N. 234 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 ottobre 2006

Ordinanza  emessa  il  2  ottobre  2006  dal tribunale amministrativo
regionale  della  Sicilia  - Sezione staccata di Catania, sul ricorso
proposto  da  comune  di  Modica  contro  Presidenza del Consiglio di
ministri - Dipartimento protezione civi1e ed altri.

Giustizia  amministrativa  -  Tribunali  amministrativi  regionali  -
  Controversie  relative  alla  legittimita'  delle  ordinanze  e dei
  conseguenziali  provvedimenti  commissariali  adottati  in tutte le
  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1,
  della   legge   24 febbraio  1992,  n. 225  -  Competenza,  in  via
  esclusiva,  in  primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo
  regionale  del  Lazio  -  sede  di  Roma  - Irragionevole deroga al
  principio  della  competenza del Tribunale amministrativo regionale
  della  Regione  in  cui  il  provvedimento  e'  destinato  ad avere
  incidenza  -  Violazione  del diritto di difesa e del principio del
  giudice  naturale  -  Violazione  del  principio  del decentramento
  territoriale  della giurisdizione amministrativa - Violazione della
  norma   statutaria  che  attribuisce  al  Tribunale  amministrativo
  regionale Sicilia le controversie di interesse regionale.
- Decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione,   artt. 3,  24,  25  e  125;  Statuto  della  Regione
  Siciliana, art. 23.
(GU n.16 del 18-4-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma
2,  legge n. 87/1953 sul ricorso n. 1196/2005 r.g. proposto da Comune
di Modica (RG), rappresentato e difeso da Raimondi avv. Salvatore con
domicilio  eletto  in  Catania  via Ventimiglia 145 presso Tamburello
avv. Giuseppe;
    Contro   Presidenza   Consiglio   dei   ministri  -  Dipartimento
protezione civile, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato
con domicilio eletto in Catania via Vecchia Ognina, 149 presso la sua
sede, Ministero dell'interno e per il Coordinamento protezione civile
rappresentato e difeso da Avvocatura dello Stato con domicilio eletto
in  Catania  via  Vecchia  Ognina, 149 presso la sua sede, Pres. reg.
Sic.  n.q.  di comm. del emergenza rifiuti rappresentato e difeso da:
Avvocatura  dello  Stato  con domicilio eletto in Catania via Vecchia
Ognica,  149  presso  la sua sede, Regione Siciliana, rappresentata e
difesa  da Avvocatura dello Stato con domicilio eletto in Catania via
Vecchia  Ognina,  149  presso  la  sua  sede Commissario delegato per
emergenza   rifiuti   e  tutela  acque  rappresentato  e  difeso  da:
Avvocatura  dello  Stato  con domicilio eletto in Catania via Vecchia
Ognina,  149  presso  la  sua  sede, e nei confronti di Tifeo Energia
Ambiente  S.c.p.a.  rappresentato  e difeso da: Romano avv. Salvatore
Alberto, Astone avv. Francesco, Armao avv. Gaetano, Romano avv. Anna,
con  domicilio  eletto in Catania via Umberto, 303 presso Iudica avv.
