N. 422 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 aprile 2006

Ordinanza  emessa  il  5  aprile  2006  dal  tribunale  di Napoli nel
procedimento  civile promosso da Martinelli Bruno ed altro contro San
Paolo Invest Sim S.p.A.

Societa'  -  Controversie  in  materia  di  diritto  societario  e di
  intermediazione  finanziaria  - Procedimento di primo grado dinanzi
  al tribunale in composizione collegiale - Disciplina introdotta dal
  legislatore  delegante  -  Mancata  o  insufficiente indicazione di
  principi   e   criteri  direttivi  nella  legge  di  delegazione  -
  Illegittimita' derivata della disciplina introdotta dal legislatore
  delegato.
- Legge  3 ottobre  2001, n. 366, art. 12; «per derivazione», decreto
  legislativo  17 gennaio  2003,  n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9,
  10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17.
- Costituzione, art. 76.
In via  subordinata:  Societa'  -  Controversie in materia di diritto
  societario e di intermediazione finanziaria - Procedimento di primo
  grado  dinanzi al tribunale in composizione collegiale - Disciplina
  introdotta  dal  legislatore  delegato - Difformita' dai principi e
  criteri  direttivi  posti  dalla  legge  n. 366/2001  -  Eccesso di
  delega.
- Decreto  legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7,
  8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17.
- Costituzione,  art. 76, in relazione all'art. 12 della legge delega
  3 ottobre 2001, n. 366.
(GU n.23 del 13-6-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
al  n. 2234/2005  R.G.  tra  Martinelli  Bruno  e  Martinelli  Guido,
rappresentati  e  difesi  dall'avv.  Carlo  Palumbo  presso  cui sono
elettivamente  domiciliati  in Napoli, alla via dei Fiorentini n. 21,
attori  e  San  Paolo  Invest  Societa'  di Intermediazione Mobiliare
S.p.A.,   in   persona   del   legale   rappresentante  pro  tempore,
rappresentata  e difesa dall'avv. Fabio Pellegrini in uno al quale e'
elettivamente  domiciliata  in  Napoli,  alla  via  Seggio del Popolo
n. 22, convenuta.

                          Premesso in fatto

    Con   citazione   ritualmente   notificata   Martinelli  Bruno  e
Martinelli  Guido,  premesso che tra gli stessi e la San Paolo Invest
SIM   S.p.A.  erano  intercorsi  rapporti  contrattuali  relativi  al
servizio  di  investimento  prestato da quest'ultima, rapporti meglio
indicati  in  citazione,  convenivano in giudizio la San Paolo Invest
SIM  S.p.A.,  in  persona  del  legale  rappresentante pro tempore, e
chiedevano  in  via  principale  accertarsi la violazione da parte di
quest'ultima  delle norme imperative contenute nel Regolamento Consob
n. 11522/98,  agli  artt  27, 28 comma 2, 29, 36, comma 1, lett. c) e
96,  comma 3 e nel d.lgs. n. 58/1998 all'art. 21, comma 1, lett. b) e
c),  accertarsi  la  violazione  da parte della convenuta della norma
imperativa  contenuta  nel d.lgs. n. 58/1998, art. 21, comma 1, lett.
a)  nonche'  la  violazione  degli  artt.  1175,  1176  e 1375 c.c. e
dell'art. 47  della  Costituzione,  con  dichiarazione conseguente di
nullita'  di  tutti i rapporti contrattuali sorti con la convenuta in
occasione della stipula dei contratti di sottoscrizione dei Fondi San
Paolo  nonche'  la  nullita' delle stesse operazioni di compravendita
disposte  dagli  attori,  meglio  indicate  in  citazione. Chiedevano
inoltre   accertarsi  i  ripetuti  inadempimenti  contrattuali  della
societa'  convenuta per aver ripetutamente violato, nella prestazione
dei servizi di investimento, le norme di cui agli artt. 27, 28, comma
2,  29,  36,  comma  1, lett. c) e 96, comma 3 del Regolamento Consob
11522/98,  all'art. 21, comma 1, d.lgs. n. 58/1998 e agli artt. 1175,
1176  e  1375, per l'effetto condannarsi la convenuta al pagamento in
favore  degli  attori della somma di euro 78.093,74, quale differenza
tra  i capitali totali impiegati nell'acquisto di quote dei Fondi San
Paolo,   tutti  contraddistinti  da  un  rischio  elevato,  e  quelli
realizzati  a  seguito  di  tutti  i  rimborsi,  tanto  a  titolo  di
risarcimento  del  danno.  Il  tutto  oltre  interessi maturati dalle
singole operazioni al soddisfo.
