N. 146 ORDINANZA 18 - 27 aprile 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Circolazione stradale - Sanzioni accessorie per violazione del codice
  della  strada - Confisca obbligatoria del ciclomotore o motoveicolo
  adoperato  per  commettere  talune  violazioni amministrative o per
  commettere  un  reato  -  Sopravvenienza  di  una  nuova disciplina
  normativa modificativa delle disposizioni censurate - Necessita' di
  un  nuovo  esame sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza
  della questione - Restituzione degli atti al giudice a quo.
- Codice  della  strada  (d.lgs.  30 aprile 1992, n. 285), artt. 171,
  commi 1,  2  e  3,  e  213,  comma 2-sexies,  introdotto  dal  d.l.
  30 giugno 2005,  n. 115  (convertito,  con  modificazioni, in legge
  17 agosto 2005, n. 168), art. 5-bis, comma 1, lettera c), numero 2.
- Costituzione, artt. 2, 3, 24, 27, 31, 42 e 111.
(GU n.17 del 2-5-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 171, commi 1,
2,  e  3,  e  213,  comma 2-sexies (comma introdotto dall'art. 5-bis,
comma 1,  lettera  c),  numero  2,  del decreto-legge 30 giugno 2005,
n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalita'
di  settori  della  pubblica  amministrazione»,  nel testo risultante
dalla  relativa  legge  di  conversione 17 agosto  2005, n. 168), del
decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della
strada),  promossi con ordinanze del 9 marzo 2006 dal giudice di pace
di  Scicli  (n. 2  ordinanze),  del 5 aprile e del 17 maggio 2006 dal
giudice  di  pace  di Caltanissetta, del 5 maggio 2006 dal giudice di
pace di Noto (n. 2 ordinanze), dell'8 maggio 2006 dal giudice di pace
di  Recanati,  del 20 aprile 2006 dal giudice di pace di Modica (n. 2
ordinanze),  del 30 maggio 2006 dal giudice di pace di Locri e del 18
e   24 novembre  2005  dal  giudice  di  pace  di  Torre  Annunziata,
rispettivamente  iscritte  ai  nn. 318, 319, 330, 509, 541, 542, 546,
554,  555,  556,  560  e 571 del registro ordinanze 2006 e pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica nn. 38, 47, 49 e 50, 1ª
serie speciale, dell'anno 2006.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 21 marzo 2007 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
    Ritenuto  che  i Giudici di pace di Caltanissetta (r.o. nn. 330 e
509  del 2006), Recanati (r.o. n. 546 del 2006), Modica (r.o. nn. 554
e  555  del  2006)  e  Locri  (r.o.  n. 556 del 2006) hanno sollevato
questioni  di  legittimita'  costituzionale  -  in  riferimento,  nel
complesso,   agli   artt. 3,   27,  31  e  42  della  Costituzione  -
dell'art. 213,   comma 2-sexies  (comma  introdotto  dall'art. 5-bis,
comma 1,  lettera  c),  numero  2,  del decreto-legge 30 giugno 2005,
n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalita'
di  settori  della  pubblica  amministrazione»,  nel testo risultante
dalla  relativa  legge  di  conversione 17 agosto  2005, n. 168), del
decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della
strada);
        che i Giudici di pace di Noto (r.o. nn. 541 e 542 del 2006) e
Torre  Annunziata  (r.o.  nn. 560  e  571 del 2006) hanno censurato -
ipotizzandone  il  contrasto  con  gli artt. 2, 3, 42, 24 e 111 Cost.
