N. 97 SENTENZA 7 - 21 marzo 2007

Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  - Ricorso del
  Tribunale  di  Milano  nei  confronti  della  Camera dei deputati -
  Eccezione  di  inammissibilita'  per  mancata indicazione dei fatti
  all'origine del conflitto - Reiezione.
Conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  - Ricorso del
  Tribunale  di  Milano  nei  confronti  della Camera dei zdeputati -
  Eccezione di inammissibilita' per mancanza di uno specifico petitum
  - Reiezione.
Parlamento  -  Immunita'  parlamentari  - Dichiarazioni asseritamente
  diffamatorie  rese  extra moenia da un deputato - Giudizio penale a
  suo  carico  -  Deliberazione  di  insindacabilita'  adottata dalla
  Camera  di  appartenenza  -  Ricorso  per conflitto di attribuzione
  promosso dal Tribunale di Milano - Mancanza di nesso funzionale fra
  le dichiarazioni e l'esercizio delle funzioni di parlamentare - Non
  spettanza  alla  Camera  della  potesta'  contestata - Annullamento
  della delibera di insindacabilita'.
- Deliberazione   Camera  dei  deputati  4 febbraio  2004  (documento
  IV-quater, n. 86).
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.13 del 28-3-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
Giudici:  Giovanni  Maria  FLIK,  Francesco  AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
4 febbraio   2004   (Doc.   IV   -   quater,  n. 86),  relativa  alla
insindacabilita',   ai   sensi   dell'art. 68,   primo  comma,  della
Costituzione,  delle  opinioni  espresse dall'on. Vittorio Sgarbi nei
confronti  dell'avv.  Giuseppe  Lucibello,  promosso  con ricorso del
Tribunale di Milano, settima sezione penale, notificato il 2 febbraio
2005,  depositato  in  cancelleria il 10 febbraio 2005 ed iscritto al
n. 10 del registro conflitti 2005.
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  23 gennaio  2007  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Udito l'avvocato Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ordinanza del 29 aprile 2004, il Tribunale di Milano,
settima  sezione  penale,  ha  promosso conflitto di attribuzione fra
poteri  dello  Stato,  nei  confronti  della  Camera dei deputati, in
relazione  alla  delibera  adottata  il  4 febbraio  2004  (Doc. IV -
quater,  n. 86), con la quale - in difformita' rispetto alla proposta
della  Giunta per le autorizzazioni - e' stato dichiarato che i fatti
per  i quali il deputato Vittorio Sgarbi e' sottoposto a procedimento
penale  per  il  reato  di  diffamazione  nei confronti dell'avvocato
Giuseppe  Lucibello riguardano opinioni espresse nell'esercizio delle
funzioni  del  deputato medesimo, ai sensi dell'art. 68, primo comma,
della Costituzione.
    Il   Tribunale   espone  che  l'on.  Sgarbi  deve  rispondere  di
diffamazione,   per   aver   offeso,  nel  corso  della  trasmissione
televisiva  «Sgarbi  quotidiani»,  andata  in  onda  su «Canale 5» il
17 ottobre  1996,  la reputazione dell'avvocato Lucibello, affermando
che  «questi  si  sarebbe  reso  responsabile di abusi, poiche' quale
difensore  di  un  indagato arrestato ed essendo egli stesso indagato
per  reati  connessi,  aveva  la liberta', grazie all'amicizia con il
dott.  Di Pietro, di incontrare liberamente l'indagato in carcere, di
modo  che  aveva  la  possibilita' di «incontrare» Di Pietro e quindi
dire  a  Di  Pietro  quello che aveva detto Pacini Battaglia e quando
Pacini  ha detto qualcosa che lo mette in discussione, di cambiare la
versione: "sbancato, stancato"».
    Il Tribunale aggiunge di aver trasmesso, il 20 novembre 2003, gli
atti  alla  Camera  dei deputati ai sensi dell'art. 3, comma 4, della
legge   20   giugno 2003,   n. 140   (Disposizioni  per  l'attuazione
dell'art. 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali
nei  confronti  delle  alte  cariche dello Stato), e che la Camera ha
deliberato  nel  senso  che  i  fatti  per cui e' processo concernono
opinioni  espresse  da  un membro del Parlamento nell'esercizio delle
sue funzioni.