    Si  costituiva  la  San  Paolo Invest Societa' di Intermediazione
Mobiliare  S.p.A.,  in  persona del legale rappresentante pro tempore
contestando  la domanda attorea e chiedendo il rigetto della stessa o
in   subordine,  in  caso  di  accertamento  dell'illegittimita'  del
comportamento  tenuto dalla convenuta nella conclusione ed esecuzione
dei  rapporti  dedotti  in  lite,  chiedeva  ritenersi applicabile il
principio del concorso di colpa di cui all'art. 1227 c.c.
    Notificata  da parte attrice alla convenuta istanza di fissazione
di   udienza  ex  art.  8,  d.lgs.  n. 5/2003,  il  giudice  relatore
designato,   con  decreto  del  4  gennaio  2006,  fissava  l'udienza
collegiale  ai sensi dell'art. 12, d. citato, indicando alle parti la
questione  rilevabile  d'ufficio relativa all'incostituzionalita' del
d.l n. 5/2003.
    All'udienza  collegiale del 1° febbraio 2006 il tribunale fissava
termine alle parti per il deposito di memorie conclusionali.
    All'udienza   collegiale  del  5  aprile  2006  il  tribunale  si
riservava la decisione.

                            O s s e r v a

   i n  d i r i t t o     Preliminarmente questo tribunale ritiene di
sollevare  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 12
della   legge   n. 366/2001   con   riferimento   all'art.  76  della
Costituzione  nella  parte in cui, in relazione al giudizio ordinario
di  primo  grado  in  materia  societaria, non indica i principi ed i
criteri   direttivi  che  avrebbero  dovuto  guidare  le  scelte  del
legislatore delegato e, per derivazione, degli articoli da 2 a 17 del
decreto  legislativo  n. 5  del  17 gennaio  2003,  nonche',  in  via
subordinata,  degli  articoli  da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5
del  17  gennaio  2003  in  relazione all'art. 76 della Costituzione,
perche'  difformi  dai principi e dai criteri direttivi dettati dalla
legge di delega n. 366/2001.
    Ed  invero,  quanto  alla  non manifesta infondatezza della prima
delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale sopra indicate, si
osserva che l'art. 12 della legge n. 366/2001 dispone: «Il Governo e'
inoltre   delegato  ad  emanare  norme  che,  senza  modifiche  della
competenza  per territorio e per materia, siano dirette ad assicurare
una  piu'  rapida  ed  efficace  definizione  di  procedimenti  nelle
seguenti materie:
        a)  diritto  societario, comprese le controversie relative al
trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali;
        b) materie disciplinate dal testo unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo
24  febbraio  1998,  n. 58,  e  successive modificazioni, e dal testo
unico  delle  leggi  in  materia  bancaria  e  creditizia, di cui, al
decreto   legislativo   1°   settembre  1993,  n. 385,  e  successive
modificazioni.
