N. 417 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 dicembre 2006

Ordinanza  emessa  il  6  dicembre  2006  dal G.I.P. del Tribunale di
Novara nel procedimento penale a carico di De Luca Franco

Reati  e  pene  -  Circostanze  del  reato  - Concorso di circostanze
  aggravanti  e  attenuanti - Divieto di prevalenza delle circostanze
  attenuanti  sulle  circostanze  inerenti alla persona del colpevole
  nel  caso  previsto dall'art. 99, quarto comma, cod. pen. (recidiva
  reiterata) - Lesione del principio della funzione rieducativa della
  pena.
- Codice  penale,  art. 69, comma quarto, come modificato dall'art. 3
  della legge 5 dicembre 2005, n. 251.
- Costituzione, art. 27, comma terzo.
(GU n.23 del 13-6-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Visti   gli  atti  del  procedimento  penale  soprarubricato  nei
confronti  di  De  Luca Franco per il reato ex artt. 99, quarto comma
c.p.  e 73, comma 1-bis lettera a) d.P.R. n. 309/1990, in Borgomanero
fino all'11 aprile 2006, osserva;

                              In fatto

    In data 11 aprile 2006 il De Luca veniva tratto in arresto per il
reato detenzione illecita di sostanze stupefacenti del tipo hashish.
    Il  provvedimento  restrittivo  scaturiva  dall'esecuzione  di un
decreto  di  perquisizione  locale  e  personale disposto dal p.m. di
Novara nei confronti dell'odierno imputato, a seguito di indagini sul
traffico di stupefacente nel borgomanerese.
    Le  perquisizioni  effettuate  davano  esito positivo, portando a
rinvenimento e sequestro di 403 gr. di hascish, suddivisi in due pani
da 50 gr. ciascuno rinvenuti in una cassettiera della camera da letto
ed  altri  due  panetti  di  peso  complessivo  intorno  ai  310 gr.,
rinvenuti  nel rivestimento di una parete; venivano inoltre rinvenuti
un  bilancino  elettronico  di  precisione, un coltello con tracce di
hascish e denaro in contante.
    L'esito  positivo  del  narcotest  per  lo stupefacente rinvenuto
portava  all'arresto del De Luca per il flagrante reato di detenzione
ai fini di spaccio per come declinato in imputazione.
      In  sede  di  interrogatorio di convalida De Luca non negava le
proprie  responsabilita' riconoscendo di spacciare, e che la somma di
cui  era  stato  trovato  in  possesso  era  provento  dell'attivita'
illecita.
    Il  provvedimento  restrittivo veniva convalidato ed applicata la
misura cautelare della custodia in carcere.
    Acquisiti  gli  esiti delle analisi chimico tossicologiche, sulla
base  di  tale  attivita'  istruttoria  il g.i.p. emetteva decreto di
fissazione  dell'udienza preliminare a seguito di richiesta formulata
dal p.m. L'imputato ha avanzato in quella sede istanza di definizione
con  patteggiamento,  nelle  cui  condizioni  figurava l'applicazione
delle  attenuanti generiche e di quella relativa al comma 5, art. 73,
d.P.R.  n. 309/1990 che si volevano prevalenti rispetto alla recidiva
ex  art. 99,  quarto  comma,  contestata  all'imputato,  al  fine  di
adeguare il trattamento sanzionatorio al fatto.
    In  difetto  del  concreto  consenso  della  pubblica accusa alla
proposta,  l'imputato  ha  comunque  dichiarato  di voler definire il
processo  col rito abbreviato, senza rinuncia alla prospettazione del
bilanciamento delle circostanze come sopra effettuato.
    In  sede  di  celebrazione  dell'udienza  camerale  la  difesa ha
sollevato    in   via   preliminare   eccezione   di   illegittimita'
costituzionale  dell'art. 3,  legge  n. 251/2006 per violazione degli
artt. 3,  primo  comma,  25,  secondo comma, e 27, terzo comma Cost.,
ritenendo  tale norma incostituzionale nella parte in cui preclude il
giudizio di prevalenza circostanziale tra aggravanti ed attenuanti in
caso di recidivo ex art. 99, quarto comma c.p.
