N. 174 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 luglio 2006
Ordinanza emessa l'11 luglio 2006 dal tribunale di Napoli - Sezione per il riesame sull'appello proposto da Laudano Alberto Processo penale - Misure cautelari - Custodia cautelare in carcere - Obbligatorieta' della misura in ordine al delitto di associazione di stampo mafioso (art. 416-bis, cod. pen.) in presenza di gravi indizi di colpevolezza, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti la insussistenza di esigenze cautelari - Interpretazione della Corte di cassazione (in sede di giudizio di rinvio) per il superamento della presunzione legale di pericolosita': necessita' della prova dell'avvenuto scioglimento dell'associazione, ovvero dell'avvenuto recesso dalla stessa dell'indagato - Contrasto con il principio di ragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto agli imputati scarcerati per il venir meno delle esigenze cautelari, in base ad altra interpretazione della Corte di cassazione - Anticipazione del trattamento punitivo - Violazione del principio della riserva di legge per i provvedimenti restrittivi della liberta' personale. - Codice di procedura penale, art. 275, comma 3. - Costituzione, artt. 3, 13, comma secondo, e 27, primo comma.(GU n.14 del 4-4-2007 )
IL TRIBUNALE Riunito in Camera di consiglio ha pronunziato la seguente ordinanza sull'appello proposto da Laudano Alberto avverso l'ordinanza emessa in data 26 aprile 2005 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, con la quale veniva rigettata l'istanza di revoca della misura della custodia cautelare in carcere; Letta la precedente ordinanza emessa in data 31 maggio 2005 da questo tribunale del riesame, con la quale veniva revocata l'ordinanza di custodia cautelare in carcere; Letta la sentenza n. 45524/2005 emessa dalla Corte suprema di Cassazione in data 20 ottobre 2005 (dep. 15 dicembre 2005) con la quale la predetta ordinanza di questo tribunale del riesame del 31 maggio 2005 e' stata annullata con rinvio per un nuovo giudizio; Sentito all'udienza camerale del 1° marzo 2006, alla quale il pubblico ministero non e' comparso, il difensore, avvocato Vincenzo Strazzullo, il quale ha depositato memoria con documenti ed ha concluso per l'accoglimento dell'appello; A scioglimento della riserva formulata all'udienza camerale del 1° marzo 2006. F a t t o 1. - Con ordinanza in data 26 aprile 2005 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli rigettava la richiesta di revoca della misura della custodia cautelare in carcere formulata del difensore di Laudano Alberto, imputato del delitto ex art. 416-bis, quale imprenditore addetto alla commercializzazione e distribuzione in Germania, di prodotti con marchi contraffatti del sodalizio Licciardi. 2. - Riteneva il g.i.p. la persistenza delle esigenze cautelari, stante il difetto di prova dell'avvenuta rescissione del vincolo associativo. 3. - Questo tribunale del riesame, con ordinanza in data 31 maggio 2005, decidendo sull'appello proposto da Laudano Alberto, prendeva atto delle seguenti circostanze: a) del decorso del tempo; b) della specificita' della condotta dell'appellante; c) del sequestro preventivo di tutte le aziende di cui si servivano i coimputati, idoneo a rendere impossibile la reiterazione della condotta criminosa ascritta al Laudano; d) della sostanziale incensuratezza del Laudano, gravato esclusivamente da una precedente condanna a 15.000 lire di ammenda per la contravvenzione ex art. 669 cod. pen., risalente al 1975. 4. - Conseguentemente, in applicazione del principio di diritto che, ai fini del superamento della presunzione di cui al terzo comma dell'articolo 275 c.p.p., non e' necessaria la dimostrazione di una vera e propria avvenuta rescissione del vincolo associativo (cfr., ex plurimis, Cass. pen., I sez., n. 43572, C.c. 6 novembre 2002, dep. 24 dicembre 2002, ric. Diana, rv. 223108; in senso conf: Cass. pen., I sez., 1 febbraio 1993, Crudele; Cass. pen., I sez., 22 giugno 1992, Tallir; Cass. pen., VI sez., 7 giugno 1996, Frascati;), avuto riguardo al positivo accertamento dei parametri suindicati, cosi come gia' avvenuto per i coimputati Colella Gennaro, Ferraro Gennaro, Bandolo Giovanni, Maddaloni Raffaele, Russo Gioacchino, Pernice Vincenzo, Botta Salvatore, Perna Ciro, Caiazza Angelo, Buonocore Mario, Avolio Gaetano, Babbato Mattia, Zinzi Salvatore, Salati Luigi e Pasqualino Luigi, il Tribunale disponeva la revoca della misura della custodia cautelare in carcere anche nei riguardi dell'imputato Laudano Alberto. 