N. 410 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 2005

Ordinanza  emessa  il  6  ottobre  2005  dal  tribunale di Napoli nel
procedimento civile promosso da SI.GA.L S.r.l. contro Unicredit Banca
S.p.A.

Societa'  -  Controversie  in  materia  di  diritto  societario  e di
  intermediazione  finanziaria  - Procedimento di primo grado dinanzi
  al tribunale in composizione collegiale - Disciplina introdotta dal
  legislatore  delegante  -  Mancata  o  insufficiente indicazione di
  principi   e   criteri  direttivi  nella  legge  di  delegazione  -
  Illegittimita' derivata della disciplina introdotta dal legislatore
  delegato.
- Legge  3 ottobre  2001, n. 366, art. 12; «per derivazione», decreto
  legislativo  17 gennaio  2003,  n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9,
  10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17.
- Costituzione, art. 76.
In via  subordinata:  Societa'  -  Controversie in materia di diritto
  societario e di intermediazione finanziaria - Procedimento di primo
  grado  dinanzi al tribunale in composizione collegiale - Disciplina
  introdotta  dal  legislatore  delegato - Difformita' dai principi e
  criteri  direttivi  posti  dalla  legge  n. 366/2001  -  Eccesso di
  delega.
- Decreto  legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7,
  8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17.
- Costituzione,  art. 76, in relazione all'art. 12 della legge delega
  3 ottobre 2001, n. 366.
(GU n.22 del 6-6-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
al n. 21338/2004 R.G. Aff. Cont. Civ. tra SI.GA.L. S.r.l. - «Societa'
Italiana Gestione Alberghi», in persona del legale rappresentante pro
tempore, Umberto Italiano, rappresentato e difeso dall'avv.to Stefano
Maria  Russo  presso il quale e' elettivamente domiciliato in Napoli,
via S. Lucia n. 107, giusta procura in margine all'atto di citazione,
attrice   e   UniCredit   Banca   S.p.A.,   in   persona  del  legale
rappresentante  pro  tempore  rappresentata  e  difesa,  in  forza di
procura  generale  alle liti autenticata dal notaio Pietro Soriani di
Milano,  in data 18 febbraio 2000, rep. 216361, dagli avv. Gaetano De
Simone,  Antonio  De Simone e M. Rosaria De Simone, presso i quali e'
elettivamente  domiciliata  in  Napoli,  alla  via  S.  Lucia  n. 40,
convenuta.
                   P r e m e s s o  i n  F a t t o
    Con  atto  di  citazione notificato all'UniCredit Banca S.p.A. in
data 25 giungo 2004, la S.I.G.A.L. S.r.l., esponeva:
        che  da  numerosi anni e' cliente del Credito Italiano - oggi
UniCredit  S.p.a.  -  cosi'  come  lo  sono  altre  societa'  facenti
capo alla medesima compagine sociale;
        che  nel  1998,  nell'ambito  di  una piu' complessa serie di
operazioni  imprenditoriali  tra le societa' facenti capo alla stessa
compagine  sociale  della  Sigal  ed  il  Credito  Italiano, l'allora
Responsabile  Gestione  Clienti  Napoli  Ovest  del detto istituto di
credito   propose  alla  S.I.G.A.L.  una  tipologia  di  investimento
attraverso  la quale ancorare un contratto di mutuo a tasso variabile
-  stipulato  nel  1997  con  il  Monte Paschi Siena per l'importo di
1.500.000.000  di  vecchie  lire  -  ad  un  ben determinato tasso di
interesse.
        che   tale   operazione   fu   illustrata   come   operazione
estremamente  vantaggiosa, in quanto, attraverso di essa, si andavano
a  tamponare  i  rischi  scaturenti dalla variabilita' del tasso come
pattuita  nel  surrichiamato contratto di mutuo concluso con il Monte
Paschi Siena;
        che  fu  spiegato  al  legale  rappresentante della SI.G.AL.,
dott.  Umberto  Italiano,  che  in  caso di oscillazioni dei tassi di
interesse  al  di sopra di determinati parametri, il Credito Italiano
si  sarebbe  impegnato a pagare la differenza in esubero tra il tasso
di  riferimento  precedentemente convenuto ed il tasso effettivo alla
scadenza di ogni rata del mutuo;
        che  l'illustrazione  di  tale operazione fu fatta in maniera
alquanto  generica, calcando molto la mano sul fatto che, grazie alla
stessa,  le  incertezze  scaturenti  dalla variabilita' del tasso del
sopra     citato    mutuo    potessero    trovare    un    favorevole
controbilanciamento,  in  modo  da  stabilizzare il tasso, come se si
trattasse di un mutuo a tasso fisso;
        che  pertanto,  in data 5 maggio 1998, la Sigal stipulava con
il  Credito Italiano un contratto denominato «10 Year Euroswap» (doc.
