N. 95 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 giugno 2006

Ordinanza   emessa   il   5   giugno   2006   (pervenuta  alla  Corte
costituzionale   l'8  febbraio  2007)  dal  Tribunale  Amministrativo
regionale della Campania sul ricorso proposto da E.CO. Quattro S.p.A.
contro  Commissario  del  Governo  delegato  per l'emergenza rifiuti,
bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania ed altri.

Giustizia  amministrativa  -  Tribunali  amministrativi  regionali  -
  Controversie  relative  alla  legittimita'  delle  ordinanze  e dei
  consequenziali  provvedimenti  commissariali  adottati  in tutte le
  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1,
  della   legge   24 febbraio   1992,  n. 225  -  Attribuzione  della
  competenza  esclusiva  in  primo  grado al Tribunale amministrativo
  regionale  del  Lazio  -  sede  di  Roma  -  Denunciata lesione dei
  principi  di  uguaglianza, ragionevolezza e non arbitrarieta' della
  legge  con  specifico  riguardo  alla  deroga  al  principio  della
  competenza  del Tribunale amministrativo regionale della Regione in
  cui  il  provvedimento e' destinato ad avere incidenza - Denunciata
  lesione del principio del giudice naturale precostituito per legge.
- Decreto  legge 30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione, artt. 3 e 25.
(GU n.11 del 14-3-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4309/03 reg.
gen. proposto   da  E.CO.  Quattro  S.p.A.,  in  persona  del  legale
rappresentante  pro-tempore  dott.  Giovanni  Trapani rappresentata e
difesa dall'avv. Carlo Russo, con lo stesso elettivamente domiciliata
in Napoli alla via F. Caracciolo n. 15;
    Contro  Commissario  di Governo delegato per l'emergenza rifiuti,
bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania, in persona del
presidente pro tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Napoli, presso la stessa
legalmente  domiciliata  in  Napoli, Regione Campania, in persona del
presidente pro-tempore della Giunta regionale, n. c., e nei confronti
di   Iacorossi   S.p.A.,   in  persona  de  legale  rappresente,  per
l'annullamento  dei  provvedimenti,  di  estremi e contro ignoti alla
ricorrente, concernenti l'affidamento alla societa' controinteressata
dell'esecuzione degli interventi di bonifica e rinaturalizzazione dei
siti  inquinati  del litorale domizio-flegreo e dell'agro aversano, e
per la declaratoria del diritto al risarcimento dei danni; sui motivi
aggiunti  rappresentati  dalla societa' ricorrente per l'annullamento
della  convenzione  stipulata  in data 19 aprile 2002 tra la regione,
Commissario   di   Governo  ex  ordinanza  ministeriale  2425/1996  e
Iacorossi   S.p.A.   Fintermica  S.p.A.;  della  delibera  di  giunta
regionale  n. 4414  del  26 settembre 2001 concernente l'approvazione
dello schema di convenzione; del progetto 2168/CD del 31 gennaio 2001
presentato  da  Iacorossi  concernente il progetto di gestione per la
bonifica  e  rinaturalizzazione  dei  siti  inquinati  del  «litorale
Domizio  Flegreo  ed Agro aversano» sito di interesse nazionale della
convenzione  prot.  n. 1629  del  22  maggio  2001  con  la  quale il
Ministero  del  lavoro  e  della  previdenza  sociale,  il  Ministero
dell'ambiente,  il  Commissario  governativo  per l'emergenza rifiuti
della  Regione  Campania,  il  Presidente  della  Giunta  regionale e
l'Assessorato regionale al lavoro procedevano all'affidamento diretto
alla Fintermica, e per essa alla Iacorossi, della predisposizione del
progetto ed alla esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino
ambientale  del  suddetto sito; di ogni altro atto connesso; e per la
condanna  delle  amministrazioni  intimate  al risarcimento del danno
ingiusto derivante dagli illegittimi provvedimenti impugnati.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura di Stato
con la produzione allegata;
    Vista la memoria difensiva prodotta dalla societa' ricorrente;
    Vista  la  documentazione  depositata  dalla  difesa  erariale  a
seguito degli incombenti istruttori disposti;
    Viste le produzioni delle parti;
    Visti gli atti tutti di causa;
    alla  pubblica  udienza  del  19  aprile  2006, relatore il cons.
