N. 185 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 settembre 2006

Ordinanza  emessa  il  11 settembre 2006 dal tribunale amministrativo
regionale  della  Sicilia  - Sezione staccata di Catania, sul ricorso
proposto  da  Comune  di  Augusta  contro Commissario per l'emergenza
rifiuti - Presidenza Regione Siciliana ed altri.

Giustizia  amministrativa  -  Tribunali  amministrativi  regionali  -
  Controversie  relative  alla  legittimita'  delle  ordinanze  e dei
  conseguenziali  provvedimenti  commissariali  adottati  in tutte le
  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1,
  della   legge   24 febbraio  1992,  n. 225  -  Competenza,  in  via
  esclusiva,  in  primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo
  regionale  del  Lazio  -  sede  di  Roma  - Irragionevole deroga al
  principio  della  competenza del Tribunale amministrativo regionale
  della  Regione  in  cui  il  provvedimento  e'  destinato  ad avere
  incidenza  -  Violazione  del diritto di difesa e del principio del
  giudice  naturale  -  Violazione  del  principio  del decentramento
  territoriale  della giurisdizione amministrativa - Violazione della
  norma   statutaria  che  attribuisce  al  Tribunale  amministrativo
  regionale Sicilia le controversie di interesse regionale.
- Decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione,   artt. 3,  24,  25  e  125;  Statuto  della  Regione
  Siciliana, art. 23.
(GU n.15 del 11-4-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma
2,  legge n. 87/1953, sul ricorso n. 710/2005 R.G. proposto da Comune
di  Augusta (Siracusa), rappresentato e difeso da Coppa avv. Pietro e
Di  Giovanni  avv.  Ettore  con domicilio eletto in Catania, viale XX
Settembre n. 51, presso Favi avv. Francesco;
    Contro  Commissario  per l'emergenza rifiuti - Presidenza Regione
Siciliana  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura dello Stato, con
domicilio eletto in Catania, via Vecchia Ognina n. 149, presso la sua
sede,  Ministero dell'interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
dello  Stato,  con  domicilio  eletto  in Catania, via Vecchia Ognina
n. 49,  presso  la  sua  sede;  Presidenza del Consiglio dei ministri
rappresentata  e  difesa  dall'Avvocatura  dello Stato, con domicilio
eletto  in  Catania,  via  Vecchia Ognina n. 149, presso la sua sede;
Dipartimento   della   protezione   civile   rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  dello  Stato,  con  domicilio eletto in Catania, via
Vecchia  Ognina n. 149, presso la sua sede; Ministero dell'ambiente e
della  tutela  del territorio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
dello  Stato,  con  domicilio  eletto  in Catania, via Vecchia Ognina
n. 149, presso la sua sede; Regione Siciliana, rappresentata e difesa
dall'Avvocatura  dello  Stato,  con  domicilio eletto in Catania, via
Vecchia  Ognina  n. 149,  presso  la  sua sede; Assessorato regionale
territorio  ed ambiente, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello
Stato,  con  domicilio  eletto in Catania, via Vecchia Ognina n. 149,
presso  la  sua  sede;  Assessorato  regionale  bb.cc.aa.  e pubblica
istruzione,  rappresentato  e difeso dall'Avvocatura dello Stato, con
domicilio eletto in Catania, via Vecchia Ognina n. 149, presso la sua
sede;  Ufficio  territoriale  di  Governo di Messina, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura dello Stato, con domicilio eletto in Catania,
via  Vecchia  Ognina  n. 149;  presso la sua sede; e nei confronti di
Tifeo  Energia  Ambiente  S.c.p.A.,  rappresentata e difesa da Romano
avv.  Salvatore  Alberto,  Astone avv. Francesco, Armao avv. Gaetano,
Romano  avv.  Anna,  con  domicilio  eletto  in  Catania, via Umberto
n. 303,   presso   Judica   avv.   Francesco;   Comune   di  Catania,
rappresentato   e   difeso  da  Patane'  avv.  Paolo  dell'Avvocatura
dell'ente,  con  domicilio  eletto  in  Catania,  via Oberdan n. 141,
presso la sua sede; per l'annullamento:
