N. 410 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 2005
Ordinanza emessa il 6 ottobre 2005 dal tribunale di Napoli nel procedimento civile promosso da SI.GA.L S.r.l. contro Unicredit Banca S.p.A. Societa' - Controversie in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria - Procedimento di primo grado dinanzi al tribunale in composizione collegiale - Disciplina introdotta dal legislatore delegante - Mancata o insufficiente indicazione di principi e criteri direttivi nella legge di delegazione - Illegittimita' derivata della disciplina introdotta dal legislatore delegato. - Legge 3 ottobre 2001, n. 366, art. 12; «per derivazione», decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17. - Costituzione, art. 76. In via subordinata: Societa' - Controversie in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria - Procedimento di primo grado dinanzi al tribunale in composizione collegiale - Disciplina introdotta dal legislatore delegato - Difformita' dai principi e criteri direttivi posti dalla legge n. 366/2001 - Eccesso di delega. - Decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17. - Costituzione, art. 76, in relazione all'art. 12 della legge delega 3 ottobre 2001, n. 366.(GU n.22 del 6-6-2007 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 21338/2004 R.G. Aff. Cont. Civ. tra SI.GA.L. S.r.l. - «Societa' Italiana Gestione Alberghi», in persona del legale rappresentante pro tempore, Umberto Italiano, rappresentato e difeso dall'avv.to Stefano Maria Russo presso il quale e' elettivamente domiciliato in Napoli, via S. Lucia n. 107, giusta procura in margine all'atto di citazione, attrice e UniCredit Banca S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa, in forza di procura generale alle liti autenticata dal notaio Pietro Soriani di Milano, in data 18 febbraio 2000, rep. 216361, dagli avv. Gaetano De Simone, Antonio De Simone e M. Rosaria De Simone, presso i quali e' elettivamente domiciliata in Napoli, alla via S. Lucia n. 40, convenuta. P r e m e s s o i n F a t t o Con atto di citazione notificato all'UniCredit Banca S.p.A. in data 25 giungo 2004, la S.I.G.A.L. S.r.l., esponeva: che da numerosi anni e' cliente del Credito Italiano - oggi UniCredit S.p.a. - cosi' come lo sono altre societa' facenti capo alla medesima compagine sociale; che nel 1998, nell'ambito di una piu' complessa serie di operazioni imprenditoriali tra le societa' facenti capo alla stessa compagine sociale della Sigal ed il Credito Italiano, l'allora Responsabile Gestione Clienti Napoli Ovest del detto istituto di credito propose alla S.I.G.A.L. una tipologia di investimento attraverso la quale ancorare un contratto di mutuo a tasso variabile - stipulato nel 1997 con il Monte Paschi Siena per l'importo di 1.500.000.000 di vecchie lire - ad un ben determinato tasso di interesse. che tale operazione fu illustrata come operazione estremamente vantaggiosa, in quanto, attraverso di essa, si andavano a tamponare i rischi scaturenti dalla variabilita' del tasso come pattuita nel surrichiamato contratto di mutuo concluso con il Monte Paschi Siena; che fu spiegato al legale rappresentante della SI.G.AL., dott. Umberto Italiano, che in caso di oscillazioni dei tassi di interesse al di sopra di determinati parametri, il Credito Italiano si sarebbe impegnato a pagare la differenza in esubero tra il tasso di riferimento precedentemente convenuto ed il tasso effettivo alla scadenza di ogni rata del mutuo; che l'illustrazione di tale operazione fu fatta in maniera alquanto generica, calcando molto la mano sul fatto che, grazie alla stessa, le incertezze scaturenti dalla variabilita' del tasso del sopra citato mutuo potessero trovare un favorevole controbilanciamento, in modo da stabilizzare il tasso, come se si trattasse di un mutuo a tasso fisso; che pertanto, in data 5 maggio 1998, la Sigal stipulava con il Credito Italiano un contratto denominato «10 Year Euroswap» (doc. 1), basandosi su queste poche, ma apparentemente rassicuranti, informazioni; che ben presto, tuttavia, emerse una situazione del tutto diversa da quella che era stata illustrata, considerato che