Donadono, uditi gli avvocati presenti di cui al verbale di udienza.

                              F a t t o

    Con  ricorso  notificato il 17 aprile 2003, la ECO Quattro S.p.A.
impugnava  gli  atti  con  i quali la regione e/o il Commissariato di
Governo  avrebbero  affidato alla societa' Iacoiossi la realizzazione
di  interventi  di bonifica di siti inquinati rientranti nell'area in
cui  operava  la  ricorrente quale gestore del servizio integrato dei
rifiuti.
    Con  ordinanze  n. 753  del 31 agosto 2005 e n. 66 del 20 gennaio
2006  venivano disposti incombenti istruttori ai quali il Commissario
di  Governo  per  l'emergenza  bonifiche  e  tutela delle acque nella
Regione   Campania  dava  esecuzione  depositando  la  documentazione
allegata alla produzione del 27 febbraio 2006.
    Indata 18 aprile 2006 la societa' ricorrente depositava una copia
dei motivi aggiunti in corso di notifica.
    Ulteriore   documentazione   veniva   depositata  successivamente
all'udienza di discussione della causa.

                            D i r i t t o

    1.  -  Preliminarmente va dato atto che non si puo' tenere conto,
ai  fini  della decisione, dei documenti depositati dopo l'udienza di
discussione della causa.
    2.  -  E'  controversa  la  legittimita'  di  atti  relativi alla
esecuzione  di  interventi  di  bonifica, adottati dal Commissario di
Governo delegato in forza dell'ordinanza del Presidente del Consiglio
dei  ministri  n. 2425 del 18 marzo 1996 e delle successive ordinanze
di  modifica ed integrazione, per fronteggiare lo stato di emergenza,
verificatosi  nella  regione Campania, nel settore dei rifiuti, delle
bonifiche  e  della  tutela  delle acque, in applicazione dell'art. 5
della legge n. 225 del 1992.
    2.1. - Nelle more del giudizio e' intervenuta la legge 27 gennaio
2006,  n. 21,  con  la  quale  sono  stati  inseriti  all'art. 3  del
decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, in sede di conversione dello
stesso,   tre  nuovi  commi  (commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater)  che
attribuiscono  al  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede
di  Roma,  la  competenza a conoscere dei provvedimenti commissariali
nelle  situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma
1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    Piu' precisamente, i predetti commi dispongono:
    «2-bis.  In  tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
dell'articolo  5,  comma  1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta  in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari,
al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    2-ter.   Le  questioni  di  cui  al  comma  2-bis  sono  rilevate
d'ifficio.  Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito
con  sentenza  succintamente motivata ai sensi dell'articolo 26 della
legge  6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando
applicazione  i  commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa
legge.
    2-quater.  Le  norme  di  cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso.»
    Le  citate  disposizioni  (che  vengono ad affiancarsi alle altre
ipotesi in cui la legge riserva al Tribunale amministrativo regionale
centrale   la   cognizione   su   controversie   diverse   da  quelle
ordinariamente  devolute: cfr. l'art. 33 della legge n. 287 del 1990;
l'art. 1, comma 26, della legge n. 24 del 1997; l'art. 17 della legge
n. 195  del  1958,  come sostituito dall'art. 4 della legge n. 74 del
1990;  e,  da  ultimo,.  l'art.  3 del decreto-legge n. 220 del 2003,
convertito  con in legge n. 280 del 2003, sul quale e' in buona parte
ricalcata   la   normativa   ora   in  esame)  riguardano  dunque  le
controversie  aventi  ad  oggetto  le  ordinanze  ed  i provvedimenti
consequenziali  emanati  dall'autorita'  commissariale  incaricata di
fronteggiare  le situazioni di emergenza deliberate dal Consiglio dei
ministri,  ai  sensi  dell'art. 5, comma 1, legge n. 225 del 1992, in
occasione  di  calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per
intensita'  ed  estensione,  debbono  essere  affrontati  con mezzi e
poteri straordinari.