Francesco per l'annullamento dei seguenti atti:
        1)  ordinanza del commissario delegato per l'mergenza rifiuti
e  la tutela delle Acque in Sicilia, 29 dicembre 2004 (GURS parte 1ª,
4   febbraio   2005,  n. 5),  con  la  quale  si  esprime  parere  di
compatibilita'  ambientale  e  si  approva  il  progetto del «Sistema
Augusta»,  presentato  dalla Tifeo, e si autorizza la stessa societa'
alla  realizzazione,  tra  l'altro,  di  un  impianto  di selezione e
biostabilizzazione  nell'agglomerato A.S.L della Provincia di Ragusa,
Agglomerato industriale Modica/Pozzallo, nel territorio del comune di
Modica,  nonche'  di  una  discarica  per  rifiuti non pericolosi con
annesso  impianto  di  trattamento  percolato,  nel comune di Modica,
contrada Coste dell'Olio;
        2)  ordinanza  della  Presidenza  del Consiglio dei ministri,
Dipartimento della protezione civi1e, n. 2983 del 31 maggio 1999, con
la  quale  si  dispone  la  nomina del presidente della regione quale
commissario  delegato  per  l'adozione  di  un piano di emergenza nel
settore  della  gestione  dei  rifiuti,  nonche' per la realizzazione
degli   interventi  necessari  per  far  fronte  alla  situazione  di
emergenza,  come  modificata e integrata dalle ordinanze di cui infra
nn. 3048/00, 3072/00, 3136/01, 3190/02, 3265/03, 3334/04 e 3354/04;
        3)  ordinanze  del Ministero dell'interno, Dipartimento della
protezione  civile,  n. 3048 del 31 marzo 2000, n. 3072 del 21 luglio
2000,  n. 3136  del  25  maggio 2001, con le quali sono state dettate
ulteriori  disposizioni  volte  ad estendere i poteri del commissario
per i rifiuti;
        4)  ordinanza  del  Ministro  dell'interno,  delegato  per il
coordinamento  della protezione civile n. 3190 del 22 marzo 2002, con
la quale sono stati confermati i poteri gia' conferiti al Commissario
delegato e sono state dettate nuove disposizioni, in materia;
        5)  ordinanze  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri,
Dipartimento  della  protezione civile, n. 3265 del 21 febbraio 2003,
n. 3334  del 23 gennaio 2004, n. 3354 del 7 maggio 2004, con le quali
sono  state  dettate  ulteriori  disposizioni  urgenti  in materia di
protezione civile;
        6) ordinanze del commissario delegato per l'emergenza rifiuti
e  tutela  delle  acque n. 1166 del 18 dicembre 2002 e n. 1260 del 30
settembre  2004,  con  le  quali si approva e si modifica il piano di
gestione dei rifiuti in Sicilia;
        7)  decreto  del commissario delegato per l'emergenza rifiuti
in  Sicilia,  n. 280  del  19  aprile  2001  (G.U.R.S. 8 giugno 2001,
n. 29),  con il quale sono state approvati gli ambiti ed i sub ambiti
territoriali   provinciali   per   gli   impianti   di   selezione  e
valorizzazione della frazione secca e di quella umida;
        8)  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri 22
gennaio 1999, con il quale viene dichiarato lo stato di emergenza nel
settore  dello smaltimento dei rifiuti urbani nella Regione Siciliana
fino al 30 giugno 2000;
        9)  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri 16
giugno  2000,  con  il  quale si proroga lo stato di emergenza di che
trattasi sino al 31 dicembre 2001;
        10)  decreto  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri 11
gennaio  2002,  con  il  quale  si  proroga  lo stato di emergenza in
materia  di  gestione  dei rifiuti nella Regione Siciliana sino al 31
dicembre  2004  (ricorso  introduttivo):  nonche'  di  ordinanza  del
commissario  delegato per l'emergenza rifiuti e tutela delle acque in
Sicilia del 1° marzo 2006 pubblicata nella GURS parte I del 14 aprile
2006   n. 19   con  la  quale  si  revoca  l'ordinanza  commissariale
17 novembre   2005,  con  la  quale  era  stata  sospesa  l'ordinanza
commissariale  29  dicembre  2004 e si modifica quest'ultima (ricorso
per motivi aggiunti ).
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti i ricorsi per motivi aggiunti;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio delle PP.AA intimate e
di Tifeo Energia Ambiente S.c.p.a.;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio del 6 luglio 2006 il relatore
referendario Maria Stella Boscarino;
    Sentiti gli avvocati delle parti come da verbale;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Con il ricorso introduttivo il comune ricorrente espone che il 29
dicembre 2004 il commissario delegato delegato per la predisposizione
di un piano di interventi di emergenza nel settore della gestione dei
rifiuti  e  per  la  realizzazione degli interventi necessari per far
fronte   alla   situazione  di  emergenza  della  Regione  Sicilia  -
Presidente  della  Regione Sicilia ha adottato l'ordinanza pubblicata
nella  G.U.R.S.  il  4  febbraio  2005  con  la  quale ha espresso il
giudizio   positivo   di   compatibilita'   ambientale  sul  progetto
costituito  dagli  elaborati  citati nell'ordinanza, presentato dalla
societa' Tifeo Energia Ambiente S.c.p.a., con sede legale in Palermo,
via Pietro Nenni n. 28, ai sensi dell'art. 27 del decreto legislativo
n. 22/1997,  ha approvato, con le prescrizioni contenute nell'art. 5,
gli  elaborati  progettuali  che costituiscono il progetto definitivo
del  «Sistema  Augusta»,  presentati  dalla  societa'  Tifeo  Energia
Ambiente  S.c.p.a.  ed  ha  autorizzato  la  medesima  societa'  alla
realizzazione:   di   impianto  di  termovalorizzazione  con  annesso
impianto  di  inertizzazione  -  Consorzio  A.S.I. della provincia di
Siracusa  contrada  Bufalora  -  comune  di  Augusta; e l'impianto di
selezione  e biostabilizzazione - Consorzio A.S.I. della provincia di
Ragusa nell'agglomerato industriale Modica/Pozzallo.
