N. 18 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 15 marzo 2007

Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (merito)
depositato in cancelleria il 15 marzo 2007

Parlamento  -  Immunita'  parlamentari - Procedimento penale a carico
  del senatore Raffaele Iannuzzi per il reato di diffamazione a mezzo
  stampa  nei  confronti  dei magistrati Giancarlo Caselli e Guido Lo
  Forte   -   Deliberazione  di  insindacabilita'  del  Senato  della
  Repubblica  -  Conflitto  di  attribuzione  tra  poteri dello Stato
  sollevato  dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
  Milano  -  Denunciata  mancanza  di  nesso  funzionale tra opinioni
  espresse ed attivita' parlamentari.
- Deliberazione del Senato della Repubblica 18 gennaio 2006.
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.15 del 11-4-2007 )
    Letti  gli  atti  del  procedimento  penale  pendente a carico di
Iannuzzi Raffaele, nato a Grottolella (Avellino) il 20 febbraio 1928,
residente  in  Roma, via Lucina, 17 imputato in relazione al seguente
reato:
        A)  del  reato  p.  e  p. dagli artt. 595 c.p.; e 13, legge 8
febbraio  1948,  n. 47,  per  aver,  nella  sua  qualita'  di  attore
dell'articolo  sotto  descritto,  offeso la reputazione di Gian Carlo
Caselli  e  di Guido Lo Forte con la pubblicazione sul quotidiano «Il
Giornale»  del  7  novembre  2004 dell'articolo intitolato «Mafia, 13
anni di scontri fra p.m. e Carabinieri» riportando in narrativa fatti
non  veritieri e comunque offensivi per la loro formulazione e per il
contesto in cui sono stati inseriti.
    Delitto  aggravato  dall'attribuzione di fatti determinati quali,
tra gli altri:
        quanto a Gian Carlo Caselli, di aver impostato e condotto una
vera  e propria guerra contro l'Arma dei Carabinieri; di aver «quasi»
incriminato  il  capo dei ROS Mori e il capitano De Donno e quindi di
aver messo tutto a tacere di aver impostato e portato avanti, a tutti
i  costi, il procedimento contro il senatore Andreotti, impedendo che
Badalamenti  venisse in Italia a smentire taluno degli accusatori del
predetto;   di   essersi  rifiutato  di  difendere  pubblicamente  il
maresciallo  dei carabinieri Lombardo «suicidato e infamato e vittima
di  uno scontro di potere»; di aver frascurato le intercettazioni dei
Carabinieri  e gli avvertimenti di Brusca nei confronti di Di Maggio,
lasciando  cosi'  che costui commettesse altri reati mentre era sotto
la  protezione dello Stato; di aver imputato di calunnia il Brusca ai
danni  di  Di  Maggio anziche' ascoltare i suoi avvertimenti; di aver
iscritto  senza  fondamento nel registro indagati il colonnello Meli,
per  aver  ingiustamente «perseguitato» il generale Mori, il capitano
De  Donno,  il  tenente  Canale, il maresciallo Lombardo, il capitano
Obinu,  il  capitano  De  Caprio,  il  capitano Meli, tutti per reati
inesistenti;  di  aver  tenuto un comportamento scorretto in tutta la
vicenda  del covo di Riina, accusando i carabinieri nonostante avesse
preso  accordi  con  loro; di aver imbastito, per anni, un sistema di
persecuzione  di personaggi sgraditi, iscrivendoli nel registro degli
indagati,  coprendoli  di  contumelie, chiedendo l'archiviazione dopo
averli  «sputtanati»  e  poi  ricominciando l'iter da capo; di essere
stato   uno   di  quei  «professionisti  dell'antimafia»  di  cui  e'
indispensabile  liberarsi  per sempre, il tutto in concorso con altri
magistrati della Procura di Palermo;
        quanto  a  Guido  Lo  Forte  di  aver  ricevuto un importante
dossier frutto di un grosso lavoro del capitano De Donno e contenente
nomi  di  imprenditori  e politici e non aver fatto nulla per diverso
tempo  per  poi  aver  assunto  iniziative  solo  nei confronti degli
«stracci»,  lasciando  fuori  imprenditori  e  politici; di aver dato
notizie riservate a personaggi come Siino; di aver abbandonato al suo
destino  il dossier mafia-appalti, una volta ottenuta l'archiviazione
delle  bobine  con  le  accuse  di  Siino; di aver sostenuto l'accusa
contro   il   senatore   Andreotti   a  tutti  i  costi,  ostacolando
l'accertamento   della   verita';   di   aver   ostacolato   sia   le
intercettazioni  dei  C.C.  che  le informazioni di Brusca, lasciando
cosi'  che  Di Maggio commettesse altri reati e addirittura imputando
il Brusca di calunnia nei confronti di Di Maggio; di aver partecipato
ad  una sorta di persecuzione nei confronti degli ufficiali del ROS e
dell'Arma  dei  C.C.  per reati inesistenti; di aver partecipato, per
anni,  ad  un «giochino» della Procura di Palermo, che consisteva nel
perseguitare  personaggi  sgraditi, pur non disponendo di elementi di
prova;
        In Paderno Dugnano (MI) il 7 novembre del 2004.