    In  questa  materia, la disciplina ordinaria regolante il riparto
della   competenza   territoriale   tra  i  tribunali  amministrativi
regionali viene modificata sotto due principali profili:
        il  comma  2-bis  prevede che la competenza di primo grado e'
devoluta  in  via  esclusiva al Tribunale amministrativo regionale di
Roma, in deroga agli artt. 2 e 3 della legge n. 1034 del 1971:
        il  comma  2-ter  prevede  che  il difetto di competenza, che
investe  anche  il  potere  cautelare.  deve  essere  rilevato  anche
d'ufficio  e determina la definizione del giudizio incardinato presso
il   tribunale  amministrativo  incompetente,  in  deroga  al  regime
previsto dall'art. 31 della stessa legge n. 1034.
    Inoltre,  in  base al comma 2-quater, l'attribuzione al Tribunale
amministrativo  regionale  Lazio  di  questa nuova competenza di tipo
funzionale  e'  assistita  da  una  disciplina  transitoria che rende
applicabile  il  nuovo  criterio  di riparto anche ai giudizi gia' in
corso  alla  data  della  sua  entrata  in  vigore;  le stesse misure
cautelari  gia'  adottate  restano  soggette ad un riesame innanzi al
Tribunale   amministrativo   regionale   Lazio,  al  quale  la  parte
interessata puo' riproporre ricorso.
    La  nuova  disciplina investe percio' anche il presente giudizio,
in forza de1la predetta disposizione di diritto intertemporale.
    2.2. - A riguardo il ricorrente obietta che nella specie le norme
sopravvenute  sarebbero  applicabili  in  quanto  gli  atti impugnati
prescinderebbero dall'esercizio dei poteri straordinari attribuiti al
Commissario  delegato, riguardando piuttosto l'affidamento diretto di
interventi,  ai  sensi  dell'art. 10,  comma 3, del d.lgs. n. 468 del
1997,  in  relazione  ad  un  progetto  di  stabilizzazione di lavori
socialmente utili.
    L'eccezione  va  disattesa.  Infatti l'ampia portata dell'art. 3,
comma  2-bis  del decreto-legge n. 245 del 2005 comprende non solo le
controversie  aventi  ad oggetto le ordinanze adottate in deroga alle
disposizioni  di  legge,  ma  si  estende  anche  all'impugnativa dei
«consequenziali  provvedimenti  commissariali»  e  cioe'  di  tutti i
provvedimenti emanati dai commissari delegati (art. 5, comma 4, della
legge  n. 225  del 1992) per l'attuazione degli interventi rientranti
nell'ambito   della   propria   competenza,   come  definita  con  la
dichiarazione  dello  stato  di  emergenza  (art. .5,  comma 2, della
ripetuta  legge n. 225). In tale quadro vanno comunque annoverati gli
atti  commissariali che riguardano la progettzione e la realizzazione
delle opere di bonifiche in questione.
    3.  -  Il Collegio dubita della legittimita' costituzionale delle
disposizioni  ora  richiamate,  che  imporrebbero  la definizione del
presente   processo   con   sentenza  dichiarativa  di  incompetenza,
ritenendo che le stesse contrastino con gli artt. 3 e 25 Cost.. ed in
particolare  con  i  principi  di  uguaglianza,  ragionevolezza e non
arbitrarieta' della legge, naturalita' del giudice, per le ragioni di
seguito esposte.
    3.1. - L'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto legge
n. 245  del  2005,  laddove  devolvono  al  Tribunale  amministrativo
regionale  del  Lazio  di  Roma  la competenza funzionale nei giudizi
aventi  ad  oggetto  le  ordinanze  ed i provvedinienti emanati nelle
situazioni  di  stato  di  emergenza  deliberate  dal  Consiglio  dei
ministri  ai  sensi  dell'art. 5,  comma  1, della legge n. 225/1992,
appaiono,   in   primo  luogo,  in  conflitto  con  il  principio  di
uguaglianza  sancito  dall'art. 3 Cost., sotto il suo duplice profilo
della parita' di trattamento e della ragionevolezza della legge.