    Con   ricorso  depositato  innanzi  al  Tribunale  amministrativo
regionale  di  Palermo  il  comune di Modica ha impugnato l'ordinanza
commissariale del 29 dicembre 2004 e gli atti presupposti.
    A   seguito  della  proposizione  di  eccezione  di  incompetenza
territoriale sollevata dall'Avvocatura dello Stato, con ord. 6 maggio
2005  n. 33  il  Presidente  del  Tribunale  amministrativo regionale
Sicilia  Palermo ha disposto l'assegnazione del ricorso avanti questo
Tribunale amministrativo regionale
    Il  commissario  per  l'emergenza rifiuti ha adottato, in data 17
novembre  2005,  una  ordinanza  con  la quale sospendeva l'efficacia
degli atti impugnati.
    Ma  in  data 1° marzo 2006 il Commissario per l'emergenza rifiuti
della  Regione  Siciliana  ha adottato una ulteriore ordinanza con la
quale  e'  stata  revocata  l'ordinanza commissariale del 17 novembre
2005   e  modificata  l'ordinanza  commissariale  29  dicembre  2004,
concernente  il  giudizio  positivo  di  compatibiita'  ambientale ed
autorizzazione  alla  realizzazione  del  progetto  presentato  dalla
societa' Tifeo Energia Ambiente S.c.p.a., con sede legale in Palermo,
relativo  al  sistema  di  gestione  integrato  per  l'utilizzo della
frazione   residua   dei  rifiuti  urbani  al  netto  della  raccolta
differenziata - Sistema Augusta.
    Avverso  tale  ordinanza  la  ricorrente  ha presentato ulteriore
ricorso   per  motivi  aggiunti,  chiedendone  l'annullamento  previa
sospensione.
    Il  ricorso  e'  stato  chiamato per la trattazione della domanda
cautelare nella C.c. del 6 luglio 2006.

                            D i r i t t o

    La  sopravvenienza  normativa di cui alla legge n. 21/2006 impone
al  collegio  di  tener  conto  della  nuova  ipotesi  di  competenza
funzionale inderogabile introdotta con la citata legge.
    Va ricordato che il provvedimento impugnato ha efficacia limitata
al  territorio delle province di Catania, Siracusa, Enna e Ragusa, in
quanto   concerne   l'approvazione   del  progetto  presentato  dalla
controinteressata finalizzato ad un sistema di gestione integrato dei
rifiuti  nell'ambito  del  cd.  «sistema Augusta», limitatamente alle
citate province, con la realizzazione di un polo impiantistico la cui
localizzazione  e'  individuata  nel  comune di Augusta, provincia di
Siracusa.
    Pur   promanando  il  provvedimento  impugnato  da  soggetto,  il
commissario  delegato, facente capo alla Presidenza del Consiglio dei
ministri,  alla  quale  sono  riferibili i relativi atti, gli effetti
dallo  stesso  prodotti  sono territorialmente limitati, tant'e' vero
che,  avendo  il comune di Modica impugnato l'ordinanza commissariale
del  29 dicembre  2004  e gli atti presupposti con ricorso innanzi al
Tribunale  amministrativo  regionale  di  Palermo, l'Avvocatura dello
Stato  ha sollevato eccezione di incompetenza territoriale per essere
la  controversia  riferita  ad atti la cui sfera di efficacia risulta
limitata  alle  predette  province della Sicilia orientale, eccezione
sulla  quale  si  e' registrata l'adesione di tutte le altre parti, e
cosi' il ricorso e' stato trasmesso a questo Tribunale amministrativo
regionale
    Ebbene,  il  Collegio  deve affrontare la questione relativa alla
competenza  inderogabile  del  Tribunale amministrativo regionale del
Lazio a conoscere della vicenda introdotta dalla legge 21/2006 pubbl.