    2.  - Per il perseguimento delle finalita' e nelle materie di cui
al  comma 1, il Governo e' delegato a dettare regole processuali, che
in particolare possano prevedere:
        a)  la  concentrazione  del  procedimento  e la riduzione dei
termini processuali;
        b)  l'attribuzione  di tutte le controversie nelle materie di
cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi
eccezionali  di  giudizio  monocratico in considerazione della natura
degli interessi coinvolti;
        c)  la  mera  facoltativita'  della  successiva instaurazione
della  causa  di  merito dopo l'emanazione di un provvedimento emesso
all'esito  di  un  procedimento  sommario cautelare in relazione alle
controversie  nelle  materie  di  cui  al comma 1, con la conseguente
definitivita'   degli   effetti   prodotti  da  detti  provvedimenti,
ancorche'  gli  stessi non acquistino efficacia di giudicato in altri
eventuali giudizi promossi per finalita' diverse;
        d)   un   giudizio   sommario  non  cautelare,  improntato  a
particolare   celerita'   ma   con  il  rispetto  del  principio  del
contraddittorio,  che  conduca  alla  emanazione  di un provvedimento
esecutivo anche se privo di efficacia di giudicato;
        e)  la  possibilita'  per  il giudice di operare un tentativo
preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi
essenziali,  assegnando eventualmente un termine per la modificazione
o  la rinnovazione di atti negoziali su cui verte la causa e, in caso
di    mancata    conciliazione,    tenendo    successivamente   conto
dell'atteggiamento  al  riguardo  assunto  dalle  parti ai fini della
decisione sulle spese di lite;
        f)  uno  o  piu'  procedimenti  camerali,  anche  mediante la
modifica degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile
ed  in  estensione  delle  ipotesi  attualmente  previste  che, senza
compromettere  la  rapidita'  di  tali  procedimenti,  assicurino  il
rispetto dei principi del giusto processo;
        g)  forme di comunicazione periodica dei tempi medi di durata
dei  diversi  tipi  di  procedimento  di  cui alle lettere precedenti
trattati  dai  tribunali,  dalle  corti  di  appello e dalla Corte di
cassazione».
    Cio' posto, si rileva che l'art. 76 della Costituzione stabilisce
che  l'esercizio  della funzione legislativa non puo' essere delegato
al Governo se non con determinazione dei principi e criteri direttivi
e soltanto per un tempo limitato e per oggetti definiti.
    La  migliore  dottrina  e  la  stessa  giurisprudenza della Corte
costituzionale  hanno da sempre interpretato tale norma nel senso che
essa  intende vietare non solo il trasferimento di pieni poteri dalle
Camere  al  Governo,  ma  qualunque legge delegante che non operi una
previa  determinazione  della  portata  e  del  tipo della disciplina
delegata,  cosicche'  l'attivita' del Governo risulti sostanzialmente
vincolata   a  realizzare  con  un  circoscritto  margine  di  scelte
operative  una  serie  di risultati gia' precostituiti da parte delle
Camere,  assolvendo  in  sostanza  le  norme  delegate  una  funzione
attuativa delle norme deleganti.
    Conseguentemente il legislatore ordinario deve stabilire principi
e  criteri  cosi'  specificati  da far prevedere l'esito finale della
delega, pena l'incostituzionalita' della legge delega per genericita'
ed indeterminatezza.
    Orbene,  ritiene  questo  tribunale  che  nel  caso  in  esame il
legislatore  delegante non ha indicato con sufficiente determinazione
i  principi  ed  i  criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare il
legislatore delegato.
    Dal   dettato   dell'art.   12,  legge  n. 366/2001,  infatti,  -
escludendo  il  riferimento  ai  principi dettati in tema di giudizio
cautelare  che riguardano profili non rilevanti nel presente giudizio
-  sono  estrapolabili  i  seguenti  principi: 1) divieto di modifica
della  competenza  per  territorio  e  per  materia; 2) necessita' di
assicurare  una  piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti;
3)  possibilita'  di  dettare  regole  processuali che in particolare
possano  prevedere:  a)  la  concentrazione  del  procedimento  e  la
riduzione  dei  termini  processuali;  b)  l'attribuzione di tutte le
controversie  nelle  materie  di  cui  al  comma  1  al  tribunale in
composizione   collegiale,  salvo  ipotesi  eccezionali  di  giudizio
monocratico in considerazione della natura degli interessi coinvolti;
c) la possibilita' per il giudice di operare un tentativo preliminare
di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi essenziali,
assegnando eventualmente un termine per la modifica o la rinnovazione
di  atti  negoziali  su  cui  verte  la  causa  e, in caso di mancata
conciliazione,  tenendo  successivamente  conto dell'atteggiamento al
riguardo  assunto  dalle parti ai fini della decisione sulle spese di
lite.