    La   nuova   disciplina   determina,  infatti,  un'ingiustificata
disparita'  di  trattamento  tra  i  destinatari  di  provvedimenti a
efficacia  infraregionale (come quelli oggetto del presente giudizio)
emanati  dai  commissari  per l'emergenza delegati localmente, il cui
giudice   e'   individuato   dalla   legge  in  esame  nel  Tribunale
amministrativo  regionale  Lazio in via esclusiva, ed i detinatari di
analoghi   provvedimenti  emanati  da  altre  autorita'  locali,  che
permangono  assoggettati  agli ordinari criteri di riparto dettati in
via  generale  dagli artt. 2 e 3 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034,
ancorche'  assumano  carattere  di  emergenza  e  siano  adottati  in
situazioni   di   eccezionale   pericolo  da  altre  autorita'  (cfr.
l'art. 50,  com  ma  5,  del d.lgs. n. 267 del 2000, e l'art. 117 del
d.lgs.  n. 112  del 1998, in parte qua tenuto fermo dagli artt. 5 e 6
del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito con la legge n. 401 del
2001).
    3.2.  -  Sotto  il  profilo  sostanziale, inoltre, la deroga agli
ordinari  canoni  di  riparto  tra i diversi tribunali amministrativi
regionali,  fondati  sulla  efficacia  territoriale dell'atto e sulla
sede  dell'autorita'  emanante, non appare sorretta da alcun adeguato
fondamento  giustificativo  e  si  risolve, percio', in una manifesta
violazione di quel principio di ragionevolezza che costituisce limite
alla  discrezionalita' legislativa in materia di determinazione della
competenza  territoriale  (cfr. Corte cost. sentenze n. 228 del 1998,
n. 452 del 1997, n. 117 del 1990).
    Giova   rammentare,   infatti,   il   giudice  delle  leggi,  nel
riconoscere  al  legislatore  ampia  discrezionalita' nell'operare il
riparto  di competenza fra gli organi giurisdizionali, ha non di meno
evidenziato  l'esigenza  di  osservare  il  rispetto de] principio di
uguaglianza e, segnatamente, del canone di ragionevolezza (cfr. Corte
cost., 22 aprile 1992, n. 189); tant'e' che la disposizione in quella
circostanza  sottoposta  allo  scrutinio  di  costituzionalita' venne
dichiarata  immune  da  vizi  sotto  questi  profili  in  quanto  era
riscontrabile la sussistenza di un adeguato fondamento giustificativo
per   la   deroga  agli  ordinari  criteri  di  determinazione  della
competenza.
    Invero,  nella specie tale deroga non puo' essere ragionevolmente
giustificata  dalla rilevanza degli interessi sottesi alla situazione
di  emergenza nel cui ambito si iscrivono gli atti commissariali, ne'
in  un  presunto  sospetto  in ordine ad un eventuale condizionamento
ambientale  del  tribunale  amministrativo  locale,  derivante  dagli
eventi   emergenziali   e   dai   mezzi   eccezionali  applicati  per
affrontarli.
    Nell'ordinamento processuale, infatti, le problematiche attinenti
alla sottrazione dell'organo giudicante a condizionamenti, tensioni e
turbamenti  locali trovano soluzione con altri sistemi di spostamento
della competenza che, comunque, escludono l'accentramento di tutte le
controversie  innanzi  ad  un  unico  organo  (cfr.  art. 11 c.p.p.).
Peraltro, se tale fosse la ragion d'essere della disposizione, non vi
sarebbe motivo di ritenere che un unico organo giudiziario sia immune
da  siffatti  inconvenienti per le controversie relative a situazioni
riguardanti il proprio ambito territoriale di insediamento.
    Che  non  vi  sia  una particolare esigenza in tal senso e', poi,
dimostrato  dal  fatto che le ordinarie disposizioni di riparto della
competenza territoriale non soffrono eccezioni nelle altre ipotesi in
cui  l'ordinamento consente l'esplicazione di poteri extra ordinem in
presenza di situazioni di eccezionale pericolo (il riferimento e', in
primo luogo, alle ordinanze contingibili ed urgenti di competenza del
sindaco,  della  regione  o dello Stato, nei casi di cui all'art. 50,
comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, e all'art. 117 del d.lgs. n. 112
del 1998).