        dell'ordinanza  commissariale del 29 dicembre 2004 pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 5  del 4 febbraio 2005 con la quale il
Commissario  delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque
ha:
          espresso  il giudizio positivo di compatibilita' ambientale
sul progetto presentato dalla societa' controinteressata;
          approvato il progetto presentato dalla societa' relativo al
sistema  di  gestione  integrato  per  l'utilizzazione della frazione
residua dei rifiuti urbani al netto della raccolta differenziata;
          autorizzato la medesima alla realizzazione degli impianti;
          autorizzato la societa' alla gestione degli impianti;
        dei  verbali  della conferenza dei servizi convocata ai sensi
dell'art. 27, d.lgs. n. 22/1997;
        del parere n. 593 del 10 giugno 2004 della commissione per la
valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente;
        dei   pareri   resi   in   sede  di  conferenza  o  trasmessi
successivamente (della AUSL n. 8 di Siracusa; del Comando provinciale
VV.FF.;  del  C.T.R.  Sicilia;  della Soprintendenza beni culturali e
ambientali di Siracusa del 24 settembre 2004; del Consorzio A.S.I. di
Siracusa; del C.P.T.A. di Siracusa);
        di ogni altro atto presupposto connesso o consequenziale.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti i ricorsi per motivi aggiunti;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  di  Assessorato
regionale  bb.cc.aa.  e  pubblica  istruzione,  Assessorato regionale
territorio   e   ambiente,  Commissario  per  l'emergenza  rifiuti  -
Presidenza  Regione  Siciliana. Dipartimento della Protezione civile,
Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio, Ministero
dell'interno,   Presidenza   del   consiglio  dei  ministri,  Regione
Siciliana, Tifeo Energia Ambiente S.c.p.A.;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato  relatore per la pubblica udienza dell'8 giugno 2006 il
referendario Maria Stella Boscarino;
    Sentiti gli avvocati delle parti come da verbale;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                              F a t t o

    Con il ricorso introduttivo il comune ricorrente espone che il 29
dicembre    2004   il   Commissario   delegato,   delegato   per   la
predisposizione  di  un  piano di interventi di emergenza nel settore
della  gestione  dei  rifiuti e per la realizzazione degli interventi
necessari  per  far fronte alla situazione di emergenza della Regione
Sicilia  -  Presidente  della Regione Sicilia ha adottato l'ordinanza
pubblicata sulla G.U.R.S. il 4 febbraio 2005 con la quale ha espresso
il  giudizio  positivo  di  compatibilita'  ambientale  sul  progetto
costituito  dagli  elaborati  citati nell'ordinanza, presentato dalla
societa' Tifeo Energia Ambiente S.c.p.A., con sede legale in Palermo,
via Pietro Nenni n. 28, ai sensi dell'art. 27 del decreto legislativo
n. 22/1997,  ha approvato, con le prescrizioni contenute nell'art. 5,
gli  elaborati  progettuali  che costituiscono il progetto definitivo
del  «Sistema  Augusta»,  presentati  dalla  societa'  Tifeo  Energia
Ambiente  S.c.p.A.  ed  ha  autorizzato  la  medesima  societa'  alla
realizzazione:   di   impianto  di  termovalorizzazione  con  annesso
impianto  di  inertizzazione  -  Consorzio  A.S.I. della Provincia di
Siracusa  contrada  Bufalora  -  Comune  di  Augusta; e l'impianto di
selezione  e biostabilizzazione - Consorzio A.S.I. della Provincia di
Siracusa  -  contrada  Ogliastro  - Comune di Augusta; ed ha altresi'
autorizzato   la  predetta  societa'  alla  gestione  degli  impianti
approvati    per    le    operazioni    relative    all'impianto   di
termovalorizzazione  con produzione di energia elettrica, impianto di
inertizzazione   (annesso   al  termovalorizzatore)  ed  impianto  di
selezione e biostabilizzazione.
    Con   ricorso  depositato  innanzi  al  Tribunale  amministrativo
regionale  di  Catania il 25 marzo 2005 iscritto al n. r.g. 710/05 il
Comune  di  Augusta  ha  impugnato  l'ordinanza  commissariale del 29
dicembre 2004 e gli atti presupposti.
