N. 218 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 ottobre 2006

Ordinanza  emessa  il  4  ottobre  2006  dal tribunale amministrativo
regionale  della Calabria - Catanzaro, sul ricorso proposto da comune
di  Cicala contro Commissario delegato per l'emergenza ambientale nel
territorio della regione Calabria ed altri

Giustizia  amministrativa  -  Tribunali  amministrativi  regionali  -
  Controversie  relative  alla  legittimita'  delle  ordinanze  e dei
  conseguenziali  provvedimenti  commissariali  adottati  in tutte le
  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1,
  della   legge   24 febbraio  1992,  n. 225  -  Competenza,  in  via
  esclusiva,  in  primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo
  regionale  del  Lazio  -  sede  di  Roma  - Irragionevole deroga al
  principio  della  competenza del Tribunale amministrativo regionale
  della  Regione  in  cui  il  provvedimento  e'  destinato  ad avere
  incidenza  -  Violazione  del  diritto  di  difesa  Violazione  del
  principio   del   decentramento  territoriale  della  giurisdizione
  amministrativa.
- Decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione, artt. 3, 24, 111 e 125, comma secondo.
(GU n.16 del 18-4-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 661/2006,
proposto  da  comune  di  Cicala,  in  persona del Sindaco in carica,
rappresentato  e  difeso  dall'avv. Gregorio Ferrari ed elettivamente
domiciliato in Catanzaro, via F. Crispi n.151, presso lo studio dell'
avv. Alessandro Rizzo.
    Contro  il  Commissario  delegato  per l'emergenza ambientale nel
territorio   della   Regione   Calabria,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Catanzaro, presso cui e'
domiciliato  ex  lege;  Presidenza  del  Consiglio dei ministri nella
persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Catanzaro, presso cui e'
domiciliato  ex  lege;  Ministero  dell'interno,  non  costituito  in
giudizio;  Regione Calabria, nella persona del Presidente pro tempore
rappresentata    e   difesa   dall'avv.   Antonella   Coscarella   ed
elettivamente  domiciliata  in viale de Filippis, 280, presso la sede
dell'Avvocatura   regionale;   Pregoni   Antonio  non  costituito  in
giudizio,  per  l'annullamento  dell'ordinanza  n. 4308 del 27 aprile
2006,  notificata  il  6 maggio  2006,  del  Commissario delegato per
l'emergenza  ambientale nel territorio della Regione Calabria, avente
ad  oggetto:  nomina  del  Commissario  ad acta per il recupero della
tariffa  per  il  servizio  della  depurazione  delle acque presso il
comune  di  Cicala  nonche'  di  ogni  atto  presupposto  connesso  o
dipendente.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Commissario delegato
per  l'emergenza  ambientale  nel  territorio della Regione Calabria,
della Presidenza del Consiglio dei ministri e della Regione Calabria.
    Visti gli atti tutti di causa;
    Relatore   nella  camera  di  consiglio  del  22  giugno 2006  il
referendario Giovanni Ruiu;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                     F a t t o  e  d i r i t t o

    Con  ricorso  ritualmente notificato, depositato nella segreteria
del  Tribunale  in  data  26 maggio  2006,  il  comune  di  Cicala ha
impugnato   l'ordinanza   n. 4308  del  27 aprile  2006  con  cui  il
Commissario  delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della
Regione  Calabria  ha  nomina del Commissario ad acta per il recupero
della tariffa per il servizio della depurazione delle acque presso il
comune di Cicala.
    L'impugnazione  dei  provvedimenti  gravati  in  questa  sede  e'
affidata alla seguenti censure:
        1)  Eccesso di potere per travisamento dei fatti, per difetto
e  contraddittorieta'  di motivazione, per ingiustizia manifesta, per
difetto   di  istruttoria  e  dei  presupposti.  Violazione  e  falsa
applicazione  degli  artt. 11 e 15, legge 7 agosto 1990, n. 241, come
modificati  dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, nonche' dall'art. 7,
legge 7 agosto 1990, n. 241.
    La  nomina  del  Commissario ad acta sarebbe avvenuta sull'errato
presupposto  di una situazione debitoria dell'ente locale, nonostante
quest'ultimo   avesse   stipulato   un   accordo  con  l'Ufficio  del
Commissario  delegato per una riduzione della somma dovuta dal comune
al  19 maggio 2004, e lo stesso comune abbia gia' versato buona parte
di tale somma concordata.
