N. 174 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 luglio 2006

Ordinanza  emessa  l'11 luglio 2006 dal tribunale di Napoli - Sezione
per il riesame sull'appello proposto da Laudano Alberto

Processo  penale - Misure cautelari - Custodia cautelare in carcere -
  Obbligatorieta'  della  misura in ordine al delitto di associazione
  di  stampo  mafioso  (art. 416-bis, cod. pen.) in presenza di gravi
  indizi  di  colpevolezza,  salvo  che  siano acquisiti elementi dai
  quali   risulti   la   insussistenza   di   esigenze   cautelari  -
  Interpretazione  della  Corte di cassazione (in sede di giudizio di
  rinvio)   per   il   superamento   della   presunzione   legale  di
  pericolosita':  necessita'  della  prova dell'avvenuto scioglimento
  dell'associazione,   ovvero   dell'avvenuto  recesso  dalla  stessa
  dell'indagato -  Contrasto  con  il  principio  di ragionevolezza -
  Disparita'  di trattamento rispetto agli imputati scarcerati per il
  venir   meno   delle   esigenze   cautelari,   in   base  ad  altra
  interpretazione  della  Corte  di  cassazione  -  Anticipazione del
  trattamento  punitivo  -  Violazione del principio della riserva di
  legge per i provvedimenti restrittivi della liberta' personale.
- Codice di procedura penale, art. 275, comma 3.
- Costituzione, artt. 3, 13, comma secondo, e 27, primo comma.
(GU n.14 del 4-4-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Riunito  in  Camera  di  consiglio  ha  pronunziato  la  seguente
ordinanza   sull'appello   proposto   da   Laudano   Alberto  avverso
l'ordinanza emessa in data 26 aprile 2005 dal Giudice per le indagini
preliminari  del  Tribunale  di Napoli, con la quale veniva rigettata
l'istanza di revoca della misura della custodia cautelare in carcere;
    Letta  la  precedente  ordinanza emessa in data 31 maggio 2005 da
questo   tribunale   del   riesame,  con  la  quale  veniva  revocata
l'ordinanza di custodia cautelare in carcere;
    Letta  la  sentenza  n. 45524/2005  emessa dalla Corte suprema di
Cassazione  in  data  20  ottobre 2005 (dep. 15 dicembre 2005) con la
quale  la  predetta  ordinanza di questo tribunale del riesame del 31
maggio 2005 e' stata annullata con rinvio per un nuovo giudizio;
    Sentito  all'udienza  camerale  del  1° marzo 2006, alla quale il
pubblico  ministero  non e' comparso, il difensore, avvocato Vincenzo
Strazzullo,  il  quale  ha  depositato  memoria  con  documenti ed ha
concluso per l'accoglimento dell'appello;
    A  scioglimento  della riserva formulata all'udienza camerale del
1° marzo 2006.

                              F a t t o

    1.  -  Con  ordinanza  in  data  26 aprile 2005 il Giudice per le
indagini  preliminari  del Tribunale di Napoli rigettava la richiesta
di  revoca della misura della custodia cautelare in carcere formulata
del   difensore   di   Laudano   Alberto,  imputato  del  delitto  ex
art. 416-bis,  quale  imprenditore addetto alla commercializzazione e
distribuzione  in  Germania,  di prodotti con marchi contraffatti del
sodalizio Licciardi.
    2.  - Riteneva il g.i.p. la persistenza delle esigenze cautelari,
stante  il  difetto  di  prova  dell'avvenuta rescissione del vincolo
associativo.
    3.  -  Questo  tribunale  del  riesame,  con ordinanza in data 31
maggio  2005,  decidendo  sull'appello  proposto  da Laudano Alberto,
prendeva atto delle seguenti circostanze:
      a) del decorso del tempo;
      b) della specificita' della condotta dell'appellante;
      c)  del  sequestro  preventivo  di  tutte  le aziende di cui si
servivano  i coimputati, idoneo a rendere impossibile la reiterazione
della condotta criminosa ascritta al Laudano;
      d)   della  sostanziale  incensuratezza  del  Laudano,  gravato
esclusivamente  da  una  precedente condanna a 15.000 lire di ammenda
per la contravvenzione ex art. 669 cod. pen., risalente al 1975.