    A   seguito  della  proposizione  della  domanda  incidentale  di
sospensione  questo  Tribunale amministrativo regionale con ordinanza
del   30   giugno   2005,   n. 277,   ha   ordinato  alla  ricorrente
l'integrazione   del   contraddittorio   mediante  notificazione  per
pubblici  proclami  e  senza  indicazione nominativa: ai comuni della
Sicilia ricadenti nell'ambito del c.d. «sistema Augusta» comprendente
gli  ATO  CT4,  CT5,  SRi,  SR2,  EN1,  RG1; ai relativi organismi di
gestione  degli  ATO  (consorzi  o  altri  enti non costituiti), alle
province  regionali  che  hanno  presentato  i  piani  per  i rifiuti
speciali  ed  i  soggetti  in favore dei quali sono stati approvati i
progetti  dei sistemi per la termovalorizzazione di cui all'ordinanza
n. 1260   del   30  settembre  2004;  ed  ha  sospeso  interinalmente
l'esecuzione degli atti impugnati.
    Il  Comune  di  Augusta  ha  ottemperato all'ordine del Tribunale
amministrativo  regionale di Catania provvedendo all'integrazione del
contraddittorio con le modalita' previste nell'ordinanza.
    Avverso  la  suddetta  ordinanza la controinteressata ha proposto
ricorso  in  appello innanzi al C.G.A. della Regione Siciliana che ha
riformato  l'ordinanza  del  Tribunale  amministrativo  regionale  di
Catania.
    Nella  successiva  Camera  di  consiglio  del 22 novembre 2005 la
ricorrente  ha  rinunciato  alla  domanda  di  sospensione degli atti
impugnati  avendo il Commissario per l'emergenza rifiuti adottato, in
data  17  novembre  2005,  una  ordinanza  con  la  quale  sospendeva
l'efficacia degli atti impugnati.
    Ma  in  data 1° marzo 2006 il Commissario per l'emergenza rifiuti
della  Regione  Siciliana  ha adottato una ulteriore ordinanza con la
quale  e'  stata  revocata  l'ordinanza commissariale del 17 novembre
2005   e  modificata  l'ordinanza  commissariale  29  dicembre  2004,
concernente  il  giudizio  positivo  di  compatibilita' ambientale ed
autorizzazione  alla  realizzazione  del  progetto  presentato  dalla
societa' Tifeo Energia Ambiente S.c.p.A., con sede legale in Palermo,
relativo  al  sistema  di  gestione  integrato  per  l'utilizzo della
frazione   residua   dei  rifiuti  urbani  al  netto  della  raccolta
differenziata - Sistema Augusta.
    Avverso  tale  ordinanza  la  ricorrente  ha presentato ulteriore
ricorso per motivi aggiunti.
    Con    memoria   depositata   in   data   26   maggio   2006   la
controinteressata  Enel  Tifeo  ha  sostenuto  che  il comune avrebbe
provveduto   ai   sensi   dell'art. 3,  comma  2-quater  della  legge
n. 21/2006  alla riassunzione del ricorso de quo dinanzi al Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, con atto notificato
alla  societa'  Tifeo  (in  data  22  maggio  2006), e non ancora ivi
depositato.
    Secondo  la  controinteressata,  a  seguito  di  tale  volontaria
riassunzione,  e,  comunque,  per  effetto della legge n. 21/2006, il
giudizio   deve   proseguire   davanti  al  Tribunale  amministrativo
regionale Lazio.
    Infine,  nella  pubblica udienza dell'8 giugno 2006 il ricorso e'
passato in decisione.

                            D i r i t t o

    Preliminarmente  va  rilevato  che,  con  dichiarazione  resa nel
verbale  di  udienza  dall'avv.  Ettore  Di Giovanni, legale di parte
ricorrente, viene smentito quanto asserito da Enel Tifeo, e cioe' che
il  comune  avrebbe  provveduto  ai sensi dell'art. 3, comma 2-quater
della  legge  n. 21/2006 alla riassunzione del ricorso de quo dinanzi
al  Tribunale  amministrativo  regionale  del Lazio, sede di Roma, in
quanto,  afferma  il  ricorrente,  in  detta  sede  e' stato proposto
autonomo ricorso unicamente avverso l'ordinanza 1° marzo 2006.
    E  poiche'  Enel  Tifeo  non  ha comprovato in alcun modo che sia
intervenuta  una  riassunzione del presente giudizio, la circostanza,
anche  ai  sensi  dell'art. 1  c.p.c.,  deve ritenersi comprovata nei
termini di cui alla dichiarazione a verbale di parte ricorrente.
    Cio'  posto,  la  sopravvenienza  normativa  di  cui  alla  legge
n. 2l/2006  impone  comunque  al  collegio di tener conto della nuova
ipotesi  di  competenza  funzionale  inderogabile  introdotta  con la
citata legge.