gia' dal 1999 la Sigal vedeva addebitarsi continuamente importi sul proprio conto corrente, in forza del contratto stipulato; che dopo vari solleciti verbali; con lettera del 30 giugno 2000 (doc. 2) la Sigal chiedeva «che ad ogni scadenza contrattuale le venga fatto recapitare lo sviluppo dei calcoli che determina gli importi a credito/debito»; che a tale richiesta il Credito Italiano non rispondeva alcunche', sicche' con successiva lettera del 20 novembre 2000 (doc. 3), la Sigal chiedeva ancora una volta i calcoli afferenti al rapporto contrattuale, e chiedeva anche copia del contratto stesso, che non le era stata mai rilasciata; che soltanto nel gennaio del 2001 il Credito Italiano rispondeva, precisamente con lettera del 16 gennaio 2001 (doc. 4), con la quale laconicamente si limitava a asserire che «desideriamo assicurarvi di aver gia' disposto i necessari approfondimenti. Con riserva di tornare in argomento al piu' presto possibile, tramite la nostra Filiale interessata»; che considerato che il tempo passava senza che alcuna comunicazione fosse pervenuta alla Sigal, ed intanto gli addebiti sul conto corrente continuavano, la societa' contatto' direttamente la Filiale, e li' fu fatto presente che l'eventuale recesso dal contratto avrebbe comportato un esborso, a carico della Sigal, di circa 60 milioni di vecchie lire; che in effetti, solo durante tali incontri la S.I.G.A.L. veniva a conoscenza che l'operazione portata a termine, lungi dal garantire un tasso di interesse fisso all'originario contratto di mutuo, era in realta' un'operazione di interest swap rientrante nell'ampia categoria dei cc.dd. «strumenti finanziari derivati» caratterizzati da un elevato grado di rischiosita'; che il Credito Italiano, dal canto proprio, asserendo che intercorrevano «buoni rapporti» con la attrice - cosa di cui appare legittimo dubitare a fronte di quanto fin qui narrato e di quanto accaduto successivamente - si rese disponibile a rinunciare a detta somma a condizione che essa S.I.G.A.L. sottoscrivesse un contratto per un nuovo prodotto finanziario; che pertanto, in data 25 gennaio 2001 la Sigal sottoscriveva una dichiarazione di recesso (doc. 5), cosi' come predisposta dall'Istituto di Credito, e immediatamente dopo stipulava un nuovo contratto, denominato «Q - 3D Z.E.T.A. Swap 3009/01» (doc. 6), che - secondo le rassicurazioni degli esperti operatori del Credito Italiano - avrebbe dovuto garantire netti vantaggi operativi ed economici rispetto al precedente contratto; che tuttavia il secondo contratto si e' manifestato ben piu' oneroso rispetto a quello che andava a sostituire; che con lettera del 21 marzo 2002 (doc. 7), e con riferimento al secondo contratto sottoscritto, la S.I.G.A.L. chiedeva «...che ad ogni scadenza contrattuale ci venga fatto recapitare, unitamente alla contabile bancaria, lo sviluppo dei calcoli che determina gli importi a credito/debito»; che poiche' ancora una volta il Credito Italiano rispondeva in modo del tutto evasivo, asserendo, con lettera dell'11 aprile 2002, che si riservava «...di tornare in argomento appena possibile...» (doc. 8), essa istante, a mezzo di lettera del 15 maggio 2002 (doc. 9), evidenziava che «...nemmeno all'ultima scadenza ci e' stato recapitato lo sviluppo dei calcoli per la determinazione degli importi», contestando «...formalmente i conteggi ed i relativi importi addebitati in c/c del 29 gennaio 2002 e 29 aprile 2002...» e facendo espressa riserva di tutelare i propri interessi in sede legale, ed intanto, continuavano gli addebiti a carico della Sigal; che rivoltasi al proprio legale, questi, con lettera raccomandata a.r. del 3 febbraio 2003 (doc. 11), dopo aver esposto i motivi in diritto che rendevano invalido il contratto «Q - 3D Z.E.T.A. Swap 3009/01» e riservandosi maggiori approfondimenti anche con riguardo al precedente contratto del 1998, diffidava il Credito Italiano a «non richiedere ulteriori versamenti alla societa' mia cliente che si ricolleghino al suddetto contratto di Interest Rate Swap, poiche' nullo e quindi improduttivo di qualunque effetto» e a restituire alla societa' «le somme di denaro da Voi