(parametri,  gli ultimi due, evocati solo dal secondo di tali giudici
rimettenti)  - gli artt. 171, commi 1 e 2, e 213, comma 2-sexies, del
medesimo d.lgs. n. 285 del 1992;
        che, infine, anche il giudice di pace di Scicli (r.o. nn. 318
e 319 del 2006) ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
-  in  riferimento agli artt. 3 e 42 della Carta fondamentale - degli
artt. 171, comma 3, e 213, comma 2-sexies, dello stesso d.lgs. n. 285
del 1992;
        che  il  giudice di pace di Caltanissetta, con la prima delle
ordinanze  pronunciate  (r.o.  n. 330  del 2005), censura l'art. 213,
comma 2-sexies, del codice della strada, in riferimento agli artt. 3,
primo comma, e 42, secondo comma, Cost;
        che    il    rimettente    premette   di   essere   investito
dell'opposizione  proposta  dalla proprietaria di un ciclomotore (non
responsabile   personalmente   dell'accertata   infrazione   di   cui
all'art. 170, comma 2, del codice della strada) avverso i verbali con
i  quali,  contestata  la  suddetta  violazione, e' stato disposto il
sequestro del mezzo in vista della successiva confisca;
        che,  secondo  il giudice a quo, la misura della confisca non
sarebbe  «giustificata»,  ponendosi in contrasto «con i parametri, di
rango   costituzionale,   di  ragionevolezza,  della  responsabilita'
personale, e di riconoscimento e difesa della proprieta' privata»;
        che,  a  suo dire, nell'ipotesi in esame «si e' certamente in
presenza  di  una  confisca  avente natura di sanzione amministrativa
accessoria»,  la  quale,  pero',  «non  possiede,  in  forza  del suo
contenuto,  i  tratti della secondarieta', della marginalita' e della
complementarieta', ergendosi ad elemento primario di regolamentazione
e  per cio' stesso confliggendo con le direttrici dell'intero sistema
sanzionatorio degli illeciti amministrativi»;
        che,  inoltre,  non  essendo previsto dal codice della strada
(neppure  a  seguito  dell'emanazione  della  legge 21 febbraio 2006,
n. 102,  recante «Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da
incidenti  stradali»,  sebbene  essa  abbia  inasprito il trattamento
sanzionatorio  dei  reati  commessi  in violazione delle regole sulla
circolazione  stradale)  alcun provvedimento di confisca obbligatoria
«nei  casi  di  danno  alle  persone»  provocati da veicoli a quattro
ruote,  neppure  «se  dal  fatto  colposo  o  doloso  dell'agente sia
derivata  la morte di una o piu' persone», del tutto abnorme e iniqua
si  presenterebbe  la  scelta  legislativa di ricollegare, invece, la
sanzione  della  confisca  a  «meri  comportamenti  irregolari di chi
trovasi alla guida di un veicolo a due ruote»;
        che,  richiamata la giurisprudenza della Corte costituzionale
secondo  cui  deve  ritenersi  «ingiusta ed irrazionale la previsione
della  confisca  obbligatoria  del  bene,  allorche'  sia evidente la
violazione  del  canone  di ragionevolezza», il rimettente assume che
tale  evenienza  ricorrerebbe  nel  caso  di  specie,  atteso che «la
confisca   del   ciclomotore   e'   applicata  in  via  immediata  ed
automatica», non consentendosi al proprietario del bene di provare la
propria  «assoluta  estraneita'  all'illecito amministrativo da altri
commesso»,  con  conseguente  violazione,  cosi', anche del principio
della  personalita'  della  responsabilita'  amministrativa enunciato
dall'art. 3  della  legge  24 novembre  1981,  n. 689  (Modifiche  al
sistema penale);
        che, infine, l'impossibilita' di attribuire rilievo - ai fini
della  mancata applicazione della confisca - proprio alla circostanza
costituita  dalla  appartenenza  del  veicolo  ad  un  terzo estraneo
all'illecito   amministrativo   «si   traduce   in  un'ingiustificata