    Il  Commissario  delegato  non  avrebbe  potuto  recedere da tale
accordo  e  in  ogni  caso  lo  avrebbe dovuto fare con provvedimento
esplicito  preceduto  da comunicazione ex art. 7 legge 7 agosto 1990,
n. 241.
        2)  Violazione  e  falsa  applicazione  dell'art. 7,  legge 7
agosto 1990, n. 241;
    Il   provvedimento   impugnato   non   e'   stato   preceduto  da
comunicazione  di  avvio  del  procedimento,  ne'  sono state esposte
particolari ragioni di urgenza, tali da giustificarne l'omissione;
        3)  Eccesso  di  potere  per  difetto e contraddittorieta' di
motivazione, per difetto di istruttoria e dei presupposti;
    Difetterebbero  i  presupposti per l'emanazione del provvedimento
sostitutivo del Commissario, considerato che il gestore dell'impianto
di   depurazione   del   comune  ricorrente  si  e'  reso  gravemente
inadempiente   per   cui  alcuna  somma  sarebbe  dovuta  dal  comune
ricorrente.
    Si   sono  costituiti  l'Ufficio  del  Commissario  delegato  per
l'emergenza  ambientale  nel  territorio  della Regione Calabria e la
Presidenza   del   Consiglio   dei   ministri,   con   il  patrocinio
dell'Avvocatura  dello  Stato,  rilevando  l'incompetenza  dell'adito
Tribunale  amministrativo  della  Calabria,  in  quanto,  secondo  il
disposto  dell'art. 3  d.l.  30 gennaio  2005,  n. 245,  in  tutte le
situazioni  di  emergenza  dichiarate  ai sensi dell'art. 5, comma 1,
della  legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a
conoscere   della   legittimita'   delle  ordinanze  adottate  e  dei
consequenziali  provvedimenti  commissariale spetta in via esclusiva,
anche   per   l'emanazione   di   misure   cautelari,   al  tribunale
amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    Tali  amministrazioni hanno, comunque, chiesto che il ricorso sia
dichiarato   irricevibile  ed  inammissibile  o,  in  subordine,  sia
rigettato.
    Si  e'  altresi'  costituita  la  Regione  Calabria, deducendo la
propria mancanza di legittimazione passiva.
      Il  tribunale,  chiamato  a pronunciarsi sull'istanza cautelare
proposta  dal  comune di Cicala, ritiene di dovere esprimere dubbi di
conformita'  alle  norme  costituzionali  delle  norme di cui art. 3,
commi 2-bis, 2-te e 2-quater d.l. 30 gennaio 2005, n. 245, introdotti
dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21.
    Dispone  il  comma 2-bis  del  menzionato  art. 3:  In  tutte  le
situazione  di  emergenza  dichiarate  ai sensi dell'art. 5, comma 1,
della  legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a
conoscere   della   legittimita'   delle  ordinanze  adottate  e  dei
consequenziali  provvedimenti  commissariali spetta in via esclusiva,
anche   per   l'emanazione   di   misure   cautelari,   al  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    In  connessione  a  tale  previsione  il  comma 2-ter dispone: Le
questioni  di  cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio. Davanti al
giudice   amministrativo   il   giudizio  e'  definito  con  sentenza
succintamente  motivata  ai sensi dell'art. 26 della legge 6 dicembre
1971,  n. 1034,  e  successive modificazioni, trovando applicazione i
commi 2 e seguenti dell'art. 23-bis della stessa legge.
    Strettamente  connessa alle previsioni di cui sopra quelle di cui
al comma 2-quater, alla stregua delle quali: le norme di cui ai commi
2-bis  e  2-ter  si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia
delle  misure  cautelari  adottate  da  un  tribunale  amministrativo
diverso  da  quello  di  cui  al  comma 2-bis  permane fino alla loro
modifica o revoca da parte del tribunale amministrativo regionale del
Lazio,  con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il
ricorso.
