N. 120 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 luglio 2006

Ordinanza  emessa  il  26  luglio  2006  dal tribunale di Firenze nel
procedimento penale a carico di Yparraguirre Pinglo Raynaldo

Straniero   e  apolide  -  Espulsione  amministrativa  -  Delitto  di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato,  in  violazione  dell'ordine di allontanamento impartito dal
  questore  - Trattamento sanzionatorio - Reclusione da uno a quattro
  anni   -   Violazione   del  principio  di  proporzionalita'  e  di
  ragionevolezza  della  pena,  anche  con riferimento al trattamento
  sanzionatorio  previsto  per  analoghe  fattispecie  -  Lesione del
  principio della finalita' rieducativa della pena.
- Decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-ter,
  prima parte, sostituito dall'art. 1, comma 5-bis, del decreto legge
  14 settembre 2004, n. 241, convertito con modificazioni nella legge
  12 novembre 2004, n. 271.
- Costituzione, artt. 3 e 27, comma terzo.
(GU n.12 del 21-3-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ritenuto  che  deve  essere  sollevata,  per  i motivi di seguito
esposti,  questione  di legittimita' costituzionale dell'articolo 14,
comma 5-ter  prima  parte  del  d.lgs.  n. 286/1998  come  sostituito
dall'articolo  1, comma 5-bis della legge n. 271/2004, di conversione
con modificazioni del d.l. n. 241/2004, nella parte in cui prevede la
pena  della  reclusione  da  uno  a quattro anni per lo straniero che
senza  giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in
violazione   dell'ordine   impartito   dal   questore  ai  sensi  del
comma 5-bis,  questione  rilevante  e non manifestamente infondata in
riferimento  agli  artt. 3,  primo  comma  e  27,  terzo  comma della
Costituzione;

                             R i l e v a

    Yparraguirre   Pinglo   Raynaldo  e'  stato  arrestato,  in  data
24 luglio  2006,  nella  flagranza  del reato di cui all'articolo 14,
comma 5-ter  del  d.lgs.  n. 286/1998.  Il  decreto di espulsione del
Prefetto  di  Siena  in  data  11 marzo  2005  e  l'ordine emesso dal
questore  ex  art. 14, comma 5-bis, tradotti anche in lingua spagnola
gli erano stati notificati in pari data.
    All'esito della convalida l'imputato e' stato ammesso al giudizio
abbreviato   all'esito   del  quale  le  parti  hanno  rassegnato  le
conclusioni riportate a verbale.
    Poiche'   e'   pacifica   e  ammessa  la  condotta  di  materiale
inosservanza  dell'ordine suddetto, la sanzione da comminare, in caso
di   positiva  verifica  della  legittimita'  del  provvedimento  non
ottemperato  nonche'  dell'assenza  di  giustificato motivo, dovrebbe
essere  determinata  con riguardo a quella prevista della norma della
cui legittimita' costituzionale si dubita.
    A) L'evoluzione normativa.
    Il    testo   originario   dell'articolo   14   non   comprendeva
l'incriminazione   dello   straniero   che   non  avesse  ottemperato
all'ordine emesso da questore in esecuzione del decreto di espulsione
del prefetto.
    La  fattispecie  di  reato  in discorso e' stata introdotta dalla
legge n. 189/2002, come contravvenzione punibile con l'arresto da sei
mesi a un anno e ad arresto obbligatorio.
    La   Corte   costituzionale,  con  la  sentenza  n. 223/2004,  ha
dichiarato    l'illegittimita'   costituzionale   dell'articolo   14,
comma 5-quinquies  per  contrasto  con  gli artt. 3 e 13 Costituzione
«nella  parte  in  cui  stabilisce  che  per  il  reato  previsto dal
comma 5-ter  del  medesimo  articolo  14  e'  obbligatorio  l'arresto
dell'autore  del  fatto»,  rilevando la manifesta irragionevolezza di
provvedimento   provvisorio  in  materia  di  liberta'  personale  in
difetto,   atteso   il   titolo   di   reato,   della  condizione  di
applicabilita'  ex  art. 280  cpp  anche in riferimento all'art. 391,
                          quinto comma cpp.
