n. 1/1992, in cui veniva richiamato ancora il parere della Usl. Il primo giudice quindi rilevava come la tesi accusatoria riguardasse l'aver falsamente attestato nell'ordinanza 2/1991 che il parere della Usl fosse qualificato come favorevole, e nell'ordinanza 1/1992 lo fosse solo indirettamente, ma in entrambi i casi l'imputato avesse coscientemente e volutamente a richiamato un presupposto necessario per l'emanazione ma non sussistente, configurando cosi' il falso ideologico. La sentenza, viceversa, analizzando la risposta della Usl 5 finalese aveva detto che in essa v'era una valutazione positiva circa la necessita' di adottare soluzioni immediate al problema dell'abbandono sconsiderato sul territorio di rifiuti solidi urbani e assimilabili per cui essa era qualificabile come parere favorevole. Non solo, ma la comunicazione della dirigenza del servizio igiene pubblica all'imputato in data 7 marzo 1991, sebbene affermasse che quel parere non era favorevole, affermava anche che quella nota era funzionale ad attestare l'esistenza di uno stato di necessita' per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti e quindi in sostanza corrispondente a un concetto di parere favorevole, talche' il richiamarsi a tale parere non integrando il reato contestato. Con la sua impugnazione il procuratore della Repubblica contestava l'assunto del primo giudice per cui il delitto tentato di cui al capo B) non sarebbe compatibile con l'elemento psicologico del dolo indiretto, perche' il giudizio di pericolo risolvendosi in una prognosi ex ante attiene alla probabilita' che la situazione considerata produca l'evento temuto. Ne consegue che l'avvelenamento delle acque si caratterizza per l'immissione di sostanze tossiche in qualunque cosa qualora sia potenzialmente nocivo alla salute. Ne consegue quindi che la commissione del fatto, accettando il rischio altamente probabile dell'evento, e' condotta volontaria compatibile con il delitto tentato in termini di dolo diretto non intenzionale. Analogamente nel suo atto di appello agli affetti della responsabilita' civile la Regione Liguria lamentava che la sentenza non avesse indagato di dolo diretto non intenzionale in considerazione dell'imponenza dello sversamento dei rifiuti tossici nocivi in immediata contiguita' dei torrenti e falde acquifere suscettibili di contaminazione, come altresi' emergeva dalle ordinanze di numerosi Enti come il Comune di Borghetto Santo Spirito che dopo apposite analisi avevano vietato il consumo alimentare delle acque dei loro acquedotti. Quanto al reato sub a) e pure per il reato sub b) il Procuratore della Repubblica contestava l'assunto del primo giudice per cui l'elemento oggettivo non sarebbe stato provato, e la parte civile Regione Liguria richiamava Sez. I, 16 aprile 1987, n. 175744, per cui la inidoneita' degli atti, tale da configurare un reato impossibile, deve essere assoluta e cio' quando il mezzo strumentale non consenta neppure una situazione eccezionale del proposito criminoso, mentre il pericolo per la pubblica incolumita' deve essere considerato sotto il profilo potenziale indipendentemente da ogni altro evento esterno sopravvenuto. Sul piano fattuale, piu' esattamente, il Procuratore della Repubblica lamentava che il primo giudice non avesse esaminato la numerosa documentazione tra cui il verbale della Regione Liguria del 13 febbraio 1985 e il fatto che dall'istruttoria dibattimentale fosse emerso che la Fumeco ex Ecosistem potesse smaltire soltanto le 1500 tonnellate all'anno di rifiuti tossico nocivi e non le 5000 dichiarate da Neerfeld e da Bonorino. Lamentava inoltre che il tribunale non avesse apprezzato il fatto notorio che i rifiuti illecitamente smaltiti a causa del fenomeno della corrosione termica interna dei recipienti di ferro, fossero destinati a fuoriuscire inondando il sottosuolo. Rilevava come il fenomeno non fosse stato contestato neppure dai difensori degli imputati e d'altronde erano altamente significativi i lavori di bonifica costati 8 miliardi nella ex cava Fazzari, come il contenuto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 28 maggio 1992 con il quale era stato dichiarato lo stato di emergenza per fronteggiare il pericolo derivante dal rinvenimento in alcuni comuni della Regione Liguria di rilevanti quantita' di rifiuti tossico nocivi in discariche abusive e quanto espresso nella relazione 25 maggio 1992 del Ministro dell'ambiente relativo al contratto di appalto con le ditte che procedettero alla bonifica per la messa in sicurezza dei rifiuti tossico nocivi rinvenuti nel sito di Borghetto Santo Spirito, nell'area ex Fumeco di Andora e in quella di Tovo San Giacomo, loc. Zerbetti. Chiedeva quindi la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per