N. 300 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 novembre 2006

Ordinanza  emessa  il  28  novembre 2006 dal tribunale amministrativo
regionale  della  Sicilia  -  Sezione  staccata Catania - sul ricorso
proposto  da  Zeno  Renata  Maria contro Presidenza del Consiglio dei
ministri ed altri

Giustizia  amministrativa  -  Tribunali  amministrativi  regionali  -
  Controversie  relative  alla  legittimita'  delle  ordinanze  e dei
  conseguenziali  provvedimenti  commissariali  adottati  in tutte le
  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1,
  della   legge   24 febbraio  1992,  n. 225  -  Competenza,  in  via
  esclusiva,  in  primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo
  regionale  del  Lazio  -  sede  di  Roma  - Irragionevole deroga al
  principio  della  competenza del Tribunale amministrativo regionale
  della  Regione  in  cui  il  provvedimento  e'  destinato  ad avere
  incidenza  -  Violazione  del  diritto  di  difesa - Violazione dei
  principi  del  giudice  naturale e del giusto processo - Violazione
  del  principio  del  decentramento territoriale della giurisdizione
  amministrativa  - Violazione della norma statutaria che attribuisce
  al  Tribunale  amministrativo  regionale Sicilia le controversie di
  interesse regionale.
- Decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione,  artt. 3,  24,  25,  111,  primo comma e 125; Statuto
  della Regione Siciliana, art. 23.
(GU n.17 del 2-5-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma
2,  legge  n. 87/1953,  sul ricorso n. 6164/04 R.G., proposto da Zeno
Renata  Maria,  rappresentata  e  difesa  dagli  avv. Gaetano e Luigi
Tafuri,  ed  elettivamente domiciliata presso lo studio degli stessi,
sito in Catania, via Umberto n. 296;
    Contro,  la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente  pro  tempore;  il  Ministero  della protezione civile, in
persona  del  Ministro pro tempore; la Giunta regionale della Regione
Sicilia,  in  persona  dell'assessore  pro  tempore;  il Dipartimento
regionale   della   protezione   civile,   in   persona   del  legale
rappresentante    pro   tempore;   tutti   rappresentati   e   difesi
dall'Avvocatura  distrettuale  dello Stato di Catania, domiciliataria
ex  lege;  il  Sindaco  di  Catania  quale Commissario delegato della
P.C.m.,  non costituito in giudizio; il Comune di Catania, in persona
del   legale  rappresentante  pro  tempore;  rappresentato  e  difeso
dall'avv.  Paolo Patane', dell'Avvocatura dell'Ente, ed elettivamente
domiciliato  presso la sede dell'Avvocatura dell'Ente, sita in via G.
Oberdan,  n. 141;  l'Ufficio  speciale emergenza traffico e sicurezza
tecnica  del Comune di Catania, in persona del direttore pro tempore,
non costituito in giudizio; per l'annullamento:
        Con    ricorso    principale:    dell'o.P.C.m.   n. 2436/1996
sconosciuta;  del  Piano  di  rimodulazione  approvato  dalla  Giunta
regionale Sicilia con delibera n. 219 dell'8 maggio 2001 sconosciuta;
dell'atto  1645  del  28 giugno  2001  dell'assessore alla presidenza
Regione Siciliana sconosciuto; dell'o.P.C.m. n. 3259/2002 sconosciuta
chenomina   il   Sindaco   di   Catania   commissario  delegato;  del
provvedimento  del sindaco commissario delegato di Catania n. 15 SIND
dell'1 luglio  2004  con  il  quale  si  approva il progetto generale
«Parcheggio  Scambiatore  Due  Obelischi»; del detto progetto e delle
determinazioni sindacali sconosciute n. 6/2003 e 17/2003; del decreto
dirigenziale   n. 207/XB/2004  del  10 novembre  2004  del  direttore
ufficio  speciale  con il quale si determina l'indennita' provvisoria
di  espropriazione e si dispone l'occupazione d'urgenza del tratto di
area  di  proprieta'  della ricorrente in Catania contrada Barriera e
dell'atto di avviso dell'immissione in possesso del 29 novembre 2004.