    Va ricordato che il provvedimento impugnato ha efficacia limitata
al  territorio delle province di Catania, Siracusa, Enna e Ragusa, in
quanto   concerne   l'approvazione   del  progetto  presentato  dalla
controinteressata finalizzato ad un sistema di gestione integrato dei
rifiuti  nell'ambito  del  c.d. «sistema Augusta», limitatamente alle
citate province, con la realizzazione di un polo impiantistico la cui
localizzazione  e'  individuata  nel  Comune di Augusta, Provincia di
Siracusa.
    Pur   promanando  il  provvedimento  impugnato  da  soggetto,  il
Commissario  delegato, facente capo alla Presidenza del Consiglio dei
ministri,  alla  quale  sono  riferibili i relativi atti, gli effetti
dallo stesso prodotti sono territorialmente limitati.
    Ma  il  Collegio  deve  affrontare  la  questione  relativa  alla
competenza  inderogabile  del  Tribunale amministrativo regionale del
Lazio  a  conoscere  della  vicenda introdotta dalla legge n. 21/2006
pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2006, che,
all'art. 3, per quel che qui rileva dispone:
        ...omissis  ...  «2-bis.  In tutte le situazioni di emergenza
dichiarate  ai  sensi  dell'art. 5,  comma 1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  la  competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della
legittimita'   delle   ordinanze   adottate   e   dei  consequenziali
provvedimenti  commissariali  spetta  in  via  esclusiva,  anche  per
l'emanazione   di   misure  cautelari,  al  Tribunale  amministrativo
regionale del Lazio, con sede in Roma.
    2-ter.  Le  questioni  di  cui  al  comma  2-bis,  sono  rilevate
d'ufficio.  Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito
con  sentenza  succintamente  motivata  ai  sensi dell'art. 26, della
legge  6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando
applicazione  i  commi  2  e  seguenti  dell'art. 23-bis della stessa
legge.
    2-quater.  Le  norme  di  cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso».
    Osserva  il  Collegio  che  la  fattispecie  in esame e' attratta
nell'applicazione della citata legge n. 21/2006, art. 3.
    Il  collegio,  pertanto,  ritenendola  rilevante  ai  fini  della
decisione da assumere in ordine alla predetta trasmissione degli atti
al  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio  e non manifestamente
infondata,  solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
predetto  art. 3,  e  segnatamente del comma 2 nelle sottonumerazioni
bis,  ter,  quater,  come sara' esposto nei seguenti paragrafi e come
gia'  fatto  in  ordine  ad altra fattispecie per la cui decisione e'
venuta  in  rilievo  la  medesima  norma  sia  dallo stesso Tribunale
(Tribunale  amministrativo  regionale  Sicilia,  I,  ord. n. 90 del 7
marzo  2006)  sia  dal  Consiglio  di giustizia amministrativa per la
Regione Siciliana (Ord. n. 368/2006 del 18 maggio 2006).
    I)  La  rilevanza  della  questione  ai  fini  della decisione da
assumere e' di tutta evidenza. Il collegio sarebbe tenuto, sulla base
della    normativa   sopravvenuta   -   ove   non   dubitasse   della
incostituzionalita'   di  essa  e  quindi  non  ritenesse  necessario
investire  il  Giudice  delle  leggi  della  relativa  questione  - a
trasmettere  gli  atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio, e
cio'   per  espressa  disposizione  della  nuova  disciplina  che  ne
prescrive  l'applicazione ai procedimenti pendenti e quindi anche per
il procedimento odierno.
    II)  Circa  la  non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno
sospettare  le  norme  in  esame  di  incostituzionalita'  osserva il
collegio  che  la  normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3,
comma   2,  da  bis  a  quater,  della  legge  n. 21/2006,  contrasta
innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il
principio  della articolazione su base regionale degli organi statali
di  giustizia  amministrativa  di  primo  grado  ivi espressa («Nella
Regione  sono  istituiti  organi di giustizia amministrativa di primo
grado,  secondo  l'ordinamento  stabilito da legge della Repubblica»)
che  implica  il  rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di
competenza dei singoli organi predetti.
