N. 202 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 ottobre 2006

Ordinanza  emessa  il  13  ottobre  2006 dalla Commissione tributaria
regionale  della  Sicilia  Sezione  staccata di Siracusa, sul ricorso
proposto  da  giudice  Vera contro Agenzia delle Entrate - Ufficio di
Siracusa

Imposte   e  tasse  -  Imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche
  (I.R.PE.F.)  -  Accertamento  con  adesione del contribuente (nella
  specie, societa' in accomandita semplice) ai fini delle imposte sui
  redditi  e  dell'IVA  -  Accertamento  parziale nei confronti delle
  persone  fisiche che non hanno definito i redditi prodotti in forma
  associata  -  Onere  in capo al socio contribuente di dimostrare il
  minore  reddito  percepito - Asserita lesione del diritto di difesa
  (avuto  riguardo,  altresi', all'esenzione legislativa dall'obbligo
  di  tenuta a fini fiscali delle scritture e dei documenti contabili
  relativi  all'esercizio  oggetto  dell'accertamento,  con  la  sola
  esclusione dei registri IVA).
- Decreto-legge   28 marzo   1997,   n. 79,   art. 9-bis,   comma 18,
  convertito con modificazioni in legge 28 maggio 1997, n. 140.
- Costituzione, art. 24.
(GU n.15 del 11-4-2007 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

    Ha   emesso   la   seguente  ordinanza  sull'appello  n. 4361/02,
depositato  il  7  novembre  2002, avverso la sentenza n. 327/04/2001
emessa  dalla  Commissione  tributaria provinciale di Siracusa contro
Agenzia  delle Entrate - Ufficio di Siracusa, proposto dal ricorrente
Giudice  Vera,  via  Vanvitelli, 19 - 96100 Siracusa, difeso da dott.
Confalone Giovanni, via Arsenale, 44/46 - 96100 Siracusa. SR
    Atti  impugnati:  Avviso  di  accertamento  n. 6820010935 - IRPEF
1993.
    La  Commissione  tributaria regionale della Sicilia, sezione XVI,
esaminato  l'appello  proposto  da  Giudice  Vera avverso la sentenza
n. 327,  emessa  il  31 ottobre  2001  dalla  Commissione  tributaria
provinciale di Siracusa, osserva.
    Il  6  ottobre  2000  la  signora  Vera  Giudice, propose ricorso
dinanzi  alla  Commissione provinciale di Siracusa contro l'avviso di
accertamento,   notificatole   dall'Ufficio  Distrettuale  II.DD.  di
Siracusa,  col  quale veniva elevato il suo reddito di partecipazione
alla  societa'  «Giudice  Vera  &  C. s.a.s.», relativamente all'anno
1993,  dall'importo  dichiarato  di  L.  6.758.000  a  quello  di  L.
7.7825.000,  recuperando  a tassazione la differenza di L. 1.024.000,
ed irrogando le relative sanzioni.
    L'accertamento era stato effettuato ai sensi dell'art. 41-bis del
d.P.R.  n. 600/1973,  ed  era  fondato sull'art. 9-bis, comma 18, del
d.l.   28   marzo   1997,  n. 79,  secondo  il  quale  «L'intervenuta
definizione da parte delle societa' od associazioni di cui all'art. 5
del  testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero da parte
del  titolare  di  azienda  coniugale non gestita in forma societaria
costituisce  titolo per l'accertamento, ai sensi dell'art. 41-bis del
decreto  del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e
successive modificazioni ed integrazioni, nei confronti delle persone
fisiche che non hanno definito i redditi prodotti in forma associata.
In  tal  caso  i termini previsti dall'art. 43 del citato decreto del
Presidente  della  Repubblica  n. 600  del 1973 sono prorogati di due
anni».
    Orbene,  nella  fattispecie in esame, la societa' «Giudice Vera &
C.»  aveva  definito  per  l'anno  1993  un  maggior  reddito  di  L.
1.969.000, rilevate ai fini dell'IRPEF dovuta dai singoli soci.
    Poiche'  la  signora  Giudice  era  socia  al  52% della predetta
societa', secondo l'Ufficio avrebbe dovuto dichiarare un reddito pari
al  52% di quello definito dalla societa', quindi complessivamente L.
7.782.000.