        Con  ricorso  per motivi aggiunti: del Piano di rimodulazione
approvato   dalla   Giunta  regionale  Sicilia  con  delibera  n. 219
dell'8 maggio  2001,  sconosciuto,  gia'  impugnato con il ricorso al
Tribunale  amministrativo  regionale  notificato  in data 18 dicembre
2004  dalla odierna ricorrente; dell'o.P.C.m. n. 3259/2002 che nomina
il  Sindaco  di  Catania  commissario delegato per l'attuazione degli
interventi  volti  a  fronteggiare  l'emergenza  determinatasi  nella
citta'  di  Catania in relazione alla situazione del traffico e della
mobilita'  e  per  gli  interventi  di  riduzione del rischio sismico
connessi  e  funzionali,  gia'  impugnata con il ricorso al Tribunale
amministrativo  regionale  sopra citato; del d.P.C.m. del 29 novembre
2002  con  il  quale  si  dichiara  lo  stato di emergenza ambientale
determinatosi  nel settore traffico e della mobilita' della citta' di
Catania,  impugnato  in via autonoma con l'odierno ricorso per motivi
aggiunti.
    Visto il ricorso principale ed il ricorso per motivi aggiunti con
i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione delle amministrazioni resistenti;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  nella  Camera di consiglio dell'11 maggio 2006 il relatore
cons. Pancrazio Maria Savasta;
    Uditi gli avvocati come da verbale;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

                              In fatto

    Con  provvedimento  n. 15  SIND del 1° luglio 2004, il Sindaco di
Catania,  nella  qualita'  di  commissario  delegato  per l'ingerenza
connessa al rischio sismico mediante lo studio e la progettazione dei
connessi  interventi (art. 2 della legge 31 dicembre 1991, n. 433) ha
approvato   il   progetto   generale   «Parcheggio   Scambiatore  Due
Obelischi».
    Con  decreto dirigenziale n. 207/XB/2004 del 10 novembre 2004 del
direttore   ufficio   speciale   e'  stata  determinata  l'indennita'
provvisoria   di   espropriazione  e  si  e'  disposta  l'occupazione
d'urgenza di un tratto di area di proprieta' della ricorrente sita in
contrada Barriera.
    Successivamente,  con  avviso  del  29 novembre  2004,  e'  stata
disposta l'immissione in possesso.
    La  ricorrente  ha  impugnato  tutti  i  detti atti, ivi compresi
l'o.P.C.m.  n. 2436/1996,  il  Piano di rimodulazione approvato dalla
Giunta  regionale  Sicilia  con  delibera  n. 219 dell'8 maggio 2001,
l'atto 1645 del 28 giugno 2001 dell'assessore alla presidenza Regione
Siciliana  e,  infine,  l'o.P.C.m.  n. 3259/2002  che  la quale si e'
proceduto alla predetta nomina quale commissario delegato del Sindaco
di Catania.
    Con  successivo  ricorso  per  motivi  aggiunti, la ricorrente ha
altresi'  impugnato  il d.P.C.m. del 29 novembre 2002 con il quale si
dichiara  lo  stato di emergenza ambientale determinatosi nel settore
traffico e della mobilita' della citta' di Catania.
    Costituitasi,   l'Avvocatura  di  Stato  per  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  -  Dipartimento regionale protezione civile
Sicilia   Orientale,   per   la   Giunta   regionale  Sicilia  e  per
l'Assessorato    regionale   alla   Presidenza,   ha   concluso   per
l'incompetenza funzionale di questo tribunale, a favore del Tribunale
regionale  del  Lazio,  mentre  il  Comune di Catania ha concluso per
l'infondatezza del gravame.
    Nella Camera di consiglio dell'11 maggio 2006 il ricorso e' stato
trattenuto per la decisione.

                               Diritto

    I)  Parte  ricorrente  con  i  ricorsi in esame (principale e per
motivi  aggiunti) ha impugnato espressamente l'o.P.C.m. n. 3259/2002,
con la quale si e' proceduto alla nomina del Sindaco di Catania quale
commissario  delegato  per  l'emergenza  connessa  al rischio sismico
mediante lo studio e la progettazione dei connessi interventi.
    Detta  ordinanza,  come  chiarito nelle stesse premesse, richiama
l'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    Pertanto, il Collegio deve affrontare la questione, espressamente
eccepita dalla difesa erariale, relativa alla competenza inderogabile
del  Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio a conoscere della
vicenda.
