N. 145 ORDINANZA 18 - 27 aprile 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Stato  civile  -  Figlio  naturale riconosciuto contemporaneamente da
  entrambi i genitori - Acquisizione automatica del cognome paterno -
  Impossibilita'  di  libera scelta dei genitori - Denunciata lesione
  del  diritto  all'identita'  personale della prole e violazione del
  principio di eguaglianza fra uomo e donna - Richiesta di intervento
  manipolativo,  esorbitante  dai poteri della Corte costituzionale -
  Manifesta inammissibilita' della questione.
- Cod. civ., art. 262, primo comma, secondo periodo.
- Costituzione, artt. 2 e 3.
(GU n.17 del 2-5-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 262, primo
comma, secondo periodo, del codice civile, promosso con ordinanza del
24  febbraio  2006  dal  Tribunale di Bolzano sul ricorso proposto da
M.P.  ed  altra,  iscritta  al  n. 499  del registro ordinanze 2006 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, 1ª serie
speciale, dell'anno 2006.
    Udito  della  Camera  di  consiglio  del 21 marzo 2007 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di  Bolzano  -  nel procedimento di
volontaria  giurisdizione promosso, con ricorso ai sensi dell'art. 95
del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la
semplificazione   dell'ordinamento   dello   stato  civile,  a  norma
dell'articolo  2,  comma  12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), da
M.P.  e  da  R.P., nella loro qualita' di genitori, non coniugati, di
V.P.,   nata   il   13   novembre  2002,  dagli  stessi  riconosciuta
contestualmente,   al  fine  di  ottenere  che  il  Tribunale  stesso
disponesse  il cambiamento del cognome della figlia da quello paterno
in quello materno, ed ordinasse la corrispondente rettifica dell'atto
di  nascita  -  ha  sollevato,  in riferimento agli artt. 2 e 3 della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 262,
primo  comma,  secondo periodo, del codice civile, nella parte in cui
dispone,  per  il  caso  di  contestuale  riconoscimento  del  figlio
naturale  operata  da entrambi i genitori, la trasmissione automatica
del  cognome  paterno,  «anziche'  consentire  ai  genitori  libera e
concordata scelta»;
        che  il  giudice a quo espone che i predetti ricorrenti hanno
riferito  di aver espresso, all'atto del riconoscimento della figlia,
la  volonta'  che  la stessa assumesse il cognome della madre, e che,
nonostante cio', l'ufficiale dello stato civile del Comune di Brunico
aveva  trascritto,  sulla  base della denuncia di nascita della bimba
contenente  il  riconoscimento  contestuale  da  parte  dei genitori,
raccolta  dal  Direttore  sanitario  dell'Ospedale  di S. Candido, il
cognome paterno nel registro degli atti di nascita;
        che,  nel  corso del procedimento, e' stata anche escussa una
dipendente  dello  stesso  Ospedale,  che  ha  confermato la volonta'
espressa dai ricorrenti;
        che  il  Tribunale  rimettente  rileva  che l'art. 262, primo
comma,  secondo  periodo,  del  codice  civile,  prevede,  in caso di
riconoscimento  di  figlio  naturale effettuato contemporaneamente da
entrambi i genitori, che il figlio assuma il cognome del padre, senza
che  ai  genitori  sia  riconosciuta  alcuna  facolta' decisionale in
proposito;
        che  tale disposizione osta, pertanto, all'accoglimento della
domanda,  sottoposta  al giudice a quo, di modifica del cognome della
minore,   donde   la   rilevanza   della  questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata;
        che,  quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  osserva il
giudice  a quo che, al pari delle disposizioni sulla trasmissione del
cognome  nella  famiglia  legittima,  anche  quella in esame si fonda
sulla  prevalenza  accordata  alla  trasmissione del cognome paterno,
inserendosi  in  una  visione  patriarcale  della  famiglia,  che  fa
prevalere il cognome paterno come espressione della patria potestas;
        che  l'automatica  trasmissione  della  discendenza paterna e
l'attribuzione  sociale  a quella stirpe, con contestuale preclusione
di una evidenziazione del collegamento con il ramo materno, lederebbe
il   diritto  all'identita'  personale,  tutelato  dall'art. 2  della
Costituzione,  che  potrebbe  estrinsecarsi  anche  nell'assumere  il
cognome materno;
        che  la  disciplina  censurata  non  sembra  al giudice a quo
avere,  in  caso  di genitori non coniugati, alcun fondamento logico,
non  essendo  ravvisabile nella presunzione di una stabile convivenza
tra   i  genitori  una  situazione  di  fatto  tale  da  giustificare
l'applicazione, in via analogica, della disciplina normativa prevista
per   la   famiglia   legittima,   dal  momento  che  il  contestuale
riconoscimento  del  figlio  naturale da parte di entrambi i genitori
non  potrebbe,  di  per  se'  solo, essere valutato quale indizio per
ritenere esistente una comunione di vita;
        che,  inoltre,  anche  la  stabile  convivenza  non  potrebbe
rivelare  la  volonta'  dei  conviventi  di vedersi assoggettati alle
regole valide per il rapporto matrimoniale;
        che  la  disposizione  impugnata  si  porrebbe,  inoltre,  in
contrasto  con  l'art. 3  della  Costituzione, sotto il profilo della
violazione del principio di uguaglianza tra uomo e donna, in danno di
