N. 243 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 marzo 2006

Ordinanza  emessa  il  14  marzo  2006  dal  tribunale  di  Lecce nel
procedimento  civile  promosso da Petruzzo Anna Rosa ed altri n.q. di
eredi di Petruzzo Carmine contro I.N.P.D.A.P. ed altra

Previdenza  ed  assistenza  - Indennita' di fine rapporto corrisposta
  dall'INPDAP  -  Attribuzione  in  caso  di  morte del dipendente in
  attivita'  di servizio al coniuge superstite - Ripartizione con gli
  orfani  maggiorenni  superstiti  come stabilito per l'indennita' di
  buonuscita  dei dipendenti statali dall'art. 5, comma 3, del d.P.R.
  n. 1032/1973  -  Mancata  previsione - Ingiustificata disparita' di
  trattamento di situazioni omogenee.
- Legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.1000 del 26-4-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Nel  proc. n. 3551/2005, promosso da Petruzzo Anna Rosa, Petruzzo
Addolorata  e  Petruzzo  Antonio,  quali  figli ed eredi legittimi di
Petruzzo   Carmine,   rappresentati   e   difesi  dall'avv.  Giovanni
Putignano, come da mandato in atti, ricorrenti;
    Contro   Istituto   Nazionale  di  Previdenza  per  i  Dipendenti
dell'Amministrazione   Pubblica   (I.N.P.D.A.P.),   in   persona  del
Direttore  della  sede  di  Lecce  (giusta  delega del presidente pro
tempore  con atto per notaio Colistra in Roma del 19 aprile 2005 rep.
n. 101152,  racc.  n. 6905),  rappresentato  e difeso dall'avv. Fabio
Patarnello, come da mandato in atti; e Merico Grazia, rappresentata e
difesa  dall'avv.  Maria Antonietta Gorgoni, come da mandato in atti,
resistenti.
    Rilevato  che  i  ricorrenti  hanno  chiesto  dichiararsi il loro
diritto  a  percepire  una  quota  pari al 60%, da dividersi in parti
uguali,  dell'indennita'  premio  di  servizio dovuta al loro padre e
dante   causa,   deducendo  la  violazione  delle  norme  di  diritto
successorio   e  delle  norme  di  diritto  pubblico  in  materia  di
erogazione    dell'indennita'    di    fine    rapporto    da   parte
dell'I.N.P.DA.P.,  che  ha  corrisposto,  in  dichiarata applicazione
dell'art. 3,  legge  8 marzo  1968,  n. 152,  l'intera  indennita' di
buonuscita  in  favore  di Merico Grazia, coniuge in secondo nozze di
Petruzzo Carmine;

                        Osserva quanto segue

    L'art. 3  della  legge 8 marzo 1968, n. 152, recante «Nuove norme
in  materia  previdenziale  per  il  personale  degli  enti  locali»,
prevede,  per  quanto  qui  rileva:  «(...) il diritto all'indennita'
premio  di  servizio  spetta,  nell'ordine  di precedenza specificato
dalle  lettere a) e b) del comma che segue, alle categorie - in detto
comma  indicate  - di superstiti dell'iscritto che muoia in attivita'
di servizio (...).
    Le   categorie   di  superstiti  aventi  diritto,  ai  sensi  del
precedente  comma,  alla  indennita'  premio  di servizio nella forma
indiretta sono:
        a)  la vedova non separata legalmente per sentenza passata in
giudicato e pronunciata per di lei colpa (...);
        b)  la  prole  minorenne ed, in concorso con questa, la prole
maggiorenne  permanentemente  inabile a lavoro proficuo, nullatenente
ed  a carico dell'iscritto alla data del decesso del medesimo; per le
orfane  e',  inoltre, richiesta la condizione dello stato di nubile o
di vedova (...).