illegittimamente richieste e percepite fino ad oggi sulla base del contratto del 25 gennaio 2001, ed ammontanti a complessivi Euro 32.738,09»; che nel successivo estratto conto al 28 febbraio 2003 (doc. 13) l'Istituto di Credito non effettuava ulteriori addebiti a carico della Sigal, la qual cosa veniva da quest'ultima rimarcata con lettera del 17 marzo 2003 inviata dal proprio legale (doc. 14), nella quale si evidenziava che in tal modo la banca aveva riconosciuto le ragioni della societa', pur non avendo ancora restituito l'importo richiesto e si invitava la banca, ancora una volta, a restituire alla Sigal gli importi illegittimamente percepiti, e si diffidava la stessa a non effettuare segnalazioni alla Centrale Rischi in merito alla pregressa debitoria riportata nel detto estratto conto e che, a detta della banca, la Sigal avrebbe maturato; che anche il successivo estratto conto al 31 marzo 2003 (doc. 15), pur mantenendo la pregressa presunta debitoria della societa', peraltro contestata dalla stessa anche questa volta, non conteneva ulteriori addebiti a suo carico che con lettera del 14 luglio 2003 (doc. 16) l'Unicredit scriveva al procuratore della Sigal, facendo riferimento ad una presunta informativa che sarebbe stata resa alla Sigal al momento della sottoscrizione del contratto del 25 gennaio 2001 e si faceva riferimento alla sottoscrizione di una dichiarazione con la quale la societa' avrebbe attestato la propria competenza in materia, sostenendo quindi la validita' del contratto e evidenziando che l'eventuale recesso dallo stesso avrebbe comportato il pagamento di ben Euro 105.000,00; che la Sigal puntualmente contestava gli estratti conto che la banca, neppure in maniera continuativa e regolare, inviava; che, improvvisamente, dopo un lungo periodo di silenzio durante il quale la UniCredit mancava anche di inviare taluni estratti conto, quest'ultima, con comunicazione del 19 aprile 2004 indirizzata alla Sigal (doc. 18), richiedeva «il versamento entro 15 giorni dalla ricezione della presente, della somma di Euro 70.170,2 oltre agli interessi contrattuali del 1° gennaio 2004 a copertura della esposizione del Vostro conto corrente ordinario n. 4017784 presso lo sportello di Ischia, nonche' gli eventuali differenziali negativi relativi al contratto in oggetto sottoscritto in data 25 gennaio 2001 che dovessero nel frattempo maturare»; che come la banca abbia quantificato tale richiesta e' apparso del tutto incomprensibile, non essendovi alcuna traccia di tutto cio' nei precedenti estratti conto; che l'UniCredit aveva posto in essere gravi mancanze certamente sul piano della condotta con riguardo ai principi di correttezza e buona fede e con riguardo al rispetto delle norme sulla trasparenza, informativa, di contenuti del contratto dettate sia con riguardo al contratto concluso nel 1998, sia con riguardo a quello concluso nel 2001; che alcun valore giuridico puo' essere attribuita alla dichiarazione sottoscritta in data 30 aprile 1998, in quanto trattasi di modulo predisposto unilateralmente dalla banca in violazione della normativa vigente, e comunque dolosamente e subdolamente preordinato a tutelare l'Istituto di Credito in danno della societa' investitrice; che peraltro i contratti in questione sono certamente nulli per violazione di norme imperative, e comunque vanno annullati per dolo della banca, nell'accezione di cui all'art. 1439 del codice civile, o, in subordine, di cui all'art. 1440 del codice civile, ovvero per errore della Sigal nell'accezione di cui all'art. 1429 del codice civile, con conseguente obbligo dall'UniCredit alla restituzione di tutte le somme indebitamente percepite sulla base dei menzionati contratti. Tutto cio' premesso conveniva l'UniCredit Banca S.p.A, innanzi a questo Tribunale per ivi sentire cosi' provvedere: A) con riguardo al contratto «10 Year Euroswap» del 5 maggio 1998: 1) accertare e dichiarare l'invalidita', la nullita', l'inefficacia e/o comunque annullare la dichiarazione a firma del legale rappresentante della societa' Sigal datata 30 aprile 1998 e prodotta sub 22, per i motivi esposti nel corpo dell'atto di citazione; 