    Secondo il Tribunale, alla fattispecie sottoposta al suo giudizio
non e' applicabile l'art. 68, primo comma, della Costituzione, ed e',
quindi,  viziata  la delibera del 4 febbraio 2004. In particolare, il
ricorrente  rileva  che  l'art. 3  della legge n. 140 del 2003 non ha
innovato   la   portata   precettiva  dell'art. 68  Cost.  e  che  le
dichiarazioni  rese  extra  moenia,  che non siano divulgative di una
scelta politica espressa in atti funzionali - come nella specie, dove
l'imputato,  conduttore  di  una trasmissione televisiva, ha espresso
giudizi  lesivi  dell'onore  altrui,  senza  alcun  collegamento  con
l'esercizio  della  funzione  parlamentare  -,  cadono  al  di  fuori
dell'ambito   della   prerogativa  parlamentare  di  cui  si  tratta,
richiamando,  a  conferma, la relazione di maggioranza della Giunta e
l'intervento in aula del relatore per la maggioranza, secondo cui non
e'  emerso  alcun  aggancio  tra  le  critiche espresse e l'attivita'
parlamentare  dell'on.  Sgarbi  e  nelle affermazioni di quest'ultimo
rese in trasmissione non si intravede alcun contenuto politico.
    Nel  riprendere le argomentazioni svolte in alcune sentenze della
Corte  costituzionale, il Tribunale sottolinea che e' stato affermato
il  principio,  secondo  cui  «altro  e' la liberta' di critica della
quale   tutti   sono   titolari,  altro  e'  la  prerogativa  che  la
Costituzione,  onde  preservare  una  sfera  di liberta' ed autonomia
della  Camere,  riserva  ai  Parlamentari  nell'esercizio  delle loro
funzioni. Se privata del suo specifico orientamento finalistico, tale
prerogativa   si   trasformerebbe   in  un  inaccettabile  privilegio
personale  a  favore  dei  membri  delle Camere» (sentenza n. 508 del
2002).
    Ai   fini   dell'insindacabilita',   rileva   il  ricorrente,  il
«collegamento  necessario  dell'atto con le "funzioni" del Parlamento
[...],  a prescindere dal suo contenuto comunicativo, che puo' essere
il  piu' vario, ma che in ogni caso deve essere tale da rappresentare
esercizio in concreto delle funzioni [...], anche se attuato in forma
"innominata"  sul  piano regolamentare. Sotto questo profilo non c'e'
percio'  una  sorta di automatica equivalenza tra l'atto non previsto
dai  regolamenti  [...]  e l'atto estraneo [...], giacche' [...] deve
essere  accertato  in  concreto  se  esista  un nesso che permetta di
identificare    l'atto   [...]   come   "espressione   di   attivita'
parlamentare"» (sentenza n. 120 del 2004).
    Infine, il ricorrente si sofferma sul proprio potere di sollevare
conflitto,  ai  sensi degli artt. 134 Cost. e 37 della legge 11 marzo
1953, n. 87, nonche' sulla sussistenza dei requisiti soggettivi dello
stesso.
    2.  -  Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile con ordinanza
di questa Corte n. 10 del 2005, depositata il 14 gennaio 2005.
    3.   -   Il  Tribunale  di  Milano  ha  provveduto  a  notificare
l'ordinanza  ed  il  ricorso introduttivo alla Camera dei deputati il
2 febbraio  2005,  e  ha poi depositato tali atti in data 21 febbraio
2005.
    4.  -  La  Camera  dei  deputati,  costituitasi  nel giudizio, ha
eccepito  la  inammissibilita'  del  ricorso, rilevando che nell'atto
introduttivo  non  sono descritti minimamente i fatti all'origine del
conflitto,  con  la  conseguenza  che  non e' dato conoscere il reale
contenuto  delle  dichiarazioni  attribuite  al  deputato  Sgarbi. Ed
infatti,  non  si comprenderebbe se nel passaggio riportato nell'atto
introduttivo se ne faccia una sintesi; se le parti virgolettate siano
riportate  fedelmente;  se  le  virgolette tra le quali sono comprese
alcune  singole  parole  indichino  una citazione testuale o, invece,
rappresentino  una  enfatizzazione  da  parte  del  Tribunale. Ne' un
ausilio  in  tal  senso  potrebbe  venire dalla descrizione dei fatti
contenuta   nella  Relazione  di  maggioranza  della  Giunta  per  le
autorizzazioni  del  10 novembre  2003,  che si limita a riportare il
capo di imputazione.