violazione  del diritto sul bene confiscato», in contrasto con quanto
previsto dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione, atteso che,
attraverso  la  misura  della  confisca,  la  norma censurata «non si
limita a sottrarre all'incolpevole proprietario la disponibilita' per
un  tempo  limitato di un bene patrimoniale, e quindi a comprimere le
sole  facolta'  di godimento della res», bensi' lo priva del bene «in
via definitiva», con «una statuizione di tipo demolitorio»;
        che,  con  la  seconda  ordinanza  (r.o. n. 509 del 2006), il
medesimo  rimettente  nisseno  -  chiamato  a  giudicare  del ricorso
proposto   dal   proprietario   di   un   ciclomotore,  in  relazione
all'accertata  infrazione  dell'art. 170,  comma 2,  del codice della
strada,  commessa  non  personalmente  dal  ricorrente, ma dal di lui
figlio  - reputa, del pari, il predetto art. 213, comma 2-sexies, del
d.lgs.  n. 285  del  1992  in  contrasto  «con  i parametri, di rango
costituzionale,    della    eguaglianza,   della   ragionevolezza   e
proporzionalita'  della  pena,  della responsabilita' personale e del
riconoscimento e difesa della proprieta' privata», donde l'ipotizzata
violazione degli artt. 3 e 42 Cost.;
        che,  in particolare, il giudice a quo - oltre a ribadire che
la   confisca,  sebbene  configurata  come  «sanzione  amministrativa
accessoria»,  risulterebbe  priva  dei  «tratti  della secondarieta',
della  marginalita' e della complementarieta», caratteristici di tale
tipo   di  sanzione  -  evidenzia  che  le  esigenze  protette  dalla
previsione  di  detta misura, cioe' «la salvaguardia dell'incolumita'
degli stessi contravvenzionati e l'interesse della sicurezza stradale
in genere», si porrebbero in contrasto con «i principi di adeguatezza
e ragionevolezza» di cui all'art. 3 Cost;
        che,    infine,    «un    ulteriore    vulnus    all'impianto
costituzionale»  sarebbe costituito dalla circostanza che la confisca
viene    disposta    a   carico   del   proprietario   «pur   essendo
l'antigiuridicita'    della    condotta    ascrivibile   ad   altri»,
realizzandosi,    cosi',   una   violazione   del   principio   della
responsabilita' amministrativa sancito dall'art. 3 della legge n. 689
del 1981;
        che   anche   il   giudice   di  pace  di  Recanati  ipotizza
l'illegittimita'   costituzionale   dell'art. 213,   comma   2-sexies
(peraltro  indicato,  per  un  evidente  lapsus  calami, quale «comma
sexies»),  del  codice  della  strada,  assumendo la violazione degli
artt. 3 e 27 Cost.;
        che il giudice a quo premettere di essere investito - al pari
degli  altri  giudici  rimettenti  sopra  menzionati - dell'esame del
ricorso  proposto  dal proprietario di un veicolo a due ruote colpito
da provvedimento di confisca, per essere stata accertata a carico del
conducente  (il  figlio  del ricorrente) la violazione dell'art. 170,
comma 2, del codice della strada;
        che  la  norma  suddetta  e'  censurata sia «sotto il profilo
della  ragionevolezza  che  della proporzionalita», in quanto essa, a
fronte  di violazioni non meno gravi, suscettibili di essere commesse
tramite  veicoli a quattro ruote, «commina la sanzione della confisca
obbligatoria  solo ove la violazione commessa riguardi un ciclomotore
o  motociclo», realizzando cosi' una disparita' di trattamento tra il
cittadino motociclista e il cittadino automobilista;
        che   il   rimettente   deduce,   inoltre,   il   difetto  di
proporzionalita'     del     trattamento     sanzionatorio,    attesa
«l'incongruita'  tra  la  sanzione  pecuniaria  principale fissata in
misura  modesta» e «una sanzione accessoria notevolmente penalizzante
per la liberta' del cittadino»;
        che, con due ordinanze di contenuto pressoche' identico (r.o.