    Particolarmente significativa e', altresi', la circostanza che il
legislatore  del  2006  non  abbia  concentrato  innanzi  al medesimo
Tribunale  amministrativo  regionale tutte le controversie in materia
e,  in  primo  luogo, quelle concerenti la stessa dichiarazione dello
stato  di  emergenza e la nomina del commissario delegato. La riserva
di  competenza  a favore del Tribunale amministrativo regionale Lazio
disposta dall'art. 3, comma 2-bis, citato riguarda, infatti, soltanto
le   ordinanze  ed  i  provvedimenti  commissariali  e  non  anche  i
provvedimenti  dichiarativi  dello  stato di emergenza (con efficacia
infraregionale)  o  i  provvedimenti del Presidente del Consiglio dei
ministri  di  nomina  dei commissari delegati (art. 5, comma 4, della
legge  n. 225  del  1992),  la  cui  cognizione  rimane  affidata  al
Tribunale  amministrativo regionale locale (in base all'art. 3, comma
2,  della legge n. 1034 del 1971). Il che costituisce ulteriore segno
sintomatico della irrazionalita' della norma.
    Neppure costituisce giustificazione razionale della disciplina in
esame    una    presunta    esigenza   di   uniformita'   d'indirizzo
giurisprudenziale in materia, sia perche' nel sistema della giustizia
amministrativa  la  funzione  nomofilattica  appaitiene al giudice di
appello,  sia  perche' la natura extra ordinem che possono assumere i
provvedimenti  emanati  in  virtu'  dell'art. 5, comma 2, della legge
n. 255/1992  li  dota  di  caratteristiche  singolari e difficilmente
riducibili  ad unita'. Senza considerare, poi, che essi possono avere
ad  oggetto  le  materie  piu' diverse, dalle procedure concorsuali a
quelle ablative, dalla provvista e gestione delle risorse materiali e
personali,   all'organizzazione,   oltre  che  ovviamente  le  misure
contingibili ed urgenti di contenuto piu' disparato.
    Peraltro   non  sembra  ipotizzabile  una  diversa  qualita'  del
Tribunale   amministrativo   regionale   del  Lazio  insediato  nella
Capitale,  con  la configurazione di una sorta di supremazia rispetto
agli altri tribunali amministrativi periferici.
    Invero  un  indizio  di  tale  intendimento si potrebbe cogliere,
oltre    che    nella   proliferazione   di   materie   che   vengono
progressivamente  accentrate  nel  Tribunale  romano, nella specifica
previsione,  del comma 2-quater dell'art. 3 in esame, di un peculiare
potere  (avulso  non solo dal sistema della giustizia amministrativa,
ma anche dai principi giusprocessualistici, tendenti ad escludere una
doppia  pronuncia  sulla  stessa  questione di due diversi giudici di
pari  grado)  relativo alla «modifica o revoca» delle misure cautelri
gia'  adottate  nei  giudizi  pendenti  innanzi  ad  altri  Tribunale
amministrativo  regionale  anche a prescindere dai presupposti (fatti
sopravvenuti)   ordinariamente   previsti  dall'art. 21  della  legge
n. 1034 del 1971 per l'ammissibilita' di siffatte determinazioni.
    Sennonche' un tale disegno creerebbe una evidente assimmetria tra
i  tribunali  amministrativi  che  andrebbe  ben  oltre  le questioni
relative  ai  criteri  di riparto delle competenze (basate sulla sede
dell'autorita'  emanante  e  sull'ambito  territoriale  di  efficacia
ultraregionale  dei  provvedimenti  emanati  delle autorita' centrali
dello  Stato) finendo anche con l'incidere sull'assetto ordinamentale
della  giustizia  amministrativa,  delineato nell'art. 125 Cost., che
pone  sullo  stesso piano tutti gli organi giudiziari di primo grado,
aventi  pari  funzioni  ed  ugualmente  sottoposti  al  sindacato del
Consiglio di Stato, come giudice di appello.