    Il  p.m. si e' associato alla richiesta difensiva evidenziando la
fondatezza e la manifesta rilevanza della questione sollevata.
                             In  Diritto
    La  questione di illegittimita' costituzionale appare rilevante e
fondata unicamente in relazione all'art. 27, terzo comma Cost.
       In punto rilevanza della questione sollevata si osserva
    E'  pacificamente  emersa  (e  non e' in ogni caso contestata) la
condotta   materiale   della   detenzione   di  gr. 403  di  sostanza
stupefacente tipo hascish in capo all'imputato.
    Del  pari  risulta provata dalla pubblica accusa la detenzione ai
fini  di  spaccio discendente dalla valutazione complessiva, in prima
battuta,   del   non   modesto   dato  quantitativo  ponderale  dello
stupefacente  e  comunque  dalle ampie ammissioni dell'imputato, dati
che inequivocabilmente depongono a favore della tesi accusatoria.
    In effetti a ulteriore suffragio della prospettazione accusatoria
militano  le  modalita' di confezionamento della droga (pani separati
che  agevolano  l'ulteriore suddivisione della sostanza in dosi ancor
piu'   frazionate),   oltre   che   dal   rinvenimento  di  strumenti
inequivocabilmente   utilizzati   per   lo   spaccio  della  sostanza
(bilancino  di  precisione),  nonche'  dalla  mancanza  di adeguate e
lecite  fonti  di  reddito che giustifichino il possesso di una somma
che  in  ogni  caso  il  De  Luca  ha riconosciuto essere provento di
spaccio.
    Tuttavia  il fatto in contestazione, ad avviso del giudicante, e'
lecito  sia  ricondotto  all'ipotesi  attenuata  di  cui  al  comma 5
dell'art. 73,   d.P.R.   n. 309/1990:  il  quantitativo  di  sostanza
stupefacente,  e  le  modalita' concrete dell'azione complessivamente
considerate, depongono in tal senso confortando la valutazione di una
ridotta   offensivita'   della   condotta  in  contestazione  per  la
collettivita'.
    Per  giurisprudenza  costante ed univoca tale ipotesi costituisce
una  circostanza  attenuante  e non una fattispecie autonoma di reato
(cfr. ex pluribus e da ultimo Cass. 24 febbraio 2005 Cianchetta).
    Sul  versante  delle  agravanti risulta contestata la recidiva ex
art. 99,  quarto  comma  c.c.p. da intendersi come recidiva reiterata
specifica, in quanto risultano tre condanne di cui una per detenzione
illecita di stupefacenti.
    La  recidiva  rientra  tra le circostanze inerenti la persona del
colpevole (art. 70 u.c. c.p.).
    L'art. 69  c.p.  che  disciplina  il giudizio di bilanciamento in
caso   di   concorso  tra  aggravanti  ed  attenuanti  (cd.  concorso
eterogeneo)  e'  stato modificato dall'art. 3, legge 5 dicembre 2005,
n. 251  (in  vigore  dall'8 dicembre  2005)  prevedendo  all'u.c.  il
divieto  di  prevalenza  delle  circostanze attenuanti sulle ritenute
aggravanti  nei  casi  previsti  dall'art. 99, comma 4, nonche' dagli
artt. 111 e 112, comma 1 n. 4 c.p.
    Orbene  nel caso di specie la gravita' del fatto e la conseguente
pericolosita'  sociale  dimostrata  dal  reo  con la condotta tenuta,
risultano  di  modesta entita', tenuto conto della quantita' di droga
detenuto,  del  genere  di  essa  e del fatto che i precedenti penali
dell'imputato,  in  numero di tre, risultano in parte sostanzialmente
legati ad una condizione di tossicodipendenza risalente all'anno1998.