    Premesso che:
        questo  giudice,  all'udienza preliminare svoltasi in data 18
novembre  2005  in  relazione  all'imputazione  sopra  indicata aveva
pronunciato la seguente ordinanza:
          «Il  giudice,  letti gli atti del procedimento e sentite le
questioni e le richieste avanzate dalle parti;
          premesso  che  la  difesa  dell'imputato Iannuzzi, senatore
della   Repubblica,   ha   sollevato   eccezione   di  applicabilita'
dell'art. 68  della  Costituzione  in  relazione  all'articolo che il
prevenuto  avrebbe  scritto nell'esercizio di attivita' connesse alla
funzione di parlamentare espletata fuori dal Parlamento;
          ritenuto  che  nel  caso  di  specie  non  appare ricorrere
un'ipotesi  di  improcedibilita'  ai  sensi  dell'art. 68 primo comma
della Costituzione e/o dell'art. 3, comma 1 della legge 140/2003;
          ritenuto che, in conseguenza del mancato accoglimento della
richiesta  di  emettere  sentenza  ai  sensi dell'art. 129 c.p.p., il
giudice  sia  tenuto  a  sospendere, quanto all'imputato Iannuzzi, il
procedimento;
          visto l'art. 3, comma 4, legge 140/2003;
          Ordina  la  sospensione  del  procedimento nei confronti di
Iannuzzi Raffaele;
          la trasmissione di copia di tutti gli atti del procedimento
al Senato della Repubblica...».
        risulta  dagli  atti  che  gia'  in  data 15 novembre 2005 il
senatore  Iannuzzi  aveva  a  sua volta trasmesso alla Presidenza del
Senato  della  Repubblica  richiesta di insindacabiita', in relazione
alle   affermazioni  contenute  nell'articolo  oggetto  del  presente
procedimento, richiesta che era pervenuta in data 18 novembre 2005;
        l'assemblea  del  Senato  della  Repubblica,  nel corso della
seduta  pomeridiana del 18 gennaio 2006, accoglieva la proposta fatta
a   maggioranza   dalla  Giunta  delle  elezioni  e  delle  immunita'
parlamentari  di  dichiarare  che  il  fatto oggetto del procedimento
stesso  concerne  opinioni  espresse  da  un  membro  del  Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni e ricade, pertanto, nell'ipotesi di
cui all'art. 68, primo comma della Costituzione;
        all'udienza  preliminare del 20 giugno 2006, preso atto della
delibera   del  Senato  della  Repubblica,  la  difesa  dell'imputato
lannuzzi  ha  chiesto  l'emissione  di  una  sentenza  di non doversi
procedere,  mentre  il  p.m.  ed i difensori delle parti civili hanno
chiesto  che  questo  giudice sollevasse conflitto di attribuzioni ai
sensi dell'art. 134 Cost e 37 e ss della legge 87/53, richieste sulle
quali   questo   giudice  si  e'  riservato  di  decidere,  rinviando
all'udienza del 3 luglio 2006.
    Ritenuto  che  nel  caso  di  specie  ricorrono i presupposti per
accogliere la richiesta avanzata dal p.m. e dai difensori delle parti
civili costituite: infatti:
        1)  l'insindacabilita'  delle affermazioni di un appartenente
al  Parlamento  della  Repubblica  deve  connettersi,  sulla base dei
principi   delineati   dalla   costante  giurisprudenza  della  Corte
Costituzionale,   all'esistenza   di   un   effettivo  nesso  tra  le
affermazioni espresse fuori dall'ambito parlamentare e le funzioni in
concreto  svolte  dal  singolo  parlamentare,  di  modo  che si possa
affermare  che  le  prime sono espressione diretta dell'attivita' dal
secondo;  non  e'  sufficiente  quindi  un  semplice  collegamento di
argomento,  e/o  di  contesto,  tra  l'attivita'  parlamentare  e  le
dichiarazioni  rese,  ma  e'  necessario  che  le dichiarazioni siano
identificabili  come espressione dell'attivita' effettivamente svolta
dal  parlamentare,  rappresentando  tale  delimitazione funzionale il
limite   oltrepassato  il  quale  la  prerogativa  del  parlamentare,
finalizzata  alla  tutela della liberta' e dell'autonomia del singolo
appartenente  ad  Parlamento,  non  puo'  piu' operare, a meno di non
diventare  un  mero  privilegio  personale,  il riconoscimento di uno
status  personale  di favore, con conseguente violazione dei principi
di  eguaglianza  e  di  parita'  di opportunita' di tutti i cittadini
nella dialettica politica;
        2)   nel   caso   di   specie  la  Giunta  per  le  immunita'
parlamentari, nell'affrontare il caso portato alla sua attenzione, ha
fatto  ampio  riferimento  al fatto che la «battaglia politica che il
senatore  Iannuzzi  conduce  sin  dall'inizio del suo attuale mandato
parlamentare,  contro  l'utilizzo  dei  pentiti  nei processi penali,