1),  basandosi  su  queste  poche,  ma  apparentemente  rassicuranti,
informazioni;
        che  ben  presto,  tuttavia,  emerse una situazione del tutto
diversa  da quella che era stata illustrata, considerato che gia' dal
1999  la  Sigal  vedeva addebitarsi continuamente importi sul proprio
conto corrente, in forza del contratto stipulato;
        che  dopo  vari  solleciti verbali; con lettera del 30 giugno
2000 (doc. 2) la Sigal chiedeva «che ad ogni scadenza contrattuale le
venga  fatto  recapitare  lo  sviluppo  dei calcoli che determina gli
importi a credito/debito»;
        che  a  tale  richiesta  il  Credito  Italiano non rispondeva
alcunche',  sicche' con successiva lettera del 20 novembre 2000 (doc.
3),  la  Sigal  chiedeva  ancora  una  volta  i  calcoli afferenti al
rapporto  contrattuale,  e chiedeva anche copia del contratto stesso,
che non le era stata mai rilasciata;
        che   soltanto  nel gennaio  del  2001  il  Credito  Italiano
rispondeva,  precisamente  con  lettera del 16 gennaio 2001 (doc. 4),
con  la  quale  laconicamente si limitava a asserire che «desideriamo
assicurarvi  di  aver  gia' disposto i necessari approfondimenti. Con
riserva  di tornare in argomento al piu' presto possibile, tramite la
nostra Filiale interessata»;
        che  considerato  che  il  tempo  passava  senza  che  alcuna
comunicazione fosse pervenuta alla Sigal, ed intanto gli addebiti sul
conto  corrente  continuavano,  la societa' contatto' direttamente la
Filiale,  e  li'  fu  fatto  presente  che  l'eventuale  recesso  dal
contratto  avrebbe  comportato  un  esborso, a carico della Sigal, di
circa 60 milioni di vecchie lire;
        che  in  effetti,  solo  durante  tali incontri la S.I.G.A.L.
veniva  a  conoscenza  che  l'operazione portata a termine, lungi dal
garantire  un  tasso  di  interesse fisso all'originario contratto di
mutuo,  era  in  realta'  un'operazione  di  interest swap rientrante
nell'ampia  categoria  dei  cc.dd.  «strumenti  finanziari  derivati»
caratterizzati da un elevato grado di rischiosita';
        che  il  Credito  Italiano,  dal canto proprio, asserendo che
intercorrevano  «buoni  rapporti» con la attrice - cosa di cui appare
legittimo  dubitare  a  fronte  di quanto fin qui narrato e di quanto
accaduto  successivamente  - si rese disponibile a rinunciare a detta
somma  a  condizione  che essa S.I.G.A.L. sottoscrivesse un contratto
per un nuovo prodotto finanziario;
        che  pertanto, in data 25 gennaio 2001 la Sigal sottoscriveva
una  dichiarazione  di  recesso  (doc.  5),  cosi'  come  predisposta
dall'Istituto  di  Credito,  e immediatamente dopo stipulava un nuovo
contratto,  denominato «Q - 3D Z.E.T.A. Swap 3009/01» (doc. 6), che -
secondo   le  rassicurazioni  degli  esperti  operatori  del  Credito
Italiano  -  avrebbe  dovuto  garantire  netti  vantaggi operativi ed
economici rispetto al precedente contratto;
        che  tuttavia il secondo contratto si e' manifestato ben piu'
oneroso rispetto a quello che andava a sostituire;
        che con lettera del 21 marzo 2002 (doc. 7), e con riferimento
al  secondo contratto sottoscritto, la S.I.G.A.L. chiedeva «...che ad
ogni scadenza contrattuale ci venga fatto recapitare, unitamente alla
contabile bancaria, lo sviluppo dei calcoli che determina gli importi
a credito/debito»;
        che  poiche'  ancora una volta il Credito Italiano rispondeva
in  modo  del  tutto  evasivo,  asserendo, con lettera dell'11 aprile
2002,   che   si   riservava   «...di  tornare  in  argomento  appena
possibile...»  (doc.  8),  essa  istante,  a  mezzo di lettera del 15
maggio 2002 (doc. 9), evidenziava che «...nemmeno all'ultima scadenza
ci  e' stato recapitato lo sviluppo dei calcoli per la determinazione
degli  importi», contestando «...formalmente i conteggi ed i relativi
importi  addebitati in c/c del 29 gennaio 2002 e 29 aprile 2002...» e
facendo  espressa  riserva  di  tutelare  i  propri interessi in sede
legale, ed intanto, continuavano gli addebiti a carico della Sigal;
        che   rivoltasi   al  proprio  legale,  questi,  con  lettera
raccomandata  a.r. del 3 febbraio 2003 (doc. 11), dopo aver esposto i
motivi  in  diritto  che  rendevano  invalido  il  contratto  «Q - 3D
Z.E.T.A.  Swap 3009/01» e riservandosi maggiori approfondimenti anche
con  riguardo  al precedente contratto del 1998, diffidava il Credito
Italiano  a  «non  richiedere  ulteriori versamenti alla societa' mia
cliente  che  si  ricolleghino al suddetto contratto di Interest Rate
Swap,  poiche'  nullo e quindi improduttivo di qualunque effetto» e a
restituire  alla societa' «le somme di denaro da Voi illegittimamente
richieste  e  percepite  fino ad oggi sulla base del contratto del 25
gennaio 2001, ed ammontanti a complessivi Euro 32.738,09»;
        che  nel  successivo estratto conto al 28 febbraio 2003 (doc.