    Nella legge n. 366/2001, quindi, il legislatore si e' limitato ad
indicare   le   materie   nelle   quali  il  governo  sarebbe  potuto
intervenire,  l'obiettivo  di  rendere  piu'  rapida  ed  efficace la
definizione  dei procedimenti, il divieto di modificare la competenza
per  territorio  e  per  materia,  la  tendenziale  collegialita' del
procedimento, la possibilita' di valutare l'atteggiamento delle parti
in  sede  di  tentativo di conciliazione e la possibilita' di dettare
regole  che  favorissero la riduzione dei termini e la concentrazione
del procedimento.
    Nulla  tuttavia  la  legge  delega ha detto in ordine allo schema
processuale da adottare, lasciato non piu' alla scelta discrezionale,
ma all'arbitrio del legislatore delegato, come emerge chiaramente dal
decreto  legislativo n. 5 del 17 gennaio 2003, che ha creato un nuovo
modello di processo.
    Ed   infatti,   come   indicato   dalla  stessa  relazione  della
commissione  ministeriale,  il  nuovo rito societario previsto per il
processo  di  cognizione  davanti  al tribunale costituisce un vero e
proprio  nuovo  modello  processuale, che si distacca volutamente sia
dal  modello  processuale  del  1942,  sia da quello del processo del
lavoro  del 1973 ed infine anche da quello delineatosi con la riforma
del  1990.  Il  nuovo  rito  di  cognizione di primo grado davanti al
tribunale  in  materia  societaria  prevede  tutta  la prima fase del
processo  senza  l'intervento  del giudice; nell'atto di citazione ai
sensi dell'art. 2 non e' piu' indicata l'udienza avanti al giudice ed
il termine che l'attore fissa al convenuto per la comunicazione della
comparsa di risposta e' fissato solo nel minimo, cosi' nella comparsa
di  risposta  ai  sensi  dell'art.  4  il  convenuto puo' a sua volta
fissare  all'attore per eventuale replica un termine stabilito ancora
una volta solo nel minimo e con lo stesso meccanismo l'art. 6 prevede
la  possibilita'  di  una  replica da parte dell'attore e l'art. 7 la
possibilita' di una controreplica da parte del convenuto e poi ancora
ulteriori  repliche  e controrepliche. Solo a seguito dell'istanza di
fissazione  di  udienza di cui all'art. 8 interviene il giudice in un
momento  pero'  in cui sia il thema decidendum che il thema probandum
si sono gia' definitivamente formati, totalmente al di fuori, quindi,
del controllo del giudice.
    D'alta  parte la stessa istanza di fissazione di udienza, con gli
effetti  preclusivi  rilevantissimi  stabiliti  dall'art. 10,  e' uno
strumento lasciato nella totale disponibilita' delle parti o anche di
una  sola di esse, che puo' utilizzarlo a suo piacimento, nel momento
ritenuto piu' opportuno. Ancora poi va segnalato l'art. 13 in tema di
contumacia  o  di  costituzione  tardiva del convenuto, che introduce
l'innovativo  principio  (di cui nella delega non vi e' traccia), per
cui  nel  caso  in  cui  il  convenuto  non  notifichi la comparsa di
risposta   nel   termine   stabilito  o  anche  solo  si  costituisca
tardivamente  «i  fatti  affermati  dall'attore  ... si intendono non
contestati   e  il  tribunale  decide  sulla  domanda  in  base  alla
concludenza di questa».
    Emerge  dunque  chiaramente che il legislatore delegato, in forza
di una delega assolutamente carente sotto il profilo dell'indicazione
di  criteri  direttivi,  ha  potuto creare una disciplina interamente
nuova per il processo societario di cognizione ordinaria, anticipando
quel  rito  ordinario prefigurato dal testo redatto dalla commissione
ministeriale per la riforma del processo civile.