    Tale  competenza  sorge per effetto della norma di cui alla legge
n. 21/2006,  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio
2006, che, all'art. 3, per quel che qui rileva dispone:
        omissis  ...  «2-bis.  In  tutte  le  situazioni di emergenza
dichiarate  ai  sensi  dell'art.  5, comma 1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  la  competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della
legittimita'   delle   ordinanze   adottate   e   dei  consequenziali
provvedimenti  commissariali  spetta  in  via  esclusiva,  anche  per
l'emanazione   di   misure  cautelari,  al  Tribunale  amministrativo
regionale del Lazio, con sede in Roma.
        2-ter.  Le  questioni  di  cui  al comma 2-bis, sono rilevate
d'ufficio.  Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito
con  sentenza  succintamente  motivata  ai  sensi dell'art. 26, della
legge  6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando
applicazione  i  commi  2  e  seguenti  dell'art. 23-bis della stessa
legge.
        2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso».
    Osserva  il  Collegio  che  la  fattispecie  in esame e' attratta
nell'applicazione della citata legge n. 21/2006, art. 3, in quanto il
Sindaco  di  Catania  ha  agito  in  qualita'  commissario  delegato,
regolando  una  fattispecie rientrante nel novero delle situazioni di
emergenza  dichiarate  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24
febbraio  1992,  n. 225,  cosi' come emerge dall'espresso richiamo di
detta  disposizione  nel  preambolo  dell'o.P.C.m.  20 dicembre 2002,
n. 3259,  di  conferimento dei poteri straordinari, che, a sua volta,
richiama  l'altra  o.P.C.m.  29 novembre  2002,  n. 3254,  emanata di
seguito  al  decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29
ottobre  2002,  n. 25106,  con  il  quale,  in espresso ossequio alla
predetta  disposizione  legislativa,  e' stato dichiarato lo stato di
emergenza in ordine ai gravi fenomeni eruttivi connessi all'attivita'
vulcanica dell'Etna nel territorio della provincia di Catania ed agli
eventi sismici concernenti la medesima area.
    Il  Collegio,  pertanto,  ritenendola  rilevante  ai  fini  della
decisione  da  assumere  in  trasmissione  degli  atti  al  Tribunale
amministrativo   regionale  Lazio  e  non  manifestamente  infondata,
solleva questione di legittimita' costituzionale del predetto art. 3,
e  segnatamente  del comma 2 nelle sottonumerazioni bis, ter, quater,
come sara' esposto nei seguenti paragrafi e come gia' fatto in ordine
ad  altra  fattispecie  per  la cui decisione e' venuta in rilievo la
medesima  norma  (Tribunale amministrativo regionale Catania, I, ord.
n. 90  del  7 marzo  2006)  e  per  una  ulteriore questione, invece,
pressoche' identica (Tribunale amministrativo regionale Catania, ord.
n. 145  del  4 aprile  2006, - cfr., altresi', C.G.A. per la Sicilia,
ordd. nn. 235 e 236/2006).
    II)  La  rilevanza  della  questione  ai  fini della decisione da
assumere e' di tutta evidenza. Il Collegio sarebbe tenuto, sulla base
della  normativa espressa dalla richiamata legge n. 21/2006 - ove non
dubitasse  della  incostituzionalita'  di essa e quindi non ritenesse
necessario  investire il giudice delle leggi della relativa questione
-  a trasmettere gli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio
e  cio'  per  espressa  disposizione  della  nuova  disciplina che ne
prescrive l'applicazione.
    In  sostanza  non  potrebbe  questo  giudicante  adottare  alcuna
decisione,  neanche  sulla correttezza della procedura ed in punto di
ammissibilita'  del  ricorso,  in  quanto  ostacolato  dalla puntuale
disposizione  che  stabilisce  la competenza funzionale del Tribunale
amministrativo  regionale  Lazio,  ogniqualvolta  si tratti, come nel
caso  di specie, di gravami volti a censurare provvedimenti afferenti
situazioni  di  emergenza  dichiarate  ai sensi dell'art. 5, comma 1,
della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    III)  Circa  la non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno
sospettare  le  norme  in  esame  di  incostituzionalita', osserva il
Collegio  che  la  normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3,
comma   2,  da  bis  a  quater,  della  legge  n. 21/2006,  contrasta
innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il
principio  della articolazione su base regionale degli organi statali
di  giustizia  amministrativa  di  primo  grado  ivi espressa («Nella
Regione  sono  istituiti  organi di giustizia amministrativa di primo
grado,  secondo  l'ordinamento  stabilito da legge della Repubblica»)
che  implica  il  rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di
competenza dei singoli organi predetti.