nn. 554  e  555 del 2006), il giudice di pace di Modica - premettendo
di  dover  giudicare due ricorsi proposti avverso altrettanti verbali
con  i  quali, contestata (nel primo caso direttamente al ricorrente,
nel  secondo  caso  al  di lui figlio) l'infrazione consistente nella
guida di un veicolo a due ruote senza l'uso del casco protettivo, era
stata  disposta  la  confisca  dei  mezzi  in  questione, ciascuno di
proprieta'   dei   ricorrenti   -   censura   il  predetto  art. 213,
comma 2-sexies,  del  codice  della strada, ipotizzando la violazione
degli artt. 3 e 27 Cost.;
        che,   secondo   il   rimettente,  «se  il  legislatore  puo'
discrezionalmente  stabilire  le condotte punibili e determinare, per
esse,  la  sanzione ritenuta piu' opportuna, tuttavia tale potere non
puo'   confliggere   in   modo   manifesto   con   il   canone  della
ragionevolezza»,  segnatamente  «nei suoi aspetti della adeguatezza e
della proporzionalita' della sanzione»;
        che   detta   evenienza   si   sarebbe,   invece,  verificata
nell'ipotesi  in  esame,  stante  la  «evidente  sproporzione  tra la
prevista  sanzione  della confisca obbligatoria del motoveicolo o del
ciclomotore a fronte di condotte senz'altro di esigua rilevanza quali
l'uso  di  un  casco  non  allacciato  o  la  seduta non corretta del
guidatore»;
        che  rileverebbe,  inoltre, la violazione anche del principio
costituzionale  della parita' di trattamento, in quanto la previsione
della  sanzione  accessoria della confisca, «per i soli ciclomotori e
motoveicoli»,  avrebbe  introdotto  «un  ben  piu'  grave trattamento
sanzionatorio  per  il  solo  fatto  che  la  medesima violazione del
precetto sia perpetrata con una determinata species di veicoli»;
        che, infine, altro profilo di incostituzionalita' deriverebbe
dal  fatto che detta sanzione «colpisce direttamente il proprietario»
del  mezzo, «indipendentemente dalla circostanza che sia lui o meno a
commettere  la  violazione»,  in  contrasto  con  il  principio della
personalita'  della  responsabilita' amministrativa di cui all'art. 3
della  legge  n. 689  del  1981,  il quale ammette deroghe - ai sensi
dell'art. 6  della  medesima  legge,  nonche'  (quanto allo specifico
settore  delle  infrazioni  stradali)  dell'art. 196 del codice della
strada  - soltanto per le sanzioni pecuniarie, e non per quelle, come
nella  specie,  «in  cui  assume  rilievo  preponderante il carattere
schiettamente personale»;
        che  i medesimi parametri - artt. 3 e 27 Cost. - sono evocati
anche  dal  giudice  di  pace  di  Locri,  nel sollevare incidente di
costituzionalita'    avente    ad    oggetto    sempre    l'art. 213,
comma 2-sexies, del codice della strada;
        che,  investito  del  ricorso  proposto  dal conducente di un
motociclo  a  carico  del  quale  era  stata  accertata  l'infrazione
consistente  nel  mancato  uso del casco protettivo, il giudice a quo
rileva   che,  per  effetto  della  censurata  disposizione,  risulta
comminata  al  ricorrente anche la sanzione accessoria della confisca
del   veicolo,  cio'  che  costituisce  violazione  dei  principi  di
ragionevolezza e proporzionalita' della sanzione;
        che,  difatti,  nella  specie  risulterebbe  disatteso quanto
affermato  dalla Corte costituzionale (sono citate le sentenze numeri
349   e  435  del  1997),  la  quale  ha  sancito  la  necessita'  di
«rimodellare  il  sistema  della  confisca,  stabilendo alcuni canoni
essenziali  al  fine  di  evitare che l'applicazione giudiziale della
sanzione amministrativa produca disparita' di trattamento»;
        che  la  norma censurata determinerebbe, altresi', disparita'
di  trattamento  tra  il soggetto resosi responsabile dell'infrazione
consistente   nell'alterazione   delle   condizioni   meccaniche  del
motociclo  e quello che, come nella specie, abbia omesso di indossare
il  casco protettivo, atteso che solo nella prima ipotesi ricorre «un
grave pericolo per gli utenti della strada», e dunque una circostanza
idonea a giustificare l'irrogazione della sanzione;
        che  il  giudice  di  pace  di  Noto  -  con due ordinanze di
contenuto  pressoche'  identico  - censura, invece, oltre al predetto
art. 213,  comma 2-sexies,  anche  gli  artt. 171,  commi 1  e 2, del