    Non  appaiono,  all'evidenza,  manifeste  o  comunque sufficienti
ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera
di  competenze  costituzionalmente  garantita  nella  materia  di cui
trattasi  quando,  come  nel  caso in esame, le singole situazioni di
emergenza   hanno   rilievo   spiccatamente  locale  con  conseguente
efficacia  locale  dei  relativi  provvedimenti adottati dai soggetti
delegati  alla  cura  delle  varie  situazioni emergenziali, anche se
(arg.  ex  art. 2,  comma  1,  lettera  c)  della  legge n. 225/1992,
richiamato  dall'art. 5,  comma 1, legge cit.) essi sono adottati per
fare  fronte  a  situazioni che «per intensita' ed estensione debbono
essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari».
    III)   Anzi,   sotto   questo   aspetto,  la  norma  e'  altresi'
contraddittoria  ed  irrazionale  in  quanto  sottopone  al  medesimo
trattamento  processuale  situazioni  disparate  e  differenti tra di
loro.
    In questo quadro, l'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992,
n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione
normativa,  i casi in cui (ex art. 2, comma 1, lettera c) della legge
n. 225/1992)   sia   necessario   fare  fronte  con  mezzi  e  poteri
straordinari  alle  calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi
che  richiedano  tale  intervento  per  intensita'  ed estensione. La
previsione  di  cui  alla  legge  n. 21/2006 radica la competenza del
Tribunale  amministrativo  regionale Lazio in tutti i casi in cui sia
dichiarato  lo  stato  di  emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5
appena  citato  e  quindi  con  esclusione  dei casi di intervento di
protezione  civile  per  gli  eventi  che  possano  essere affrontati
mediante  interventi  attuabili  dai  singoli  enti e amministrazioni
competenti  in  via  ordinaria  (art. 2,  lettera  a) e di quelli che
richiedano  intervento  coordinato  di questi ultimi (art. 2, lettera
b).
    Quindi,  il sistema della Protezione civile e' articolato in vari
livelli  di  intervento,  contraddistinti dal corrispondente grado di
ampiezza  della  situazione  emergenziale.  Quindi per ogni tipologia
territoriale   e  «qualitativa»  della  situazione  di  emergenza  e'
chiamato ad intervenire in merito il «livello» di governo piu' vicino
alla  concreta  dimensione  delle  comunita'  colpite  e della natura
dell'emergenza, quindi secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e
senza  escludere  -  funzionalmente e residualmente - che determinate
funzioni  siano «trasversali» ossia comprendano le competenze di piu'
amministrazioni o livelli di governo.
    A  fronte  di  questa  multiformita'  possibile di manifestazioni
concrete   dell'esercizio   del   potere,   la   regola  generale  di
ripartizione  delle  competenze  delineata  dagli artt. 2 e ss. della
legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente
con  l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della
legge  n. 21/2006, contraddittoriamente ed immotivatamente assegna ex
lege   rilevanza   nazionale   a   qualsiasi   controversia   insorga
nell'esercizio  del  potere  di  protezione civile, facendo leva solo
sulla  necessita'  che  esso presupponga l'intervento extra ordinem e
quindi  a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge
n. 225/1992,  posto  che assegna la competenza funzionale a conoscere
delle  relative questioni al Tribunale amministrativo regionale Lazio
(e  quindi  spinge  l'interprete  a dover ritenere che il legislatore
abbia  cristallizzato  una  valutazione  di  rilevanza  nazionale  di
qualsiasi   questione   inerente   la   Protezione  civile,  richieda
interventi extra ordinem).
    Appare  utile  rilevare,  in  questa sede, come la giurisprudenza
della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che:
        con  l'art. 5  della  legge n. 225 del 1992, e' attribuito al
Consiglio  dei ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza
in ipotesi di calamita' naturali, ed a seguito della dichiarazione di
emergenza,  e  per  fare  fronte  ad  essa,  lo stesso Presidente del
Consiglio  dei  ministri  o,  su sua delega, il Ministro dell'interno
possano  adottare  ordinanze  in deroga ad ogni disposizione vigente,
nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico;
        l'art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo
31   marzo   1998,   n. 112   (Conferimento  di  funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta,
chiarisce  che  tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che
il   riconoscimento   di   poteri  straordinari  e  derogatori  della
legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale;
        queste  ultime  due  previsioni,  inoltre,  sono  gia'  stata
ritenute  dalla  Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come
espressive   di   un   principio  fondamentale  della  materia  della
protezione  civile,  sicche'  deve  ritenersi  che esse delimitino il
potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze
legislative  delineato  dalla  legge  costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione).