    Non  appaiono,  all'evidenza,  manifeste  o  comunque sufficienti
ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera
di  competenze  costituzionalmente  garantita  nella  materia  di cui
trattasi  quando,  come  nel  caso in esame, le singole situazioni di
emergenza   hanno   rilievo   spiccatamente  locale  con  conseguente
efficacia  locale  dei  relativi  provvedimenti adottati dai soggetti
delegati  alla  cura  delle  varie  situazioni emergenziali, anche se
(arg.   ex  art. 2,  comma  1,  lett.  c)  della  legge  n. 225/1992,
richiamato  dall'art. 5  comma  1, legge cit.) essi sono adottati per
fare  fronte  a  situazioni che «per intensita' ed estensione debbono
essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari».
    III.a)   anzi   sotto   questo  aspetto,  la  norma  e'  altresi'
contraddittoria  ed  irrazionale  in  quanto  sottopone  al  medesimo
trattamento  processuale  situazioni  disparate  e  differenti tra di
loro.
    In questo quadro, l'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992,
n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione
normativa,  i  casi  in cui (ex art. 2, comma 1, lett. c) della legge
n. 225/1992)   sia   necessario   fare  fronte  con  mezzi  e  poteri
straordinari  alle  calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi
che  richiedano  tale  intervento  per  intensita'  ed estensione. La
previsione  di  cui  alla  legge  n. 21/2006 radica la competenza del
Tribunale  amministrativo  regionale Lazio in tutti i casi in cui sia
dichiarato  lo  stato  di  emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5
appena  citato  e  quindi  con  esclusione  dei casi di intervento di
protezione  civile  per  gli  eventi  che  possano  essere affrontati
mediante  interventi  attuabili  dai  singoli  enti e amministrazioni
competenti  in  via  ordinaria  (art. 2,  lett.  a)  e  di quelli che
richiedano intervento coordinato di questi ultimi (art. 2, lett. b).
    Quindi,  il sistema della Protezione civile e' articolato in vari
livelli  di  intervento,  contraddistinti dal corrispondente grado di
ampiezza  della  situazione  emergenziale.  Ne  deriva  che  per ogni
tipologia  territoriale e «qualitativa» della situazione di emergenza
e'  chiamato  ad  intervenire  in merito il «livello» di governo piu'
vicino  alla  concreta  dimensione  delle  comunita'  colpite e della
natura dell'emergenza, secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e
senza  escludere  -  funzionalmente e residualmente - che determinate
funzioni  siano «trasversali» ossia comprendano le competenze di piu'
amministrazioni o livelli di governo.
    A  fronte  di  questa  multiformita'  possibile di manifestazioni
concrete   dell'esercizio   del   potere,   la   regola  generale  di
ripartizione  delle  competenze  delineata  dagli artt. 2 e ss. della
legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente
con  l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della
legge  n. 21/2006, contraddittoriamente ed immotivatamente assegna ex
lege   rilevanza   nazionale   a   qualsiasi   controversia   insorga
nell'esercizio  del  potere  di  protezione civile, facendo leva solo
sulla  necessita'  che  esso presupponga l'intervento extra ordinem e
quindi  a  dispetto dell'articolazione di potere previsto dalla legge
225/1992,  posto  che assegna in maniera indiscriminata la competenza
funzionale   a   conoscere  delle  relative  questioni  al  Tribunale
amministrativo regionale Lazio.
    In  altri termini, la norma in esame il Legislatore, sul semplice
presupposto della necessita' di interventi di protezione civile extra
ordinem,  pare  abbia  cristallizzato  una  valutazione  di rilevanza
nazionale  degli stessi, a prescindere, come sembra apparire nel caso
di specie, dalla loro eventuale incidenza meramente periferica.