13)  l'Istituto di Credito non effettuava ulteriori addebiti a carico
della  Sigal,  la  qual  cosa  veniva  da  quest'ultima rimarcata con
lettera del 17 marzo 2003 inviata dal proprio legale (doc. 14), nella
quale  si  evidenziava che in tal modo la banca aveva riconosciuto le
ragioni  della  societa',  pur non avendo ancora restituito l'importo
richiesto e si invitava la banca, ancora una volta, a restituire alla
Sigal  gli  importi  illegittimamente  percepiti,  e  si diffidava la
stessa  a  non effettuare segnalazioni alla Centrale Rischi in merito
alla  pregressa debitoria riportata nel detto estratto conto e che, a
detta della banca, la Sigal avrebbe maturato;
        che anche il successivo estratto conto al 31 marzo 2003 (doc.
15),  pur  mantenendo la pregressa presunta debitoria della societa',
peraltro  contestata  dalla  stessa anche questa volta, non conteneva
ulteriori  addebiti  a  suo carico che con lettera del 14 luglio 2003
(doc.  16)  l'Unicredit  scriveva al procuratore della Sigal, facendo
riferimento  ad  una presunta informativa che sarebbe stata resa alla
Sigal  al  momento  della sottoscrizione del contratto del 25 gennaio
2001 e si faceva riferimento alla sottoscrizione di una dichiarazione
con  la  quale la societa' avrebbe attestato la propria competenza in
materia,  sostenendo quindi la validita' del contratto e evidenziando
che  l'eventuale recesso dallo stesso avrebbe comportato il pagamento
di ben Euro 105.000,00;
        che  la  Sigal puntualmente contestava gli estratti conto che
la banca, neppure in maniera continuativa e regolare, inviava;
        che,  improvvisamente,  dopo  un  lungo  periodo  di silenzio
durante  il  quale  la  UniCredit  mancava  anche  di  inviare taluni
estratti  conto,  quest'ultima,  con comunicazione del 19 aprile 2004
indirizzata  alla Sigal (doc. 18), richiedeva «il versamento entro 15
giorni  dalla  ricezione della presente, della somma di Euro 70.170,2
oltre  agli  interessi  contrattuali  del 1° gennaio 2004 a copertura
della  esposizione  del  Vostro  conto  corrente ordinario n. 4017784
presso  lo  sportello  di Ischia, nonche' gli eventuali differenziali
negativi  relativi  al  contratto  in oggetto sottoscritto in data 25
gennaio 2001 che dovessero nel frattempo maturare»;
        che  come  la  banca  abbia  quantificato  tale  richiesta e'
apparso  del  tutto  incomprensibile, non essendovi alcuna traccia di
tutto cio' nei precedenti estratti conto;
        che   l'UniCredit   aveva  posto  in  essere  gravi  mancanze
certamente  sul  piano  della  condotta  con  riguardo ai principi di
correttezza e buona fede e con riguardo al rispetto delle norme sulla
trasparenza,  informativa, di contenuti del contratto dettate sia con
riguardo  al  contratto  concluso nel 1998, sia con riguardo a quello
concluso nel 2001;
        che  alcun  valore  giuridico  puo'  essere  attribuita  alla
dichiarazione sottoscritta in data 30 aprile 1998, in quanto trattasi
di modulo predisposto unilateralmente dalla banca in violazione della
normativa  vigente, e comunque dolosamente e subdolamente preordinato
a   tutelare   l'Istituto   di   Credito   in  danno  della  societa'
investitrice;
        che  peraltro  i contratti in questione sono certamente nulli
per  violazione  di  norme imperative, e comunque vanno annullati per
dolo  della  banca,  nell'accezione  di  cui all'art. 1439 del codice
civile,  o,  in  subordine,  di  cui all'art. 1440 del codice civile,
ovvero per errore della Sigal nell'accezione di cui all'art. 1429 del
codice   civile,   con   conseguente   obbligo   dall'UniCredit  alla
restituzione di tutte le somme indebitamente percepite sulla base dei
menzionati contratti.