    Una  ulteriore  ragione  di inammissibilita' sarebbe da ravvisare
nella  mancanza  del  petitum,  in  quanto nell'atto introduttivo del
giudizio  non  v'e'  richiesta  di  annullamento  della deliberazione
censurata,  ne'  di pronuncia sulla spettanza al Tribunale ricorrente
del  potere  in contestazione, ovvero sulla erroneita' dell'esercizio
del potere stesso da parte della Camera dei deputati.
    Nel  merito,  la Camera conclude per la infondatezza del ricorso,
osservando  che il deputato Sgarbi aveva sostanzialmente lamentato la
ritenuta  esistenza di rapporti non corretti tra il dott. Di Pietro e
l'avv. Lucibello, in riferimento all'attivita' di difensore del dott.
Pacini  Battaglia  svolta dallo stesso Lucibello. Le affermazioni del
predetto  deputato  si  inserirebbero  nel  solco  di  una  risalente
polemica  dello stesso con l'attivita' della Procura della Repubblica
di  Milano,  e,  in  particolare,  del  dott.  Di Pietro, ritenute in
contrasto  con  alcuni  essenziali  principi  del nostro ordinamento.
Sussisterebbe,  pertanto,  un  nesso  funzionale tra le dichiarazioni
rese  extra  moenia  per  cui si procede penalmente e gli atti tipici
della funzione parlamentare del deputato Sgarbi.
    In  particolare,  quest'ultimo, gia' molto tempo addietro, aveva,
in sede parlamentare, criticato l'inchiesta «Mani pulite», lamentando
l'«innegabile  grado  di  inquinamento  ambientale  che  la sta ormai
caratterizzando»  e  l'uso  di  metodi  arbitrari  e  inquisitori  e,
successivamente,  dopo  tali esternazioni, aveva censurato i rapporti
tra  il dott. Di Pietro e l'avv. Lucibello, con specifico riferimento
alla consegna di un'automobile da parte della MAA Assicurazioni tanto
all'uno  quanto  all'altro  e  al  fatto  che l'autovettura era stata
rivenduta  dal  primo al secondo per la somma di lire 20.000.000. Ne'
rileverebbe   il   tempo  trascorso  tra  quegli  atti  tipici  e  le
dichiarazioni  rese  extra  moenia,  ma  solo il nesso di sostanziale
contestualita' tra gli uni e le altre.
    La   difesa  della  Camera  sottolinea  che  analoghe  iniziative
parlamentari  erano  state  adottate anche da altri deputati, i quali
avevano  lamentato  come  tra  alcuni avvocati del Foro di Milano, in
particolare  l'avv. Lucibello, e i magistrati della Procura milanese,
in   particolare   il   dott.  Di  Pietro,  intercorressero  rapporti
censurabili,  con  riferimento  a  favoritismi  a  certi  imputati in
ragione dell'identita' del difensore e al tema specifico del ritenuto
privilegio riservato all'avv. Lucibello.
    Esisterebbe, dunque, una corrispondenza sostanziale, anche se non
formale, tra le dichiarazioni rese extra moenia dal deputato Sgarbi e
i  predetti  atti  tipici  della  funzione parlamentare, adottati sia
dallo  stesso  Sgarbi,  sia  da  altri deputati del suo stesso gruppo
parlamentare:   identita'  sostanziale  che  dovrebbe  desumersi  dal
complesso della politica parlamentare.
    5.  - In una memoria depositata nell'imminenza della data fissata
per  la  udienza  pubblica,  la difesa della Camera dei deputati, nel
ribadire  le predette conclusioni, aggiunge che, a norma dell'art. 67
Cost.,  che  afferma  che  ogni  membro del Parlamento rappresenta la
Nazione  ed  esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato, e' la
Nazione  intera  che  ha  in  ciascun parlamentare rappresentazione e
rappresentanza;  sicche',  le opinioni manifestate, nella qualita' di
rappresentante  della  Nazione,  da  qualunque  parlamentare  debbono
sempre  essere  considerate ai fini dell'applicabilita' dell'art. 68,
primo  comma, Cost., quale che sia il parlamentare che ha manifestato
le opinioni extra moenia.