    Avendo  invece dichiarato un reddito inferiore (come si e' detto,
L. 6.758.000), l'Ufficio aveva recuperato a tassazione la differenza.
    Osservava  la  contribuente  che il precetto contenuto nel citato
art. 9-bis del d.l. n. 79/1997 avrebbe potuto applicarsi solo ai soci
di  societa'  che  avessero  definito il loro reddito successivamente
all'entrata  in  vigore  dello stesso decreto-legge, e non ai soci di
societa'  che,  come la «Giudice Vera & C.», avevano definito in base
al precedente d.l.. 30 settembre 1994, n. 564, artt. 2-bis e 3.
    La Commissione di I grado respinse il ricorso.
    Tale  decisione  e'  stata  impugnata  dalla contribuente, che ha
reiterato le argomentazioni svolte in prime cure.
    La Commissione osserva.
    L'istituto  della  definizione  per adesione era stato introdotto
dal d.l. 30 settembre 1994, n. 564, artt. 2-bis e 3.
    La  possibilita' dell'adesione era limitata ai redditi di impresa
e di lavoro autonomo, e doveva essere esercitata entro il 15 dicembre
1995.
    Nulla diceva la legge sui soggetti titolari dei predetti redditi,
che potevano percio' essere individui o societa'.
    Nel  caso  quindi  di  redditi  prodotti  in  forma  associata la
definizione  avrebbe potuto essere chiesta sia dalla societa' che dai
soci, oppure solo dalla societa' oppure ancora solo dai singoli soci.
    La  legge in parola, all'art. 3, comma 2, prevedeva la successiva
emanazione  di regolamenti di attuazione, che avrebbero dovuto essere
adottati  non  con decreto ministeriale, che, com'e' noto, e' un atto
amministrativo,  bensi'  con  decreto  presidenziale, che costituisce
invece atto legislativo.
    Il  decreto presidenziale e' stato emesso in data 13 aprile 1995,
n. 177.  All'art. 3,  comma 3, regola i rapporti tra societa' e soci,
stabilendo  che «Le persone fisiche che percepiscono redditi prodotti
in  forma  associata  possono  definire tali redditi sulla base della
definizione accettata dalla societa', versando le somme dovute....».
    Quindi  «possono»  non  «debbono». Chiaramente si trattava di una
norma posta a favore del contribuente, non certo del fisco.
    L'argomento  viene  poi ripreso nell'art. 9-bis del d.l. 28 marzo
1997, n. 79, il quale, da un lato, riapre i termini della definizione
per  adesione,  portandoli  dal  15  dicembre 1995 al 31 luglio 1997;
dall'altro  istituisce  a  carico  delle  persone fisiche titolari di
redditi  prodotti in forma associata, non piu' una facolta' bensi' un
obbligo  «relativo»  di  definire  i  loro  redditi  sulla base della
definizione compiuta dalla societa'.
    In  difetto  l'Ufficio  ha  titolo  per eseguire accertamento nei
confronti del socio ai sensi dell'art. 41-bis del d.P.R. n. 600/1972.
    In altre parole la definizione compiuta dalla societa' fa sorgere
a  carico  dei  soci  la  presunzione  relativa  di  avere percepito,
pro-quota, i redditi che la societa' stessa ha definito.
    Pertanto  sara' il socio, e non l'Ufficio, a dover dimostrare che
quei redditi non sono stati effettivamente percepiti, o lo sono stati
in misura inferiore.
    L'applicazione   di  questa  norma  ha  provocato  dei  contrasti
interpretativi,  in  quanto  i  contribuenti  l'hanno interpretata in
senso restrittivo, affermando che essa riguarda solo i casi in cui la
societa'  abbia  richiesto la definizione successivamente all'entrata
in  vigore  di  quest'ultima legge, mentre il Fisco sostiene che deve
estendersi  anche  all!ipotesi  in  cui  la societa' abbia definito i
redditi anteriormente al 15 dicembre 1995.
    Ritiene  questa  Commissione che la tesi prospettata dall'Ufficio
sia condivisibile.
    Va  subito  rilevato  che non si discute qui della retroattivita'
della legge. La legge in esame non e' retroattiva.
    Quindi  se l'Ufficio ha gia' fatto l'accertamento, o l'iscrizione
a  ruolo,  o  ha notificato la cartella esattoriale, non puo' tornare
sui suoi passi.