    Alla  luce  di  quanto  sopra  ricordato,  la Corte ha dichiarato
illegittimo  l'art. 4,  comma  4,  della legge della Regione Campania
n. 8  del  2004, nella misura in cui essa ha attribuito al sindaco di
Napoli  i  poteri  commissariali  dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del
Ministro  dell'interno,  dopo  la  scadenza  della emergenza alla cui
soluzione  tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. n. 82/2005).
    Tale   ragionamento   comporta   che,  in  relazione  alla  legge
n. 225/1992  ed  all'art. 107,  comma  1,  lettere  b)  e  c), d.lgs.
n. 112/1998,  possiedono  rilievo  nazionale «solamente» il potere di
dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure
ad    esso   finalisticamente   connesso,   di   derogare   a   norme
dell'ordinamento.
    Ne  consegue  dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame
e'  irragionevole  per contraddittorieta' e disparita' di trattamento
processuale,  poiche'  utilizza  lo stesso trattamento per situazioni
del  tutto  differenti  quanto  ad  ambito  territoriale  e livello e
qualita'  degli  interessi  pubblici coinvolti, nonche' per contrasto
con  l'art. 117  della  Costituzione, poiche' implicitamente, finisce
per  attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla
competenza regionale.
    IV)  Ancora, l'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto
ove,  come  nella  specie, esso non sia giustificato da una effettiva
natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei
provvedimenti  sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale
amministrativo   regionale   Lazio,   comporta   indubbia  violazione
dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di
tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi enunciata al primo comma,
detta   tutela   ne   risulta  minorata,  per  la  evidente  maggiore
difficolta'  di  esercitare  le  relative  azioni presso il Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio piuttosto che presso gli organi
giurisdizionali  localmente  istituiti.  Cio'  vale  sia  per la fase
transitoria  in  cui  i  giudizi  pendenti  trasmigrano  al Tribunale
amministrativo   regionale   del  Lazio,  sia  per  le  future  nuove
controversie  che  secondo  la  nuova  normativa dovrebbero essere ab
initio o instaurate presso detto Tribunale amministrativo regionale
    La  Corte  ha  ritenuto,  in  un caso in cui il legislatore aveva
disposto  l'estinzione  ope legis di giudizi pendenti (art. 10, comma
primo,  legge  n. 425/1984),  che  siffatta  disposizione,  in quanto
«preclude   al   giudice  la  decisione  di  merito  imponendogli  di
dichiarare  d'ufficio l'estinzione dei giudizi pendenti, in qualsiasi
stato  e  grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge
sopravvenuta»,  percio'  stesso  «viola  il valore costituzionale del
diritto  di  agire,  in quanto implicante il diritto del cittadino ad
ottenere  una  decisione di merito senza onerose reiterazioni» (Corte
costituzionale, sentenza n. 123 del 1987).
    Sebbene  la  fattispecie  in  esame sia diversa da quella oggetto
della   citata  pronuncia,  il  principio  tuttavia,  ad  avviso  del
collegio,  e' nello stesso modo applicabile. Accade infatti, nel caso
presente,  che  chi  abbia  gia'  un  giudizio  pendente  davanti  al
Tribunale  amministrativo  regionale  locale,  ed  addirittura  abbia
ottenuto  una  decisione  cautelare,  debba  proseguire altrove nella
propria  iniziativa  giudiziaria,  addirittura  (se  ne parlera' piu'
diffusamente  infra)  rimanendo  esposto  ad  una  seconda  pronuncia
cautelare  sollecitata  dalla  parte  soccombente  davanti al giudice
adito prima dell'entrata in vigore della legge in questione.
    V)  Altro  profilo  di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre,
nella violazione del principio del giudice naturale precostituito per
legge, di cui all'art. 25 della Costituzione. La norma costituzionale
ora  citata, stabilendo che «nessuno puo' essere distolto dal giudice
naturale  precostituito  per  legge»,  esclude,  come la stessa Corte
costituzionale  afferma,  «che vi possa essere una designazione tanto
da  parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a regole
generali,  quanto  da  altri  soggetti,  dopo che la controversia sia
insorta (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del 1967»;
il principio e' in tali termini, e con tali citazioni dei precedenti,
richiamato nella sentenza della Corte n. 393 del 2002). Come la Corte
ha  insegnato,  perche'  tale principio possa considerarsi rispettato
occorre  che  «...  la  regola  di competenza sia prefissala rispetto
all'insorgere della controversia» (sentenza n. 193 del 2003); e basta
scorrere  le numerose decisioni della Corte costituzionale in materia
di  principio  del  giudice  naturale  per rilevare che e' proprio la
preesistenza  della  regola  che  individua la competenza rispetto al
giudizio  il  criterio  fondamentale  in  base  al  quale  sono state
valutate le questioni sollevate.