accertare la natura e la pericolosita' delle sostanze ritrovate mense sicurezza anche in relazione alle modalita' con quelle stesse vennero stoccate ed interrate. Nel suo atto di impugnazione il Ministero dell'ambiente lamentava che il primo giudice avesse sottovalutato gli esiti dell'istruttoria dibattimentale e a rilevava che il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri sopra citato fosse un mero atto di amministrazione attiva emesso a seguito dell'accertamento di una situazione di pericolo sulla base degli elementi tecnici e obiettivi acquisiti, privo di rilevanza politica e tale da evidenziare la necessita' di disporre d'ufficio le perizie necessarie a confermare o meno i dati risultanti all'amministrazione dell'ambiente e alla Protezione civile, cioe' l'astratta idoneita' delle sostanze tossico nocivi ritrovate a integrare la fattispecie criminosa del disastro di cui all'art. 434 codice penale. Nel suo atto di appello la Regione Liguria richiamava le dichiarazioni confessorie e accusatorie dell'imputato Fazzari e quanto dichiarato dal teste Iberto, peraltro richiamate dalla sentenza impugnata, che contrastavano con la conclusione del primo giudice che aveva svalutato l'esito delle analisi positive sui cinque campioni della cava Fazzari, impropriamente raffrontate con le migliaia di fusti rinvenuti perche' le campionature furono soltanto dieci, talche' l'esiguita' dei prelevamenti effettuati non poteva escludere la rilevanza dell'enorme quantitativo di sacche fusti interrati e dell'apocalittica descrizione del luogo resa dalle teste Iberto all'udienza del 26 maggio 2000. Quanto alla discarica di Magliolo l'appello richiamava la deposizione dei testi Roncelli e Scaletta resa all'udienza del 5 ottobre 2000, peraltro richiamate dalla sentenza impugnata, che viceversa rispetto a quanto assunto dal primo giudice, trovavano riscontro nel d.P.C.m. del 28 maggio 1992 e nella relazione del Ministro dell'ambiente del 25 maggio 1992, l'equivalenza non e' di natura politica ma tecnica. Richiamava quindi l'entita' degli interventi di bonifica per Lit. 8 miliardi stipulati con la ATI Castaglia - Iritecnica e CO.GE.LI e la spesa di 4 miliardi e mezzo di lire sostenuta dalla regione Liguria per i soli anni 1992-1994. Altresi' venivano richiamati gli altri dati acquisiti nel corso dell'istruttoria dibattimentale. Quanto poi alla ascrivibilita' dei reati sub a) e b) agli imputati Fazzari Francesco e Fazzari Filippo venivano richiamate le deposizioni del teste Pesce Ignazio all'udienza 5 ottobre 2000 (p. 16) e Aramini Mario (p. 40) e e' evidenziata la responsabilita' del secondo per la confessione e del primo che gestiva con il figlio la cava essendo necessariamente consapevole della illiceita' dell'interramento dei rifiuti tossici nocivi. Quanto al Casanova il teste Causa Renato all'udienza del 7 giugno 2000 lo identificato come colui che agiva in concorso con Fazzari Francesco, e per la chiamata in correita' di Fazzari Filippo, avvalorata dai continui contatti del Casanova latitante all'estero per fatti analoghi a quelli per cui e' processo, e perche' il Casanova in data 1° agosto 1983 stipulo' fra la Ecosistem e la Fumeco un contratto di affitto di aziende utile per scaricare le responsabilita' inerenti ai fatti per cui e' processo sui pretesi affittuari dell'azienda, cioe' sui coniugi Neerfeld/Bonorino. Analogamente sarebbe emersa la responsabilita' della Bonorino Fiorenza che curava la gestione amministrativa della Fumeco e intratteneva tutti i rapporti relativi allo smaltimento dei rifiuti tossico nocivi che i forni della Fumeco non riuscivano a smaltire, anche perche' ex art. 2562 in relazione all'art. 2561 cod. civ., il latitante ha poteri di controllo sull'azienda affittata, limitati alla destinazione e al modo di conservare l'efficienza dell'organizzazione degli impianti e le normali dotazioni di scorte, senza potersi ingerire nella gestione dell'azienda medesima. Tuttavia, cio' nonostante, il Casanova anche dopo tale contratto, come ha detto il teste De Benedetti all'udienza del 4 ottobre 2000, continuo' a esercitare poteri sull'attivita' gestionale dell'azienda, dicendo che i coniugi Neerfeld-Bonorino, erano alquanto inesperti in relazione alla materia trattata dall'azienda e nonostante il formale gestore dell'azienda per conto di Casanova Federico fu lui a rimanere l'amministratore della Ecosistem, interessandosi di tutte le attivita' dell'azienda sul bene assunto dai coniugi Neerfeld-Bonorino, con il compito di tenere contatti tra loro e il Casanova latitante all'estero. Ne consegue quindi che Casanova era consapevole e si occupava dell'attivita' dell'azienda aspettata. E ancora la responsabilita' del Casanova sarebbe desumibile dalle dichiarazioni dell'imputata