    L'argomento testuale su cui fanno leva i contribuenti lo si trova
nel comma 17 dell'art. 9-bis del citato d.l. 28 marzo 1997, n. 79, il
quale  cosi'  recita: «Sono fatti salvi gli effetti delle definizioni
perfezionate alla data del 15 dicembre 1995».
    Quindi,  si  dice,  se  la  definizione  ha  gia' prodotto i suoi
effetti, non puo' produrne altri a carico del socio-contribuente.
    Si osservi pero'.
        1) In primo luogo un argomento di tecnica legislativa.
    Infatti  quando  una  legge  vuole regolare i propri rapporti con
altre  leggi precedenti, emana le cosiddette «norme transitorie», che
abitualmente sono inserite nell'ultimo o in uno degli ultimi articoli
della legge stessa.
    Non succede mai che siano inseriti a meta' legge.
    Nella  fattispecie  in  esame  invece  il  principio invocato dai
contribuenti  e'  stato  inserito  nel comma 17 dell'art. 9-bis della
legge.  Il  che fa intendere che si riferisca solo alle norme dettate
nei commi precedenti, in particolare il comma 150, che dice:
    «L'intervenuta definizione dell'accertamento con adesione per gli
anni  pregressi  inibisce la possibilita' per l'Ufficio di effettuare
per  lo  stesso  periodo d'imposta l'accertamento di cui all'art. 38,
commi  dal quarto al settimo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e
successive  modificazioni  ed integrazioni», e il comma 16, che dice:
«La  definizione  non  puo'  essere effettuata se, entro il 30 aprile
1997, e' stato notificato processo verbale di constatazione con esito
positivo  ai fini delle imposte sul reddito o dell'imposta sul valore
aggiunto,  ovvero  notificato  avviso  di  accertamento, ad eccezione
degli  avvisi  di  accertamento  di  cui all'art. 41-bis del d.P.R 29
settembre  1973,  n. 600, e successive modificazioni ed integrazioni,
relativi   a   redditi  oggetto  dell'accertamento  con  adesione,  a
condizione che il contribuente versi entro il 31 luglio 1997 le somme
derivanti dall'accertamento parziale».
    La  norma  in esame quindi non e' applicabile anche al successivo
comma  18,  che  concerne  gli  effetti  sui  soci  della definizione
richiesta e accettata dalla societa'.
        2)  In secondo luogo, una legge, qualsiasi legge, non produce
effetti  nei  confronti  di  chicchessia,  ma  solo  nei confronti di
coloro,  ai quali la legge si indirizza, o che comunque siano entrati
in relazione con lei.
    Nel  caso  in  esame, la legge ha prodotti effetti definitivi nei
confronti   di   coloro,  societa'  o  soci,  che  ne  hanno  chiesto
l'applicazione, non nei confronti di coloro, che se ne sono mantenuti
estranei.
        3)   Terzo   argomento.   Quali  sono  gli  effetti  prodotti
dall'adesione?
    E'  la  legge  stessa che lo precisa, nell'art. 8 del regolamento
emanato  col d.P.R 13 aprile 1995, n 177, articolo intitolato appunto
«Effetti dell'adesione».
    Tra  gli  effetti  elencati  da detta norma non rientra quello di
precludere  all'Ufficio  di compiere accertamenti, ai sensi dell'art.
41-bis  d.P.R.  n. 600/1973,  nei  confronti  del socio che non abbia
definito i propri redditi di partecipazione.
        4)    L'interpretazione    restrittiva    introdurrebbe    un
ingiustificata  disparita' di trattamento tra i contribuenti, soci di
societa' che abbiano definito con adesione entro il 15 dicembre 1995,
e  i  contribuenti,  soci  di  societa'  che  invece abbiano definito
successivamente  a  tale  data,  approfittando  della  riapertura dei
termini.
        5) Quinto argomento, di natura testuale.
    Il  comma  18 dell'art. 9-bis in esame usa tempi verbali tutti al
passato,  il  che  lascia  intendere  che  si  riferisca  anche  alle
definizioni pregresse.
    Infatti  cosi'  recita: «L'intervenuta definizione da parte delle
societa'  o  associazioni  .... costituisce titolo per l'accertamento
....  nei  confronti  delle  persone fisiche che non hanno definito i
redditi prodotti in forma associata».
    Quindi  dice  «L'intervenuta definizione da parte delle societa»,
invece  di  dire:  «La  definizione  che le societa' faranno ai sensi
della presente legge».