                       Considerato in diritto

    1.   -   Il   Tribunale  di  Milano  ha  sollevato  conflitto  di
attribuzione  fra  poteri dello Stato in relazione alla deliberazione
adottata  dalla  Camera dei deputati nella seduta del 4 febbraio 2004
(Doc.  IV-quater, n. 86), con la quale - in difformita' rispetto alla
proposta della Giunta per le autorizzazioni - e' stato dichiarato che
i  fatti  per  i  quali  il  deputato Vittorio Sgarbi e' sottoposto a
procedimento  penale  per  il  reato  di  diffamazione  nei confronti
dell'avvocato  Giuseppe  Lucibello riguardano opinioni espresse da un
membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle sue funzioni, ai sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    2. - Preliminarmente, deve essere confermata l'ammissibilita' del
conflitto,  sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come
gia' ritenuto da questa Corte nell'ordinanza n. 10 del 2005.
    3. - L'eccezione di inammissibilita' formulata dalla difesa della
Camera  dei  deputati,  per  la  mancanza, nell'atto introduttivo del
ricorso,  della  indicazione dei fatti all'origine del conflitto, che
non   consentirebbe   la   conoscenza   del   reale  contenuto  delle
dichiarazioni attribuite al deputato, e' infondata. Invero, nell'atto
introduttivo  sono  testualmente riportate le dichiarazioni in ordine
alle   quali   pende   il  giudizio  penale  a  carico  del  predetto
parlamentare,  quali  risultanti  dal capo di imputazione, riprodotto
anche   nella  Relazione  della  Giunta  per  le  autorizzazioni  del
10 novembre 2003.
    4.   -   Parimenti   infondata   e'   la   ulteriore  ragione  di
inammissibilita'  ravvisata  nella mancanza del petitum, per il fatto
che   nell'atto  non  vi  sarebbe  richiesta  di  annullamento  della
deliberazione   impugnata,   ne'  di  pronuncia  sulla  spettanza  al
Tribunale  ricorrente  del  potere  in  contestazione,  ovvero  sulla
erroneita' dell'esercizio del potere stesso da parte della Camera dei
deputati.
    Ai  fini  della corretta formulazione del petitum, e' sufficiente
«qualsiasi  espressione  idonea a palesare, in modo univoco e chiaro,
la  volonta' del ricorrente di richiedere la decisione della Corte su
un  determinato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato» (ex
plurimis, sentenza n. 452 del 2006).
    Nel   caso   di   specie,   emerge,   con   chiarezza,  dall'atto
introduttivo, anche in assenza di una esplicita richiesta, la pretesa
del giudice volta alla dichiarazione di non spettanza del potere alla
Camera  ed all'annullamento della delibera impugnata. Ed infatti, nel
ricorso  si fa riferimento esplicito alla legittimazione dello stesso
ricorrente  a  sollevare  conflitto  di  attribuzione,  nonche'  alla
finalizzazione   dello  stesso  alla  delimitazione  della  sfera  di
attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali.
    5. - Nel merito, il ricorso e' fondato.
    Secondo   la   costante   giurisprudenza  di  questa  Corte,  per
l'esistenza  di  un  nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra
moenia  da  un  parlamentare  e  l'espletamento delle sue funzioni di
membro  del  Parlamento, e' necessario che tali dichiarazioni possano
essere  identificate  come  espressione  dell'esercizio  di attivita'
parlamentare  (sentenze  n. 392,  n. 371,  n. 335,  n. 317 del 2006).
Affinche'  il  relativo scrutinio possa avere esito positivo, occorre
il  concorso  di  un  duplice  requisito:  un  legame  temporale  fra
l'attivita'  parlamentare  e  l'attivita' esterna, di modo che questa
assuma  una  finalita'  divulgativa  della  prima;  e una sostanziale
corrispondenza di significato tra opinioni espresse nell'esercizio di
funzioni parlamentari e atti esterni, non essendo sufficienti ne' una
mera  comunanza  di  argomenti,  ne' un mero contesto politico cui le
prime   possano  riferirsi  (sentenze  n. 317  e  n. 258  del  2006).
Comunanza di argomenti e «contesto politico» non valgono, difatti, in
se',  a  connotare  le  dichiarazioni  esterne  come espressive della
funzione,  ove  esse  -  non  costituendo la sostanziale riproduzione
delle specifiche opinioni manifestate dal parlamentare nell'esercizio
delle proprie attribuzioni - siano non gia' il riflesso del peculiare
contributo  che ciascun deputato e ciascun senatore apporta alla vita
parlamentare, mediante le proprie opinioni e i propri voti (come tale
coperto,    a    garanzia    delle    prerogative    delle    Camere,
dall'insindacabilita),  bensi'  una ulteriore e diversa articolazione
di  siffatto  contributo, elaborata ed offerta alla pubblica opinione
nell'esercizio  della libera manifestazione del pensiero assicurata a
tutti dall'art. 21 Cost. (sentenza n. 317 del 2006).