    Appare  utile  rilevare,  in  questa sede, come la giurisprudenza
della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che:
        con  l'art.  5  della  legge n. 225 del 1992 e' attribuito al
Consiglio  dei ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza
in ipotesi di calamita' naturali, ed a seguito della dichiarazione di
emergenza,  e  per  fare  fronte  ad  essa,  lo stesso Presidente del
Consiglio  dei  ministri  o,  su sua delega, il Ministro dell'interno
possano  adottare  ordinanze  in deroga ad ogni disposizione vigente,
nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico;
        l'art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo
31   marzo   1998,   n. 112   (Conferimento  di  funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta,
chiarisce  che  tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che
il   riconoscimento   di   poteri  straordinari  e  derogatori  della
legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale;
        queste  ultime  due  previsioni,  inoltre,  sono  gia'  state
ritenute  dalla  Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come
espressive   di   un   principio  fondamentale  della  materia  della
protezione  civile,  sicche'  deve  ritenersi  che esse delimitino il
potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze
legislative  delineato  dalla  legge  costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione).
    Alla  luce  di  quanto  sopra  ricordato,  la Corte ha dichiarato
illegittimo  l'art.  4,  comma  4, della legge della Regione Campania
n. 8  del  2004, nella misura in cui essa ha attribuito al Sindaco di
Napoli  i  poteri  commissariali  dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del
Ministro  dell'interno,  dopo  la  scadenza  della emergenza alla cui
soluzione  tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. n. 82/2006).
    Tale   ragionamento   comporta   che,  in  relazione  alla  legge
n. 225/1992  ed  all'art.  107,  comma  1,  lettere  b), e c), d.lgs.
n. 112/1998,  possiedono  rilievo  nazionale «solamente» il potere di
dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure
ad    esso   finalisticamente   connesso,   di   derogare   a   norme
dell'ordinamento.
    Ne  consegue  dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame
e'  irragionevole  per contraddittorieta' e disparita' di trattamento
processuale,  poiche'  utilizza  lo stesso trattamento per situazioni
del  tutto  differenti  quanto  ad  ambito  territoriale  e livello e
qualita'  degli  interessi  pubblici coinvolti, nonche' per contrasto
con  l'art. 117  della  Costituzione, poiche' implicitamente, finisce
per  attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla
competenza regionale.
    III.b)   Ancora,   l'aggravio   della   tutela   giurisdizionale,
soprattutto  ove, come nella specie, esso non sia giustificato da una
effettiva  natura  accentrata  (o  dall'efficacia  estesa  a tutto il
territorio)   dei   provvedimenti   sui  quali  deve  esercitarsi  la
cognizione  del  Tribunale  amministrativo  regionale Lazio, comporta
indubbia  violazione  dell'art. 24 della Costituzione, in particolare
della   possibilita'  di  tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi
enunciata  al  primo  comma; detta tutela ne risulta minorata, per la
evidente maggiore difficolta' di esercitare le relative azioni presso
il  Tribunale amministrativo regionale del Lazio piuttosto che presso
gli organi giurisdizionali localmente istituiti. Cio' vale sia per la
fase  transitoria  in cui i giudizi pendenti trasmigrano al Tribunale
amministrativo   regionale   del  Lazio,  sia  per  le  future  nuove
controversie  che  secondo  la  nuova  normativa dovrebbero essere ab
initio instaurate presso detto Tribunale amministrativo regionale
    Anche  l'art. 25  della  Carta  costituzionale  risulta vulnerato
dalla normativa denunciata dal Collegio; e se ne trae conferma da una
recente   decisione  della  Corte  costituzionale,  che,  sebbene  in
relazione a disciplina totalmente diversa, ha avuto modo di affermare
un  principio  generale,  che  e'  quello  della  appartenenza  della
competenza   territoriale   alla   nozione   del   giudice   naturale
precostituito  per  legge.  Precisamente,  la sentenza n. 41 del 2006
afferma,  anzi, ribadisce (come testualmente essa si esprime, citando
sentenze  precedenti  in  termini),  che  «alla  nozione  del giudice
naturale   precostituito   per  legge  non  e'  affatto  estranea  la
"ripartizione  della  competenza territoriale tra giudici, dettata da
normativa   nel  tempo  anteriore  alla  istituzione  del  giudizio"»
(sentenze n. 251 del 1986 e n. 410 del 2005);
    IV)  Da  ultimo,  secondo  un  aspetto  diverso che si riconnette
ancora  al  tema  del  giudice  naturale,  la  norma  in  esame viola
l'art. 23  dello  statuto della Regione Sicilia (legge costituzionale
n. 2   del   26  febbraio  1948)  a  norma  del  quale:  «Gli  organi
giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per
gli  affari concernenti la Regione. Le Sezioni del Consiglio di Stato
e   della   Corte   dei   conti  svolgeranno  altresi'  le  funzioni,
rispettivamente,   consultive   e   di   controllo  amministrativo  e
contabile.  I  magistrati  della  Corte  dei  conti sono nominati, di
accordo,   dai  Governi  dello  Stato  e  della  Regione.  I  ricorsi
amministrativi,   avanzati   in   linea   straordinaria  contro  atti
amministrativi regionali, saranno decisi dal presidente della regione
sentite  le  sezioni regionali del Consiglio di Stato». Tale norma e'
stata  «interpretata»  dall'art. 5  del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 654,
contenente   norme   per  l'esercizio  delle  funzioni  spettanti  al
Consiglio  di  Stato  nella  Regione Sicilia, il quale prevede che il
Consiglio  di giustizia esercita le attribuzioni devolute dalla legge
al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei confronti di atti e
provvedimenti  definitivi  «dell'amministrazione  regionale  e  delle
altre  autorita'  amministrative  aventi  sede  nel  territorio della
regione».