    Dice: «L'intervenuta definizione costituisce titolo nei confronti
delle  persone  fisiche  che non hanno definito i redditi prodotti in
forma  associata»,  invece di dire: «Costituisce titolo nei confronti
delle persone fisiche che non definiranno i redditi prodotti in forma
associata».
        6)  Ultimo  argomento. Il citato art. 9-bis, comma 18, ultima
parte,  stabilisce  che  «I  termini previsti dall'art. 43 del citato
d.P.R. n. 600 del 1973 sono prorogati di due anni».
    Se,  come  sostiene la ricorrente, tale norma riguardasse solo le
definizioni  per adesione perfezionate dalle societa' successivamente
alla  sua  entrata in vigore, i termini ordinari fissati dall'art. 43
sarebbero  piu'  che sufficienti, e non si capirebbe la necessita' di
una loro proroga.
    Considerato  quindi  che  il  principio  dettato dall'art. 9-bis,
comma  18, d.l. n. 79/1997 riguardi anche le definizioni per adesione
perfezionate  dalle societa' nei termini fissati dall'art. 3 del d.l.
30  settembre  1994, n. 564, cioe' entro il 15 dicembre 1995, ritiene
questa  Commissione  che  la  norma  in  esame  violi l'art. 24 della
Costituzione  italiana,  in  quanto  essa  rende, se non impossibile,
quantomeno molto difficile l'esercizio del diritto di difesa da parte
del contribuente.
    Tale  norma infatti, stabilendo che «L'intervenuta definizione da
parte  delle  societa' .... costituisce titolo per l'accertamento, ai
sensi  dell'art. 41-bis  del  d.P.R. n. 600/1973, nei confronti delle
persone  fisiche  che  non  hanno definito i redditi prodotti informa
associata  ....«  pone  in  buona  sostanza a carico del contribuente
l'onere  di  dimostrare  che  la  societa'  ha prodotto in realta' un
reddito  inferiore a quello definito, e che in conseguenza anche lui,
in  quanto  socio, ha percepito un reddito inferiore a quello che, in
base  ad  una semplice operazione aritmetica non supportata da alcuna
prova, gli si vorrebbe attribuire.
    Questa  dimostrazione rischia di diventare una probatio diabolica
quando,  come  nel  caso  oggetto  della  presente  controversia, sia
passato  troppo  tempo tra la definizione effettuata dalla societa' e
l'accertamento a carico del socio.
    Infatti   le   uniche   prove   che   il   socio   possa  opporre
all'accertamento  presuntivo  compiuto  dall'Ufficio, sono costituite
dalle scritture contabili tenute dalla societa'.
    Ma  a distanza di oltre due anni dalla definizione e' improbabile
che  la  societa' abbia conservato la sua contabilita', anche perche'
l'art. 2-bis,  comma  8,  del  d.l.  n. 564/1994  stabilisce  che  «I
contribuenti  che  aderiscono  all'accertamento  di  cui  al presente
articolo  non  sono  tenuti  ai fini fiscali alla conservazione delle
scritture  e dei documenti contabili relativi dall'esercizio, oggetto
dell'accertamento, con la sola esclusione dei registri IVA».
    Il  contribuente  si  troverebbe  quindi  nell'impossibilita'  di
provare il suo buon diritto.
                              P. Q. M.
    Nel  giudizio  di  appello  promosso da Giudice Vera, con ricorso
depositato  il 6 novembre 2002, avverso la sentenza n. 327, emessa il
31 ottobre 2001 dalla Commissione tributaria provinciale di Siracusa,
solleva   d'ufficio   l'eccezione  di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 9-bis,   comma   18,   del   d.l.  28  marzo  1997,  n. 79,
interpretato nel senso che esso si applichi anche ai soci di societa'
che abbiano definito i loro redditi con adesione entro il termine del
15  dicembre  1995,  fissato dagli artt. 2-bis e 3 del precedente d.l
n. 564/1994.
    All'uopo  dispone  l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale, e sospende il giudizio in corso.
    Ordina  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa  e al Presidente del Consiglio dei
ministri,  nonche'  comunicata  ai  Presidenti  delle  due Camere del
Parlamento.
        Siracusa, addi' 20 luglio 2006
                       Il Presidente: Benanti
07C0441