2) per l'effetto, ed in ogni caso, accertare e dichiarare l'invalidita', la nullita', l'inefficacia e/o comunque annullare il contratto «10 Year Euroswap» per i motivi esposti nel corpo dell'atto di citazione; 3) per l'effetto, condannare UniCredit Banca S.p.A. alla restituzione di tutte le somme dalla stessa illegittimamente percepite sulla base del contratto «10 Year Euroswap» del 5 maggio 1998, oltre interessi, con anatocismo semestrale, e rivalutazione; 4) condannare UniCredit Banca S.p.A. al risarcimento a favore di Sigal di tutti i danni, subiti e subendi, nella misura che risultera' accertata in corso di causa, anche eventualmente in via equitativa; B) quanto al contratto del 25 gennaio 2001 «Q - 3D Z.E.T.A. Swap 3009/01»: 5) nella denegata ipotesi in cui il Tribunale ritenesse estensibile anche al contratto «Q - 3D Z.E.T.A. Swap 3009/01» la dichiarazione a firma del legale rappresentante della societa' Sigal datata 30 aprile 1998, accertare e dichiarare l'invalidita', la nullita', l'inefficacia e/o comunque annullare tale dichiarazione, per i motivi esposti nel corpo dell'atto di citazione; 6) per l'effetto, ed in ogni caso, accertare e dichiarare l'invalidita', la nullita', l'inefficacia e/o comunque annullare il contratto «Q - 3D Z.E.T.A. Swap 3009/2001» per i motivi esposti nel corpo dell'atto di citazione; 7) per l'effetto, accertare e dichiarare l'inesistenza del credito preteso da UniCredit Banca S.p.A. e di cui all'ultima lettera dalla stessa inviata in data 19 aprile 2004; 8) condannare, altresi', UniCredit Banca S.p.A. alla restituzione di tutte le somme dalla stessa illegittimamente percepite sulla base del contratto «Q - 3D Z.E.T.A. Swap 3009/01», oltre interessi, con anatocismo semestrale, e rivalutazione; 9) condannare UniCredit Banca S.p.A. al risarcimento a favore di Sigal di tutti i danni, subiti e subendi, nella misura che risultera' accertata in corso di causa, anche eventualmente in via equitativa; 10) condannare la banca convenuta al pagamento di spese, diritti ed onorari di causa. Si costituiva la UniCredit S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, eccependo in primo luogo l'incompetenza del giudice adito per irritualita' della domanda proposta a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, chiedendo, pertanto, a mente dell'art. 1, d.lgs. cit. la cancellazione della causa dal ruolo. Nel merito contestava in ogni suo punto la domanda attorea chiedendone il rigetto; deduceva che l'attrice non era un'ignara risparmiatrice, ma un «operatore qualificato» come da dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante della Sigal in data 30 aprile 1998; contestava, per i motivi tutti esplicitati in comparsa, e ribaditi nelle memorie di cui agli artt. 6 e 7, d.lgs. 2003/5, la dedotta invalidita' dei contratti conclusi dall'attrice; spiegava inoltre domanda riconvenzionale per ottenere dall'attrice il pagamento di euro 102.244,74, oltre interessi convenzionali dal 1° ottobre 2004 al tasso del 13,45%, quali somme di cui l'attrice risultava debitrice in virtu' dei rapporti per cui e' causa. All'udienza del 4 novembre 2004, l'attrice aderiva all'eccezione preliminare di rito sollevata dalla convenuta, sicche' il giudicante, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 1, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, disponeva il mutamento del rito e la cancellazione della causa dal ruolo. Le parti successivamente provvedevano alla notificazione ed al deposito di memorie di replica ex artt. 6 e 7 decreto legislativo n. 5/2003. Notificata da parte attorea alla convenuta istanza di fissazione di udienza ex art. 8, d.lgs. citato, il giudice relatore designato, con decreto del 19 luglio 2005, fissava l'udienza collegiale ai sensi dell'art. 12, decreto citato, provvedeva sulle richieste istruttorie, indicando alle parti la questione rilevabile d'ufficio in ordine alla costituzionalita' per eccesso di delega del decreto legislativo n. 5/2003. All'udienza collegiale del 5 ottobre 2005 il presidente preliminarmente invitava le parti a discutere anche in ordine ad eventuali profili di incostituzionalita' del decreto