    Infine,  nessuna  indicazione  utile  per  l'individuazione delle
finalita'  perseguite dal legislatore attraverso i commi 2-bis, 2-ter
e 2-quater dell'art. 3, d.l. n. 245/2005, e' dato desumere dagli atti
parlamentari,  e  in  particolare  dal  resoconto  stenografico della
seduta  n. 926  del  20 dicembre 2005 dell'Aula del Senato, nel corso
della  quale  l'emendamnto  governativo contenente l'introduzione dei
suddetti  commi  e'  stato  posto  in  votazione  ed approvato, e dai
resoconti delle successive sedute della Camera dei deputati.
    Per  tali  ragioni,  le  disposizioni dell'allegato alla legge 27
gennaio  2006,  n. 21,  e  in  via  conseguenziale dell'art. 3, commi
2-bis,  2-ter e 2-quater, del d. l. n. 245/05 risultano irragionevoli
e percio' contrarie all'art. 3 Cost.
    3.3.  - L'assenza .di un adeguato fondamento giustificativo della
nuova  competenza  funzionale  attribuita al Tribunale amministrativo
regionale   del   Lazio   -  slegata  da  un  razionale  criterio  di
collegamento  col  giudice  designato  -  induce  questo  Tribunale a
dubitare  della legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis,
2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 245 del 2005, introdotti dalla
legge  di  conversione, anche per contrasto col principio del giudice
naturale posto dall'art. 25, comma 1 Cost.
    Il Collegio non ignora che nella giurisprudenza costituzionale e'
stata  piu'  volte  affermata  l'equivalenza dei termini «naturale» e
«precostituito»,   in   quanto   la   locuzione   «giudice  naturale»
deriverebbe  per  forza di tradizione da norme analoghe di precedenti
costituzioni e non avrebbe percio' un significato proprio (cfr. Corte
cost. sentenze n. 29 del 1958, n. 88 del 1962, n. 72 del 1976, n. 460
del 1994).
    Tuttavia,  se  e'  vero  che l'espressione «giudice naturale» era
gia'  in precedenti Carte (ad esempio nello Statuto albertino: «Niuno
puo'  essere distratto dai suoi giudici naturali ...») e che i lavori
preparatori  della Costituzione non chiariscono il significato che si
intese  attribuire  all'uso  del  termine «naturale» accanto a quello
«precostituito» nell'art. 25, comma 1, Cost. nel definire la garanzia
della  certezza  e dell'obiettivita' del giudice sembra nondimeno che
l'introduzione    della    formula    attuale    («giudice   naturale
precostituito»), dopo che entrambe le Sottocommissioni dell'Assemblea
costituente  avevano  abbandonato il termine «naturale» in favore del
termine  «precostituito»,  deponga  a  favore  delle  tesi che negano
l'identificazione tra i due termini.
    Ad   avviso   del   Collegio,   la   formula   «giudice  naturale
precostituito» non rappresenta un'endiadi, ma fonda la necessita' che
la  precostituzione  del giudice ad opera del legislatore avvenga nel
rispetto  di  un  principio  di  naturalita',  nel senso di razionale
maggior   idoneita'   del   giudice   rispetto  alla  risoluzione  di
determinate controversie.
    Nel  caso  della  competenza  territoriale,  l'individuazione del
giudice  razionalmente  piu'  idoneo  a  decidere la controversia non
sembra  poter  prescindere  dalla considerazione (in positivo come in
negativo)  dell'esistenza  di un criterio di collegamento, effettivo,
ragionevole  ed  appropriato,  tra  la controversia stessa e l'organo
giurisdizionale,  che  vala a tracciare i confini entro i quali possa
poi dispiegarsi legittimamente la discrezionalita' del Legislatore.
    Cio'  appare  vieppiu'  evidente allorche', come nella specie, si
tratta  di  situazioni  di  emergenza  aventi  rilievo esclusivamente
locale:  con  riferimento  a  interessi  sostanziali  pure  di ambito
strettamente  locale,  rientranti  nella  sfera giuridica di soggetti
(ricorrenti,  ma  anche  resistenti)  che  normalmente pure gravitano
nella stessa dimensione territoriale locale.