    4.  -  Conseguentemente, in applicazione del principio di diritto
che,  ai fini del superamento della presunzione di cui al terzo comma
dell'articolo  275  c.p.p., non e' necessaria la dimostrazione di una
vera e propria avvenuta rescissione del vincolo associativo (cfr., ex
plurimis, Cass. pen., I sez., n. 43572, C.c. 6 novembre 2002, dep. 24
dicembre  2002,  ric. Diana, rv. 223108; in senso conf: Cass. pen., I
sez.,  1  febbraio 1993, Crudele; Cass. pen., I sez., 22 giugno 1992,
Tallir;  Cass.  pen.,  VI  sez.,  7  giugno  1996,  Frascati;), avuto
riguardo al positivo accertamento dei parametri suindicati, cosi come
gia'  avvenuto  per  i  coimputati  Colella Gennaro, Ferraro Gennaro,
Bandolo  Giovanni,  Maddaloni  Raffaele,  Russo  Gioacchino,  Pernice
Vincenzo,  Botta  Salvatore,  Perna  Ciro,  Caiazza Angelo, Buonocore
Mario,  Avolio Gaetano, Babbato Mattia, Zinzi Salvatore, Salati Luigi
e  Pasqualino  Luigi,  il  Tribunale disponeva la revoca della misura
della  custodia cautelare in carcere anche nei riguardi dell'imputato
Laudano Alberto.
    5.  - La Corte suprema di cassazione, in accoglimento del ricorso
proposto  dal  Procuratore  della  Repubblica  presso il Tribunale di
Napoli,  annullava  la ordinanza di questo tribunale del riesame, con
rinvio  per  un  nuovo  giudizio. Disattendendo l'interpretazione del
terzo  comma  dell'articolo  275  cod. proc. pen. formulata da questo
Tribunale  del  riesame,  il  giudice  di  legittimita'  sosteneva la
necessita',  per  il  superamento  della  presunzione legale circa la
sussistenza  di  esigenze  cautelari  e di adeguatezza della custodia
cautelare in carcere (prevista dal terzo comma dell'art. 275 c.p.p.),
di  «elementi  concreti, atti a far desumere un avvenuto scioglimento
del  clan  camorristico,  oppure  un  avvenuto  recesso  dallo stesso
dell'attuale indagato».
    6.  -  All'odierna  udienza  camerale,  alla  quale  il  pubblico
ministero non e' comparso, il difensore eccepiva e deduceva che:
      a)  analoga  accusa  mossa  al  Laudano  (all'epoca  dei  fatti
residente  in Germania), dall'Autorita' tedesca (Procura di Berlino),
per  i  medesimi  fatti,  era  stata archiviata, per l'inesistenza di
condotte   penalmente   rilevanti:   «qui  a  Berlino  non  e'  stata
individuata alcuna succursale di questa associazione; pertanto, anche
alle   ipotesi  previste  dall'art. 129  c.p.  (Strafgetzbuch)  nella
rispettiva versione in vigore, visti i risultati dell'indagine, e' da
rispondere  in  modo negativo; pertanto il procedimento nei confronti
dell'indiziato di reato sig Laudano viene archiviato»;
      b)   dallo   stesso   capo   di   imputazione  emergerebbe  che
l'associazione  risultava  contestata  con  «fatti  accertati fino al
2003»: cio' che avrebbe potuto dimostrare l'avvenuta cessazione delle
attivita' del preteso sodalizio criminoso;
      c)  analogo  provvedimento  di  revoca  della  misura cautelare
personale,  emesso  da  questo tribunale del riesame nei riguardi del
coimputato   Ferraro   Gennaro,   gravato  da  identico  ricorso  per
cassazione  del  pubblico  ministero,  era  stato  condiviso da altro
Collegio  della  medesima  sezione della Corte suprema di cassazione,
che  aveva  rigettato  il  ricorso  del  pubblico  ministero,  con la
sentenza  n. 42338/2005  (Cass.  pen., II sez., C.c. 8 novembre 2005,
dep.   23   novembre  2005),  che  aveva  condiviso  la  contrapposta
interpretazione  del  terzo comma dell'articolo 275 c.p.p. seguita da
questo tribunale del riesame;
      d)  analogo  provvedimento  di  revoca  della  misura cautelare
personale,  emesso  da  questo tribunale del riesame nei riguardi del
coimputato   Colella   Gennaro,   gravato  da  identico  ricorso  per
cassazione,  era stato condiviso da altra sezione della Corte suprema
di Cassazione, che aveva rigettato il ricorso del pubblico ministero,
con  la  sentenza  n. 32874/2005 (Cass. pen., VI sez., C.c. 23 maggio
2005,  dep.  2  settembre  2005), che aveva condiviso la contrapposta
interpretazione  del  terzo comma dell'articolo 275 c.p.p. seguita da
questo tribunale del riesame;
      e)  analogo  provvedimento  di  revoca  della  misura cautelare
personale,  emesso  da  questo tribunale del riesame nei riguardi del
coimputato  Maddaloni  Raffaele,  gravato  da  identico  ricorso  per
cassazione,  era stato condiviso da altra sezione della Corte suprema
di cassazione, che aveva rigettato il ricorso del pubblico ministero,
con  la  sentenza  n. 46560/2005  (Cass. pen., I sez, C.c. 8 novembre
2005,  dep.  20  dicembre  2005), che aveva condiviso la contrapposta
interpretazione  del  terzo comma dell'articolo 275 c.p.p. seguita da
questo tribunale del riesame.