5. - La Corte suprema di cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, annullava la ordinanza di questo tribunale del riesame, con rinvio per un nuovo giudizio. Disattendendo l'interpretazione del terzo comma dell'articolo 275 cod. proc. pen. formulata da questo Tribunale del riesame, il giudice di legittimita' sosteneva la necessita', per il superamento della presunzione legale circa la sussistenza di esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere (prevista dal terzo comma dell'art. 275 c.p.p.), di «elementi concreti, atti a far desumere un avvenuto scioglimento del clan camorristico, oppure un avvenuto recesso dallo stesso dell'attuale indagato». 6. - All'odierna udienza camerale, alla quale il pubblico ministero non e' comparso, il difensore eccepiva e deduceva che: a) analoga accusa mossa al Laudano (all'epoca dei fatti residente in Germania), dall'Autorita' tedesca (Procura di Berlino), per i medesimi fatti, era stata archiviata, per l'inesistenza di condotte penalmente rilevanti: «qui a Berlino non e' stata individuata alcuna succursale di questa associazione; pertanto, anche alle ipotesi previste dall'art. 129 c.p. (Strafgetzbuch) nella rispettiva versione in vigore, visti i risultati dell'indagine, e' da rispondere in modo negativo; pertanto il procedimento nei confronti dell'indiziato di reato sig Laudano viene archiviato»; b) dallo stesso capo di imputazione emergerebbe che l'associazione risultava contestata con «fatti accertati fino al 2003»: cio' che avrebbe potuto dimostrare l'avvenuta cessazione delle attivita' del preteso sodalizio criminoso; c) analogo provvedimento di revoca della misura cautelare personale, emesso da questo tribunale del riesame nei riguardi del coimputato Ferraro Gennaro, gravato da identico ricorso per cassazione del pubblico ministero, era stato condiviso da altro Collegio della medesima sezione della Corte suprema di cassazione, che aveva rigettato il ricorso del pubblico ministero, con la sentenza n. 42338/2005 (Cass. pen., II sez., C.c. 8 novembre 2005, dep. 23 novembre 2005), che aveva condiviso la contrapposta interpretazione del terzo comma dell'articolo 275 c.p.p. seguita da questo tribunale del riesame; d) analogo provvedimento di revoca della misura cautelare personale, emesso da questo tribunale del riesame nei riguardi del coimputato Colella Gennaro, gravato da identico ricorso per cassazione, era stato condiviso da altra sezione della Corte suprema di Cassazione, che aveva rigettato il ricorso del pubblico ministero, con la sentenza n. 32874/2005 (Cass. pen., VI sez., C.c. 23 maggio 2005, dep. 2 settembre 2005), che aveva condiviso la contrapposta interpretazione del terzo comma dell'articolo 275 c.p.p. seguita da questo tribunale del riesame; e) analogo provvedimento di revoca della misura cautelare personale, emesso da questo tribunale del riesame nei riguardi del coimputato Maddaloni Raffaele, gravato da identico ricorso per cassazione, era stato condiviso da altra sezione della Corte suprema di cassazione, che aveva rigettato il ricorso del pubblico ministero, con la sentenza n. 46560/2005 (Cass. pen., I sez, C.c. 8 novembre 2005, dep. 20 dicembre 2005), che aveva condiviso la contrapposta interpretazione del terzo comma dell'articolo 275 c.p.p. seguita da questo tribunale del riesame. Concludeva il difensore perche' questo Tribunale del riesame reiterasse la propria precedente ordinanza di revoca della custodia cautelare gia' applicata a Laudano Alberto. 