quest'ultima;
        che,  al  riguardo,  nella  ordinanza  di rimessione, vengono
richiamati  gli  obblighi  internazionali  assunti dall'Italia, e, in
particolare,  quelli  derivanti  dalla  Convenzione  dell'ONU  del 18
dicembre  1979,  per la eliminazione di ogni forma di discriminazione
nei  confronti  della  donna,  ratificata  con  legge  14 marzo 1985,
n. 132,  che,  all'art. 16,  prevede  che gli Stati contraenti devono
adottare tutte le misure idonee ad eliminare la discriminazione della
donna  nell'ambito  del matrimonio, e della famiglia, e devono, sulla
base  della  parita'  tra uomo e donna, altresi' garantire gli stessi
diritti  ed  attribuire  le stesse responsabilita' ai genitori, nelle
questioni  che si riferiscono ai figli, nonche' gli stessi diritti al
marito  e  alla  moglie,  compresa  la  scelta  del  cognome,  di una
professione   o   di   una   occupazione   della  prole;  nonche'  le
raccomandazioni del Consiglio d'Europa n. 1271 del 1995 e n. 1362 del
1998,  le  quali  sanciscono  che  il  mancato rispetto della stretta
uguaglianza  tra  madre e padre nella trasmissione del nome contrasta
con il principio fondamentale di uguaglianza;
        che,  infine,  la  Corte  -  ad  avviso  del rimettente - non
potrebbe esimersi dalla declaratoria di illegittimita' costituzionale
adducendo  che  questa  determinerebbe  una  lacuna nell'ordinamento,
colmabile    solo    dal    legislatore    nell'ambito    della   sua
discrezionalita', dal momento che, in tal modo, rimarrebbe sospeso il
sistema di tutela costituzionale.
    Considerato che il Tribunale di Bolzano dubita della legittimita'
costituzionale  dell'art. 262,  primo  comma,  secondo  periodo,  del
codice  civile,  nella  parte  in  cui,  per  il  caso di contestuale
riconoscimento  del  figlio  naturale operato da entrambi i genitori,
dispone  la  trasmissione  automatica  del  cognome paterno, anziche'
consentire ai genitori una scelta libera e concordata, per violazione
dell'articolo  2  della  Costituzione,  per  essere  il  diritto alla
identita' personale della prole, che ben puo' estrinsecarsi anche nel
portare il cognome materno, violato dalla trasmissione automatica del
cognome   paterno  nel  caso  del  riconoscimento  contemporaneamente
effettuato da parte di entrambi i genitori; nonche' dell'art. 3 della
Costituzione,  per la lesione del principio di uguaglianza tra uomo e
donna a danno di quest'ultima;
        che  questa Corte, con la sentenza n. 61 del 2006, in tema di
filiazione  legittima,  ha  giudicato  inammissibile  la questione di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 143-bis, 236, 237, secondo
comma,  262,  299, terzo comma, del codice civile, e degli artt. 33 e
34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, censurati, in riferimento agli
artt. 2,  3  e  29, secondo comma, della Costituzione, nella parte in
cui  prevedono  che il figlio acquisti automaticamente il cognome del
padre,  anche  quando  risulti  in proposito una diversa volonta' dei
coniugi, legittimamente manifestata;
        che, in tale occasione, nel richiamare i propri precedenti in
materia  (ordinanze  n. 176 e n. 586 del 1988), e' stato sottolineato
che  l'attuale sistema di attribuzione del cognome e' retaggio di una
concezione  patriarcale  della famiglia, e di una tramontata potesta'
maritale,  non piu' coerente con i principi dell'ordinamento e con il
valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna;
        che  tale  valore  e'  parimenti  invocabile  con riguardo ai
genitori del figlio naturale;
        che,   tuttavia,  nella  ricordata  occasione,  la  Corte  ha
precisato   che   l'intervento   richiesto   impone   una  operazione
manipolativa  esorbitante  dai  propri  poteri,  dal  momento  che la
esclusione  dell'automatismo  dell'attribuzione  del  cognome paterno
lascia  aperta una serie di opzioni, che vanno da quella di rimettere
tale  scelta  esclusivamente  alla volonta' dei genitori, a quella di
consentire  ai  genitori che abbiano raggiunto un accordo di derogare
ad una regola pur sempre valida;
        che   le   medesime  argomentazioni  sono  riproponibili  con
riguardo alla questione all'odierno esame, ove si tenga presente, dal
un  lato, che la disciplina contenuta nella disposizione impugnata e'
sostanzialmente  esemplata  su  quella relativa alla trasmissione del
cognome  paterno in caso di filiazione legittima e, dall'altro, che -
come  del  resto  e'  confermato  dal  disegno  di  legge attualmente
all'esame del Senato (n. 19), in materia di cognome dei coniugi e dei
figli  -  la  disciplina  delle  due  situazioni  non puo' non essere
simile,   se   non   identica,  allo  scopo  di  evitare  censure  di
incostituzionalita', in riferimento all'art. 29 della Costituzione;
        che,  pertanto,  la questione proposta deve essere dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 262,  primo  comma,  secondo
periodo, del codice civile, sollevata, in riferimento agli articoli 2
e  3  della Costituzione, dal Tribunale di Bolzano con l'ordinanza in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Finocchiaro
                       Il cancelliere: Melatti
    Depositata in cancelleria il 27 aprile 2007.
                       Il cancelliere: Melatti
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