    Tale  profilo di incostituzionalita' si apprezza particolarmente,
ad  avviso  del  collegio,  nella parte della disciplina in questione
(comma  2-quater), che non solo ne dispone l'applicazione ai processi
pendenti,  ma  addirittura  consente  una  riforma  dei provvedimenti
assunti, in sede cautelare, in tali giudizi pendenti, e cio' ad opera
di  un  organo  giurisdizionale  pariordinato a quelli di provenienza
(trattasi   di   giudici   tutti   di   primo   grado,  il  Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio non essendo un «super-Tribunale
amministrativo   regionale»).   Cosi'   facendo,   in   sostanza,  il
legislatore  ha  introdotto un rimedio inedito, che non e' di secondo
grado  e  che  finisce  per costituire un doppione del gia' espletato
giudizio  (cautelare)  di  primo  grado, senza alcuna possibilita' di
inquadramento  tra  i  rimedi noti e tipizzati (appello, revocazione,
reclamo).   Pertanto,  anche  l'art. 25  della  Carta  costituzionale
risulta  vulnerato  dalla  normativa denunciata dal collegio; e se ne
trae  conferma  da  una recente decisione della Corte costituzionale,
che,  sebbene  in relazione a disciplina totalmente diversa, ha avuto
modo  di  affermare  un  principio  generale,  che  e'  quello  della
appartenenza  della  competenza territoriale alla nozione del giudice
naturale precostituito per legge. Precisamente, la sentenza n. 41 del
2006  afferma, anzi, ribadisce (come testualmente si esprime, citando
sentenze  precedenti  in  termini),  che  «alla  nozione  del giudice
naturale   precostituito  per  legge  non  e'  affatto  estranea  "la
ripartizione  della  competenza  territoriale tra giudici, dettata da
normativa   nel   tempo  anteriore  alla  istituzione  del  giudizio"
(sentenze n. 251 del 1986 e n. 410 del 2005)».
    Per  altro,  atteso che il principio del doppio grado di giudizio
nella  giustizia amministrativa, sia in sede cautelare sia in sede di
merito,  riceve  garanzia  costituzionale  dall'art. 125  della Carta
(cfr. Corte cost., sentenza n. 8 del 1982), si configura un ulteriore
profilo  di  violazione  di  detta  norma.  Viene  infatti  ad essere
introdotto, per le controversie pendenti, un anomalo percorso (su cui
gia'   il   collegio  ha  poco  prima  espresso  i  propri  dubbi  di
incostituzionalita)  che  stravolge  l'ordinario iter giudiziario. La
regola  e'  che  ad  un  giudizio  di primo grado segua, ove la parte
soccombente  appelli, un giudizio di secondo grado, sia che si tratti
di  giudizio  cautelare,  sia  che  si  tratti di giudizio di merito;
giammai  e'  prevista  una  doppia  pronuncia sulla stessa materia da
parte  di due diversi giudici di primo grado, uno dei quali abilitato
a  riformare  la  decisione  del primo giudice. Orbene, ad avviso del
collegio,   siffatta   disciplina  integra  altresi'  violazione  del
principio  del  «giusto  processo», di cui all'art. 111, comma primo,
della  medesima  Carta («La giurisdizione si attua mediante il giusto
processo regolato dalla legge»).
    Sempre  con  riferimento  ai processi pendenti, infatti, la parte
soccombente  nel giudizio cautelare verrebbe ad essere fornita di uno
strumento  giurisdizionale  anomalo  e atipico a tutela della propria
(legittima,   ma   da   esercitare   in  modi  conformi  ai  principi
costituzionali)  aspirazione  ad ottenere una pronuncia favorevole in
secondo  grado  (che deve tuttavia essere un vero giudizio di secondo
grado,  e  non,  si  ribadisce,  un inedito duplicato del giudizio di
primo grado).