codice  della strada, ipotizzando la violazione degli artt. 2, 3 e 42
Cost.;
        che  il  rimettente  - sul presupposto di dover giudicare, in
ambo  i  casi sottoposti al suo esame, dell'impugnativa di un verbale
di   confisca  di  motoveicolo,  emesso  all'esito  dell'accertamento
dell'infrazione  consistente  nella guida del veicolo senza indossare
il casco protettivo - deduce, innanzitutto, il contrasto tra le norme
denunciate  e  l'art. 3  della  Carta  fondamentale, in ragione della
evidente  «sproporzione»  tra  la  violazione  amministrativa  «e  le
conseguenze  economiche  della  sanzione»  comminata, atteso che puo'
esservi  «una  notevole diversita' di valore economico» tra i diversi
ciclomotori o motocicli oggetto di confisca;
        che inoltre, quanto alla violazione dell'art. 2 Cost., assume
il  giudice  a  quo  -  sul presupposto che tra i diritti inviolabili
dell'uomo  rientri  anche  quello  all'eguaglianza - che le censurate
disposizioni  introducano «una evidente disparita' di trattamento tra
conducenti  di  ciclomotori  o  motoveicoli e conducenti di tutti gli
altri  veicoli», a carico dei quali non e' prevista la sanzione della
confisca  nel  caso  di  guida  senza uso della cintura di sicurezza,
ovvero sotto l'effetto di sostanze alcoliche o psicotrope;
        che,  infine, la violazione dell'art. 42 Cost. e' motivata in
base al rilievo che nel censurato sistema configurato dal legislatore
non   viene  «in  considerazione  l'appartenenza  del  ciclomotore  o
motoveicolo»  ad  un «terzo non trasgressore», al quale si sottrae la
proprieta'  del  bene,  «gravandolo  inoltre  delle spese di custodia
senza limiti di tempo»;
        che i medesimi artt. 171, commi 1 e 2, e 213, comma 2-sexies,
del  codice della strada, sono censurati anche dal giudice di pace di
Torre  Annunziata,  il quale - con due distinte ordinanze - ne assume
l'illegittimita'  costituzionale  ai sensi degli artt. 2, 3, 42, 24 e
111 Cost.;
        che con il primo provvedimento di rimessione (r.o. n. 560 del
2006),  il  giudice  a  quo  -  chiamato a giudicare dell'opposizione
proposta dal conducente di un motociclo, sanzionato per aver condotto
il  veicolo  senza  indossare  il  casco  protettivo  - assume che le
censurate  disposizioni,  nel prevedere l'applicazione della sanzione
accessoria  della confisca, sarebbero in contrasto, innanzitutto, con
l'art. 42 Cost., nonche' con gli art. 2 e 3 della Carta fondamentale,
«per  l'evidente  sproporzione  tra  violazione e sanzione e relative
conseguenze  economiche»,  nonche' per la «disparita' di trattamento»
tra  i  conducenti di ciclomotori o motoveicoli e quelli di tutti gli
altri veicoli;
        che  il  contrasto  con gli artt. 24 e 111 Cost. deriverebbe,
invece,  dalla  circostanza  che  nella  specie  risulta  sottratta a
qualsivoglia  giudice  terzo  la  comminatoria di una sanzione di una
gravita'  economica  tale  da  superare,  in alcune ipotesi, «persino
l'entita' di sanzioni pecuniarie previste dalle leggi penali»;
        che  i  medesimi  rilievi vengono approfonditi dal giudice di
pace  di  Torre  Annunziata  nella seconda delle sue due ordinanze di
rimessione (r.o. n. 571 del 2005);
        che  e'  dedotta,  in primo luogo, la violazione dell'art. 42
della Carta fondamentale, sotto un duplice profilo;
        che,  da  un lato, «con la sanzione del sequestro, prodromica
alla  confisca  obbligatoria,  si  sottrae  la proprieta' del bene al
legittimo proprietario e/o possessore, gravandolo inoltre delle spese
di custodia senza limite di tempo»;
        che, dall'altro, l'applicazione della confisca anche nel caso
«dell'appartenenza  del  ciclomotore  o  del  motoveicolo a terzo non
trasgressore» costituirebbe «una sottrazione immotivata, illegittima,
ed,  in  ultima analisi, illecita del bene», in quanto effettuata nei
confronti  di un soggetto non responsabile di alcuna delle infrazioni
sanzionate  dagli  artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del codice della
strada;
        che  si  ipotizza,  in  secondo  luogo,  la  violazione degli
artt. 2 e 3 della Costituzione;
        che  il  rimettente  sottolinea «la evidente sproporzione tra
violazione  e  sanzione» comminata, giacche', variando «la differenza