legislativo n. 5/2003, indi il Tribunale si riservava la decisione. O s s e r v a i n d i r i t t o Preliminarmente questo tribunale ritiene di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge n. 366/2001 con riferimento all'art. 76 della Costituzione nella parte in cui, in relazione al giudizio ordinario di primo grado in materia societaria, non indica i principi ed i criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare le scelte del legislatore delegato e, per derivazione, degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5 del 17 gennaio 2003, nonche', in via subordinata, degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5 del 17 gennaio 2003 in relazione all'art. 76 della Costituzione, perche' difformi dai principi e dai criteri direttivi dettati dalla legge di delega n. 366/2001. Ed invero, quanto alla non manifesta infondatezza della prima delle questioni di legittimita' costituzionale sopra indicate, si osserva che l'art. 12 della legge n. 366/2001 dispone:» Il Governo e' inoltre delegato ad emanare norme che, senza modifiche della competenza per territorio e per materia, siano dirette ad assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti nelle seguenti materie: a) diritto societario, comprese le controversie relative al trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali; b) materie disciplinate dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, e dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni. 2) per il perseguimento delle finalita' e nelle materie di cui al comma 1, il Governo e' delegato a dettare regole processuali, che in particolare possano prevedere: a) la concentrazione del procedimento e la riduzione dei termini processuali; b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie di cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi eccezionali di giudizio monocratico in considerazione della natura degli interessi coinvolti; c) la mera facoltativita' della successiva instaurazione della causa di merito dopo l'emanazione di un provvedimento emesso all'esito di un procedimento sommario cautelare in relazione alle controversie nelle materie di cui al comma 1, con la conseguente definitivita' degli effetti prodotti da detti provvedimenti, ancorche' gli stessi non acquistino efficacia di giudicato in altri eventuali giudizi promossi per finalita' diverse; d) un giudizio sommario non cautelare, improntato a particolare celerita' ma con il rispetto del principio del contraddittorio, che conduca alla emanazione di un provvedimento esecutivo anche se privo di efficacia di giudicato; e) la possibilita' per il giudice di operare un tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi essenziali, assegnando eventualmente un termine per la modificazione o la rinnovazione di atti negoziai su cui verte la causa e, in caso di mancata conciliazione, tenendo successivamente conto dell'atteggiamento al riguardo assunto dalle parti ai fini della decisione sulle spese di lite; f) uno o piu' procedimenti camerali, anche mediante la modifica degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile ed in estensione delle ipotesi attualmente previste che, senza compromettere la rapidita' di tali procedimenti, assicurino il rispetto dei principi del giusto processo; g) forme di comunicazione periodica dei tempi medi di durata dei diversi tipi di procedimento di cui alle lettere precedenti trattati dai tribunali, dalle Corti di appello e dalla Corte di cassazione». Cio' posto, si rileva che l'art. 76 della Costituzione stabilisce che l'esercizio della funzione legislativa non puo' essere delegato al Governo se non con determinazione dei principi e criteri direttivi e soltanto per un tempo limitato e per oggetti definiti. La migliore dottrina e la stessa giurisprudenza della Corte costituzionale hanno da sempre interpretato tale norma nel senso che essa intende vietare non solo il trasferimento di pieni poteri dalle Camere al Governo, ma qualunque legge delegante che non operi una previa determinazione della portata e del tipo della disciplina delegata, cosicche' l'attivita' del Governo risulti sostanzialmente