    Questo  Tribunale  quindi  ritiene che non possa andare esente da
dubbi  di costituzionatita' una legge di delega che nel consentire la
creazione  di  un  nuovo  processo, seppur circoscritto a determinate
materie,  si  limiti  ad indicare un obiettivo, quello di «assicurare
una  piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti», un divieto
di  «modifica  della  competenza  territoriale  e  per  materia», una
preferenza  per la collegialita', un rilevante ruolo del tentativo di
conciliazione   e   un'indicazione   di   massima   a   favore  della
«concentrazione    del   procedimento   e   riduzione   dei   termini
processuali».
    Di   conseguenza   ad   avviso   del   Collegio,  in  quanto  non
manifestamente    infondata,    va    rimessa    la    questione   di
costituzionalita'  dell'art.  12  della legge n. 336/2001 nella parte
relativa al procedimento ordinario di primo grado e, per derivazione,
degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003.
    La   questione  e'  altresi'  rilevante  in  quanto  la  presente
controversia,  rientrando tra quelle di cui alla lettera d) dell'art.
1  del decreto legislativo n. 5/2003, e' stata promossa e va trattata
secondo  le  norme  previste  dal predetto decreto - emanato in forza
della  suddetta  legge  di  delega  -  disciplinante per l'appunto il
giudizio  di  cognizione  di  primo  grado  davanti  al  tribunale in
composizione  collegiale  nelle materie di cui all'art. 1 del decreto
citato   e,   come   e'   evidente,   dalla   pronunzia  della  Corte
costituzionale dipende l'applicabilita' della intera nuova disciplina
processuale  alla concreta fattispecie sottoposta al vaglio di questo
tribunale.
    In  subordine,  e  per l'ipotesi in cui la Corte dovesse ritenere
costituzionalmente   legittimo  l'art. 12  della  legge  n. 366/2001,
questo  Tribunale  ritiene  che  non  sia manifestamente infondato il
dubbio  di  costituzionalita'  degli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9,
10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003
per  contrasto  con  l'art. 76  della Costituzione, in quanto emanati
eccedendo dai principi e criteri direttivi dettati dalla legge n. 366
del 2001.
    Ed  invero,  per  evitare  il sospetto di incostituzionalita' per
indeterminatezza  e  genericita' dell'art. 12, legge citata, dovrebbe
necessariamente  leggersi  la  legge  n. 366/2001, come gia' fatto da
altri  giudici  ordinari (cfr. ordinanza del Tribunale di Brescia del
18   ottobre   2004   che   ha   rimesso   la  questione  alla  Corte
costituzionale),  facendo  riferimento  alla  disciplina  del vigente
processo di cognizione davanti al tribunale, come contenuta nel libro
II,  titolo  I, c.p.c., il rito cioe' che sino al 31 dicembre 2003 e'
stato applicato anche alle controversie societarie. La disciplina del
processo  di  cognizione davanti al tribunale contenuta nel codice di
procedura  civile  prevede  che  il  processo si svolga attraverso la
successione  di  piu'  udienze  fisse  e obbligatorie, in particolare
quella  di  prima  comparizione  (art.  180  c.p.c.), quindi la prima
udienza di trattazione (art. 183 c.p.c.), cui puo' seguire un'udienza
per  la  discussione  e l'ammissione delle prove (art. 184 c.p.c.) ed
eventualmente  una  seconda udienza, su richiesta delle parti, sempre
per la discussione e l'ammissione delle prove (art. 184, primo comma,
seconda  parte,  c.p.c.) e quindi, all'esito, un'ulteriore udienza di
precisazione  delle  conclusioni  (art.  189  c.p.c.).  Se si volesse
individuare  una  determinatezza dei criteri direttivi nella legge di
delega, quindi, dovrebbe necessariamente ritenersi che il legislatore
delegante,    indicando   il   principio   di   «concentrazione   del
procedimento»,  abbia  fatto  evidentemente  riferimento proprio alla
suddetta scansione prevista nel processo ordinario.