    La  portata  precettiva  della  norma ora citata e' stata, com'e'
noto,  modificata  ed  integrata  da  numerosi interventi della Corte
costituzionale,  che  hanno dichiarato la illegittimita' dell'art. 3,
legge n. 152/1968:
        nella  parte  in  cui  non  comprendeva  tra le categorie dei
superstiti  aventi  diritto  all'indennita'  premio di servizio nella
forma  indiretta,  rispettando l'ordine di precedenza ivi indicato, i
collaterali  inabili  permanentemente  a  qualsiasi  proficuo lavoro,
nullatenenti e conviventi a carico dell'iscritto (sent. n. 115/1979);
        nella  parte  in  cui  non  comprendeva  tra le categorie dei
superstiti  aventi  diritto  all'indennita'  premio di servizio nella
forma   indiretta,   rispettando   l'ordine  di  precedenza  indicato
dall'art. 7   della  legge  22 novembre  1962,  n. 1646,  i  genitori
ultrasessantenni o inabili a proficuo lavoro, nullatenenti e a carico
dell'iscritto (sent. n. 110/1981);
        nella  parte  in  cui  subordinava il diritto dei collaterali
all'erogazione   dell'indennita'   premio  di  servizio  nella  forma
indiretta  alle  condizioni  della loro inabilita' a proficuo lavoro,
della  nullatenenza  e della convivenza a carico dell'iscritto stesso
(sent. n. 821/1988);
        nella  parte in cui non prevedeva la possibilita' di disporre
per testamento dell'indennita' premio di servizio, qualora mancassero
le persone indicate nella norma stessa (sent. n. 471/1989);
        nella  parte  in  cui  non  prevedeva  la  possibilita',  per
l'indennita'  premio  di servizio, della successione ex lege, qualora
mancassero   le   persone   indicate   nella   norma   stessa  (sent.
n. 319/1991);
        nella  parte  in  cui  subordinava  il  diritto  della  prole
maggiorenne  alla  erogazione  nella  forma indiretta dell'indennita'
premio  di servizio alla condizione di essere permanentemente inabile
al  lavoro  proficuo, nullatenente e a carico dell'iscritto alla data
del  decesso  del  medesimo  e per le orfane all'ulteriore condizione
dello stato di nubile o di vedova (sent. n. 63/1992);
        nella  parte in cui prevedeva che, nell'assenza delle persone
ivi indicate, i collaterali non viventi a carico del de cuius fossero
preferiti  agli  eredi  testamentari  e,  in mancanza di questi, agli
eredi legittimi (sent. n. 243/1997).
    Le  pronunce  della  Consulta  sono  state  in  parte conseguenza
dell'affermato venir meno di una razionale e adeguata giustificazione
della  differente  disciplina,  per  quanto attiene all'erogazione in
forma  indiretta,  tra  l'indennita'  premio  di  servizio  spettante
all'iscritto  all'I.N.A.D.E.L.  (poi: I.N.P.D.A.P.) e l'indennita' di
buonuscita    dei    dipendenti   statali,   in   parte   conseguenza
dell'affermato  superamento  del  carattere  meramente  previdenziale
delle  indennita'  di  fine servizio dei dipendenti pubblici (profilo
che  giustifica  una  devoluzione  anomala,  in  deroga  ai  principi
generali della successione mortis causa, solo in favore delle persone
integrate  nel  nudeo  familiare  del  de cuius) e del riconoscimento
della  loro  concorrente natura di retribuzione differita, in stretta
analogia  con  i trattamenti di fine rapporto del settore privato, la
cui  devoluzione  non  puo'  che  essere soggetta alle normali regole
successorie.  La piena equiparazione della disciplina dei trattamenti
di  fine  servizio  tra  settore  pubblico e settore privato, d'altra
parte,  e'  stata definitivamente operata dall'art. 2, comma 5, legge
n. 335/1995  per  i  lavoratori  assunti  dal  1° gennaio  1996  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
    Con  riferimento  al  caso in esame, l'operato dell'I.N.P.D.A.P.,
che  ha  corrisposto,  in  forma  indiretta,  l'indennita'  premio di
servizio maturata dal dipendente deceduto in attivita' di servizio in
favore  del solo coniuge superstite, risulta conforme alle previsioni
dell'art. 3,  legge  n. 152/1968,  gia'  sopra riportate, ne', attesa
l'inequivoca  previsione  di un «ordine di precedenza» tra i soggetti
di  cui  alle  lettere  a)  e b) del secondo comma del citato art. 3,
appare  ipotizzabile  una  differente  interpretazione della norma in
questione, nel senso richiesto dai ricorrenti.