di  valore  del  singolo  ciclomotore  o  motoveicolo confiscato», si
verrebbe,  per tale motivo, a punire «in modo diverso il trasgressore
rispetto  alla  medesima  violazione»,  con  conseguente  lesione dei
diritti  inviolabili  dell'uomo,  «tra i quali va compreso il diritto
all'eguaglianza»;
        che  i  medesimi  parametri  sono  evocati,  poi, sotto altro
profilo,  sottolineando  come  le  norme  censurate  realizzino  «una
evidente disparita' di trattamento tra il conducente di ciclomotori o
motoveicoli»  e  «i  conducenti  di tutti gli altri veicoli, rispetto
alla   medesima   ratio   di   salvaguardia  dell'integrita'  fisica»
dell'utente della strada;
        che,  difatti,  le  misure del sequestro e poi della confisca
non  sono  previste  per  chi realizza infrazioni idonee - al pari di
quelle di cui agli artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del codice della
strada  -  a  porre  in  pericolo l'integrita' fisica del conducente,
quali,  in  via  esemplificativa,  il  mancato  uso  della cintura di
sicurezza, la guida in stato di ebbrezza o di alterazione da sostanze
psicotrope,  l'impiego, da parte del conducente di un autoveicolo, di
apparecchi  telefonici  cellulari, o, infine, l'attraversamento della
sede stradale sebbene il semaforo emetta la luce rossa;
        che,  in terzo luogo, viene dedotta anche la violazione degli
artt. 24 e 111 della Costituzione;
        che  si  rileva,  quanto  al  primo di tali parametri, che la
disciplina   recata   dalle   disposizioni   denunciate   «sottrae  a
qualsivoglia giudice terzo la comminatoria di una sanzione, ancorche'
amministrativa»,  di  una  tale  «gravita' economica» da superare, in
alcune  ipotesi,  persino  «l'entita' di sanzioni pecuniarie previste
dalle leggi penali»;
        che,  infine,  l'art. 213,  comma 2-sexies,  del codice della
strada,  nello  stabilire  la  possibilita' della confisca di un bene
«adoperato  per commettere una delle violazioni» di cui ai precedenti
artt. 169,  commi 2  e  7,  170  e  171,  sembrerebbe  presupporre la
«volontarieta»  dell'illecito, in contrasto «con il principio secondo
il  quale  in  materia  di  sanzione  amministrativa  e'  ininfluente
l'elemento psicologico»;
        che  anche il giudice di pace di Scicli, con due ordinanze di
contenuto   sostanzialmente   identico,  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 42 della
Carta fondamentale - degli artt. 171, comma 3, e 213, comma 2-sexies,
del codice della strada;
        che   il   rimettente   -   investito   in  entrambi  i  casi
dell'opposizione  proposta,  da  genitore esercente la potesta' su un
minore,  avverso  il verbale di sequestro e successiva confisca di un
ciclomotore,   per  essersi  il  predetto  minore  reso  responsabile
dell'infrazione  consistente  nella  guida  del mezzo senza l'uso del
casco  protettivo  -  ha  sollevato  incidente  di  costituzionalita'
avverso le disposizioni summenzionate;
        che  il  rimettente  ipotizza,  innanzitutto,  la «violazione
dell'articolo 3    della    Costituzione,   per   il   motivo   della
irragionevolezza  e  sproporzionalita»  della  misura della confisca,
perche'  «vi  e' identita' di disciplina (ingiustificata), sia quando
il  veicolo  venga usato per commettere un reato, sia nel caso che lo
stesso  venga  adoperato  per  commettere  una  di  quelle violazioni
amministrative»    individuate   dalla   medesima   norma   censurata
(artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del codice della strada);
        che,   inoltre,  deduce  il  contrasto  con  l'art. 42  della
Costituzione, atteso che la confisca di un ciclomotore o motoveicolo,
specie   se   disposta   a  carico  di  un  terzo,  «incolpevole  del
comportamento  del  conducente,  finisce con assumere aspetti di mero
trasferimento  coattivo  di  un  bene  dal  privato  allo  Stato  per
finalita'  squisitamente repressive, si' da identificarsi addirittura
con  l'istituto dell'espropriazione», imponendo, pero', il sacrificio
del  diritto  di  proprieta' del privato per realizzare «un interesse
generale  non costituzionalmente protetto, quale la prevenzione degli
incidenti stradali»;
        che,  infine,  il  rimettente  assume  che le norme censurate
sarebbero   affette   anche  dai  vizi  della  «illogicita'  e  della