    Quanto   alla   rilevanza   delle   questioni  di  illegittimita'
costituzionale,  va osservato che, nel presente giudizio, proposto in
data    successiva    all'entrata    in   vigore   della   legge   di
conversione 27 gennaio  2006,  n. 21,  hanno  incidenza  specifica le
norma  di cui al comma 2-bis e 2 ter dell'art. 3, che contemplano una
deroga  al criterio previsto dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ai
fini  della  determinazione  del  tribunale  amministrativo regionale
territorialmente  competente,  introducendo  un'ipotesi di competenza
funzionale  del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di
Roma, inderogabile e rilevabile d'ufficio (comma 2-ter).
    Ne  consegue che, in applicazione di tali norme, questo tribunale
dovrebbe limitarsi a declinare la competenza, in favore del Tribunale
amministrativo regionale del Lazio.
    5.  -  Cio' premesso in ordine alla rilevanza della questione, il
Collegio  condivide  pienamente  i  dubbi  di  costituzionalita', non
prettamente attinenti all'ordinamento regionale siciliano, affacciati
in  ordine  alle  dette  norme dal Tribunale amministrativo regionale
della  Sicilia,  sede  di Palermo, sezione I, con ordinanza n. 67 del
6 marzo  2006  (la  questione  risulta  sollevata  anche da Tribunale
amministrativo  regionale  Sicilia,  Catania,  sez.  I, 7 marzo 2006,
n. 90).
    Ed  invero,  tali dubbi si pongono in primo luogo con riferimento
all'art. 3  della  Costituzione, per la disparita' di trattamento che
la deroga alle ordinarie regole di riparto delle competenze comporta,
per  la tutela giurisdizionale delle rispettive posizioni giuridiche,
tra  soggetti  in  situazioni  eguali  (destinatari  delle  ordinanze
adottate  dagli  organi  governativi o dai commissari delegati, nelle
situazioni  di  dichiarata  emergenza,  aventi  efficacia limitata al
territorio di una regione, rispetto ai destinatari dei provvedimenti,
aventi lo stesso ambito di efficacia, adottati, in via ordinaria - in
genere dagli organi esponenziali di enti territoriali regionali o sub
regionali).
    Invero  la  disposizione in esame prevede, in tutte le situazioni
di  emergenza  dichiarate  ai  sensi dell'art. 5, comma 1 della legge
24 febbraio  1992,  n. 225, l'attribuzione di competenza al Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio  a conoscere della legittimita'
delle  ordinanze  adottate,  nonche' dei provvedimenti dei commissari
che  agiscano in virtu' della delega prevista dal successivo comma 4,
e  quindi  per  atti  che  possono  assumere, e normalmente assumono,
un'incidenza limitata a specifici ambiti territoriali.
    In  definitiva,  mentre  l'impugnazione di provvedimenti adottati
nell'esercizio  delle ordinarie attribuzioni rientra nella competenza
del  Tribunale amministrativo regionale del luogo ove i provvedimenti
hanno  incidenza  (art.  3  della  legge n. 1034/1971), ove sia stata
dichiarata  la  situazione di emergenza ai sensi dell'art. 5, comma 1
della    legge   24 febbraio   1992,   n. 225,   l'impugnazione   dei
provvedimenti  volti  alla  cura  dei  medesimi  interessi,  idonei a
produrre  le  medesime  conseguenze,  ed  eventualmente  a comprimere
uguali   posizioni   soggettive   (quale   l'autorizzazione  prevista
dall'art. 27  del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che viene in rilievo
nella   presente   controversia,   ordinariamente   attribuita   alla
competenza  delle regioni, con la partecipazione procedimentale degli
enti  territoriali  locali),  adottati dagli organi governativi o dai
commissari  all'uopo nominati (che peraltro frequentemente coincidono
con le medesime persone fisiche titolari degli uffici a cui spetta in
via  ordinaria  la  cura  dell'interesse  preso  in  considerazione),
rientra  nella  competenza  funzionale  ed inderogabile del Tribunale
amministrativo  regionale del Lazio, in forza della norma di legge in
esame.
    6.  -  Tale  diversita' non appare giustificabile dalla eventuale
maggiore  rilevanza  dell'interesse sotteso ai provvedimenti adottati
dal  governo  o dai commissari nominati ai sensi dell'art. 5, comma 4
della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    In  primo  luogo, nel nostro sistema non esiste una distribuzione
di  competenza  tra  i  diversi Tribunali amministrativi regionali in
dipendenza  della  maggiore o minore rilevanza dell'interesse sotteso
al  provvedimento  impugnato;  ed  ove venisse in ipotesi, introdotta
apparirebbe  in  contrasto  con  le  disposizioni  costituzionali che
pongono  su  un  piano  paritario  i diversi Tribunali amministrativi
regionali, distribuiti su base regionale (art. 125 Cost.).