    Deve,  tuttavia,  dubitarsi della legittimita' costituzionale del
citato art. 3, legge n. 152/1968, nella parte in cui non prevede che,
laddove  con  il  coniuge  superstite  concorrano orfani maggiorenni,
l'indennita'   sia  ripartita  tra  di  essi  secondo  le  previsioni
dell'art. 5,  comma 3,  d.P.R.  n. 1032/1973  (T.U. delle norme sulle
prestazioni  previdenziali  a favore dei dipendenti civili e militari
dello  Stato),  in  riferimento  all'art. 3  Cost., in considerazione
della  disparita' di trattamento che si verifica rispetto alle stesse
categorie  di  superstiti  di  dipendenti dello Stato, per i quali e'
stabilito,  per  quanto  qui rileva, che se con il coniuge superstite
concorrano  piu'  orfani maggiorenni, l'indennita' e' ripartita nella
misura  del  40  %  al coniuge superstite e del 60%, in parti uguali,
agli orfani (cosi' l'art. 5, comma 3 d.P.R. n. 1032/1973).
    Da   tempo,   infatti,  come  gia'  segnalato,  la  stessa  Corte
costituzionale   ha   rilevato   la  completa  equiparazione  tra  la
disciplina    dell'indennita'    premio    di   servizio   e   quella
dell'indennita'  di  buonuscita  erogata  ai  dipendenti dello Stato,
tanto  da ritenere prive di razionale giustificazione le norme che le
assoggettavano  e  ancora  le  assoggettano,  in  parte  qua,  ad  un
differente trattamento.
    La segnalata disparita' di trattamento, d'altra parte, non appare
giustificabile, come sembra ritenere la difesa dell'I.N.P.D.A.P., con
la funzione anche previdenziale dell'indennita' per cui e' causa. Una
tale  funzione,  infatti,  secondo  la  piu'  recente pronuncia della
Consulta  nella  materia  che  ci  occupa,  giustifica  una  forma di
devoluzione   anomala   dell'indennita',  attribuita,  in  deroga  ai
principi  generali  della  successione mortis causa, esclusivamente a
favore di determinati soggetti, solo «in considerazione del fatto che
come  destinatarie  di  questo (cioe' del trattamento) siano indicate
persone   integrate   nel   nucleo  familiare  del  de  cuius,  dalla
retribuzione  del  quale  esse  ricevevano un sostentamento, venuto a
cessare,  in  tutto o in parte, dopo la sua morte» (cosi' Corte cost.
n. 243/1997).
    Per  quanto  attiene  alla posizione del coniuge superstite e dei
figli   maggiorenni,   tuttavia,  la  norma  della  cui  legittimita'
costituzionale  si  dubita  (cosi'  come  modificata, in particolare,
dalla  pronuncia  della  Corte  cost.  n. 63/1992)  non  subordina il
diritto  alla  corresponsione  dell'indennita'  premio di servizio in
forma  indiretta,  per  nessuna delle citate categorie di superstiti,
alla  sussistenza  di una situazione di effettiva convivenza a carico
del  de  cuius, sicche' deve escludersi che, nei rapporti interni tra
le categorie di superstiti ora richiamate, il criterio della funzione
previdenziale   dell'indennita'   possa   giustificare   l'ordine  di
precedenza dettato dall'art. 3, comma 1 e 2, legge n. 152/1968.
    Ne',  peraltro,  nel  caso  in esame, e' stata neppure dedotta la
sussistenza, in concreto, di una situazione per cui il reddito del de
cuius  rappresentava,  per  il coniuge superstite - e non per i figli
ricorrenti - l'unica fonte di sostentamento.
    Sulla  base  di  quanto  sin qui argomentato, in definitiva, deve
ritenersi  rilevante  ai  fini  della decisione sulla controversia in
esame  e  non  manifestamente  infondata la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 3,  legge 8 marzo 1968, n. 152, nella parte
in  cui non prevede che, laddove con il coniuge superstite concorrano
orfani maggiorenni, l'indennita' sia ripartita tra di essi secondo le
previsioni  dell'art. 5,  comma 3,  d.P.R.  n. 1032/1973  (T.U. delle
norme  sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili
e militari dello Stato), in riferimento all'art. 3 Cost.
                              P. Q. M.
    Visti  l'art. 23,  legge  11 marzo  1957, n. 87 e la delib. Corte
cost. 16 marzo 1956;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale,  unitamente alla prova delle prescritte notificazioni
e comunicazioni;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata  al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Lecce, addi' 14 marzo 2006
                        Il giudice: Mondatore
07C0483