vincolata a realizzare con un circoscritto margine di scelta operativa una serie di risultati gia' precostituiti da parte delle Camere, assolvendo in sostanza le norme delegate una funzione attuativa delle norme deleganti. Conseguentemente il legislatore ordinario deve stabilire principi e criteri cosi' specificati da far prevedere l'esito finale della delega, pena l'incostituzionalita' della legge delega per genericita' ed indeterminatezza. Orbene, ritiene questo Tribunale che nel caso in esame il legislatore delegante non ha indicato con sufficiente determinazione i principi ed i criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare il legislatore delegato. Dal dettato dell'art. 12, legge n. 366/2001, infatti, - escludendo il riferimento ai principi dettati in tema di giudizio cautelare che riguardano profili non rilevanti nel presente giudizio - sono estrapolabili i seguenti principi: 1) divieto di modifica della competenza per territorio e per materia; 2) necessita' di assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti; 3) possibilita' di dettare regole processuali che in particolare possano prevedere: a) la concentrazione del procedimento e la riduzione dei termini processuali; b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie di cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi eccezionali di. giudizio monocratico in considerazione della natura degli interessi coinvolti; c) la possibilita' per il giudice di operare un tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi essenziali, assegnando eventualmente un termine per la modifica o la rinnovazione di atti negoziai su cui verte la causa e, in caso di mancata conciliazione, tenendo successivamente conto dell'atteggiamento al riguardo assunto dalle parti ai fini della decisione sulle spese di lite. Nella legge n. 366/2001, quindi, il legislatore si e' limitato ad indicare le materie nelle quali il Governo sarebbe potuto intervenire, l'obiettivo di rendere piu' rapida ed efficace la definizione dei procedimenti, il divieto di modificare la competenza per territorio e per materia, la tendenziale collegialita' del procedimento, la possibilita' di valutare l'atteggiamento delle parti in sede di tentativo di conciliazione e la possibilita' di dettare regole che favorissero la riduzione dei termini e la concentrazione del procedimento. Nulla tuttavia la legge delega ha detto in ordine allo schema processuale da adottare, lasciato non piu' alla scelta discrezionale, ma all'arbitrio del legislatore delegato, come emerge chiaramente dal decreto legislativo n. 5 del 17 gennaio 2003, che ha creato un nuovo modello di processo. Ed infatti, come indicato dalla stessa relazione della commissione ministeriale, il nuovo rito societario previsto per il processo di cognizione davanti al tribunale costituisce un vero e proprio nuovo modello processuale, che si distacca volutamente sia dal modello processuale del 1942, sia da quello del processo del lavoro del 1973 ed infine anche da quello delineatosi con la riforma del 1990. Il nuovo rito di cognizione di primo grado davanti al tribunale in materia societaria prevede tutta la prima fase del processo senza l'intervento del giudice; nell'atto di citazione ai sensi dell'art. 2 non e' piu' indicata l'udienza avanti al giudice ed il termine che l'attore fissa al convenuto per la comunicazione della comparsa di risposta e' fissato solo nel minimo, cosi' nella comparsa di risposta, ai sensi dell'art. 4, il convenuto puo' a sua volta fissare all'attore per eventuale replica un termine stabilito ancora una volta solo nel minimo e con lo stesso meccanismo l'art. 6 prevede la possibilita' di una replica da parte dell'attore e l'art. 7 la possibilita' di una controreplica da parte del convenuto e poi, ancora, ulteriori repliche e controrepliche. Solo a seguito dell'istanza di fissazione di udienza di cui all'art. 8 interviene il giudice in un momento pero' in cui sia il thema decidendum che il thema probandum si sono gia' definitivamente formati, totalmente al di fuori, quindi, del controllo del giudice. D'alta parte la stessa istanza di fissazione di