ingiustizia manifesta», per un duplice concorrente motivo;
        che  esse,  difatti,  assoggettano  l'autore  dell'infrazione
prevista dall'art. 171 del codice della strada «a quattro conseguenze
negative»  (il  pagamento  della sanzione pecuniaria, la decurtazione
del  punteggio  dalla  patente di guida, la confisca obbligatoria del
mezzo,  l'impossibilita'  di  accedere al pagamento in misura ridotta
della  sanzione  pecuniaria),  ed  inoltre  riservano  allo stesso un
trattamento  sanzionatorio  piu' severo rispetto a quello contemplato
per  «altre  violazioni amministrative» (ed in particolare per quella
di cui all'art. 148, comma 10, del codice della strada), sebbene esse
pongano  «piu'  gravemente  in pericolo l'incolumita' fisica non solo
del conducente»;
        che  e'  intervenuto  in tutti i giudizi (salvo che in quello
che trae origine dall'ordinanza del giudice di pace di Caltanissetta,
iscritta  al  r.o.  n. 509  del 2006) il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  svolgendo considerazioni sostanzialmente identiche in ciascun
atto di intervento;
        che  in  particolare  la  difesa  erariale - eccepita, in via
preliminare,  l'inammissibilita' delle questioni relative ai commi 1,
2  e  3  dell'artt. 171  del  codice  della  strada,  atteso che tali
disposizioni si limitano a descrivere le infrazioni in relazione alle
quali  il  (solo)  comma 2-sexies  dell'art. 213  del medesimo codice
della  strada prevede, quale sanzione accessoria a quella pecuniaria,
la confisca del veicolo a due ruote - ha dedotto l'infondatezza delle
questioni sollevate;
        che,  secondo  l'Avvocatura generale dello Stato, la confisca
e' rivolta a sottrarre la disponibilita' di ciclomotori e motoveicoli
a  coloro  i quali, mostrandosi indifferenti all'obbligo di indossare
il  casco protettivo, abbiano realizzato «una causa di incremento del
pericolo di lesioni craniche da circolazione di motocicli»;
        che  -  sottolinea  ancora  la  difesa  erariale  -  pure «il
proprietario  che autorizzi o tolleri l'uso del motociclo da parte di
soggetti    che   non   rispettano   l'obbligo   in   questione»   e'
ragionevolmente  sottoposto, dal denunciato art. 213, comma 2-sexies,
alla  medesima  sanzione,  avendo  lo  stesso  non solo «accettato di
concorrere  all'incremento  complessivo del rischio da circolazione»,
ma  anche  «rinunciato ad esercitare un controllo personale e diretto
sul comportamento del conducente»;
        che  nessuna  violazione  del  principio di eguaglianza puo',
poi, essere ravvisata nel caso di specie;
        che   priva   di   fondamento  e'  la  censura  che  tende  a
stigmatizzare il fatto che la confisca obbligatoria «non sia prevista
per  violazioni  stradali  che  il  giudice rimettente considera piu'
gravi  sotto  il  profilo  degli  interessi  protetti», atteso che la
legittimita'  costituzionale di una sanzione va riconosciuta «qualora
sussista  una ragionevole coerenza tra la sua misura ed entita' e gli
interessi protetti dal precetto di cui la sanzione e' presidio»;
        che   nella   specie,   prosegue   la  difesa  erariale,  «la
prevenzione  del  rischio  individuale  e  sociale da trauma cranico,
specifico   e  peculiare  della  circolazione  motociclistica,  rende
ragione sufficiente di una misura intesa a togliere la disponibilita'
del mezzo specifico della creazione di tale rischio»;
        che  tali  rilievi,  inoltre,  valgono  a  fugare l'ulteriore
dubbio  relativo  alla violazione dell'art. 3 Cost., dimostrando come
nell'applicazione  della  sanzione de qua «non abbia alcun rilievo il
valore  dei motocicli confiscati», giacche' attraverso di essa non si
«tende  a  colpire il patrimonio del responsabile, bensi' a rimuovere
una causa di incremento del rischio di cui si e' detto»;
        che,  infine, la difesa dello Stato esclude l'esistenza di un
contrasto  tra  le  norme  censurate  e  gli  artt. 24  e  111 Cost.,
conseguente  al  «carattere  rigido» di tale sanzione, essendo quella
della   confisca   obbligatoria   una   «sanzione   ampiamente   nota
all'ordinamento  penale e sanzionatorio amministrativo», giustificata
dalla  «necessita'  di  eliminare  le  cause materiali di potenziali,
ulteriori, lesioni dell'interesse protetto».