    Osserva  il  Collegio che gia' con «la sentenza della Corte cost.
in   data   12   marzo   1975,  n. 61,  dichiarando  l'illegittimita'
costituzionale delle limitazioni poste dall'art. 40, legge 6 dicembre
1971  n. 1034, alla competenza del Tribunale amministrativo regionale
Sicilia,  e'  stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite
tutte   le   controversie   d'interesse  regionale  considerate  tali
dall'art. 23, comma 1, d.l. 15 maggio 1946, n. 455, comprendendosi in
tale   categoria  le  controversie  sorte  da  impugnazione  di  atti
amministrativi  di  autorita'  centrali  aventi  effetti  limitati al
territorio   regionale  ovvero  concernenti  pubblici  dipendenti  in
servizio  nella  Regione  Siciliana»  (Consiglio  Stato,  sez. VI, 26
luglio 1979, n. 595).
    Quindi  la  legge  n. 21/2006,  in  esame,  e' costituzionalmente
illegittima  anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23
dello  statuto  regionale,  sia nella sua formulazione letterale, che
nella   interpretazione   pacifica   che   di  esso  ha  maturato  la
giurisprudenza,  anche  costituzionale,  non  riserva al Consiglio di
giustizia   amministrativa   ed   in   primo   grado   al   Tribunale
amministrativo  regionale Sicilia, la competenza a conoscere circa le
controversie   sorte   da  impugnazione  di  atti  amministrativi  di
autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale.
    V)  Il  Collegio  ritiene  di  dover evidenziare altri profili di
incostituzionalita' delle norme in esame.
    L'aggravio  della  tutela  giurisdizionale, soprattutto ove, come
nella specie, non sia giustificato da una effettiva natura accentrata
(o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei provvedimenti sui
quali  deve  esercitarsi  la  cognizione del Tribunale amministrativo
regionale  Lazio,  comporta,  come gia' ritenuto, indubbia violazione
dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di
tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi enunciata al primo comma;
detta  tutela,  come  gia' detto, ne risulta minorata per la evidente
maggiore  difficolta'  ed  il  maggior  dispendio  anche economico di
esercitare  le  relative  azioni  presso  il Tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio piuttosto che presso gli organi giurisdizionali
localmente  istituiti. Cio' vale sia per la fase transitoria in cui i
giudizi  pendenti  trasmigrano  al Tribunale amministrativo regionale
del  Lazio, sia per le future nuove controversie che secondo la nuova
normativa   dovrebbero  essere  ab  initio  instaurate  presso  detto
Tribunale amministrativo regionale
    La  Corte  ha  ritenuto,  in  un caso in cui il legislatore aveva
disposto  l'estinzione  ope legis di giudizi pendenti (art. 10, comma
primo,  legge  n. 425/1984),  che  siffatta  disposizione,  in quanto
«preclude   al   giudice  la  decisione  di  merito  imponendogli  di
dichiarare  d'ufficio l'estinzione dei giudizi pendenti, in qualsiasi
stato  e  grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge
sopravvenuta»,  percio'  stesso  «viola  il valore costituzionale del
diritto  di  agire,  in quanto implicante il diritto del cittadino ad
ottenere  una  decisione di merito senza onerose reiterazioni» (Corte
costituzionale, sentenza n. 123 del 1987).