nella  Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2006, che, all'art. 3,
per  quel che qui rileva dispone: ... omissis ... «2-bis. In tutte le
situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1,
della  legge  24 febbraio 1992, n 225, la competenza di primo grado a
conoscere   della   legittimita'   delle  ordinanze  adottate  e  dei
consequenziali  provvedimenti  commissariali spetta in via esclusiva,
anche   per   l'emanazione   di   misure   cautelari,   al  Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio,  con  sede  in Roma. 2-ter. Le
questioni  di cui al comma 2-bis, sono rilevate d'ufficio. Davanti al
giudice   amministrativo   il   giudizio  e'  definito  con  sentenza
succintamente  motivata  ai  sensi  dell'articolo  26,  della legge 6
dicembre   1971,   n. 1034,   e  successive  modificazioni,  trovando
applicazione  i  commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa
legge.  2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso».
    Osserva  il  Collegio  che  la  fattispecie  in esame e' attratta
nell'applicazione della citata legge n. 21/2006, art. 3.
    Il  collegio,  pertanto,  ritenendola  rilevante  ai  fini  della
decisione da assumere in ordine alla predetta trasmissione degli atti
al  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio  e non manifestamente
infondata,  solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
predetto  art. 3,  e  segnatamente del comma 2 nelle sottonumerazioni
bis,  ter,  quater,  come sara' esposto nei seguenti paragrafi e come
gia'  fatto  in  ordine  ad altre fattispecie per la cui decisione e'
venuta  in  rilievo  la  medesima  norma  sia  dallo stesso tribunale
(Tribunale  amministrativo  regionale  Sicilia,  I,  ord. n. 90 del 7
marzo  2006)  sia  dal  Consiglio  di giustizia amministrativa per la
Regione siciliana (Ord. n. 368/2006 del 18 maggio 2006).
    I)  La  rilevanza  della  questione  ai  fini  della decisione da
assumere e' di tutta evidenza. Il collegio sarebbe tenuto, sulla base
della    normativa   sopravvenuta   -   ove   non   dubitasse   della
incostituzionalita'   di  essa  e  quindi  non  ritenesse  necessario
investire  il  giudice  delle  leggi  della  relativa  questione  - a
trasmettere  gli  atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio, e
cio'   per  espressa  disposizione  della  nuova  disciplina  che  ne
prescrive  l'applicazione ai procedimenti pendenti e quindi anche per
il procedimento odierno.
    Non  vale  a  mutare  la superiore considerazione il fatto che il
giudizio sia stato chiamato ad essere trattato in camera di consiglio
per  la sua sola domanda cautelare, posto che la chiara dizione delle
disposizioni  in  esame  non  lascia adito a dubbi e, per effetto del
combinato  disposto  di  cui  all'art. 21  e 26 della legge Tribunale
amministrativo regionale ivi richiamato, anche in sede di trattazione
cautelare  il  Collegio  dovrebbe  con  sentenza  breve dichiarare la
competenza  del Tribunale amministrativo regionale Lazio e concludere
il  giudizio,  salva  la  riassunzione di esso di fronte al Tribunale
amministrativo regionale competente, normativamente prevista.
    II)  Circa  la  non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno
sospettare  le  norme  in  esame  di  incostituzionalita', osserva il
collegio  che  la  normativa introdotta dal Legislatore con l'art. 3,
comma   2,   da  bis  a  quater  della  legge  n. 21/2006,  contrasta
innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il
principio  della articolazione su base regionale degli organi statali
di  giustizia  amministrativa  di  primo  grado  ivi espressa («Nella
regione  sono  istituiti  organi di giustizia amministrativa di primo
grado,  secondo  l'ordinamento  stabilito da legge della Repubblica»)
che  implica  il  rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di
competenza dei singoli organi predetti.
    Non  appaiono,  all'evidenza,  manifeste  o  comunque sufficienti
ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera
di  competenze  costituzionalmente  garantita  nella  materia  di cui
trattasi  quando,  come  nel  caso in esame, le singole situazioni di
emergenza   hanno   rilievo   spiccatamente  locale  con  conseguente
efficacia  locale  dei  relativi  provvedimenti adottati dai soggetti
delegati  alla  cura  delle  varie  situazioni emergenziali, anche se
(arg. ex art. 2 comma 1 lett. «c» della legge n. 225/1992, richiamato
dall'art. 5,  comma 1, legge cit.) essi sono adottati per fare fronte
a  situazioni  che  «per  intensita'  ed  estensione  debbono  essere
fronteggiate con mezzi e poteri straordinari».