    Concludeva  il  difensore  perche'  questo  Tribunale del riesame
reiterasse  la  propria precedente ordinanza di revoca della custodia
cautelare gia' applicata a Laudano Alberto.
    7. - Il Tribunale si riserva la decisione.

                            D i r i t t o

    1.  -  Nel  presente  giudizio  di  rinvio,  secondo  la costante
giurisprudenza  della  Corte costituzionale, e' consentito al giudice
di rinvio sollevare dubbi di legittimita' costituzionale coinvolgenti
l'interpretazione  della  norma,  quale  risultante  dal principio di
diritto  enunciato dalla Corte di cassazione, dovendo la norma stessa
ricevere   obbligatoria   applicazione   nel   giudizio  rescissorio,
cosicche'  il  giudice  di  tale  fase,  essendo  vincolato  al detto
principio  di  diritto,  non  ha soluzione diversa, per contestare la
regula  iuris  indicata dal giudice della Corte suprema, da quella di
sollevare  questione  di  legittimita' costituzionale della norma che
sarebbe  tenuto  ad  applicare,  proprio perche' cosi interpretata; e
cio'  sia  ove tale principio costituisca la conseguenza di una linea
ermeneutica  del  tutto  isolata sia, a maggior ragione, ove il detto
principio  rappresenti l'adeguamento all'indirizzo interpretativo, se
non  consolidato,  almeno  prevalente  (Corte cost., sent. n. 408, 24
ottobre  2005; in senso conf.: Corte cost.:, sent. n. 16, 18 febbraio
1998; Corte cost. ord. n. 11 del 21 gennaio 1999).
    2.  - Tanto premesso in rito, va innanzitutto preso atto - e tale
principio  viene  integralmente  condiviso  dal  tribunale  - che, in
presenza   di   gravi  indizi  di  colpevolezza  per  il  delitto  di
associazione  di  stampo mafioso, deve essere senz'altro applicata la
misura  della  custodia  cautelare  in  carcere,  senza necessita' di
accertare le esigenze cautelari, che sono presunte per legge, sicche'
al   giudice   di   merito   incombe  solo  l'obbligo  di  dare  atto
dell'inesistenza  di  elementi  idonei  a  vincere  tale presunzione,
mentre l'obbligo della motivazione diventa piu' rigoroso nell'ipotesi
in   cui  l'indagato  avvia  posto  in  evidenza  elementi  idonei  a
dimostrare  l'insussistenza  di  esigenze cautelari, dovendosi allora
addurre  o,  quanto  meno, dedurre gli elementi di fatto sui quali la
prognosi positiva puo' essere fatta (Cass., sez. un., 5 ottobre 1994,
Demitry).
    3.  -  La  questione  di  diritto  sottoposta all'esame di questo
tribunale  del  riesame  concerne  l'interpretazione  del terzo comma
dell'articolo  275 del codice di procedura penale, in ordine al quale
si sono formati due contrapposti orientamenti giurisprudenziali della
Corte suprema di cassazione.