    Tutto  cio' premesso conveniva l'UniCredit Banca S.p.A, innanzi a
questo Tribunale per ivi sentire cosi' provvedere:
        A) con  riguardo al contratto «10 Year Euroswap» del 5 maggio
1998:
          1) accertare   e  dichiarare  l'invalidita',  la  nullita',
l'inefficacia  e/o  comunque  annullare  la dichiarazione a firma del
legale  rappresentante  della  societa' Sigal datata 30 aprile 1998 e
prodotta  sub  22,  per  i  motivi  esposti  nel  corpo  dell'atto di
citazione;
          2) per  l'effetto,  ed in ogni caso, accertare e dichiarare
l'invalidita',  la  nullita', l'inefficacia e/o comunque annullare il
contratto «10 Year Euroswap» per i motivi esposti nel corpo dell'atto
di citazione;
          3) per  l'effetto,  condannare  UniCredit Banca S.p.A. alla
restituzione   di   tutte  le  somme  dalla  stessa  illegittimamente
percepite  sulla  base  del contratto «10 Year Euroswap» del 5 maggio
1998, oltre interessi, con anatocismo semestrale, e rivalutazione;
          4) condannare  UniCredit  Banca  S.p.A.  al  risarcimento a
favore  di Sigal di tutti i danni, subiti e subendi, nella misura che
risultera'  accertata  in  corso di causa, anche eventualmente in via
equitativa;
        B) quanto  al  contratto del 25 gennaio 2001 «Q - 3D Z.E.T.A.
Swap 3009/01»:
          5) nella  denegata  ipotesi  in  cui il Tribunale ritenesse
estensibile  anche  al  contratto  «Q  - 3D Z.E.T.A. Swap 3009/01» la
dichiarazione  a firma del legale rappresentante della societa' Sigal
datata  30  aprile  1998,  accertare  e  dichiarare l'invalidita', la
nullita',  l'inefficacia  e/o  comunque annullare tale dichiarazione,
per i motivi esposti nel corpo dell'atto di citazione;
          6) per  l'effetto,  ed in ogni caso, accertare e dichiarare
l'invalidita',  la  nullita', l'inefficacia e/o comunque annullare il
contratto  «Q  - 3D Z.E.T.A. Swap 3009/2001» per i motivi esposti nel
corpo dell'atto di citazione;
          7) per  l'effetto, accertare e dichiarare l'inesistenza del
credito preteso da UniCredit Banca S.p.A. e di cui all'ultima lettera
dalla stessa inviata in data 19 aprile 2004;
          8) condannare,   altresi',   UniCredit  Banca  S.p.A.  alla
restituzione   di   tutte  le  somme  dalla  stessa  illegittimamente
percepite  sulla  base  del contratto «Q - 3D Z.E.T.A. Swap 3009/01»,
oltre interessi, con anatocismo semestrale, e rivalutazione;
          9) condannare  UniCredit  Banca  S.p.A.  al  risarcimento a
favore  di Sigal di tutti i danni, subiti e subendi, nella misura che
risultera'  accertata  in  corso di causa, anche eventualmente in via
equitativa;
          10) condannare  la  banca  convenuta al pagamento di spese,
diritti ed onorari di causa.
    Si   costituiva  la  UniCredit  S.p.A.,  in  persona  del  legale
rappresentante  pro  tempore, eccependo in primo luogo l'incompetenza
del  giudice  adito per irritualita' della domanda proposta a seguito
dell'entrata  in  vigore del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, chiedendo,
pertanto,  a  mente  dell'art.  1, d.lgs. cit. la cancellazione della
causa dal ruolo.
    Nel  merito  contestava  in  ogni  suo  punto  la domanda attorea
chiedendone  il  rigetto;  deduceva  che  l'attrice non era un'ignara
risparmiatrice,  ma  un «operatore qualificato» come da dichiarazione
sottoscritta  dal legale rappresentante della Sigal in data 30 aprile
1998;  contestava,  per  i  motivi  tutti  esplicitati in comparsa, e
ribaditi  nelle  memorie  di  cui agli artt. 6 e 7, d.lgs. 2003/5, la
dedotta  invalidita'  dei  contratti  conclusi dall'attrice; spiegava
inoltre   domanda   riconvenzionale   per  ottenere  dall'attrice  il
pagamento  di  euro  102.244,74, oltre interessi convenzionali dal 1°
ottobre  2004  al  tasso  del  13,45%,  quali  somme di cui l'attrice
risultava debitrice in virtu' dei rapporti per cui e' causa.
    All'udienza  del 4 novembre 2004, l'attrice aderiva all'eccezione
preliminare di rito sollevata dalla convenuta, sicche' il giudicante,
ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 1, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5,
disponeva  il  mutamento  del rito e la cancellazione della causa dal
ruolo.