udienza, con gli effetti preclusivi rilevantissimi stabiliti dall'art. 10, e' uno strumento lasciato nella totale disponibilita' delle parti o anche di una sola di esse, che puo' utilizzarlo a suo piacimento, nel momento ritenuto piu' opportuno. Ancora poi va segnalato l'art. 13 in tema di contumacia o di costituzione tardiva del convenuto, che introduce l'innovativo principio (di cui nella delega non vi e' traccia) per cui nel caso in cui il convenuto non notifichi la comparsa di risposta nel termine stabilito o anche solo si costituisca tardivamente «i fatti affermati dall'attore ...si intendono non contestati e il tribunale decide sulla domanda in base alla concludenza di questa». Emerge dunque chiaramente che il legislatore delegato, in forza di una delega assolutamente carente sotto il profilo dell'indicazione di criteri direttivi, ha potuto creare una disciplina interamente nuova per il processo societario di cognizione ordinaria, anticipando quel rito ordinario prefigurato dai testo redatto dalla commissione ministeriale per la riforma del processo civile. Questo tribunale, quindi, ritiene che non possa andare esente da dubbi di costituzionalita' una legge di delega che nel consentire la creazione di un nuovo processo, seppur circoscritto a determinate materie, si limiti ad indicare un obiettivo, quello di «assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti», un divieto di «modifica della competenza territoriale e per materia», una preferenza per la collegialita', un rilevante ruolo del tentativo di conciliazione e un'indicazione di massima a favore della «concentrazione del procedimento e riduzione dei termini processuali». Di conseguenza ad avviso del Collegio, in quanto non manifestamente infondata, va rimessa la questione di costituzionalita' dell'art. 12 della legge n. 336/2001 nella parte relativa al procedimento ordinario di primo grado e, per derivazione, degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003. La questione e', altresi', rilevante in quanto la presente controversia, rientrando tra quelle di cui alla lettera d) dell'art. 1 del decreto legislativo n. 5/2003, e' stata promossa e va trattata secondo le norme previste dal predetto decreto - emanato in forza della suddetta legge di delega - disciplinante per l'appunto il giudizio di cognizione di primo grado davanti al tribunale in composizione collegiale nelle materie di cui all'art. 1 del decreto citato e, come e' evidente, dalla pronunzia della Corte costituzionale dipende l'applicabiita' della intera nuova disciplina processuale alla concreta fattispecie sottoposta al vaglio di questo tribunale. In subordine, e per l'ipotesi in cui la Corte dovesse ritenere costituzionalmente legittimo l'art. 12 della legge n. 366/2001, questo tribunale ritiene che non sia manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita' degli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003 per contrasto con l'art. 76 della Costituzione, in quanto emanati eccedendo dai principi e criteri direttivi dettati dalla legge n. 366 del 2001. Ed invero, per evitare il sospetto d'incostituzionalita' per indeterminatezza e genericita' dell'art. 12, legge citata, dovrebbe necessariamente leggersi la legge n. 366/2001, come gia' fatto da altri giudici ordinari (cfr. ordinanza del Tribunale di Brescia del 18 ottobre 2004 che ha rimesso la questione alla Corte costituzionale), facendo riferimento alla disciplina del vigente processo di cognizione davanti al tribunale, come contenuta nel libro II, titolo I, c.p.c., il rito cioe' che sino al 31 dicembre 2003 e' stato applicato anche alle controversie societarie. La disciplina del processo di cognizione davanti al tribunale contenuta nel codice di procedura civile prevede che il processo si svolga attraverso la successione di piu' udienze fisse e obbligatorie, in particolare quella di prima comparizione (art. 180 c.p.c.), quindi la prima udienza di trattazione (art. 183 c.p.c.), cui puo' seguire un'udienza per la discussione e l'ammissione delle prove (art. 184 c.p.c. ) ed eventualmente una seconda udienza, su richiesta delle parti, sempre per la