7. - Il Tribunale si riserva la decisione. D i r i t t o 1. - Nel presente giudizio di rinvio, secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, e' consentito al giudice di rinvio sollevare dubbi di legittimita' costituzionale coinvolgenti l'interpretazione della norma, quale risultante dal principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione, dovendo la norma stessa ricevere obbligatoria applicazione nel giudizio rescissorio, cosicche' il giudice di tale fase, essendo vincolato al detto principio di diritto, non ha soluzione diversa, per contestare la regula iuris indicata dal giudice della Corte suprema, da quella di sollevare questione di legittimita' costituzionale della norma che sarebbe tenuto ad applicare, proprio perche' cosi interpretata; e cio' sia ove tale principio costituisca la conseguenza di una linea ermeneutica del tutto isolata sia, a maggior ragione, ove il detto principio rappresenti l'adeguamento all'indirizzo interpretativo, se non consolidato, almeno prevalente (Corte cost., sent. n. 408, 24 ottobre 2005; in senso conf.: Corte cost.:, sent. n. 16, 18 febbraio 1998; Corte cost. ord. n. 11 del 21 gennaio 1999). 2. - Tanto premesso in rito, va innanzitutto preso atto - e tale principio viene integralmente condiviso dal tribunale - che, in presenza di gravi indizi di colpevolezza per il delitto di associazione di stampo mafioso, deve essere senz'altro applicata la misura della custodia cautelare in carcere, senza necessita' di accertare le esigenze cautelari, che sono presunte per legge, sicche' al giudice di merito incombe solo l'obbligo di dare atto dell'inesistenza di elementi idonei a vincere tale presunzione, mentre l'obbligo della motivazione diventa piu' rigoroso nell'ipotesi in cui l'indagato avvia posto in evidenza elementi idonei a dimostrare l'insussistenza di esigenze cautelari, dovendosi allora addurre o, quanto meno, dedurre gli elementi di fatto sui quali la prognosi positiva puo' essere fatta (Cass., sez. un., 5 ottobre 1994, Demitry). 3. - La questione di diritto sottoposta all'esame di questo tribunale del riesame concerne l'interpretazione del terzo comma dell'articolo 275 del codice di procedura penale, in ordine al quale si sono formati due contrapposti orientamenti giurisprudenziali della Corte suprema di cassazione. 4. - Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, nei confronti di un indagato per il delitto associativo ex art. 416-bis c.p. la presunzione di pericolosita' sociale, che, a norma dell'art. 275, comma 3 c.p.p., impone la misura della custodia cautelare in carcere, puo' essere superata soltanto quando risulti dimostrato che l'associato ha stabilmente rescisso i suoi legami con l'organizzazione criminosa (Cass., sez. 6ª, 28 marzo 1996, Frascati; Cass., sez. 1ª, 8 febbraio 1995, Bonventre). In tale filone giurisprudenziale si colloca la sentenza della Corte suprema di annullamento con rinvio del presente procedimento, che, a fini del giudizio sulla persistenza o meno della presunzione legale di cui al terzo comma dell'articolo 275 cod. proc. pen., ha vincolato questo Tribunale, con il principio di diritto che e' necessaria l'acquisizione di «elementi concreti, atti a far desumere un avvenuto scioglimento del clan camorristico, oppure un avvenuto recesso dallo stesso dell'attuale indagato» (Cass. pen., II sez., n. 45524, C.c. 20 ottobre 2005, dep. 15 dicembre 2005, ric. p.m. inproc. Laudano). 5. - Un contrapposto orientamento giurisprudenziale (quello seguito da questo tribunale del riesame, con l'ordinanza del 31 maggio 2005, poi annullata dalla sentenza della Corte suprema di cassazione) considera, viceversa, possibile il venire meno della presunzione legale del periculum in libertate a fronte di elementi concreti e specifici, non necessariamente indicativi dell'avvenuta rescissione del rapporto associativo (Cass. pen., I sez., n. 43572, C.c. 6 novembre 2002, dep. 24 dicembre 2002, ric. Diana, rv. 223108), quali la sostanziale ammissione del fatto da parte dell'indagato, la peculiarita' degli antecedenti e delle circostanze del fatto stesso (Cass., sez. 1ª, 1° febbraio 1993, Crudele), la sussistenza degli estremi della legittima difesa, reale o putativa, l'incensuratezza dell'indagato e l'assenza di carichi pendenti, la spontanea costituzione (Cass., sez. 1ª, 22 giugno 1992, Tallir), il ruolo svolto dal partecipante all'associazione mafiosa, caratterizzato da assoluta specificita' e da esclusivo rilievo soggettivo, che rendono impossibile l'ulteriore attivita' criminosa (Cass., sez. 6ª, 7 giugno 1996, Frascati). 