    Ma   appare   decisiva   la   considerazione   che   il   rilievo
dell'interesse  preso  in considerazione non muta a secondo che venga
curato   attraverso   i   normali   strumenti  ordinamentali,  ovvero
attraverso  strumenti  ed  organi  extra  ordinem,  che  si vengono a
sovrapporre  alle  ordinarie  competenze  e procedure, per ragioni di
particolare urgenza.
    Invero  le  situazioni che giustificano lo stato di emergenza, ai
sensi  dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, non
si   caratterizzano   per   il   particolare  rilievo  dell'interesse
considerato,  ma  per  l'urgenza di provvedere nei casi «di calamita'
naturali,   catastrofi   o   altri  eventi  che,  per  intensita'  ed
estensione,   debbono   essere   fronteggiati   con  mezzi  e  poteri
straordinari»,  e  che  difficilmente potrebbero essere adeguatamente
affrontati in assenza di agili rimedi, immediatamente efficaci.
    E   se   la  straordinarieta'  degli  eventi  che  devono  essere
fronteggiati giustifica la straordinarieta' dei mezzi e dei poteri di
carattere sostanziale all'uopo previsti, la sottoposizione degli atti
adottati,  nell'ambito  della  rilevata  situazione  di  emergenza, a
peculiari  regimi  di  impugnazione  appare del tutto irragionevole e
sembra   comportare   un'ingiustificata  lesione  dell'art.  3  della
Costituzione.
    Peraltro,  che  le  disposizioni  di  legge in esame non possano,
neanche  in tesi, trovare fondamento in una ipotetica - ma a giudizio
del  Collegio inesistente - maggiore rilevanza dell'interesse curato,
e  comprovato  dal fatto che il regime derogatorio previsto dal comma
2-bis  dell'art.  3 della legge n. 21/2006, quale risulta chiaramente
dalla formulazione letterale della norma, riguarda le ordinanze e gli
atti  commissariali adottati nelle situazioni di emergenza dichiarate
ai sensi dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992 n. 225, ma
non  i  provvedimenti  che  tali situazioni di emergenza dichiarino e
che,   ove   si  riferiscano  a  situazioni  di  limitata  estensione
territoriale,  come  sovente  accade,  continuano  a  rientrare nella
ordinaria  competenza  del  Tribunale  amministrativo regionale della
regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza.
    Di  tal  che,  ad  esempio, nella fattispecie in esame, mentre il
provvedimento governativo (deliberazione del Consiglio dei ministri e
successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: art. 5,
comma 1, legge 24 febbraio 1992, n. 225) concernente la dichiarazione
dello  stato  di  emergenza  nell'ambito  della Regione Calabria, nei
settori considerati, ed il conseguente atto di nomina del Commissario
delegato,  rimarrebbero  suscettibili  di  impugnativa nell'ordinaria
sede  territoriale  periferica  competente  (Tribunale amministrativo
regionale   Calabria),   i   provvedimenti   adottati  dall'autorita'
straordinaria   per  ultimo  citata  rientrerebbero  nella  esclusiva
cognizione  del  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio, sede di
Roma.
    L'irragionevolezza del disegno complessivo che ne consegue, oltre
ad  elidere  qualsiasi  possibilita'  di individuare valide ragioni a
supporto   della   deroga   introdotta,  tali  da  non  portare  alla
conclusione  che  le  disposizioni  in esame determinano, puramente e
semplicemente,  un'ingiustificata disparita' di trattamento, non puo'
non  essere  autonomamente valutata anche per la lesione al principio
costituzionale  di ragionevolezza, che deve presiedere alla redazione
dei testi di legge.
    7.  -  Il  Collegio  ha  ben  presente  la  sentenza  della Corte
costituzionale   n. 189/1992,   con   la   quale  e'  stato  ritenuto
compatibile  con  il  dettato  costituzionale  l'art. 4  della  legge
12 aprile  1990,  n. 74,  che attribuisce al Tribunale amministrativo
regionale  Lazio la competenza esclusiva sull'impugnazione degli atti
del C.S.M.