    L'allontanamento   del   giudice  competente  a  conoscere  della
controversia;   sradicando  la  causa  dalla  sua  sede  ordinaria  e
naturale;  comporta  un  grave  disagio per le parti processuali, non
giustificato dalla natura accentrata della pubblica amministrazione o
dall'efficacia   ultraregionale  dei  provvedimenti  sui  quali  deve
esercitarsi  la cognizione del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio.  Cio'  incide,  tra  l'altro,  anche  sull'accesso alla tutela
giurisdizionale  dei  diritti  e  degli  interessi  legittimi, per la
maggiore   difficolta'   ed  i,  maggiori  costi  che  devono  essere
sopportati  dagli  interessati  per  esercitare  l'azione  presso  il
Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
    Tali  anomalie  risultano  particolarmente  gravose per i giudizi
pendenti,   posto   che   il   ricorrente,   dopo  aver  incardiffato
legittimamente  la  causa  innanzi  a questo Tribunale amministrativo
regionale, viene costretto a trasferire il contenzioso a Roma, con un
palese  ed ingiustificato aggravio di costi e di tempo, senza contare
l'inutile dispendio di risorse processuali.
    In  mancanza  di  un  ragionevole criterio di collegamento con il
giudice  designato,  l'attribuzione legislativa di competenza viene a
violare il principio della naturalita' del giudice (art. 25, comma 1,
Cost.),   al   pari   del  principio  di  ragionevolezza  (desumibile
dall'art. 3 Cost.).
    3.4.   -  Il  Collegio  dubita  altresi  della  costituzionalita'
dell'allegato   alla   legge   27  gennaio  2006,  n. 21,  e  in  via
conseguenziale  dell'art. 3,  commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l.
n. 245/2005,  nella  parte  in cui la competenza in via esclusiva del
Tribunale  amministrativo  regionale Lazio e' estesa anche ai giudizi
in   corso,   ne   quali   l'incompetenza   del   diverso   Tribunale
amministrativo regionale adito deve essere rilevata di ufficio.
    Il   dubbio   di   costituzionalita'  della  nominata  disciplina
transitoria si pone, in particolare, con riferimento disgiunto sia al
principio della precostituzione del giudice (art 25. comma 1, Cost.),
sia  al  principio  di  ragionevolezza  e  non arbitrarieta' (artt. 3
Cost.)  che,  in  ogni  caso,  limita  il  potere  del legislatore di
disciplinare  la  successione di leggi processuali nel tempo, secondo
quanto si dira' nei paragrafi seguenti.
    4.1.  -  Con  riferimento  al principio della precostituzione del
giudice, lo spostamento di competenza in corso di causa dal Tribunale
amministrativo   regionale   originariamente   adito   al   Tribunale
amministrativo    regionale    Lazio,   e   dunque   la   sostanziale
retroattivita'   della  regola  trodotta  dall'art. 3,  comma  2-bis,
citato,   appare   in   contrasto   con  l'art. 25,  comma  1,  della
Costituzione,  in quanto il principio secondo cui nessuno puo' essere
distolto dal giudice naturale precostituito per legge non consente la
designazione  del  giudice  a  posteriori,  ma  impone  che  la norma
regolatrice  della  competenza  sia prefissata rispetto all'insorgere
della controversia.
    La Corte costituzionale ha da tempo chiarito (cfr. sentenza n. 88
del 1962) che il principio posto dall'art. 25 Cost. riguarda anche la
ripartizione della competenza territoriale tra i diversi giudici.
    Quanto   alla   necessita'   che   il  riparto  territoriale  sia
disciplinato  da una normativa anteriore (almeno) all'istituzione del
giudizio,  anche  in questo caso il Collegio e' consapevole del fatto
che  la  giurisprudenza  costituzionale  ha, in passato, ritenuto che
l'art. 25  Cost.  e'  rispettato quando la legge, sia pur con effetto
anche  sui  processi in corso, modifica in generale i presupposti o i
criteri diretti ad individuare il giudice competente, poiche' in tali
casi  lo  spostamento  della competenza non avviene in conseguenza di
una  deroga  alla  disciplina  generale,  adottata  in  vista  di una
determinata o di determinate controversie, ma per effetto di un nuovo
ordinamento  e,  dunque,  della  designazione  di  un  nuovo  giudice
naturale (cfr. sentenze n. 56 del 1967, n. 72 del 1976).