    Le  parti  successivamente  provvedevano alla notificazione ed al
deposito  di  memorie  di  replica ex artt. 6 e 7 decreto legislativo
n. 5/2003.
    Notificata  da parte attorea alla convenuta istanza di fissazione
di  udienza  ex art. 8, d.lgs. citato, il giudice relatore designato,
con decreto del 19 luglio 2005, fissava l'udienza collegiale ai sensi
dell'art. 12, decreto citato, provvedeva sulle richieste istruttorie,
indicando alle parti la questione rilevabile d'ufficio in ordine alla
costituzionalita'  per  eccesso  di  delega  del  decreto legislativo
n. 5/2003.
    All'udienza   collegiale   del   5  ottobre  2005  il  presidente
preliminarmente  invitava  le  parti  a  discutere anche in ordine ad
eventuali  profili  di  incostituzionalita'  del  decreto legislativo
n. 5/2003, indi il Tribunale si riservava la decisione.

                            O s s e r v a

   i n  d i r i t t o     Preliminarmente questo tribunale ritiene di
sollevare  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 12
della   legge   n. 366/2001   con   riferimento   all'art. 76   della
Costituzione  nella  parte in cui, in relazione al giudizio ordinario
di  primo  grado  in  materia  societaria, non indica i principi ed i
criteri   direttivi  che  avrebbero  dovuto  guidare  le  scelte  del
legislatore delegato e, per derivazione, degli articoli da 2 a 17 del
decreto  legislativo  n. 5  del  17  gennaio  2003,  nonche',  in via
subordinata,  degli  articoli  da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5
del  17  gennaio  2003  in  relazione all'art. 76 della Costituzione,
perche'  difformi  dai principi e dai criteri direttivi dettati dalla
legge di delega n. 366/2001.
    Ed  invero,  quanto  alla  non manifesta infondatezza della prima
delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale sopra indicate, si
osserva che l'art. 12 della legge n. 366/2001 dispone:» Il Governo e'
inoltre   delegato  ad  emanare  norme  che,  senza  modifiche  della
competenza  per territorio e per materia, siano dirette ad assicurare
una  piu'  rapida  ed  efficace  definizione  di  procedimenti  nelle
seguenti materie:
        a) diritto  societario,  comprese le controversie relative al
trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali;
        b) materie disciplinate dal testo unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo
24 febbraio  1998,  n. 58,  e  successive  modificazioni, e dal testo
unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto
legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
    2) per il perseguimento delle finalita' e nelle materie di cui al
comma 1,  il Governo e' delegato a dettare regole processuali, che in
particolare possano prevedere:
        a) la  concentrazione  del  procedimento  e  la riduzione dei
termini processuali;
        b)  l'attribuzione  di tutte le controversie nelle materie di
cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi
eccezionali  di  giudizio  monocratico in considerazione della natura
degli interessi coinvolti;
        c)  la  mera  facoltativita'  della  successiva instaurazione
della  causa  di  merito dopo l'emanazione di un provvedimento emesso
all'esito  di  un  procedimento  sommario cautelare in relazione alle
controversie  nelle  materie  di  cui  al comma 1, con la conseguente
definitivita'   degli   effetti   prodotti  da  detti  provvedimenti,
ancorche'  gli  stessi non acquistino efficacia di giudicato in altri
eventuali giudizi promossi per finalita' diverse;
        d) un   giudizio   sommario   non   cautelare,  improntato  a
particolare   celerita'   ma   con  il  rispetto  del  principio  del
contraddittorio,  che  conduca  alla  emanazione  di un provvedimento
esecutivo anche se privo di efficacia di giudicato;
        e) la  possibilita'  per  il  giudice di operare un tentativo
preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi
essenziali,  assegnando eventualmente un termine per la modificazione
o  la  rinnovazione di atti negoziai su cui verte la causa e, in caso
di    mancata    conciliazione,    tenendo    successivamente   conto
dell'atteggiamento  al  riguardo  assunto  dalle  parti ai fini della
decisione sulle spese di lite;
        f) uno  o  piu'  procedimenti  camerali,  anche  mediante  la
modifica degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile
ed  in  estensione  delle  ipotesi  attualmente  previste  che, senza
compromettere  la  rapidita'  di  tali  procedimenti,  assicurino  il
rispetto dei principi del giusto processo;
        g) forme  di comunicazione periodica dei tempi medi di durata
dei  diversi  tipi  di  procedimento  di  cui alle lettere precedenti
trattati  dai  tribunali,  dalle  Corti  di  appello e dalla Corte di
cassazione».
    Cio' posto, si rileva che l'art. 76 della Costituzione stabilisce
che  l'esercizio  della funzione legislativa non puo' essere delegato
al Governo se non con determinazione dei principi e criteri direttivi
e soltanto per un tempo limitato e per oggetti definiti.