Bonorio. Circa il capo F) il Procuratore della Repubblica eccepiva l'errore del primo giudice che non aveva neppure preso in esame la pronuncia giurisprudenziale del Tribunale amministrativo regionale, che aveva censurato i provvedimenti emessi dall'imputato Accade. Infatti il presupposto delle ordinanze in questione era il carattere di eccezionalita' ed urgenza, mentre l'imputato aveva illecitamente richiamato i pareri necessari per emettere le sue ordinanze onde sostenere la costruzione di una mega discarica in grado di raccogliere gratuitamente per il comune di 1500 abitanti, che nulla sapevano, ma con gran guadagno per le proprie societa', fino a 300.000 tonnellate di rifiuti speciali. Ebbene, rilevava il procuratore nel suo atto di appello, la nota tecnica della Usl negava la situazione di urgenza e parlava solo della necessita', e negava anche il presupposto della eccezionalita', per cui il primo provvedimento contestato richiamava un parere favorevole, in termini di urgenza e di eccezionalita', che non era tale e cio' addirittura in violazione del provvedimento del giudice amministrativo in data 7 marzo 1991. E cio', nonostante la Usl avesse sollecitato l'imputato, e in data 7 giugno 1991 lo avesse fatto il presidente della giunta regionale, ma inutilmente perche' l'imputato emise la seconda ordinanza con la quale aveva richiamato la sua precedente, lasciando intendere che il parere richiamato fosse ancora favorevole. La rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per accertare la natura e la pericolosita' delle sostanze era chiesta anche dalle altre due parti civili che avevano proposto, come si e' detto sopra, appello incidentale. Nelle more della trattazione di questo processo in secondo grado e' entrata in vigore la legge 20 febbraio 2006, n. 46, che ha escluso il potere della parte pubblica di impugnare con il mezzo dell'appello le sentenze di proscioglimento, salvo il caso qui non pertinente della prova nuova scoperta nel periodo che va dalla deliberazione della sentenza di primo grado alla scadenza del termine per impugnare, cosi' innovando l'art. 593 c.p.p. Tale legge ha pure espressamente disciplinato il regime transitorio, differentemente da quanto era accaduto con la provvisoria modificazione introdotta allo stesso art. 593 c.p.p. dall'art. 18, legge 24 novembre 1999, n. 468, prevedendo al primo comma dell'art. 10 l'applicazione anche ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore, e quindi prevedendo ai commi 2 e 3 le modalita' della dichiarazione di inammissibilita' degli appelli avverso le sentenze di proscioglimento non definiti, e una sorta di restituzione nei termini per proporre, in tali casi, il ricorso per cassazione. Il procuratore generale, all'udienza del 28 aprile 2006 ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593, secondo comma c.p.p., cosi' come modificato dall'art. 1, legge 20 febbraio 2006, n. 46 e 10 della stesa legge, in relazione con gli artt. 3, 24, primo comma, 111, primo, secodo, sesto e settimo comma, 112 della Costituzione in quanto non consentono l'appello del p.m. avverso le sentenze di proscioglimento. Le parti hanno concluso come in atti. All'esito della discussione la Corte osserva: Deve aversi riguardo, in primo luogo, al principio costituzionalmente fissato, per cui la Corte di cassazione e' giudice di legittimita' e non di merito, per cui lo sconfinamento nel merito introdotto dalla legge n. 46/2006 che ha novellato l'art. 606 c.p.p., consente solo un limite di controllo dell'applicazione delle regole legali di motivazione e di giudizio come disciplinato dagli artt. 190, 192, 526 e 546, comma 2 c.p.p., quanto ai criteri di valutazione della correttezza di una razionale motivazione di fatto. Ne consegue che la Cassazione non puo' esercitare un controllo su errori di giudizio che dipendano da profonda incomprensione del valore e del significato delle prove, dall'appiattimento sulle risultanze del contraddittorio tra le parti in violazione del principio per cui nel nostro processo il giudice ha comunque il dovere di ricercare la verita' e di stimolare ulteriormente il contraddittorio a questi fini, da mancata estensione delle indagini imposta dai risultati della prova, dalla mancata esplorazione di altri percorsi cognitivi che i risultati della prova avrebbero consentito, dal mancato approfondimento dell'attendibilita' della prova, al di la' dei consueti schemi di valutazione che non costituiscono un numero chiuso, e cosi' via seguitando lungo una casistica amplissima. E quindi la limitazione del potere di appello del p.m. di cui all'art. 593 c.p.p. novellato e' limitazione che si riverbera sul controllo degli errori di giudizio sopra indicati. Tanto premesso, in secondo luogo, avendo