permea   tutta  la  sua  attivita'  parlamentare,  oltre  che  quella
pubblicistica  da lui esercitata da tempo a livello professionale»; a
prescindere dalla notazione che l'accesso all'attivita' pubblicislica
autonomamente  intesa  sembrerebbe  non rilevante al fine di valutare
l'insidacabilita'   oggetto   della  deliberazione  (visto  che  tale
attivita'  non  sarebbe comunque scriminata ove dovesse essere svolta
con  modalita' diffamatorie), il parere della Giunta fa riferimento a
due  iniziative del senatore Iannuzzi: la proposta di una Commissione
bicamerale di inchiesta (Disegno di legge n. 2292: Istituzione di una
commissione  parlamentare  d'inchiesta  sulla  gestione di coloro che
collaborano  con  la  giustizia),  depositata il 25 giugno 2003; e la
proposta di una Commissione monocamerale di inchiesta (documento XXII
n. 25;  Proposta  di inchiesta parlamentare del Senato sulla gestione
di coloro che collaborano con la gustizia), depositata il 19 febbraio
2004;
        3)    a    prescindere   dalla   notazione,   fondata   sulla
documentazione  prodotta  dalla  difesa  di  parte  civile,  che alla
presentazione  delle  due  iniziative  sopra  indicate  non  ha fatto
seguito   alcuna,   ulteriore   attivita'  parlamentare  collegata  o
conseguente  alle  rammentate  iniziative (non vi e' stata neppure la
fissazione di discussione in Commissione), deve rilevarsi come non vi
sia  nel  caso  di  specie  quel  presupposto,  dalla  Corte ritenuto
essenziale,   della   contestualita',  cronologica;  difatti  le  due
iniziative,  di contenuto sostanzialmente identico, risalgono al piu'
tardi  al  febbraio  2004;  le  affermazioni  contenute nell'articolo
oggetto del presente giudizio, risalgono al novembre 2004, e quindi a
circa 9 mesi dopo;
        4)  ma  vi  e'  di piu'; la lettura dell'articolo firmato dal
senatore Iannuzzi consente infatti di escludere, sin dal titolo assai
signiflcativo: «Mafia, 13 anni di scontri tra p.m. e Carabinieri», la
ricorrenza  nel  caso  di  specie  di  quel  nesso di riferibiita' in
astratto  ai  lavori  parlamentari (cfr. C.c. 50/2002; 220/2004), non
essendo   in  particolare  possibile  discernere  le  opinioni  dello
Iannuzzi  riconducibili  alla  libera manifestazione del pensiero, da
quelle  che  riguardano  l'esercizio della funzione parlamentare; non
solo,  giacche' la lettura dell'articolo nella sua integralita' rende
oltre  modo evidente come il riferimento ai pentiti, e all'uso che in
sede  giudiziaria  e  politica  ne  possa  essere  stato  fatto,  sia
occasionale,  indiretto e strumentale, mentre l'oggetto diretto della
pubblicazione   e'   l'attivita'   dei   magistrati   palermitani  e,
segnatamente, delle odierne parti civili.
    Tutto  cio'  premesso,  apparendo  carente quel flesso funzionale
richiesto  dall'art. 68,  primo comma della Costituzione, la delibera
del Senato della Repubblica del 18 gennaio 2006 appare illegittima, e
deve   quindi   esserne   richiesto   l'annullamento   per  invasione
dell'ambito attribuito all'autorita' giudiziaria.
    Da tutto questo consegue che, ricorrendone gli estremi soggettivi
ed oggettivi, questo giudice deve sollevare conflitto di attribuzioni
tra i poteri dello Stato.
                              P. Q. M.
    Solleva  conflitto di attribuzioni con il Senato della Repubblica
e chiede alla Corte costituzionale che voglia:
        dichiarare  ammissibile il presente conflitto, adottando ogni
conseguente  provvedimento,  ai  sensi dell'art. 37 e ss. della legge
n. 87/1953 e di ogni altra norma applicabile;
        dichiarare  che  non  spettava  al Senato della Repubblica la
valutazione   della   condotta   addebitabile  al  senatore  Iannuzzi
Raffaele,  in  quanto  estranea  alla  previsione dell'art. 68, primo
comma della Costituzione;
        annullare  la  relativa delibera del Senato della Repubblica,
adottata in data 18 gennaio 2006.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale.
    Sospende  il  presente  procedimento  fino  alla  risoluzione del
conflitto sollevato.
    Manda   alla   cancelleria   per  quanto  di  competenza,  ed  in
particolare  per la notifica del presente provvedimento ai Presidenti
delle  due  Camere  del  Parlamento,  al Presidente del Consiglio del
ministri, nonche' all'imputato contumace.
        Milano, addi' 3 luglio 2006
        Il giudice per le indagini preliminari: Paola Belsito
07C0337