    La  migliore  dottrina  e  la  stessa  giurisprudenza della Corte
costituzionale  hanno da sempre interpretato tale norma nel senso che
essa  intende vietare non solo il trasferimento di pieni poteri dalle
Camere  al  Governo,  ma  qualunque legge delegante che non operi una
previa  determinazione  della  portata  e  del  tipo della disciplina
delegata,  cosicche'  l'attivita' del Governo risulti sostanzialmente
vincolata   a  realizzare  con  un  circoscritto  margine  di  scelta
operativa  una  serie  di risultati gia' precostituiti da parte delle
Camere,  assolvendo  in  sostanza  le  norme  delegate  una  funzione
attuativa delle norme deleganti.
    Conseguentemente il legislatore ordinario deve stabilire principi
e  criteri  cosi'  specificati  da far prevedere l'esito finale della
delega, pena l'incostituzionalita' della legge delega per genericita'
ed indeterminatezza.
    Orbene,  ritiene  questo  Tribunale  che  nel  caso  in  esame il
legislatore  delegante non ha indicato con sufficiente determinazione
i  principi  ed  i  criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare il
legislatore delegato.
    Dal   dettato   dell'art. 12,   legge   n. 366/2001,  infatti,  -
escludendo  il  riferimento  ai  principi dettati in tema di giudizio
cautelare  che riguardano profili non rilevanti nel presente giudizio
-  sono  estrapolabili  i  seguenti  principi: 1) divieto di modifica
della  competenza  per  territorio  e  per  materia; 2) necessita' di
assicurare  una  piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti;
3) possibilita'  di  dettare  regole  processuali  che in particolare
possano   prevedere:  a) la  concentrazione  del  procedimento  e  la
riduzione  dei  termini  processuali;  b) l'attribuzione  di tutte le
controversie  nelle  materie  di  cui  al  comma 1  al  tribunale  in
composizione  collegiale,  salvo  ipotesi  eccezionali  di.  giudizio
monocratico in considerazione della natura degli interessi coinvolti;
c) la possibilita' per il giudice di operare un tentativo preliminare
di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi essenziali,
assegnando eventualmente un termine per la modifica o la rinnovazione
di  atti  negoziai  su  cui  verte  la  causa  e,  in caso di mancata
conciliazione,  tenendo  successivamente  conto dell'atteggiamento al
riguardo  assunto  dalle parti ai fini della decisione sulle spese di
lite.
    Nella legge n. 366/2001, quindi, il legislatore si e' limitato ad
indicare   le   materie   nelle   quali  il  Governo  sarebbe  potuto
intervenire,  l'obiettivo  di  rendere  piu'  rapida  ed  efficace la
definizione  dei procedimenti, il divieto di modificare la competenza
per  territorio  e  per  materia,  la  tendenziale  collegialita' del
procedimento, la possibilita' di valutare l'atteggiamento delle parti
in  sede  di  tentativo di conciliazione e la possibilita' di dettare
regole  che  favorissero la riduzione dei termini e la concentrazione
del procedimento.
    Nulla  tuttavia  la  legge  delega ha detto in ordine allo schema
processuale da adottare, lasciato non piu' alla scelta discrezionale,
ma all'arbitrio del legislatore delegato, come emerge chiaramente dal
decreto  legislativo n. 5 del 17 gennaio 2003, che ha creato un nuovo
modello di processo.
    Ed   infatti,   come   indicato   dalla  stessa  relazione  della
commissione  ministeriale,  il  nuovo rito societario previsto per il
processo  di  cognizione  davanti  al tribunale costituisce un vero e
proprio  nuovo  modello  processuale, che si distacca volutamente sia
dal  modello  processuale  del  1942,  sia da quello del processo del
lavoro  del 1973 ed infine anche da quello delineatosi con la riforma
del  1990.  Il  nuovo  rito  di  cognizione di primo grado davanti al
tribunale  in  materia  societaria  prevede  tutta  la prima fase del
processo  senza  l'intervento  del giudice; nell'atto di citazione ai
sensi dell'art. 2 non e' piu' indicata l'udienza avanti al giudice ed
il termine che l'attore fissa al convenuto per la comunicazione della
comparsa di risposta e' fissato solo nel minimo, cosi' nella comparsa
di  risposta,  ai  sensi  dell'art. 4,  il convenuto puo' a sua volta
fissare  all'attore per eventuale replica un termine stabilito ancora
una volta solo nel minimo e con lo stesso meccanismo l'art. 6 prevede
la  possibilita'  di  una  replica da parte dell'attore e l'art. 7 la
possibilita'  di  una  controreplica  da  parte  del convenuto e poi,
ancora,   ulteriori   repliche   e  controrepliche.  Solo  a  seguito
dell'istanza di fissazione di udienza di cui all'art. 8 interviene il
giudice  in  un  momento  pero' in cui sia il thema decidendum che il
thema  probandum  si sono gia' definitivamente formati, totalmente al
di  fuori,  quindi, del controllo del giudice. D'alta parte la stessa
istanza   di  fissazione  di  udienza,  con  gli  effetti  preclusivi
rilevantissimi  stabiliti  dall'art. 10,  e'  uno  strumento lasciato
nella  totale disponibilita' delle parti o anche di una sola di esse,
che  puo'  utilizzarlo  a  suo  piacimento, nel momento ritenuto piu'
opportuno.