    Sebbene  la  fattispecie  in  esame sia diversa da quella oggetto
della   citata  pronuncia,  il  principio  tuttavia,  ad  avviso  del
Collegio,  e'  nello  stesso modo applicabile. Accade, infatti, posto
che  la  norma  in  esame  equipara  la  pendenza  del  giudizio alla
successiva  introduzione,  che  chi  abbia  gia' un giudizio pendente
davanti  al Tribunale amministrativo regionale locale, ed addirittura
abbia  ottenuto  una  decisione  cautelare,  debba proseguire altrove
nella  propria  iniziativa  giudiziaria,  addirittura (se ne parlera'
piu'  diffusamente  infra) rimanendo esposto ad una seconda pronuncia
cautelare  sollecitata  dalla  parte  soccombente  davanti al giudice
adito prima dell'entrata in vigore della legge in questione.
    VI)  Altro  profilo di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre,
nella  violazione,  sotto  diverso  profilo  rispetto  a  quanto gia'
rappresentato,  del  principio del giudice naturale precostituito per
legge, di cui all'art. 25 della Costituzione. La norma costituzionale
ora  citata, stabilendo che «nessuno puo' essere distolto dal giudice
naturale  precostituito  per  legge»,  esclude,  come la stessa Corte
costituzionale  afferma,  «che vi possa essere una designazione tanto
da  parte  del legislatore con norme singolari che deroghino a regole
generali,  quanto  da  altri  soggetti,  dopo che la controversia sia
insorta (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del 1967);
il principio e' in tali termini, e con tali citazioni dei precedenti,
richiamato nella sentenza della Corte n. 393 del 2002». Come la Corte
ha  insegnato,  perche'  tale principio possa considerarsi rispettato
occorre  che  «...  la  regola  di competenza sia prefissata rispetto
all'insorgere della controversia» (sentenza n. 193 del 2003); e basta
scorrere  le numerose decisioni della Corte costituzionale in materia
di  principio  del  giudice  naturale  per rilevare che e' proprio la
preesistenza  della  regola  che  individua la competenza rispetto al
giudizio  il  criterio  fondamentale  in  base  al  quale  sono state
valutate  le questioni sollevate. Tale profilo di incostituzionalita'
si  apprezza  particolarmente,  ad  avviso  del Collegio, nella parte
della  disciplina  in  questione  (comma  2-quater),  che non solo ne
dispone  l'applicazione ai processi pendenti, ma addirittura consente
una  riforma  dei  provvedimenti  assunti, in sede cautelare, in tali
giudizi  pendenti,  e  cio'  ad  opera  di  un organo giurisdizionale
pariordinato  a  quelli  di provenienza (trattasi di giudici tutti di
primo  grado,  il  Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio non
essendo   un   «super-Tribunale   amministrativo  regionale»).  Cosi'
facendo,  in  sostanza,  il  legislatore  ha  introdotto  un  rimedio
inedito,  che non e' di secondo grado e che finisce per costituire un
doppione  del  gia'  espletato  giudizio  (cautelare) di primo grado,
senza  alcuna  possibilita'  di  inquadramento  tra  i  rimedi noti e
tipizzati  (appello, revocazione, reclamo). Pertanto, anche l'art. 25
della   Carta   costituzionale   risulta  vulnerato  dalla  normativa
denunciata dal Collegio.
    Per  altro,  atteso che il principio del doppio grado di giudizio
nella  giustizia amministrativa, sia in sede cautelare sia in sede di
merito,  riceve  garanzia  costituzionale  dall'art. 125  della Carta
(cfr. Corte cost., sentenza n. 8 del 1982), si configura un ulteriore
profilo di violazione di detta norma.