6. - Orbene, qualora il Tribunale non sollevasse la presente questione di legittimita' costituzionale, si troverebbe costretto a rigettare l'appello proposto da Laudano Alberto, non essendovi in atti gli «elementi concreti, atti a far desumere un avvenuto scioglimento del clan camorristico», ne' la prova dell'«avvenuto recesso dallo stesso dell'attuale indagato», bensi' soltanto la prova che il ruolo svolto dal Laudano e' stato caratterizzato da assoluta specificita' e da esclusivo rilievo soggettivo, che rendono impossibile l'ulteriore attivita' criminosa (Cass., sez. 6ª, 7 giugno 1996, Frascati): da cio' discende la rilevanza della questione, concernente la legittimita' costituzionale del terzo comma dell'articolo 275 cod. proc. pen., cosi' come interpretato dalla Corte suprema di Cassazione nella sentenza di annullamento con rinvio, costituendo tale interpretazione un precetto vincolante per questo tribunale del riesame, in virtu' dell'articolo 627, terzo comma cod. proc. pen.: interpretazione che - tuttavia - viene ritenuta dal tribunale in contrasto con gli articoli 3, 13, secondo comma e 27, primo comma della Costituzione. 7. - Il contrasto con l'articolo 3 della Costituzione investe, ad avviso di questo giudice remittente, il principio di ragionevolezza, dal momento che un'interpretazione della norma in esame cosi' rigida, finisce con lo snaturare la volonta' del legislatore, che, nel delimitare la presunzione in esame all'area dei delitti di criminalita' organizzata di tipo mafioso, pur avendo inteso attribuire un coefficiente di pericolosita' per le condizioni di base della convivenza e della sicurezza collettiva che agli illeciti di quel genere e' connaturato, non ha di certo inteso privare il giudice di merito del potere-dovere di accertare la sussistenza o meno delle esigenze cautelari. Cio' e' disvelato, ad avviso di questo Tribunale, dalla chiara locuzione impiegata dal legislatore della norma in esame («salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari»): cio' rende manifesto che la presunzione puo' considerarsi superata anche nell'ipotesi in cui coesistano specifici elementi che, come nel caso di specie, fanno ragionevolmente escludere la pericolosita' dell'indagato: di talche', pur in mancanza di una formale o univoca rescissione, per facta concludentia, del vincolo associativo, il giudice di merito deve essere tenuto a porre a raffronto il dato derivante dall'attribuzione del delitto ex art. 416-bis c.p. con gli elementi di segno contrario, dedotti dalla parte o comunque risultanti dagli atti, al fine di stabilirne la prevalenza o meno per negare o affermare l'esistenza delle esigenze cautelari. 8. - Un ulteriore profilo di violazione dell'articolo 3 della Costituzione si rileva dalla circostanza che, nel presente procedimento, alcuni coimputati del Laudano (Colella Gennaro, Ferraro Gennaro, Bandolo Giovanni, Maddaloni Raffaele, Russo Gioacchino, Pernice Vincenzo, Botta Salvatore, Perna Ciro, Caiazza Angelo, Buonocore Mario, Avolio Gaetano, Barbato Mattia, Zinzi Salvatore, Salati Luigi e Pasqualino Luigi) risultano essere stati scarcerati, per il venire meno delle esigenze cautelari, proprio in virtu' dell'interpretazione del terzo comma dell'articolo 275 cod. proc. pen. facente capo al filone giurisprudenziale seguito da questo tribunale del riesame. Tale interpretazione, peraltro, e' stata condivisa da alcune sezioni della Corte suprema di cassazione che, nel rigettare il ricorso del pubblico ministero, hanno reso definitiva la scarcerazione dei coimputati del Laudano, mentre quest'ultimo, ove venisse accolta la contrapposta linea giurisprudenziale indicata dalla sentenza di annullamento con rinvio della Corte suprema di cassazione, finirebbe per essere ingiustamente discriminato in peius rispetto ai coimputati del medesimo processo. Cio' comporta la lesione del principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. 