    Considerato  che i Giudici di pace di Caltanissetta (r.o. nn. 330
e 509 del 2006), Recanati (r.o. n. 546 del 2006), Modica (ro. nn. 554
e 555 del 2006) e Locri (r.o. n. 556 del 2006) sollevano questioni di
legittimita'  costituzionale  -  in  riferimento, nel complesso, agli
artt. 3,   27,   31   e   42   della  Costituzione  -  dell'art. 213,
comma 2-sexies  (comma  introdotto  dall'art. 5-bis, comma 1, lettera
c),  numero  2,  del  decreto-legge  30  giugno 2005, n. 115, recante
«Disposizioni  urgenti  per  assicurare  la  funzionalita' di settori
della  pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa
legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);
        che i Giudici di pace di Noto (r.o. nn. 541 e 542 del 2006) e
Torre  Annunziata  (r.o.  nn. 560  e  571  del  2006)  dubitano della
legittimita'  costituzionale  -  ipotizzando  il  contrasto  con  gli
artt. 2,  3,  42,  24 e 111 Cost. (parametri, gli ultimi due, evocati
solo  dal  secondo  di  tali  giudici  rimettenti) - degli artt. 171,
commi 1  e  2,  e 213, comma 2-sexies, del medesimo d.lgs. n. 285 del
1992;
        che, infine, anche il giudice di pace di Scicli (r.o. nn. 318
e 319 del 2006) solleva questioni di legittimita' costituzionale - in
riferimento  agli  artt. 3  e  42  della  Carta  fondamentale - degli
artt. 171, comma 3, e 213, comma 2-sexies, dello stesso d.lgs. n. 285
del 1992;
        che,  data la connessione esistente tra i vari giudizi, se ne
impone la riunione ai fini di una unica pronuncia;
        che,  nelle  more  del  presente  giudizio, i commi 168 e 169
dell'art. 2  del  decreto-legge  3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni
urgenti in materia tributaria e finanziaria), inseriti dalla relativa
legge     di    conversione 24 novembre    2006,    n. 286,    hanno,
rispettivamente,  modificato, l'uno, il testo dell'art. 171, comma 3,
del  codice  della strada, l'altro, il testo del successivo art. 213,
comma 2-sexies  (norma,  quest'ultima,  denunciata  da  tutti giudici
rimettenti);
        che,  difatti,  in virtu' del citato ius superveniens, mentre
alla  «sanzione  pecuniaria  amministrativa prevista dal comma 2» del
medesimo  art. 171  del  codice della strada, in luogo della confisca
originariamente prevista, «consegue il fermo del veicolo per sessanta
giorni  ai  sensi  del capo I, sezione II del titolo VI» dello stesso
codice  (ovvero per la durata di novanta giorni allorche', «nel corso
di  un biennio», sia «stata commessa, almeno per due volte, una delle
violazioni previste dal comma 1» del predetto art. 171), ai sensi del
novellato  art. 213, comma 2-sexies, dello stesso codice della strada
risulta  «sempre  disposta la confisca del veicolo in tutti i casi in
cui   un  ciclomotore  o  un  motoveicolo  sia  stato  adoperato  per
commettere  un  reato,  sia  che  il  reato  sia stato commesso da un
conducente  maggiorenne,  sia che sia stato commesso da un conducente
minorenne»;
        che,  pertanto,  alla  luce  di  tale  duplice sopravvenienza
normativa si impone la restituzione degli atti ai giudici rimettenti,
per  una  rinnovata valutazione della rilevanza e della non manifesta
infondatezza delle questioni dagli stessi sollevate.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Ordina   la  restituzione  degli  atti  ai  Giudici  di  pace  di
Caltanissetta,  Recanati,  Modica,  Locri,  Noto,  Torre Annunziata e
Scicli.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Quaranta
                       Il cancelliere: Melatti
    Depositata in cancelleria il 27 aprile 2007.
                       Il cancelliere: Melatti
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