    Il  d.l.  n. 241/2004, non modificando la pena suddetta, limitava
l'arresto  obbligatorio  all'ipotesi,  ex  art. 14 comma 5-quater, di
delitto  punibile con la reclusione da uno a quattro anni (reingresso
nel territorio dello Stato dello straniero espulso).
    In   sede  di  conversione  del  d.l.  citato  il  reato  di  cui
all'articolo  14  comma 5-ter e' stato previsto come delitto punibile
con  la  reclusione  da  uno  a  quattro  anni e nuovamente stabilito
l'arresto  obbligatorio,  ad  eccezione  dell'ipotesi  di  espulsione
motivata  dall'essere  scaduto il permesso di soggiorno, per la quale
non si e' modificata la pena dell'arresto da sei mesi a un anno.
    Dunque,  e'  intervenuto un notevole inasprimento della pena, per
questa  parte  la  norma attualmente in vigore apparendo in contrasto
con gli artt. 3, primo comma e 27, terzo comma della Costituzione.
    B)  La non manifesta infondatezza per violazione delle richiamate
disposizioni costituzionali.
    La  Corte  costituzionale,  pur riservando alla «discrezionalita'
del  legislatore stabilire quali comportamenti debbano essere puniti,
determinare  quali  debbano essere la qualita' e la misura della pena
ed   apprezzare   parita'  e  disparita'  di  situazioni»,  ha  pero'
costantemente   ribadito   il  principio  che  «l'esercizio  di  tale
discrezionalita'  puo'  essere  censurato quando esso non rispetti il
limite  della  ragionevolezza e dia quindi luogo ad una disparita' di
trattamento  palese  e ingiustficata» (sentenza 25/1994; il principio
e' richiamato anche nella sentenza 333/1992, nell'ordinanza 220/1996,
nella sentenza 84/1997).
    E  la  sentenza  409/1989  individua i contenuti e la portata dei
requisiti  di  proporzionalita'  e  ragionevolezza:  «il principio di
uguaglianza,  di  cui all'articolo 3, primo comma, Costituzione esige
che  la  pena  sia  proporzionata  al  disvalore  del  fatto illecito
commesso,  in  modo che il sistema sanzionatorio adempia nel contempo
alla funzione di difesa sociale ed a quella di tutela delle posizioni
individuali», disconoscendo la legittimita' di quelle «incriminazioni
che, anche se presumibilmente idonee a raggiungere finalita' statuali
di  prevenzione,  producono,  attraverso la pena, danni all'individuo
(ai  suoi  diritti fondamentali) ed alla societa' sproporzionatamente
maggiori dei vantaggi ottenuti (o da ottenere) da quest'ultima con la
tutela dei beni e dei valori offesi dalle predette incriminazioni».
    Il  principio  e'  ora  recepito anche dalla Costituzione europea
(«le  pene  inflitte  non  devono  essere  sproporzionate rispetto al
reato», articolo 2 - 109).
    Inoltre,  si  e'  ripetutamente  affermato  (sentenze  313/1995 e
343/1993)  che  la manifesta mancanza di proporzionalita' rispetto ai
fatti   reato   non   corrisponde  all'esigenza  della  finalita'  di
rieducazione posta dall'articolo 27, terzo comma.
    Ora, nella stessa relazione all'emendamento del d.l. n. 241/2004,
l'introduzione  di  una  sanzione cosi' elevata viene giustificata in
riferimento  soltanto  alla  asserita  necessita'  di  adeguarsi alla
sentenza  223/2004  della Corte costituzionale, ma cio' nel senso non
condivisibile  di  inapasprire  la  pena  unicamente  in  funzione di
consentire  la  misura  cautelare  per  coloro  che  non  ottemperino
all'ordine  del questore. L'intenzione traspare dall'essere la stessa
pena  prevista  per  il fatto di chi rientra nel territorio nazionale
dopo  un'espulsione  disposta  dal  giudice,  condotta  di assai piu'
rilevante  gravita' in quanto presuppone la commissione di un reato o
quantomeno la pendenza di un procedimento penale.