    Cio' comporterebbe altresi' una evidente violazione del principio
del  ne bis in idem, che, se pure non espressamente contemplato dalla
Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del medesimo generale
principio del «giusto processo» teste' richiamato.
    VI)  Da  ultimo,  secondo  un  aspetto  diverso che si riconnette
ancora  al  tema  del  giudice  naturale,  la  norma  in  esame viola
l'art. 23  dello  statuto della Regione Sicilia (legge costituzionale
n. 2   del   26  febbraio  1948)  a  norma  del  quale:  «Gli  organi
giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per
gli  affari concernenti la regione. Le sezioni del Consiglio di Stato
e   della   Corte   dei   conti  svolgeranno  altresi'  le  funzioni,
rispettivamente,   consultive   e   di   controllo  amministrativo  e
contabile.  I  magistrati  della  Corte  dei  conti sono nominati, di
accordo,   dai  Governi  dello  Stato  e  della  regione.  I  ricorsi
amministrativi,   avanzati   in   linea   straordinaria  contro  atti
amministrativi regionali, saranno decisi dal Presidente della regione
sentite  le  sezioni regionali del Consiglio di Stato». Tale norma e'
stata  «interpretata»  dall'art. 5  del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 654,
contenente   norme   per  l'esercizio  delle  funzioni  spettanti  al
Consiglio  di  Stato  nella  Regione Sicilia, il quale prevede che il
Consiglio  di giustizia esercita le attribuzioni devolute dalla legge
al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei confronti di atti e
provvedimenti  definitivi  «dell'amministrazione  regionale  e  delle
altre  autorita'  amministrative  aventi  sede  nel  territorio della
regione».
    Osserva  il  Collegio che gia' con «la sentenza della Corte cost.
in   data   12   marzo   1975,  n. 61,  dichiarando  l'illegittimita'
costituzionale delle limitazioni poste dall'art. 40, legge 6 dicembre
1971, n. 1034, alla competenza del Tribunale amministrativo regionale
Sicilia,  e'  stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite
tutte   le   controversie   d'interesse  regionale  considerate  tali
dall'art. 23, comma 1, d.l. 15 maggio 1946, n. 455, comprendendosi in
tale   categoria  le  controversie  sorte  da  impugnazione  di  atti
amministrativi  di  autorita'  centrali  aventi  effetti  limitati al
territorio   regionale  ovvero  concernenti  pubblici  dipendenti  in
servizio  nella  Regione  Siciliana»  (Consiglio  Stato,  sez. VI, 26
luglio 1979, n. 595).
    Quindi  la  legge  n. 21/2006,  in  esame,  e' costituzionalmente
illegittima  anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23
dello  statuto  regionale,  sia nella sua formulazione letterale, che
nella   interpretazione   pacifica   che   di  esso  ha  maturato  la
giurisprudenza,   anche   costituzionale,  riserva  al  Consiglio  di
giustizia   amministrativa   ed   in   primo   grado   al   Tribunale
amministrativo  regionale Sicilia, la competenza a conoscere circa le
controversie   sorte   da  impugnazione  di  atti  amministrativi  di
autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale.
    VII)  Per  tute  le  esposte  considerazioni,  deve sollevarsi la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art 3, comma 2-bis,
comma  2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli
artt. 3,  125,  24  e  25  della  Costituzione  e  per  contrasto con
l'art. 23 dello statuto della Regione Sicilia.
    Deve  pertanto  essere  disposta  la trasmissione degli atti alla
Corte  costituzionale  per  la  decisione della predetta questione di
legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio instaurato con
il  ricorso  in  epigrafe, fino alla restituzione degli atti da parte
della medesima Corte.
                              P. Q. M.
    Solleva,  ritenutala  rilevante  e  non manifestamente infondata,
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis,
comma  2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli
artt.  3,  125,  24  e  25  della  Costituzione  e  per contrasto con
l'art. 23 dello statuto della Regione Sicilia.
    Dispone,  a  norma  dell'art. 23/2, legge n. 87/1953, l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Il  giudizio  resta  sospeso sino alla restituzione degli atti da
parte della Corte costituzionale.
    Manda   alla   segreteria  di  notificare  copia  della  presente
ordinanza  alle  parti  in  causa,  al  Presidente  del Consiglio dei
ministri, nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Cosi'  deciso  in  Catania, in Camera di consiglio, in data 8
giugno 2006.
                      Il Presidente: Zingalese
L'estensore: Boscarino
07C0424