    4.  - Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, nei confronti
di  un  indagato  per  il delitto associativo ex art. 416-bis c.p. la
presunzione  di  pericolosita'  sociale,  che, a norma dell'art. 275,
comma 3 c.p.p., impone la misura della custodia cautelare in carcere,
puo'   essere   superata   soltanto  quando  risulti  dimostrato  che
l'associato    ha    stabilmente   rescisso   i   suoi   legami   con
l'organizzazione  criminosa (Cass., sez. 6ª, 28 marzo 1996, Frascati;
Cass.,   sez.  1ª,  8  febbraio  1995,  Bonventre).  In  tale  filone
giurisprudenziale  si  colloca  la  sentenza  della  Corte suprema di
annullamento  con  rinvio  del presente procedimento, che, a fini del
giudizio  sulla persistenza o meno della presunzione legale di cui al
terzo  comma  dell'articolo  275 cod. proc. pen., ha vincolato questo
Tribunale,   con   il   principio   di   diritto  che  e'  necessaria
l'acquisizione di «elementi concreti, atti a far desumere un avvenuto
scioglimento  del clan camorristico, oppure un avvenuto recesso dallo
stesso dell'attuale indagato» (Cass. pen., II sez., n. 45524, C.c. 20
ottobre 2005, dep. 15 dicembre 2005, ric. p.m. inproc. Laudano).
    5.  -  Un  contrapposto  orientamento  giurisprudenziale  (quello
seguito  da  questo  tribunale  del  riesame,  con l'ordinanza del 31
maggio  2005,  poi  annullata  dalla  sentenza della Corte suprema di
cassazione)  considera,  viceversa,  possibile  il  venire meno della
presunzione  legale  del  periculum in libertate a fronte di elementi
concreti  e  specifici,  non necessariamente indicativi dell'avvenuta
rescissione  del  rapporto associativo (Cass. pen., I sez., n. 43572,
C.c. 6 novembre 2002, dep. 24 dicembre 2002, ric. Diana, rv. 223108),
quali  la sostanziale ammissione del fatto da parte dell'indagato, la
peculiarita'  degli  antecedenti e delle circostanze del fatto stesso
(Cass.,  sez.  1ª,  1°  febbraio 1993, Crudele), la sussistenza degli
estremi  della  legittima  difesa, reale o putativa, l'incensuratezza
dell'indagato   e   l'assenza   di  carichi  pendenti,  la  spontanea
costituzione  (Cass.,  sez.  1ª,  22  giugno  1992, Tallir), il ruolo
svolto  dal  partecipante all'associazione mafiosa, caratterizzato da
assoluta  specificita' e da esclusivo rilievo soggettivo, che rendono
impossibile l'ulteriore attivita' criminosa (Cass., sez. 6ª, 7 giugno
1996, Frascati).
    6.  -  Orbene,  qualora  il  Tribunale non sollevasse la presente
questione  di  legittimita' costituzionale, si troverebbe costretto a
rigettare  l'appello  proposto  da  Laudano Alberto, non essendovi in
atti  gli  «elementi  concreti,  atti  a  far  desumere  un  avvenuto
scioglimento  del  clan  camorristico»,  ne'  la prova dell'«avvenuto
recesso dallo stesso dell'attuale indagato», bensi' soltanto la prova
che  il  ruolo svolto dal Laudano e' stato caratterizzato da assoluta
specificita'   e   da   esclusivo  rilievo  soggettivo,  che  rendono
impossibile l'ulteriore attivita' criminosa (Cass., sez. 6ª, 7 giugno
1996,  Frascati):  da  cio'  discende  la  rilevanza della questione,
concernente   la   legittimita'   costituzionale   del   terzo  comma
dell'articolo  275  cod.  proc.  pen.,  cosi' come interpretato dalla
Corte  suprema  di  Cassazione  nella  sentenza  di  annullamento con
rinvio,  costituendo  tale interpretazione un precetto vincolante per
questo  tribunale  del  riesame,  in  virtu' dell'articolo 627, terzo
comma  cod.  proc.  pen.:  interpretazione  che  -  tuttavia  - viene
ritenuta  dal  tribunale in contrasto con gli articoli 3, 13, secondo
comma e 27, primo comma della Costituzione.