    Tuttavia,    sembra   potersi   cogliere   nella   piu'   recente
giurisprudenza  della Corte un diverso indirizzo interpretativo, che,
in  aderenza  al  dettato  costituzionale  (per  il  quale il giudice
naturale   deve   essere   «precostituito»,   e   non   semplicemente
«costituito», per legge), richiede che la regola sulla competenza sia
posta  da una normativa anteriore alla istituzione del giudizio (cfr.
sentenze n. 41 del 2006; n. 25l del l986).
    Nel  caso  di specie, viceversa, la competenza a conoscere in via
esclusiva  della  controversia  in  questione  e' stata attribuita al
Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio  con una legge posteriore
alla proposizione del giudizio, la quale ha sottratto la competenza a
questo tribunale con effetto retroattivo.
    Da cio' la violazione dell'art. 95 Cost..
    3.4.2.  -  Infine, qualora dovesse negarsi che il principio della
precosiituzione  del  giudice  comporti  un divieto di retroattivita'
delle  norme  sulla competenza, non di meno la disciplina transitoria
dettata dall'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge
n. 245   del   2005,  viene  a  ledere  i  limiti  costituzionali  di
ragionevolezza  e non arbitrarieta' (art. 3 Cost.) che il legislatore
ordinario   incontra   nel   regolare   la  successione  delle  leggi
processuali  nel  tempo  (cfr.  Corte cost. sentenze n. 216 del 2001,
n. 490 del 2000, n. 400 del 1996, ordinanza n. 294 del 1998), nonche'
con il principio del giudice naturale (art. 25 Cost.)
    Devono,  al riguardo, espressamente richiamarsi le considerazioni
svolte  innanzi,  nei  precedenti paragrafi 3.2. e 3.3., in ordine al
difetto  di giustificazione razionale dello spostamento di competenza
verso  il  Tribunale  amministrativo  regionale Lazio; esse valgono a
dimostrare    non   soltanto   la   irragionevolezza   -   e   dunque
l'illegittimita' - delle disposizioni attributive della competenza in
materia  per  l'avvenire,  ma,  evidenziando l'assenza di ragionevoli
esigenze  di interesse generale a sostegno della deroga all'ordinario
criterio   di  riparto,  a  maggior  ragione  palesano  il  carattere
irragionevole  ed  ingiustificato  della  disciplina  transitoria che
affida alla nuova competenza accentrata anche le cause in corso.
    4.  -  Per  quanto  esposto  sopra,  va rilevata la non manifesta
infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
3,  commi  2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 245 del 2005
come  convertito con modificazioni dalla legge 27 gennaio 2006 n. 21,
per contrasto con gli art. 3 e 25 della Costituzione.
    La  quesione,  per  quanto  gia'  sopra  evidenziato,  e' altresi
rilevante  ai  fini  della definizione del presente giudizio, poiche'
dalla  sua risoluzione dipende la sussistenza o meno della competenza
di questo tribunale a decidere sul ricorso in esame.
    5. - Ogni altra decisione in rito, nel merito e sulle spese resta
riservata  all'esito  del giudizio innanzi alla Corte costituzionale,
alla    quale    va    rimessa   la   soluzione   dell'incidente   di
costituzionalita'.
                              P. Q. M.
    Il  Tribunale  amministrativo  regionale  della Campania. sez. I,
dichiara  rilevanti per la definizione del ricorso n. 4309/2003 e non
manifestamente  infondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  3,  comma  2-bis.  2-ter  e 2-quater, del decreto-legge 30
novembre  2005, n. 245, come convertito con modificazioni dalla legge
27  gennaio  2006,  n. 21,  nei  termini  e per le ragioni esposti in
motivazione,   per   contrasto   con   gli  articoli  3  e  25  della
Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina  che  la  presente  ordinanza sia notificata, a cura della
segreteria  del  Tribunale amministrativo regionale, a tutte le parti
in  causa  ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei ministri e che sia
comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente
della Camera dei deputati;
    Dispone la immediata trasmissione degli atti, a cura della stessa
Segreteria, alla Corte costituzionale.
    Cosi' deciso in Napoli, addi' 19 aprile e 3 maggio 2006.
               Il Presidente f.f. estensore: Donadono
07C0270