    Ma  in  quella  circostanza,  a giustificazione della deroga alla
ordinaria  competenza  prevista  dalla  legge  n. 1034/1971, e' stata
posta  in rilievo la particolare posizione che il Consiglio superiore
della  magistratura occupa nell'ordinamento costituzionale, oltre che
la  peculiare funzione svolta dai magistrati ordinari, che li rendono
non  assimilabili  o  comparabili  ad  altre  categorie  di  pubblici
dipendenti;  circostanze del tutto estranee alle vicende per le quali
trova applicazione la norma in esame.
    Peraltro  non sembra secondario rilevare che il foro previsto per
i   pubblici   dipendenti   dal   comma 2   dell'art. 3  della  legge
n. 1034/1971,  costituisce  gia'  una  deroga,  seppur  di  carattere
generale,  alla  prioritaria  regola prevista dal medesimo comma, che
individua,  quale principio cardine della distribuzione di competenza
tra   i  diversi  Tribunali  amministrativi  regionali,  l'ambito  di
efficacia del provvedimento impugnato.
    Da  cio'  consegue  che,  in  dipendenza  del  particolare  ruolo
costituzionale  rivestito  dal  C.S.M.  e  della particolare funzione
svolta   dai  magistrati  ordinari,  non  appare  irragionevole  che,
rispetto  a  provvedimenti che hanno efficacia sull'intero territorio
nazionale,  il Legislatore ritenga piu' opportuno seguire il criterio
prioritario  di  distribuzione di competenza tra i diversi tribunali,
piuttosto  che  il  criterio derogatorio costituito dal foro speciale
per i pubblici dipendenti.
    Ma   anche   tale   linea   argomentativa   sarebbe   del   tutto
inutilizzabile  rispetto  alla  vicenda  in  esame, nella quale viene
derogato  proprio  il  criterio  principale  di  distribuzione  della
competenza  tra i diversi Tribunali amministrativi regionali, fondato
sulla incidenza territoriale del provvedimento impugnato.
    Invero, la deroga prevista dai commi 2-bis e seguenti dell'art. 3
del  d.l.  30 novembre  2005,  n. 245,  introdotti  con  la  legge di
conversione del 27 gennaio 2006, n. 21, rispetto alle regole generali
di  distribuzione  della  competenza indicate dall'art. 3 della legge
n. 1034/1971,  non  appare  supportata  da alcuna plausibile ragione,
dotata   di   copertura  costituzionale,  idonea  a  giustificare  la
disparita'  di  trattamento che indubbiamente si viene ad operare tra
situazioni  eguali,  con  conseguente lesione dei principi desumibili
dall'art. 3 della Costituzione.
    8.  -  Le  disposizioni  di  legge  in  esame appaiono inoltre in
contrasto  con  l'art. 24  della Costituzione, in quanto l'attrazione
delle   controversie  ivi  previste  alla  competenza  del  Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio  indiscutibilmente  comporta un
ingiustificato  aggravio organizzativo e di costi a cui devono andare
incontro  i  soggetti  incisi dai provvedimenti adottati dagli organi
governativi   e   dai   commissari,  nelle  situazioni  di  emergenza
dichiarate  ai  sensi  dell'art. 5,  comma 1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  che  intendano tutelare in giudizio le loro posizioni
soggettive,  con  riguardo  ai  provvedimenti  localizzati  in ambiti
territoriali non ricadenti nella Regione Lazio.
    La   lesione   al   principio   desumibile   dall'art. 24   della
Costituzione risulta ancor piu' significativa se si tiene conto della
molteplicita'  e della varieta' dei provvedimenti che rientrano nella
previsione  di  legge,  tali  pertanto  da toccare interessi idonei a
frazionarsi in molteplici ed eterogenee posizioni soggettive.
    9.  -  Viene altresi' vistosamente conculcato anche il principio,
enunciato  in  Costituzione,  del  decentramento  territoriale  della
giurisdizione amministrativa, attuato, fin dal 1971 (legge 6 dicembre
1971,   n. 1034),   con   l'attribuire  ai  Tribunali  amministrativi
regionali  la  cognizione  di  tutte le controversie scaturenti dalla
contestazione  di  atti  della  p.a.  destinati  ad esaurire i propri
effetti in loco.