    III)   Anzi,   sotto   questo   aspetto,  la  norma  e'  altresi'
contraddittoria  ed  irrazionale  in  quanto  sottopone  al  medesimo
trattamento  processuale  situazioni  disparate  e  differenti tra di
loro.
    In  questo  quadro,  l'art. 5,  comma  1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  richiama,  ai  fini  della  applicazione  dell'intera
disposizione  normativa,  i  casi in cui (ex art. 2 comma 1 lett. «c»
della  legge  n. 225/1992)  sia  necessario  fare  fronte con mezzi e
poteri  straordinari  alle calamita' naturali, catastrofi o gli altri
eventi  che  richiedano tale intervento per intensita' ed estensione.
La  previsione  di cui alla legge n. 21/2006 radica la competenza del
Tribunale  amministrativo  regionale Lazio in tutti i casi in cui sia
dichiarato  lo  stato  di  emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5
appena  citato  e  quindi  con  esclusione  dei casi di intervento di
protezione  civile  per  gli  eventi  che  possano  essere affrontati
mediante  interventi  attuabili  dai  singoli  enti e amministrazioni
competenti  in  via  ordinaria  (art. 2  lett.  «a»)  e di quelli che
richiedano intervento coordinato di questi ultimi (art. 2 lett. «b»).
    Quindi,  il sistema della protezione civile e' articolato in vari
livelli  di  intervento,  contraddistinti dal corrispondente grado di
ampiezza  della  situazione  emergenziale.  Quindi per ogni tipologia
territoriale   e  «qualitativa»  della  situazione  di  emergenza  e'
chiamato ad intervenire in merito il «livello» di governo piu' vicino
alla  concreta  dimensione  delle  comunita'  colpite  e della natura
dell'emergenza, quindi secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e
senza  escludere  -  funzionalmente  e residualmente, che determinate
funzioni  siano «trasversali» ossia comprendano le competenze di piu'
amministrazioni o livelli di governo.
    A  fronte  di  questa  multiformita'  possibile di manifestazioni
concrete   dell'esercizio   del   potere,   la   regola  generale  di
ripartizione  delle  competenze  delineata  dagli artt. 2 e ss. della
legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente
con  l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della
legge  n. 21/2006, contraddittoriamente ed immotivatamente assegna ex
lege   rilevanza   nazionale   a   qualsiasi   controversia   insorga
nell'esercizio  del  potere  di  protezione civile, facendo leva solo
sulla  necessita'  che  esso presupponga l'intervento extra ordinem e
quindi  a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge
n. 225/1992,  posto  che assegna la competenza funzionale a conoscere
delle  relative questioni al Tribunale amministrativo regionale Lazio
(e  quindi  spinge  l'interprete  a dover ritenere che il Legislatore
abbia  cristallizzato  una  valutazione  di  rilevanza  nazionale  di
qualsiasi   questione   inerente   la   protezione  civile,  richieda
interventi extra ordinem).
    Appare  utile  rilevare,  in  questa sede, come la giurisprudenza
della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che:
        con  l'articolo  5 della legge n. 225 del 1992, e' attribuito
al  Consiglio  dei  ministri  il  potere  di  dichiarare  lo stato di
emergenza  in  ipotesi  di  calamita'  naturali,  ed  a seguito della
dichiarazione  di  emergenza,  e  per  fare fronte ad essa, lo stesso
Presidente  del  Consiglio dei Ministri o, su sua delega, il Ministro
dell'interno   possano   adottare   ordinanze   in   deroga  ad  ogni
disposizione    vigente,   nel   rispetto   dei   principi   generali
dell'ordinamento giuridico;
        l'art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo
31   marzo   1998,   n. 112   (Conferimento  di  funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta,
chiarisce  che  tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che
il   riconoscimento   di   poteri  straordinari  e  derogatori  della
legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale;
        queste  ultime  due  previsioni,  inoltre,  sono  gia'  stata
ritenute  dalla  Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come
espressive   di   un   principio  fondamentale  della  materia  della
protezione  civile,  sicche'  deve  ritenersi  che esse delimitino il
potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze
legislative  delineato  dalla  legge  costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione).