    Sicche'  vigente  l'art. 69 c.p. ante novella 2005, l'attenuante.
ad  effetto  speciale sarebbe stata ritenuta prevalente rispetto alla
recidiva,    consentendo    l'individuazione    di   un   trattamento
sanzionatorio  congruo  all'effettiva  gravita'  della  condotta  che
spaziava  da  uno  a  sei anni di reclusione e da 3.000 Euro a 26.000
Euro di multa.
    Mentre  nell'attuale  formulazione  dell'art. 69  c.p.  il minimo
sanzionatorio  applicabile  nel  caso  in esame, e previo giudizio di
equivalenza,  sarebbe  quello di anni sei di reclusione e 26.000 Euro
di  multa  (tenuto  conto  del  trattamento piu' favorevole alla luce
delle  modifiche  introdotte  al d.P.R. n. 309/1990 dal decreto legge
30 dicembre   2005,   n. 272),   trattamento   che   pare  del  tutto
sproporzionato alla condotta tenuta dall'imputato nell'occorso.
    Da qui la rilevanza della prospettata questione di illegittimita'
costituzionale.
           In punto fondatezza della questione si osserva
    La  questione non appare fondata con riferimento all'art. 3 Cost.
in  relazione  alla violazione del principio di ragionevolezza inteso
quale particolare accezione del principio uguaglianza.
    Va  osservato,  in  via  generale, che la Corte costituzionale ha
avuto  modo  di  affermare  che il legislatore, nell'ambito della sua
discrezionalita'  e competenza, nell'individuazione della quantita' e
qualita'   della   pena  incontra  come  unico  limite  quello  della
ragionevolezza, la cui violazione porta ad una conseguente disparita'
di   trattamento  (da  ultimo  sent. 78/2005;  sent. 219/2004;  ordd.
438/2001, 207/1999, 435/1998; sent. 306/1993).
    In particolare, riguardo alla condizione di soggetto recidivo, va
sottolineato  che il legislatore ne ha differenziato (in termini meno
favorevoli)   il   trattamento  sanzionatorio  rispetto  al  soggetto
incensurato,  considerando  la recidiva una condizione di sintomatica
pericolosita'  soggettiva  piu'  intensa rispetto alle altre forme di
recidiva.  A  titolo  esemplificativo  il  legislatore  ha escluso il
recidivo  reiterato  dall'applicazione  di  numerosi  istituti  quali
l'amnistia,   l'indulto   (salvo   diversa  disposizione  di  legge),
l'oblazione  ex  art. 162-bis c.p., la sospensione condizionale della
pena,  l'estinzione  delle  pene  della  reclusione e della multa per
decorso del tempo.
    In  alcuni  casi  (da  ultimo  in  tema  di  preclusione  al rito
alternativo  del  patteggiamento) la Corte costituzionale ha ritenuto
che  il  differente  trattamento  sanzionatorio  fosse  sostenuto  da
motivazioni  ragionevoli,  giungendo  anche  a  precisare che «tra le
"condizioni  personali  e  sociali"  richiamate dall'art. 3 Cost. per
escludere   che   possano  costituire  il  presupposto  di  eventuali
trattamenti discriminatori, non rientrano certamente quelle che, come
la   recidiva,  derivano  da  una  condotta  illegale  o  addirittura
criminosa» (sent. 421/2004; e prima sent. 100/1971 e 5/1977).
    Sicche'   appare   coerente   e  ragionevole,  nella  prospettiva
dell'art. 3   Cost.,  la  scelta  del  legislatore  di  riservare  un
trattamento   sanzionatorio   piu'  rigoroso  per  coloro  che  hanno
dimostrato una rilevante capacita' a delinquere.
    La  dedotta  illegittimita'  costituzionale  ex  art. 25, secondo
comma  Cost. deve ritenersi assorbita nell'art. 3 posto che la stessa
difesa  nella  prospettazione  della  questione  rinvia alle medesime
deduzioni svolte in relazione a tale norma.