    Viene infatti ad essere introdotto, per le controversie pendenti,
un anomalo percorso (su cui gia' il Collegio ha poco prima espresso i
propri  dubbi  di  incostituzionalita) che stravolge l'ordinario iter
giudiziario.  La  regola  e' che ad un giudizio di primo grado segua,
ove  la  parte soccombente appelli, un giudizio di secondo grado, sia
che si tratti di giudizio cautelare, sia che si tratti di giudizio di
merito; giammai e' prevista una doppia pronuncia sulla stessa materia
da  parte  di  due  diversi  giudici  di  primo  grado, uno dei quali
abilitato  a  riformare  la  decisione  del primo giudice. Orbene, ad
avviso  del Collegio, siffatta disciplina integra altresi' violazione
del  principio  del  «giusto  processo»,  di  cui all'art. 111, primo
comma,  della  medesima  Carta «La giurisdizione si attua mediante il
giusto  processo  regolato  dalla  legge».  Sempre con riferimento ai
processi   pendenti,  infatti,  la  parte  soccombente  nel  giudizio
cautelare verrebbe ad essere fornita di uno strumento giurisdizionale
anomalo e atipico a tutela della propria (legittima, ma da esercitare
in  modi conformi ai principi costituzionali) aspirazione ad ottenere
una  pronuncia  favorevole in secondo grado (che deve tuttavia essere
un  vero  giudizio  di secondo grado, e non, si ribadisce, un inedito
duplicato del giudizio di primo grado).
    Cio' comporterebbe altresi' una evidente violazione del principio
del  ne bis in idem, che, se pure non espressamente contemplato dalla
Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del medesimo generale
principio del «giusto processo» teste' richiamato.
    VII) Un'ulteriore considerazione appare opportuna.
    Come  gia' premesso, la possibilita', espressa al comma 4-quater,
di  riproposizione  del  ricorso  presso  il Tribunale amministrativo
regionale Lazio a cura della parte interessata introduce un'ulteriore
elemento  di  dissonanza  nel  sistema,  segnatamente  in  disarmonia
all'art.  24  Cost.,  posto  che  consente un riesame della decisione
cautelare  presso il Tribunale amministrativo regionale centrale (con
espressa  possibilita'  di  modifica)  proprio  ad  iniziativa  anche
dell'Amministrazione e/o del controinteressato.
    A   dette   parti   processuali,   secondo  la  richiamata  norma
costituzionale, non e' certamente conferito l'impulso processuale (ma
la resistenza a difesa del provvedimento amministrativo), prerogativa
esclusiva  della parte ricorrente, cui pertiene la tutela del diritto
di  difesa dei propri interessi e diritti. Il ribaltamento consentito
dalla  norma sospettata di incostituzionalita', quindi, mentre per un
verso   introduce   un   allungamento  della  serie  delle  possibili
decisioni, in violazione dell'art. 25 Cost., per un altro promuove un
non   consentito   originario  impulso  processuale  da  parte  degli
originari  resistenti  in  giudizio,  con pregiudizio, come chiarito,
dell'art. 24 Cost.
    VIII)  In  conclusione, il Collegio ravvisa la rilevanza e la non
manifesta  infondatezza,  per violazione degli artt. 3, 125, 24, 25 e
111,  primo  comma, della Costituzione, e per contrasto con l'art. 23
dello  statuto della Regione Sicilia, della questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater,
legge n. 21/2006.
    Va,  pertanto, disposta - ai sensi dell'art. 134 Cost., dell'art.
1  della  legge  Cost.  9 febbraio  1948,  n. 1 e dell'art. 23, legge
11 marzo  1953,  n. 87  -  la  sospensione del presente giudizio e la
trasmissione   degli  atti  alla  Corte  costituzionale,  oltre  agli
ulteriori adempimenti di legge meglio indicati in dispositivo.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 Cost., 1 della legge Cost. 9 febbraio 1948,
n. 1 e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87,
    Dichiara   rilevante   e   non  manifestamente  infondata  -  per
violazione  degli  artt. 3,  125,  24,  25  e 111, primo comma, della
Costituzione,  e  per  contrasto  con  l'art.  23 dello statuto della
Regione   Sicilia  -  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.   3,  comma  2-bis,  comma  2-ter,  comma  2-quater,  legge
n. 21/2006.
    Sospende  il  presente giudizio sino alla restituzione degli atti
da parte della Corte costituzionale.
    Ordina,  a  norma  dell'art.  23/2, legge n. 87/1953, l'immediata
trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale con la prova delle
avvenute notificazioni e comunicazioni di cui al punto seguente.
    Dispone  che,  a cura della segreteria del tribunale, la presente
ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa, al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ed  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Catania,  in  Camera  di consiglio, in data 11
maggio 2006.
                       Il Presidente: Zingales
L'estensore: Savasta
07C0562