9. - Inoltre, un'interpretazione cosi' rigida del terzo comma dell'articolo 275 cod. proc. pen. si pone in contrasto anche con gli articoli 13, secondo comma e 27, primo comma, della Costituzione. Tale interpretazione, infatti, genera radicali incertezze circa l'applicazione di una norma - quella sottoposta a scrutinio di costituzionalita' - che si appalesa decisiva per il mantenimento o meno della custodia cautelare in carcere, cosi' rimanendo vulnerato il secondo comma dell'articolo 13 della Costituzione, secondo cui la restrizione della liberta' personale e' ammessa «nei soli casi e modi previsti dalla legge»: legge che deve essere «certa», attesa la riserva di legge prevista dalla Costituzione, che ha stabilito che deve essere il legislatore a stabilire i presupposti legali per poter determinare la detenzione in carcere, con una legge che - ovviamente - deve essere «certa» ed «uguale» nei confronti di tutti i cittadini. Ed ancora, l'interpretazione qui denunziata, proprio perche' pretende una prova impossibile a fornirsi, finirebbe con l'equiparare, di fatto, la posizione del «giudicabile» a quella del «condannato». Con la conseguenza che la misura cautelare verrebbe a configurarsi come di fatto mai revocabile e, quindi, come vera e propria anticipazione del trattamento punitivo: in violazione del primo comma dell'articolo 27 della Costituzione. A tale proposito, risulta significativa la circostanza che il coimputato Maddaloni Raffaele, imprenditore, cui risultava contestata, come al Laudano, la commercializzazione, in Paesi esteri, di capi di abbigliamento con marchi contraffatti per conto del clan, all'esito del giudizio abbreviato, e' stato assolto dall'imputazione di cui all'articolo 416-bis c.p. e condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi otto di reclusione ed euro 1000 di multa, per i soli reati di cui agli artt. 473 e 517 cod. pen. 10. - In altri termini, ritiene il Tribunale che le ragioni che sorreggono l'orientamento giurisprudenziale prescelto, risultano rispondenti alla ratio effettiva della speciale disposizione di cui all'art. 275, comma 3, c.p.p., di indubbia natura eccezionale, la cui portata - proprio perche' riferita ad una norma gia' «eccezionale» - non puo' essere ulteriormente «dilatata», sino al punto da fare coincidere il superamento della presunzione legale soltanto con la dimostrazione dell'avvenuta definitiva rescissione del vincolo associativo. Difatti, l'attribuzione alla norma di un tale contenuto precettivo significa, nella sostanza, ritenere che la presunzione possa essere vinta nei soli casi nei quali essa non sia piu' applicabile per il fatto che la partecipazione all'associazione maflosa non e' piu' attuale, mentre le linee della disciplina, rivelate dalla chiara locuzione impiegata dal legislatore («salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari»), rendono manifesto che la presunzione deve potersi considerare superata anche nell'ipotesi in cui coesistano specifici elementi che fanno ragionevolmente escludere la pericolosita' dell'indagato: di talche', pur in mancanza di una formale o univoca rescissione, per facta concludentia, del vincolo associativo, il giudice di merito deve essere tenuto, ad avviso di questo tribunale, a porre a raffronto il dato derivante dall'attribuzione del delitto ex art. 416-bis c.p. con gli elementi di segno contrario, dedotti dalla parte o comunque risultanti dagli atti, al fine di stabilirne la prevalenza o meno per negare o affermare l'esistenza delle esigenze cautelari. 11. - Per tutte le ragioni esposte in motivazione il tribunale ritiene che la dedotta questione di legittimita' costituzionale sia non manifestamente infondata e, altresi', rilevante, atteso che la decisione di questo Tribunale - in sede di giudizio di rinvio dalla Corte di cassazione - sull'appello in trattazione, si fonda proprio sulla interpretazione del terzo comma dell'articolo 275 cod. proc. pen.: norma sottoposta al presente scrutinio di costituzionalita'.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale del terzo comma dell'articolo 275 del codice di procedura penale, per contrasto con gli artt. 3; 13, secondo comma e 27, primo comma della Costituzione, nella parte in cui prevede che la presunzione della sussistenza delle esigenze cautelari e della possibilita' di salvaguardarle esclusivamente con la custodia cautelare in carcere, possa venire meno soltanto con la prova dell'avvenuto scioglimento dell'associazione, ovvero dell'avvenuto recesso dalla stessa dell'indagato; Sospende il presente giudizio ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata all'imputato Laudano Alberto, al difensore, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Napoli, il 1° marzo 2006. Il Presidente: Iazzetti 07C0413