    Ancora  poi  va  segnalato  l'art. 13  in tema di contumacia o di
costituzione   tardiva  del  convenuto,  che  introduce  l'innovativo
principio (di cui nella delega non vi e' traccia) per cui nel caso in
cui  il  convenuto  non notifichi la comparsa di risposta nel termine
stabilito o anche solo si costituisca tardivamente «i fatti affermati
dall'attore  ...si  intendono  non  contestati  e il tribunale decide
sulla domanda in base alla concludenza di questa».
    Emerge  dunque  chiaramente che il legislatore delegato, in forza
di una delega assolutamente carente sotto il profilo dell'indicazione
di  criteri  direttivi,  ha  potuto creare una disciplina interamente
nuova per il processo societario di cognizione ordinaria, anticipando
quel  rito  ordinario prefigurato dai testo redatto dalla commissione
ministeriale per la riforma del processo civile.
    Questo  tribunale, quindi, ritiene che non possa andare esente da
dubbi  di costituzionalita' una legge di delega che nel consentire la
creazione  di  un  nuovo  processo, seppur circoscritto a determinate
materie,  si  limiti  ad indicare un obiettivo, quello di «assicurare
una  piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti», un divieto
di  «modifica  della  competenza  territoriale  e  per  materia», una
preferenza  per la collegialita', un rilevante ruolo del tentativo di
conciliazione   e   un'indicazione   di   massima   a   favore  della
«concentrazione    del   procedimento   e   riduzione   dei   termini
processuali».
    Di   conseguenza   ad   avviso   del   Collegio,  in  quanto  non
manifestamente    infondata,    va    rimessa    la    questione   di
costituzionalita'  dell'art. 12  della  legge n. 336/2001 nella parte
relativa al procedimento ordinario di primo grado e, per derivazione,
degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003.
    La  questione  e',  altresi',  rilevante  in  quanto  la presente
controversia,  rientrando tra quelle di cui alla lettera d) dell'art.
1  del decreto legislativo n. 5/2003, e' stata promossa e va trattata
secondo  le  norme  previste  dal predetto decreto - emanato in forza
della  suddetta  legge  di  delega  -  disciplinante per l'appunto il
giudizio  di  cognizione  di  primo  grado  davanti  al  tribunale in
composizione  collegiale  nelle materie di cui all'art. 1 del decreto
citato   e,   come   e'   evidente,   dalla   pronunzia  della  Corte
costituzionale  dipende l'applicabiita' della intera nuova disciplina
processuale  alla concreta fattispecie sottoposta al vaglio di questo
tribunale.
    In  subordine,  e  per l'ipotesi in cui la Corte dovesse ritenere
costituzionalmente   legittimo  l'art. 12  della  legge  n. 366/2001,
questo  tribunale  ritiene  che  non  sia manifestamente infondato il
dubbio  di  costituzionalita'  degli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9,
10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003
per  contrasto  con  l'art. 76  della Costituzione, in quanto emanati
eccedendo dai principi e criteri direttivi dettati dalla legge n. 366
del 2001.
    Ed  invero,  per  evitare  il  sospetto d'incostituzionalita' per
indeterminatezza  e  genericita' dell'art. 12, legge citata, dovrebbe
necessariamente  leggersi  la  legge  n. 366/2001, come gia' fatto da
altri  giudici  ordinari (cfr. ordinanza del Tribunale di Brescia del
18   ottobre   2004   che   ha   rimesso   la  questione  alla  Corte
costituzionale),  facendo  riferimento  alla  disciplina  del vigente
processo di cognizione davanti al tribunale, come contenuta nel libro
II,  titolo  I, c.p.c., il rito cioe' che sino al 31 dicembre 2003 e'
stato applicato anche alle controversie societarie. La disciplina del
processo  di  cognizione davanti al tribunale contenuta nel codice di
procedura  civile  prevede  che  il  processo si svolga attraverso la
successione  di  piu'  udienze  fisse  e obbligatorie, in particolare
quella  di  prima  comparizione  (art. 180  c.p.c.),  quindi la prima
udienza di trattazione (art. 183 c.p.c.), cui puo' seguire un'udienza
per  la  discussione e l'ammissione delle prove (art. 184 c.p.c. ) ed
eventualmente  una  seconda udienza, su richiesta delle parti, sempre
per la discussione e l'ammissione delle prove (art. 184, primo comma,
seconda  parte,  c.p.c.) e quindi, all'esito, un'ulteriore udienza di
precisazione  delle  conclusioni  (art. 189  c.p.c.).  Se  si volesse
individuare  una  determinatezza dei criteri direttivi nella legge di
delega, quindi, dovrebbe necessariamente ritenersi che il legislatore
delegante,    indicando   il   principio   di   «concentrazione   del
procedimento»,  abbia  fatto  evidentemente  riferimento proprio alla
suddetta scansione prevista nel processo ordinario.