    Dunque  si deve concludere che si e' operata una trasposizione di
un'esigenza  processuale  nel  diritto  penale  sostanziale in palese
contrasto  con  i  criteri  che devono informare la determinazione in
astratto delle sanzioni penali.
    Ne'  il prospettato dubbio di costituzionalita' e' risolto ove si
consideri il trattamento sanzionatorio conseguente alla violazione di
precetti   di  norme  incriminatrici  che,  delineando  comportamenti
antigiuridici   assimilabili,   sono  poste  a  tutela  degli  stessi
interessi,  l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica, protetti dalla
disposizione in esame.
    L'art. 650  c.p.  punisce  con l'arresto fino a tre mesi o con la
sola  ammenda  l'inottemperanza  ad  un provvedimento legalmente dato
dall'autorita'  per ragioni di sicurezza pubblica o d'ordine pubblico
(oltre che di giustizia e igiene).
    L'art. 2  della  legge  n. 1423/1956  presuppone  un ordine della
pubblica  autorita'  concernente  persone ritenute «pericolose per la
sicurezza  pubblica»  - una pericolosita' accertata in concreto e non
«potenziale»,   come   nel  caso  dello  straniero  clandestino  -  e
l'inottemperanza   configura   una   contravvenzione  sanzionata  con
l'arresto da uno a sei mesi.
    Per   l'appunto,   in  applicazione  degli  stessi  parametri  di
normazione, il legislatore del 2002 aveva coerentemente previsto come
contravvenzione  l'ipotesi  di cui all'articolo 14, comma 5-ter, e la
pena  da  sei mesi a un anno di arresto, stabilita in misura maggiore
per  lo straniero, trovava ragionevole giustificazione nell'esigenza,
insindacabile  quale  scelta  politica,  di  contrastare  il fenomeno
dell'immigrazione  clandestina, inesistente all'epoca della redazione
del codice penale e della legge n. 1423/1956.
    Al  contrario,  e'  di  immediata evidenza la sproporzione tra la
pena  per  il delitto di cui all'art. 14, comma 5-ter, attualmente in
vigore,  e  le  sanzioni per le contravvenzioni di cui agli artt. 650
c.p. e 2, legge n. 1423/1956.
    L'irragionevolezza   si  apprezza,  pertanto,  sotto  un  duplice
profilo,  sia con riguardo alla pena che il legislatore solo due anni
prima aveva ritenuto congrua, sia con riguardo alle pene previste per
analoghe fattispecie.
    L'art. 3,  primo  comma della Costituzione impone, invece, che il
bilanciamento  tra gli interessi da tutelare e il bene della liberta'
personale  tenga  conto  delle  sanzioni  previste  per  le  analoghe
condotte di pregiudizio degli stessi interessi, derivandone l'effetto
che,   solo   quando   la   pena  sia  stabilita  con  la  necessaria
proporzionalita',  essa  risponde  alla  funzione  rieducativa di cui
all'articolo 27, terzo comma della Costituzione.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 Cost. e 23 e ss., legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'articolo 14, comma 5-ter prima parte
d.lgs  n. 286/1998  come sostituito dall'articolo 1 comma 5-bis legge
n. 271/2004,  di  conversione  in  legge  con  modificazioni del d.l.
n. 241/2004,  nella  parte in cui prevede la pena della reclusione da
uno  a quattro anni per lo straniero che senza giustificato motivo si
trattiene  nel  territorio  dello  Stato  in  violazione  dell'ordine
impartito  dal questore ai sensi del comma 5-bis, in riferimento agli
artt. 3 e 27, terzo comma della Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale, sospendendo il giudizio in corso;
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai
Presidenti delle due Camere.
        Firenze, addi' 26 luglio 2006
                        Il giudice: Gratteri
07c0314