    7. - Il contrasto con l'articolo 3 della Costituzione investe, ad
avviso  di questo giudice remittente, il principio di ragionevolezza,
dal momento che un'interpretazione della norma in esame cosi' rigida,
finisce  con  lo  snaturare  la  volonta'  del  legislatore, che, nel
delimitare   la   presunzione   in  esame  all'area  dei  delitti  di
criminalita'   organizzata   di   tipo  mafioso,  pur  avendo  inteso
attribuire un coefficiente di pericolosita' per le condizioni di base
della  convivenza  e  della sicurezza collettiva che agli illeciti di
quel genere e' connaturato, non ha di certo inteso privare il giudice
di  merito del potere-dovere di accertare la sussistenza o meno delle
esigenze cautelari. Cio' e' disvelato, ad avviso di questo Tribunale,
dalla chiara locuzione impiegata dal legislatore della norma in esame
(«salvo  che  siano  acquisiti  elementi  dai  quali  risulti che non
sussistono   esigenze   cautelari»):  cio'  rende  manifesto  che  la
presunzione  puo'  considerarsi  superata  anche  nell'ipotesi in cui
coesistano  specifici  elementi  che,  come nel caso di specie, fanno
ragionevolmente escludere la pericolosita' dell'indagato: di talche',
pur  in  mancanza  di  una  formale  o univoca rescissione, per facta
concludentia,  del  vincolo  associativo,  il  giudice di merito deve
essere tenuto a porre a raffronto il dato derivante dall'attribuzione
del delitto ex art. 416-bis c.p. con gli elementi di segno contrario,
dedotti  dalla  parte  o  comunque  risultanti dagli atti, al fine di
stabilirne  la  prevalenza  o meno per negare o affermare l'esistenza
delle esigenze cautelari.
    8.  -  Un  ulteriore  profilo di violazione dell'articolo 3 della
Costituzione   si   rileva   dalla   circostanza  che,  nel  presente
procedimento, alcuni coimputati del Laudano (Colella Gennaro, Ferraro
Gennaro,  Bandolo  Giovanni,  Maddaloni  Raffaele,  Russo Gioacchino,
Pernice  Vincenzo,  Botta  Salvatore,  Perna  Ciro,  Caiazza  Angelo,
Buonocore  Mario,  Avolio  Gaetano,  Barbato Mattia, Zinzi Salvatore,
Salati  Luigi  e Pasqualino Luigi) risultano essere stati scarcerati,
per  il  venire  meno  delle  esigenze  cautelari,  proprio in virtu'
dell'interpretazione  del  terzo  comma  dell'articolo 275 cod. proc.
pen. facente  capo  al  filone  giurisprudenziale  seguito  da questo
tribunale  del  riesame.  Tale  interpretazione,  peraltro,  e' stata
condivisa  da  alcune  sezioni della Corte suprema di cassazione che,
nel   rigettare   il  ricorso  del  pubblico  ministero,  hanno  reso
definitiva  la  scarcerazione  dei  coimputati  del  Laudano,  mentre
quest'ultimo,    ove    venisse   accolta   la   contrapposta   linea
giurisprudenziale  indicata dalla sentenza di annullamento con rinvio
della Corte suprema di cassazione, finirebbe per essere ingiustamente
discriminato  in  peius rispetto ai coimputati del medesimo processo.
Cio'  comporta  la  lesione  del  principio di uguaglianza di tutti i
cittadini di fronte alla legge.
    9.  -  Inoltre,  un'interpretazione  cosi' rigida del terzo comma
dell'articolo  275 cod. proc. pen. si pone in contrasto anche con gli
articoli 13, secondo comma e 27, primo comma, della Costituzione.
    Tale  interpretazione,  infatti, genera radicali incertezze circa
l'applicazione  di  una  norma  -  quella  sottoposta  a scrutinio di
costituzionalita'  -  che  si appalesa decisiva per il mantenimento o
meno  della  custodia cautelare in carcere, cosi' rimanendo vulnerato
il  secondo comma dell'articolo 13 della Costituzione, secondo cui la
restrizione della liberta' personale e' ammessa «nei soli casi e modi
previsti  dalla  legge»:  legge  che  deve  essere «certa», attesa la
riserva  di  legge  prevista dalla Costituzione, che ha stabilito che
deve essere il legislatore a stabilire i presupposti legali per poter
determinare  la detenzione in carcere, con una legge che - ovviamente
- deve essere «certa» ed «uguale» nei confronti di tutti i cittadini.