    Alla  luce  di  quanto  sopra  ricordato,  la Corte ha dichiarato
illegittimo l'articolo 4, comma 4, della legge della Regione Campania
n. 8  del  2004, nella misura in cui essa ha attribuito al Sindaco di
Napoli  i  poteri  commissariali  dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del
Ministro  dell'interno,  dopo  la  scadenza  della emergenza alla cui
soluzione  tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. n. 82/2005).
    Tale   ragionamento   comporta   che,  in  relazione  alla  legge
n. 225/1992   ed   all'art. 107,  comma  1,  lettere  b)e  c)  d.lgs.
n. 112/1998,  possiedono  rilievo  nazionale «solamente» il potere di
dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure
ad    esso   finalisticamente   connesso,   di   derogare   a   norme
dell'ordinamento.
    Ne  consegue  dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame
e'  irragionevole  per contraddittorieta' e disparita' di trattamento
processuale,  poiche'  utilizza  lo stesso trattamento per situazioni
del  tutto  differenti  quanto  ad  ambito  territoriale  e livello e
qualita'  degli  interessi  pubblici coinvolti, nonche' per contrasto
con  l'art. 117  della  Costituzione, poiche' implicitamente, finisce
per  attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla
competenza regionale.
    IV)  Ancora, l'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto
ove,  come  nella  specie, esso non sia giustificato da una effettiva
natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei
provvedimenti  sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale
amministrativo   regionale   Lazio,   comporta   indubbia  violazione
dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di
tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi enunciata al primo comma;
detta   tutela   ne   risulta  minorata,  per  la  evidente  maggiore
difficolta'  di  esercitare  le  relative  azioni presso il Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio piuttosto che presso gli organi
giurisdizionali  localmente  istituiti.  Cio'  vale  sia  per la fase
transitoria  in  cui  i  giudizi  pendenti  trasmigrano  al Tribunale
amministrativo   regionale   del  Lazio,  sia  per  le  future  nuove
controversie  che  secondo  la  nuova  normativa dovrebbero essere ab
initio instaurate presso detto Tribunale amministrativo regionale
    La  Corte  ha  ritenuto,  in  un caso in cui il Legislatore aveva
disposto  l'estinzione  ope legis di giudizi pendenti (art. 10, comma
primo,  legge  n. 425/1984),  che  siffatta  disposizione,  in quanto
«preclude   al   giudice  la  decisione  di  merito  imponendogli  di
dichiarare  d'ufficio  l'estinzione dei giudizi pendenti in qualsiasi
stato  e  grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge
sopravvenuta»,  percio'  stesso  «viola  il valore costituzionale del
diritto  di  agire,  in quanto implicante il diritto del cittadino ad
ottenere  una  decisione di merito senza onerose reiterazioni» (Corte
costituzionale, sentenza n. 123 del 1987).
    Sebbene  la  fattispecie  in  esame sia diversa da quella oggetto
della   citata  pronuncia,  il  principio  tuttavia,  ad  avviso  del
collegio,  e' nello stesso modo applicabile. Accade infatti, nel caso
presente,  che  chi  abbia  gia'  un  giudizio  pendente  davanti  al
Tribunale  amministrativo  regionale  locale,  ed  addirittura  abbia
ottenuto  una  decisione  cautelare,  debba  proseguire altrove nella
propria  iniziativa  giudiziaria,  addirittura  (se  ne parlera' piu'
diffusamente  infra)  rimanendo  esposto  ad  una  seconda  pronuncia
cautelare  sollecitata  dalla  parte  soccombente  davanti al giudice
adito prima dell'entrata in vigore della legge in questione.
    V)  Altro  profilo  di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre,
nella violazione del principio del giudice naturale precostituito per
legge, di cui all'art. 25 della Costituzione. La norma costituzionale
ora  citata, stabilendo che «nessuno puo' essere distolto dal giudice
naturale  precostituito  per  legge»,  esclude,  come la stessa Corte
costituzionale  afferma,  «che vi possa essere una designazione tanto
da  parte del Legislatore con norme singolari, che deroghino a regole
generali,  quanto  da  altri  soggetti,  dopo che la controversia sia
insorta (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del 1967»;
il principio e' in tali termini, e con tali citazioni dei precedenti,
richiamato  nella sentenza della Corte a 393 del 2002). Come la Corte
ha  insegnato,  perche'  tale principio possa considerarsi rispettato
occorre  che  «...  la  regola  di competenza sia prefissata rispetto
all'insorgere della controversia» (sentenza n. 193 del 2003); e basta
scorrere  le numerose decisioni della Corte costituzionale in materia
di  principio  del  giudice  naturale  per rilevare che e' proprio la
preesistenza  della  regola  che  individua la competenza rispetto al
giudizio  il  criterio  fondamentale  in  base  al  quale  sono state
valutate le questioni sollevate.