riguardo al principio costituzionalmente garantito del contraddittorio in condizioni di parita' di cui al secondo comma dell'art. 111 Cost., che la Corte costituzionale, quanto all'impugnazione, non ha pero' sempre garantito simmetricamente al pubblico ministero rispetto al potere di impugnazione dell'imputato, atteso che «La diversita' dei poteri spettanti ai fini delle impugnazioni, all'imputato e pubblico ministero, e' giustificata dalla differente garanzia rispettivamente loro assicurata dagli artt. 24 e 112 della Costituzione» (cfr. sentenza Corte cost. n. 98 del 1994), deve evidenziarsi che tale principio si pone in relazione con quello, costituzionalmente garantito, che, di tale processo, «La Legge e assicura la ragionevole durata». Ebbene, deve allora evidenziarsi come, se, da un lato, le limitazioni al potere di appello del p.m., erano imposte dall'obiettivo primario di una rapida e completa definizione di alcune tipologie di processi svoltisi in primo grado, dall'altro, il concetto di «ragionevole» durata, e non di «breve» durata, impone di chiarire che il concetto di «ragionevolezza», introdotto altresi' nell'art. 533 c.p.p. dall'art. 5, legge n. 46/2000, attiene strettamente a quello di giustizia sostanziale, per cui la decisione presa dal giudice di merito, non deve solo essere «giusta», ma «ragionevolmente» giusta, atteso che l'accertamento del processo penale e' sottoposto a logica argomentativa e non a logica dimostrativa, per cui l'affermazione di responsabilita' non richiede un'impossibile certezza, ma soltanto un'elevatissima probabilita' della fondatezza dell'accusa, talche', e proprio per questo, e' esposto agli errori sopraevidenziati. E infatti il sistema costituzionale, come emerge dal concetto di «ragionevole durata», non e' indifferente al risultato del processo. Ma poiche' il risultato del processo e' tale da rispondere anche alle esigenze di equilibrio degli interessi contrapposti della collettivita' e delle vittime del reato, qualora la sentenza di proscioglimento sia il frutto di uno dei detti errori sottratti al controllo della Corte di cassazione, ne consegue che, nella nuova formulazione dell'art. 593 c.p.p., anche la collettivita' e le vittime del reato vedono vanificati i poteri loro attribuiti dall'art. 572 c.p.p., al perseguimento di una decisione finale che elida il piu' possibile la forbice tra verita' processuale e verita' sostanziale, in un contesto di ragionevole durata ed efficienza del processo. Ne consegue che l'introduzione di una selezione di regime giuridico fondata su scelte arbitrarie che turbano il canone dell'uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., incide sul giudizio di ragionevolezza, cosi' come ha affermato la Corte costituzionale nella sentenza n. 89 del 1996, per cui «la disamina della conformita' di una norma a quel principio deve svilupparsi secondo un modello dinamico, incentrandosi sul perche' una determinata disciplina operi, all'interno del tessuto egualitario dell'ordinamento, quella specifica distinzione, e quindi trarne le debite conclusioni in punto di corretto uso del potere normativo. Il giudizio di eguaglianza, pertanto, e' un giudizio di ragionevolezza, vale a dire un apprezzamento di conformita' tra la regola introdotta e la "causa" normativa che la deve assistere: ove la disciplina positiva si discosti dalla funzione che la stessa e' chiamata a svolgere nel sistema e ometta di operare il doveroso bilanciamento dei valori che in concreto risultano coinvolti». Paiono quindi violati anche gli artt. 3 e 24, primo comma della Costituzione nella parte in cui le norme impugnate non consentono con previsione irragionevolmente discriminatoria, la uguale difesa in sede penale dei diritti della persona offesa dal reato, garantita dalla disciplina di cui all'art. 572 c.p.p. Ne consegue, allora, e inoltre, che l'aver negato al pubblico ministero il diritto di critica argomentata della decisione finale, quando la decisione possa essere ex post considerata oggettivamente errata e ingiusta, viola i principi codificati negli artt. 3, 24, primo comma, 111 primo, secondo, sesto e settimo comma della Costituzione.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593, secondo comma c.p.p., cosi' come modificato dall'art. 1, legge 20 febbraio 2006, n. 46 e 10 della stessa legge, per violazione degli artt. 3, 24, primo comma, 111, primo, secondo, sesto e settimo comma e 112 Costituzione, in quanto non consentono l'appello del p.m. avverso le sentenze di proscioglimento; Sospende il processo e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Visti gli artt. 128, 125 e 548 c.p.p.; Riserva a cinque giorni il deposito dell'ordinanza. Genova, addi' 28 aprile 2006 Il Presidente estensore: Settembre 07C0147