    Ed  ancora,  l'interpretazione  qui  denunziata,  proprio perche'
pretende   una   prova   impossibile   a   fornirsi,   finirebbe  con
l'equiparare,  di  fatto, la posizione del «giudicabile» a quella del
«condannato».  Con  la conseguenza che la misura cautelare verrebbe a
configurarsi  come  di  fatto  mai  revocabile e, quindi, come vera e
propria  anticipazione  del  trattamento  punitivo: in violazione del
primo  comma  dell'articolo  27 della Costituzione. A tale proposito,
risulta  significativa  la  circostanza  che  il coimputato Maddaloni
Raffaele, imprenditore, cui risultava contestata, come al Laudano, la
commercializzazione,  in  Paesi  esteri, di capi di abbigliamento con
marchi  contraffatti  per  conto  del  clan,  all'esito  del giudizio
abbreviato,  e'  stato  assolto  dall'imputazione di cui all'articolo
416-bis  c.p.  e  condannato  alla pena, condizionalmente sospesa, di
anni  uno e mesi otto di reclusione ed euro 1000 di multa, per i soli
reati di cui agli artt. 473 e 517 cod. pen.
    10.  -  In altri termini, ritiene il Tribunale che le ragioni che
sorreggono   l'orientamento  giurisprudenziale  prescelto,  risultano
rispondenti  alla  ratio effettiva della speciale disposizione di cui
all'art. 275, comma 3, c.p.p., di indubbia natura eccezionale, la cui
portata  - proprio perche' riferita ad una norma gia' «eccezionale» -
non  puo'  essere  ulteriormente  «dilatata»,  sino  al punto da fare
coincidere  il  superamento  della presunzione legale soltanto con la
dimostrazione   dell'avvenuta   definitiva  rescissione  del  vincolo
associativo.  Difatti, l'attribuzione alla norma di un tale contenuto
precettivo  significa,  nella  sostanza,  ritenere che la presunzione
possa  essere  vinta  nei  soli  casi  nei  quali  essa  non sia piu'
applicabile  per  il  fatto  che  la  partecipazione all'associazione
maflosa  non  e'  piu'  attuale,  mentre  le  linee della disciplina,
rivelate dalla chiara locuzione impiegata dal legislatore («salvo che
siano  acquisiti  elementi  dai  quali  risulti  che  non  sussistono
esigenze  cautelari»),  rendono  manifesto  che  la  presunzione deve
potersi  considerare  superata  anche  nell'ipotesi in cui coesistano
specifici   elementi   che   fanno   ragionevolmente   escludere   la
pericolosita'  dell'indagato:  di  talche',  pur  in  mancanza di una
formale  o  univoca  rescissione, per facta concludentia, del vincolo
associativo,  il  giudice  di merito deve essere tenuto, ad avviso di
questo   tribunale,   a   porre   a   raffronto   il  dato  derivante
dall'attribuzione  del  delitto ex art. 416-bis c.p. con gli elementi
di  segno  contrario, dedotti dalla parte o comunque risultanti dagli
atti,  al  fine  di  stabilirne  la  prevalenza  o  meno per negare o
affermare l'esistenza delle esigenze cautelari.
    11.  -  Per  tutte le ragioni esposte in motivazione il tribunale
ritiene  che  la dedotta questione di legittimita' costituzionale sia
non  manifestamente  infondata  e, altresi', rilevante, atteso che la
decisione  di  questo Tribunale - in sede di giudizio di rinvio dalla
Corte  di  cassazione - sull'appello in trattazione, si fonda proprio
sulla  interpretazione  del  terzo comma dell'articolo 275 cod. proc.
pen.: norma sottoposta al presente scrutinio di costituzionalita'.
                              P. Q. M.
    Visti   gli   artt. 134   della   Costituzione,   1  della  legge
costituzionale  9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87;
    Solleva  d'ufficio  questione  di legittimita' costituzionale del
terzo  comma  dell'articolo  275  del codice di procedura penale, per
contrasto  con gli artt. 3; 13, secondo comma e 27, primo comma della
Costituzione,  nella  parte  in  cui prevede che la presunzione della
sussistenza   delle   esigenze  cautelari  e  della  possibilita'  di
salvaguardarle  esclusivamente  con la custodia cautelare in carcere,
possa  venire  meno  soltanto con la prova dell'avvenuto scioglimento
dell'associazione,   ovvero   dell'avvenuto   recesso   dalla  stessa
dell'indagato;
    Sospende  il  presente  giudizio  ed ordina la trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata all'imputato Laudano Alberto, al difensore, al Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, nonche' al Presidente
del  Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato
della Repubblica e della Camera dei deputati.
        Cosi' deciso in Napoli, il 1° marzo 2006.
                       Il Presidente: Iazzetti
07C0413