    Nel  caso in esame, non e' possibile ravvisare una corrispondenza
sostanziale  di  contenuto  fra  le  dichiarazioni  rese dal deputato
Sgarbi  e  gli  atti tipici individuati dalla difesa della Camera dei
deputati.  Ed  infatti,  tra  dette dichiarazioni e le interrogazioni
dello  stesso deputato n. 3/00189 e n. 3/00190 del 1° agosto 1994, in
cui,  rispettivamente, si lamentavano i «metodi arbitrari e meramente
inquisitori»  adottati  nel  corso  della  inchiesta «Mani pulite», e
l'«innegabile  alto grado di inquinamento ambientale che la sta ormai
caratterizzando»,  od  anche  quella  n. 4/12830  del 3 agosto 1995 -
prima  firmataria  on.  Maiolo  -  in  cui  si  faceva riferimento ai
rapporti  tra  il  dott.  Di  Pietro  e l'avv. Lucibello in relazione
all'acquisto  da  parte  del  secondo  dell'autovettura consegnata al
primo dalla MAA Assicurazioni, e' configurabile soltanto una generica
comune  inerenza  a temi di rilievo generale dibattuti in Parlamento,
ma non una sostanziale corrispondenza di significati.
    Quanto  alle  analoghe  iniziative adottate da altri parlamentari
appartenenti allo stesso gruppo del deputato Sgarbi, la Corte ha gia'
ripetutamente  affermato  che  la  verifica  del nesso funzionale tra
dichiarazioni    rese   extra   moenia   ed   attivita'   tipicamente
parlamentari,  nonche'  il controllo sulla sostanziale corrispondenza
tra  le  prime e le seconde, devono essere effettuati con riferimento
alla  stessa  persona,  mentre  «sono  irrilevanti  gli atti di altri
parlamentari»,  poiche',  se  «e'  vero  che  le guarentigie previste
dall'art. 68 Cost. sono poste a tutela delle istituzioni parlamentari
nel  loro  complesso  e  non  si risolvono in privilegi personali dei
deputati  e  dei  senatori»,  tuttavia  da  cio'  non  puo' trarsi la
conseguenza  che  «esista  una  tale  fungibilita' tra i parlamentari
iscritti allo stesso gruppo da produrre effetti giuridici sostanziali
nel  campo della loro responsabilita' civile e penale per le opinioni
espresse  al di fuori delle Camere: l'art. 68, primo comma, Cost. non
configura  una sorta di insindacabilita' di gruppo, per cui un atto o
intervento  parlamentare  di  un appartenente ad un gruppo fornirebbe
copertura  costituzionale  per  tutti  gli  altri  iscritti al gruppo
medesimo» (sentenze n. 452 e n. 331 del 2006).
    In  assenza  di una sostanziale corrispondenza di significato tra
opinioni  espresse  nell'esercizio  di  funzioni  parlamentari e atti
esterni,  resta  assorbita ogni indagine sulla sussistenza del legame
temporale fra l'attivita' parlamentare e l'attivita' esterna.
    Le   dichiarazioni   rese  dal  deputato  Sgarbi  non  rientrano,
pertanto,  nell'esercizio  delle  sue  funzioni  e non sono garantite
dall'insindacabilita'.  Conseguentemente,  l'impugnata delibera della
Camera   dei  deputati  ha  violato  l'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione,   ledendo   con  cio'  le  attribuzioni  dell'autorita'
giudiziaria ricorrente, e deve essere annullata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  che non spettava alla Camera dei deputati affermare che
le  dichiarazioni  rese  dal  deputato  Vittorio  Sgarbi, oggetto del
procedimento  penale pendente davanti al Tribunale di Milano, sezione
settima  penale,  costituiscono  opinioni  espresse  da un membro del
Parlamento  nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione;
    Annulla, di conseguenza, la delibera di insindacabilita' adottata
dalla  Camera  dei  deputati  nella  seduta del 4 febbraio 2004 (Doc.
IV-quater, n. 86).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2007.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Finocchiaro
                      Il cancelliere:Fruscella
    Depositata in cancelleria il 21 marzo 2007.
                      Il cancelliere:Fruscella
07C0367