    Ugualmente  il  processo  ordinario  vigente  prevede  che fra il
giorno  della  notificazione  e  quello  dell'udienza di comparizione
debbano  intercorrere  termini  liberi non minori di sessanta giorni,
fissa  il  termine  meramente  ordinatorio  di quindici giorni per la
successione  fra  le varie udienze (art. 81 delle norme di attuazione
c.p.c.),  stabilisce  ai sensi dell'art. 183 c.p.c., quinto comma, un
termine  massimo  di  trenta  giorni  per il deposito di memorie e di
altri trenta giorni per le repliche, non prestabilisce nessun termine
per  il  deposito delle memorie istruttorie ex art. 184 c.p.c., primo
comma,  seconda  parte,  prevede il termine di sessanta giorni per il
deposito  delle  comparse  conclusionali  e  di  venti  per eventuali
repliche.
    Soltanto  con il riferimento a tali termini potrebbe riempirsi di
contenuto  la  generica  indicazione  del  legislatore  delegante del
principio di «riduzione dei termini processuali». Solo questa lettura
-  estremamente  riduttiva e per questo sottoposta in via subordinata
rispetto  all'altra - dei principi fissati dal legislatore delegante,
altrimenti  invero  generici, sarebbe possibile per evitare il dubbio
di costituzionalita' della legge n. 366 del 2001.
    E' pero' evidente che in questo caso l'articolato contenuto negli
artt. da  2  a  17,  d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, con cui si e' data
attuazione  alla  delega,  contrasterebbe  con i principi fissati dal
legislatore  delegante  per  «eccesso  di  delega»,  alla  luce delle
caratteristiche   del   nuovo   rito   societario   come  gia'  sopra
sintetizzate.
    Il  decreto  legislativo  n. 5/2003,  infatti, non ha previsto un
rito  concentrato  rispetto  all'attuale  rito ordinario disciplinato
dagli  artt.  163  ss.  c.p.c.,  ma,  come gia' sopra evidenziato, ha
introdotto   nell'ordinamento  un'anticipazione  del  rito  ordinario
prefigurato  dal  testo redatto dalla commissione ministeriale per la
riforma del processo civile.
    Anche   la   questione   di  costituzionalita'  proposta  in  via
subordinata  e' rilevante ai fini del presente giudizio per le stesse
ragioni indicate per la questione proposta in via principale.
    Tanto  premesso  in  fatto  ed  in diritto, ai sensi dell'art. 23
della  legge  11 marzo 1953, n. 87, va disposta la trasmissione degli
atti  alla  Corte  costituzionale  per  la  decisione sulla questione
pregiudiziale di legittimita' costituzionale, siccome rilevante e non
manifestamente  infondata,  ed  il presente giudizio va sospeso. Alla
cancelleria vanno affidati gli adempimenti di competenza, di cui alla
predetta norma.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara   rilevante   per   il  giudizio  e  non  manifestamente
infondata,  in relazione all'art. 76 della Costituzione, la questione
di  legittimita'  costituzionale dell'art. 12 della legge n. 366/2001
nella parte in cui, in relazione al giudizio ordinario di primo grado
in  materia  societaria, non indica i principi ed i criteri direttivi
che  avrebbero  dovuto  guidare le scelte del legislatore delegato e,
per  derivazione,  degli  articoli  da 2 a 17 del decreto legislativo
n. 5/2003;
    In  via  subordinata  il  tribunale  dichiara  rilevante  per  il
giudizio  e  non  manifestamente  infondata, in relazione all'art. 76
della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli
articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5/2003 perche' difformi
dai   principi   e  criteri  direttivi  dettati  dalla  legge  delega
n. 366/2001;
    Ordina  alla  cancelleria  di notificare la presente ordinanza al
Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' di darne comunicazione
al  Presidente  del  Senato  della  Repubblica ed al Presidente della
Camera dei deputati e alle parti del presente giudizio;
    Dispone  l'immediata  trasmissione  degli atti, comprensivi della
documentazione   attestante   il   perfezionamento  delle  prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale;
    Sospende il giudizio in corso.
    Si comunichi a cura della cancelleria.
    Cosi'  deciso  in  Napoli, nella Camera di consiglio del 5 aprile
2006.
                       Il Presidente: Baldini
07C0736