    Ugualmente  il  processo  ordinario  vigente  prevede  che fra il
giorno  della  notificazione  e  quello  dell'udienza di comparizione
debbano  intercorrere  termini  liberi non minori di sessanta giorni,
fissa  il  termine  meramente  ordinatorio  di quindici giorni per la
successione  fra  le varie udienze (art. 81 delle norme di attuazione
c.p.c.),  stabilisce  ai sensi dell'art. 183 c.p.c., quinto comma, un
termine  massimo  di  trenta  giorni  per il deposito di memorie e di
altri trenta giorni per le repliche, non prestabilisce nessun termine
per  il  deposito delle memorie istruttorie ex art. 184 c.p.c., primo
comma,  seconda  parte,  prevede il termine di sessanta giorni per il
deposito  delle  comparse  conclusionali  e  di  venti  per eventuali
repliche.
     Soltanto con il riferimento a tali termini potrebbe riempirsi di
contenuto  la  generica  indicazione  del  legislatore  delegante del
principio di «riduzione dei termini processuali». Solo questa lettura
-  estremamente  riduttiva e per questo sottoposta in via subordinata
rispetto  all'altra - dei principi fissati dal legislatore delegante,
altrimenti  invero  generici, sarebbe possibile per evitare il dubbio
di costituzionalita' della legge n. 366 del 2001.
    E' pero' evidente che in questo caso l'articolato contenuto negli
artt.  da  2  a  17, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, con cui si e' data
attuazione  alla  delega,  contrasterebbe  con i principi fissati dal
legislatore  delegante  per  «eccesso  di  delega»,  alla  luce delle
caratteristiche   del   nuovo   rito   societario   come  gia'  sopra
sintetizzate.
    Il  decreto  legislativo  n. 5/2003,  infatti, non ha previsto un
rito  concentrato  rispetto  all'attuale  rito ordinario disciplinato
dagli  artt.  163  ss.  c.p.c.,  ma,  come gia' sopra evidenziato, ha
introdotto   nell'ordinamento  un'anticipazione  del  rito  ordinario
prefigurato  dal  testo redatto dalla commissione ministeriale per la
riforma del processo civile.
    Anche   la   questione   di  costituzionalita'  proposta  in  via
subordinata  e' rilevante ai fini del presente giudizio per le stesse
ragioni indicate per la questione proposta in via principale.
    Tanto  premesso  in  fatto  ed  in diritto, ai sensi dell'art. 23
della  legge  11 marzo 1953, n. 87, va disposta la trasmissione degli
atti  alla  Corte  costituzionale  per  la  decisione sulla questione
pregiudiziale di legittimita' costituzionale, siccome rilevante e non
manifestamente  infondata,  ed  il presente giudizio va sospeso. Alla
cancelleria vanno affidati gli adempimenti di competenza, di cui alla
predetta norma.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge dell'11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara   rilevante   per   il  giudizio  e  non  manifestamente
infondata,  in relazione all'art. 76 della Costituzione, la questione
di  legittimita'  costituzionale dell'art. 12 della legge n. 366/2001
nella parte in cui, in relazione al giudizio ordinario di primo grado
in  materia  societaria, non indica i principi ed i criteri direttivi
che  avrebbero  dovuto  guidare le scelte del legislatore delegato e,
per  derivazione,  degli  articoli  da 2 a 17 del decreto legislativo
n. 5/2003;
    In  via  subordinata,  dichiara  rilevante  per il giudizio e non
manifestamente    infondata,    in    relazione   all'art. 76   della
Costituzione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  degli
articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5/2003 perche' difformi
dai   principi   e  criteri  direttivi  dettati  dalla  legge  delega
n. 366/2001;
    Ordina  alla  cancelleria  di notificare la presente ordinanza al
Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' di darne comunicazione
al  Presidente  del  Senato  della  Repubblica ed al Presidente della
Camera dei deputati e alle parti del presente giudizio;
    Dispone  l'immediata  trasmissione  degli atti, comprensivi della
documentazione   attestante   il   perfezionamento  delle  prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale;
    Sospende il giudizio in corso.
    Si comunichi a cura della cancelleria.
    Cosi'  deciso  in Napoli, nella Camera di consiglio del 5 ottobre
2005.
                       Il Presidente: Baldini
07C0717