    Sotto  questo  aspetto,  le  norme  in  esame risultano quindi in
contrasto anche con l'art. 125, secondo comma, della Costituzione.
    Ritiene  invero  questo giudice remittente che, con la previsione
di  organi  di  giustizia  amministrativa  di  primo  grado in ambito
regionale,  il  Costituente  abbia inteso garantire una distribuzione
territoriale dei Tribunali amministrativi regionali tale da agevolare
il  ricorso  alla giustizia amministrativa, in sostanziale coerenza e
continuita'  logica  con  i  principi  desumibili  dall'art. 24 della
Costituzione.
    Se e' vero che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio fa
comunque  parte del complesso della Giustizia amministrativa di primo
grado, articolata su base regionale, e' pur vero che l'attribuzione a
tale  Tribunale  amministrativo  regionale  di controversie in nessun
modo  connesse  a  criteri di distribuzione territoriale, finisce per
svuotare di contenuto la previsione dell'art. 125 della Costituzione,
violando  il  senso  del  principio  in  esso espresso, e creando una
sorta.   di   gerarchia  tra  i  Tribunale  amministrativo  regionale
territoriali,  incompatibile  con  il  dettato  e  lo  spirito  della
Costituzione  e  realizzando  anche  un  non irrilevante «vulnus» del
principio  generale del «giusto processo», quale desumibile dal testo
novellato dall'art. 111 della Costituzione.
    10.  -  Detto per inciso, in quanto la questione non ha rilevanza
nel  presente  giudizio,  suscita dubbi di costituzionalita' anche il
regime transitorio previsto dalle disposizioni di legge in esame, che
trova applicazione alla controversia oggetto del presente giudizio.
    Invero,   lo   spostamento   di   competenza   che   comporta  il
comma 2-quater  dell'art. 3  anche  per i giudizi in corso al momento
della  entrata  in vigore delle disposizioni in esame, legittimamente
instaurati   presso  i  diversi  Tribunale  amministrativo  regionale
territoriali,  secondo  le  disposizioni  di legge vigenti al momento
della  loro  proposizione,  appare  in  contrasto con l'art. 25 della
Costituzione,  determinando  la  sottrazione del giudizio al «giudice
naturale precostituito per legge».
    11.  -  In  conclusione,  il  Collegio  ritiene  rilevante  e non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
le  norme  dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter del d.l. 30 novembre 2005,
n. 245,  introdotti  con la legge di conversione del 27 gennaio 2006,
n. 21,  per  contrasto  con  gli  articoli 3,  24,  111  e  125 della
Costituzione,  nella  parte  in  cui prevedono la competenza in primo
grado,  esclusiva  ed inderogabile, estesa anche ai giudizi in corso,
del   Tribunale   amministrativo  regionale  del  Lazio  sui  ricorsi
giurisdizionali  proposti  avverso  le  ordinanze  ed i provvedimenti
adottati  nell'ambito  delle  situazioni  di  emergenza dichiarate ai
sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    Il  giudizio,  pertanto, va sospeso e gli atti vanni rimessi alla
Corte    costituzionale    per    il    giudizio    incidentale    di
costituzionalita'.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara   rilevante   e  non  manifestamente  infondata  ed,  in
conseguenza,  solleva  la  questione  di  legittimita' costituzionale
delle  norme  dell'art. 3,  commi 2-bis,  2-ter  del d.l. 30 novembre
2005,  n. 245,  introdotti con la legge di conversione del 27 gennaio
2006,  n. 21,  per  contrasto con gli articoli 3, 24, 111 e 125 della
Costituzione,  nella  parte  in  cui prevedono la competenza in primo
grado,  esclusiva  ed inderogabile, estesa anche ai giudizi in corso,
del  Tribunale  amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sui
ricorsi   giurisdizionali   proposti   avverso   le  ordinanze  ed  i
provvedimenti  adottati  nell'ambito  delle  situazioni  di emergenza
dichiarate  ai  sensi  dell'art. 5,  comma 1, della legge 24 febbraio
1992, n. 225.
    Sospende  il presente giudizio e dispone l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
    Ordina  alla  segreteria di notificare la presente ordinanza alle
parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche'
di   comunicare   la  stessa  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Catanzaro,  nella  Camera  di consiglio del 22
giugno 2006.
                      Il Presidente: Mastrocola
L'estensore: Ruiu
07C0457