    Per  contro  la  questione e' fondata in riferimento all'art. 27,
terzo comma Cost.
    La  funzione  che  la  Carta costituzionale assegna alla sanzione
penale  e'  duplice:  per  un  verso  retributiva  ed  afflittiva, in
funzione  di un'esigenza di difesa sociale e di prevenzione generale;
e  per l'altro rieducativa e di prevenzione speciale, in funzione del
recupero del reo al contesto sociale.
    Le  due  funzioni  coesistono all'interno di un sistema normativo
vivente che risente ed e' direttamente influenzato dalla dinamica dei
fenomeni delinquenziali, sicche' in relazione alle scelte di politica
criminale  del  legislatore, si potra' valorizzare la prima piuttosto
che  la  seconda di tali funzioni, ma «a patto che nessuna di esse ne
risulti obliterata» (sent. n. 257/2006).
    La  stessa  Corte  costituzionale ha precisato che «in tanto puo'
concretamente parlarsi di una sostanziale non elusione delle funzioni
costituzionali  della  pena,  in quanto il sacrificio dell'una sia il
"minimo indispensabile" per realizzare il soddisfacimento dell'altra,
giacche'  soltanto  nel  quadro  di un sistema informato ai paradigmi
della  "adeguazezza  e  della  proporzionalita'"  delle  misure... e'
possibile   sindacare   la   razionalita'  intrinseca  (e  quindi  la
compatibilita'   costituzionale)   degli   equilibri   prescelti  dal
legislatore» (ibidem).
    Rimarcando,    poi,   con   preoccupazione   la   tendenza   alla
configurazione   normativa   di   «tipi  d'autore»  per  i  quali  la
rieducazione non sarebbe possibile o potrebbe non essere perseguita.
    Tali  rilievi  valgono  anche  con  riferimento all'art. 3, legge
n. 251/2005  ove  il  legislatore ha privilegiato la linea repressiva
obliterando  del tutto il percorso di rieducazione pur assegnato alla
pena:  il  legislatore  del 2005 ha mutilato il potere del giudice di
applicare   la   legge,  nell'ambito  del  suo  libero  convincimento
formatosi  nel corso del giudizio, con la preclusione del giudizio di
prevalenza   nel   bilanciamento  circostanziale  tra  attenuanti  ed
aggravanti  ex art. 69 u.c. c.p., intaccando quella che e' una vera e
propria  regola  di  giudizio alla quale e' ispirato l'intero sistema
penale  sostanziale e processuale e, prima ancora, costituzionale del
nostro ordinamento giuridico.
    Cosi'   facendo,   infatti,   si   preclude  la  possibilita'  di
individuare in concreto quel trattamento sanzionatorio correlato alla
gravita'  del  fatto  commesso  ed alla personalita' del colpevole in
modo  tale  da  reprimere  la  sua  condotta  (f.  retributiva) ed al
contempo  da consentire quell'auspicabile cammino di recupero sociale
sotteso alla funzione rieducativa assegnata alla sanzione penale.
    Alla  luce  di  quanto  sinora  esposto va, pertanto, disposta la
sospensione  del  presente procedimento penale ai sensi dell'art. 23,
legge n. 87/1953.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
costituzionalita'  dell'art. 69,  comma  4 c.p. cosi' come modificato
dall'art. 3,  legge  n. 251/2005,  nella  parte  in  cui  esclude  il
giudizio  di  prevalenza delle circostanze attenuanti nell'ipotesi di
concorso tra queste e la recidiva ex art. 99, quarto comma c.p.
    Dispone  la  trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, e
sospende il giudizio in corso.
    Dispone  che  a  cura della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  integralmente  al  Presidente del Consiglio dei ministri,
nonche' sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento.
    Da' atto che la presente ordinanza e' stata letta in udienza.
        Novara, addi' 6 dicembre 2006
                       Il giudice: Puccinelli
07C0731