    Tale  profilo di incostituzionalita' si apprezza particolarmente,
ad  avviso  del  collegio,  nella parte della disciplina in questione
(comma  2-quater), che non solo ne dispone l'applicazione ai processi
pendenti,  ma  addirittura  consente  una  riforma  dei provvedimenti
assunti, in sede cautelare, in tali giudizi pendenti, e cio' ad opera
di  un  organo  giurisdizionale  pariordinato a quelli di provenienza
(trattasi   di   giudici   tutti   di   primo   grado,  il  Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio non essendo un «super-Tribunale
amministrativo   regionale»).   Cosi'   facendo,   in   sostanza,  il
Legislatore  ha  introdotto un rimedio inedito, che non e' di secondo
grado  e  che  finisce  per costituire un doppione del gia' espletato
giudizio  (cautelare)  di  primo  grado, senza alcuna possibilita' di
inquadramento  tra  i  rimedi noti e tipizzati (appello, revocazione,
reclamo).   Pertanto,  anche  l'art. 25  della  Carta  costituzionale
risulta  vulnerato  dalla  normativa denunciata dal collegio; e se ne
trae  conferma  da  una recente decisione della Corte costituzionale,
che,  sebbene  in relazione a disciplina totalmente diversa, ha avuto
modo  di  affermare  un  principio  generale,  che  e'  quello  della
appartenenza  della  competenza territoriale alla nozione del giudice
naturale precostituito per legge. Precisamente, la sentenza n. 41 del
2006  afferma, anzi, ribadisce (come testualmente si esprime, citando
sentenze  precedenti  in  termini),  che  «alla  nozione  del giudice
naturale   precostituito  per  legge  non  e'  affatto  estranea  "la
ripartizione  della  competenza  territoriale tra giudici, dettata da
normativa   nel   tempo  anteriore  alla  istituzione  del  giudizio"
(sentenze n. 251 del 1986 e n. 410 del 2005)».
    Per  altro,  atteso che il principio del doppio grado di giudizio
nella  giustizia amministrativa, sia in sede cautelare sia in sede di
merito,  riceve  garanzia  costituzionale  dall'art. 125  della Carta
(cfr. Corte cost., sentenza n. 8 del 1982), si configura un ulteriore
profilo  di  violazione  di  detta  norma.  Viene  infatti  ad essere
introdotto, per le controversie pendenti, un anomalo percorso (su cui
gia'   il   collegio  ha  poco  prima  espresso  i  propri  dubbi  di
incostituzionalita)  che  stravolge  l'ordinario iter giudiziario. La
regola  e'  che  ad  un  giudizio  di primo grado segua, ove la parte
soccombente  appelli, un giudizio di secondo grado, sia che si tratti
di  giudizio  cautelare,  sia  che  si  tratti di giudizio di merito;
giammai  e'  prevista  una  doppia  pronuncia sulla stessa materia da
parte  di due diversi giudici di primo grado, uno dei quali abilitato
a  riformare  la  decisione  del primo giudice. Orbene, ad avviso del
collegio,   siffatta   disciplina  integra  altresi'  violazione  del
principio  del  «giusto processo», di cui all' art. 111, comma primo,
della  medesima  Carta («La giurisdizione si attua mediante il giusto
processo regolato dalla legge»).
    Sempre  con  riferimento  ai processi pendenti, infatti, la parte
soccombente  nel giudizio cautelare verrebbe ad essere fornita di uno
strumento  giurisdizionale  anomalo  e atipico a tutela della propria
(legittima,   ma   da   esercitare   in  modi  conformi  ai  principi
costituzionali)  aspirazione  ad ottenere una pronuncia favorevole in
secondo  grado  (che deve tuttavia essere un vero giudizio di secondo
grado,  e  non,  si  ribadisce,  un inedito duplicato del giudizio di
primo grado).