discussione e l'ammissione delle prove (art. 184, primo comma, seconda parte, c.p.c.) e quindi, all'esito, un'ulteriore udienza di precisazione delle conclusioni (art. 189 c.p.c.). Se si volesse individuare una determinatezza dei criteri direttivi nella legge di delega, quindi, dovrebbe necessariamente ritenersi che il legislatore delegante, indicando il principio di «concentrazione del procedimento», abbia fatto evidentemente riferimento proprio alla suddetta scansione prevista nel processo ordinario. Ugualmente il processo ordinario vigente prevede che fra il giorno della notificazione e quello dell'udienza di comparizione debbano intercorrere termini liberi non minori di sessanta giorni, fissa il termine meramente ordinatorio di quindici giorni per la successione fra le varie udienze (art. 81 delle norme di attuazione c.p.c.), stabilisce ai sensi dell'art. 183 c.p.c., quinto comma, un termine massimo di trenta giorni per il deposito di memorie e di altri trenta giorni per le repliche, non prestabilisce nessun termine per il deposito delle memorie istruttorie ex art. 184 c.p.c., primo comma, seconda parte, prevede il termine di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di venti per eventuali repliche. Soltanto con il riferimento a tali termini potrebbe riempirsi di contenuto la generica indicazione del legislatore delegante del principio di «riduzione dei termini processuali». Solo questa lettura - estremamente riduttiva e per questo sottoposta in via subordinata rispetto all'altra - dei principi fissati dal legislatore delegante, altrimenti invero generici, sarebbe possibile per evitare il dubbio di costituzionalita' della legge n. 366 del 2001. E' pero' evidente che in questo caso l'articolato contenuto negli artt. da 2 a 17, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, con cui si e' data attuazione alla delega, contrasterebbe con i principi fissati dal legislatore delegante per «eccesso di delega», alla luce delle caratteristiche del nuovo rito societario come gia' sopra sintetizzate. Il decreto legislativo n. 5/2003, infatti, non ha previsto un rito concentrato rispetto all'attuale rito ordinario disciplinato dagli artt. 163 ss. c.p.c., ma, come gia' sopra evidenziato, ha introdotto nell'ordinamento un'anticipazione del rito ordinario prefigurato dal testo redatto dalla commissione ministeriale per la riforma del processo civile. Anche la questione di costituzionalita' proposta in via subordinata e' rilevante ai fini del presente giudizio per le stesse ragioni indicate per la questione proposta in via principale. Tanto premesso in fatto ed in diritto, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione sulla questione pregiudiziale di legittimita' costituzionale, siccome rilevante e non manifestamente infondata, ed il presente giudizio va sospeso. Alla cancelleria vanno affidati gli adempimenti di competenza, di cui alla predetta norma.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge dell'11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante per il giudizio e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 76 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge n. 366/2001 nella parte in cui, in relazione al giudizio ordinario di primo grado in materia societaria, non indica i principi ed i criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare le scelte del legislatore delegato e, per derivazione, degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5/2003; In via subordinata, dichiara rilevante per il giudizio e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 76 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5/2003 perche' difformi dai principi e criteri direttivi dettati dalla legge delega n. 366/2001; Ordina alla cancelleria di notificare la presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' di darne comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati e alle parti del presente giudizio; Dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso. Si comunichi a cura della cancelleria. Cosi' deciso in Napoli, nella Camera di consiglio del 5 ottobre 2005. Il Presidente: Baldini 07C0717