    Cio' comporterebbe altresi' una evidente violazione del principio
del  ne bis in idem, che, se pure non espressamente contemplato dalla
Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del medesimo generale
principio del «giusto processo» teste' richiamato.
    VI)  Da  ultimo,  secondo  un  aspetto  diverso che si riconnette
ancora  al  tema  del  giudice  naturale,  la  norma  in  esame viola
l'art. 23  dello  Statuto della Regione Sicilia (legge costituzionale
n. 2   del   26  febbraio  1948)  a  norma  del  quale:  «Gli  organi
giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per
gli  affari concernenti la regione. Le sezioni del Consiglio di Stato
e   della   Corte   dei   conti  svolgeranno  altresi'  le  funzioni,
rispettivamente,   consultive   e   di   controllo  amministrativo  e
contabile.  I  magistrati  della  Corte  dei  conti  sono nominati di
accordo,   dai  Governi  dello  Stato  e  della  regione.  I  ricorsi
amministrativi,   avanzati   in   linea   straordinaria  contro  atti
amministrativi  regionali saranno decisi dal presidente della regione
sentite  le  sezioni regionali del Consiglio di Stato». Tale norma e'
stata  «interpretata»  dall'art. 5  del  d.lgs. 6 maggio 1948 n. 654,
contenente   norme   per  l'esercizio  delle  funzioni  spettanti  al
Consiglio  di  Stato  nella  Regione Sicilia, il quale prevede che il
Consiglio  di Giustizia esercita le attribuzioni devolute dalla legge
al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei confronti di atti e
provvedimenti  definitivi  «dell'amministrazione  regionale  e  delle
altre  autorita'  amministrative  aventi  sede  nel  territorio della
regione».
    Osserva  il  Collegio che gia' con «la sentenza della Corte cost.
in   data   12   marzo   1975   n. 61,  dichiarando  l'illegittimita'
costituzionale  delle limitazioni poste dall'art. 40 legge 6 dicembre
1971  n. 1034  alla competenza del Tribunale amministrativo regionale
Sicilia,  e'  stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite
tutte   le   controversie   d'interesse  regionale  considerate  tali
dall'art. 23,  comma 1, d.l. 15 maggio 1946 n. 455, comprendendosi in
tale   categoria  le  controversie  sorte  da  impugnazione  di  atti
amministrativi  di  autorita'  centrali  aventi  effetti  limitati al
territorio   regionale  ovvero  concernenti  pubblici  dipendenti  in
servizio  nella  regione  siciliana»  (Consiglio  Stato,  sez. VI, 26
luglio 1979, n. 595).
    Quindi   la  legge  n. 21/06,  in  esame,  e'  costituzionalmente
illegittima  anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23
dello  Statuto  regionale,  sia nella sua formulazione letterale, che
nella   interpretazione   pacifica   che   di  esso  ha  maturato  la
giurisprudenza,   anche   costituzionale,  riserva  al  Consiglio  di
Giustizia   Amministrativa   ed   in   primo   grado   al   Tribunale
amministrativo  regionale Sicilia, la competenza a conoscere circa le
controversie   sorte   da  impugnazione  di  atti  amministrativi  di
autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale.
    VII)  Per  tutte  le  esposte  considerazioni, deve sollevarsi la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis,
comma  2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli
artt. 3,  125,  24  e  25  della  Costituzione  e  per  contrasto con
l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia.
    Deve  pertanto  essere  disposta  la trasmissione degli atti alla
Corte  costituzionale  per  la  decisione della predetta questione di
legittimita'  costituzionale, sospendendosi il giudizio sia cautelare
che  di  merito  instaurato  con  il  ricorso  in  epigrafe fino alla
restituzione degli atti da parte della medesima Corte.
                              P. Q. M.
    Solleva,  ritenutala  rilevante  e  non manifestamente infondata,
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis,
comma  2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli
artt. 3,  125,  24  e  25  della  Costituzione  e  per  contrasto con
l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia.
    Dispone,  a  norma  dell'art. 23/2  legge n. 87/1953, l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Il  giudizio  sia cautelare che di merito resta sospeso sino alla
restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale.
    Manda   alla   segreteria  di  notificare  copia  della  presente
ordinanza  alle  parti  in  causa,  al  Presidente  del Consiglio dei
ministri, nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Catania, in Camera di consiglio, in data 6 luglio
2006.
                       Il Presidente: Zingales
L'estensore: Boscarino
07C0474