N. 424 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 ottobre 2006
Ordinanza emessa il 3 ottobre 2006 dalla Commissione tributaria regionale del Lazio - Roma sul ricorso proposto da Agenzia delle entrate - Ufficio di Roma contro Fazzone Cristina Contenzioso tributario - Definizione agevolata di lite fiscale pendente in grado di appello - Diniego opposto dall'amministrazione finanziaria - Impugnazione - Competenza dell'organo giurisdizionale presso cui pende la lite - Asserita lesione dei principi di uguaglianza e del giusto processo tributario. - Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, comma 8. - [Costituzione, artt. 3 e 111].(GU n.23 del 13-6-2007 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello n. 3025/04, depositato il 9 giugno 2004, avverso la sentenza n. 600/39/2002, emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Roma contro Agenzia Entrate - Ufficio Roma 6, proposto dal ricorrente Fazzone Cristina, via Dora Riparia, 48 - 00040 Pomezia (RM), difesa da dott. Scaramuzzino Maria Caterina, via Eusebio Chini, 11 - 00147 Roma. Atti impugnati: cartella di pagamento n. 097200003518894-14 I.V.A. 1989. Con ricorso diretto alla Commissione tributaria provinciale di Roma, il contribuente in oggetto indicato, impugnava la cartella esattoriale emessa dall'Agenzia delle Entrate Roma 6 e notificata il 1° marzo 2001. La cartella conteneva l'iscrizione a ruolo per l'anno 1989 dell'imposta IVA oltre interessi e sanzioni. Sosteneva, il contribuente, l'illegittimita' dell'atto impugnato per difetto di motivazione, per decadenza e prescrizione della pretesa erariale, richiamando l'ex art. 57 del d.P.R. n. 6233/1972 ed una sentenza della Cassazione del 2000 in cui veniva ribadito che il termine di prescrizione era quello quinquennale e non anche quello ordinario decennale previsto dall'art. 2946 del c.c. Chiedeva l'annullamento della cartella, la sospensione e la pubblica udienza. L'Agenzia, costituitosi in giudizio, chiedeva il rigetto del ricorso, con vittoria delle spese di giudizio, perche' non erano ancora scaduti i termini per l'emissione della cartella esattoriale facendo essa riferimento alla dichiarazione presentata nel marzo 1989. La adita Commissione a scioglimento della riserva, in data 14 novembre 2002, accolse il ricorso compensando le spese di giudizio. Con tempestivo atto di appello, l'Agenzia delle Entrate, censura la sentenza emessa sostenendo preliminarmente che, l'avviso di liquidazione emesso dal concessionario delegato alla riscossione dei tributi e' perfettamente motivato e riporta esattamente l'imposta che il contribuente non ha versato al momento della presentazione della dichiarazione. Relativamente ai termini di prescrizione e decadenza invocati dal contribuente, e recepiti acriticamente dai Giudici di prime cure, osserva che l'art. 6 del d.lgs. n. 46/1999 ha modificato, per espressa previsione dell'art. 23 dello stesso decreto legislativo, l'assetto normativo preesistente soltanto per quanto riguarda l'IVA alla quale, in precedenza, si applicava la prescrizione ordinaria di cui all'art. 2946 del c.c. e per tutti gli altri tributi ha mantenuto in vita i termini prescrizionali di riscossione dettati dalle singole norme di settore. Successivamente, l'Agenzia, avendo appurato che il contribuente, aveva presentato istanza per la definizione di cui all'ex art. 16 della legge n. 289/2002, procedeva a notificare il provvedimento di diniego per l'istanza presentata. Suddetto provvedimento venne regolarmente impugnato, dal contribuente, con molare ricorso diretto alla Commissione tributaria regionale del Lazio. Si costituisce il contribuente chiedendo il rigetto dell'appello dell'Agenzia e la conferma della sentenza impugnata. Il Collegio letti gli atti, ascoltato il contribuente, decide di rimettere gli atti alla Corte costituzionale. Si osserva che l'impugnazione del diniego deve essere effettuata nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'atto dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la lite con una netta differenziazione rispetto all'impugnazione generale degli altri atti quindi, all'uguaglianza del termine e dell'oggetto del gravame non corrisponde una uguale procedura. La giurisprudenza di merito che ha avuto l'opportunita' di esaminare la particolarita' di una impugnazione di un atto, tipica di un processo di primo grado, dinanzi ad un giudice superiore ha affermato che «in deroga ai principi generali di cui all'art. 16, comma 8, del d.lgs. n. 546/1992, indicando come giudice competente a decidere sul diniego quello previsto presso cui pende la lite, ha eccezionalmente consentito che il giudizio di primo grado possa svolgersi davanti ad un giudice di grado superiore». La prospettata soluzione non e' condivisibile. Invero, trattandosi di giudici con natura e funzioni differenti con proprie procedure di accesso al giudizio, e' opportuno esaminare le modalita' applicative dei distinti riti, infatti, qualora la lite penda dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, l'impugnativa del diniego ricalchera' quella normalmente prevista per impugnazione degli atti di imposizione con la notifica dell'atto di impugnazione del diniego all'ufficio che lo ha emanato e, quindi, la costituzione, nel termine previsto dalla legge, dinanzi alla segreteria della Commissione. Nel caso invece, di diniego il contribuente deve chiedere la riunione della causa contro lo stesso al giudizio gia' pendente del quale e' stata richiesta la definizione, in altri termini la diretta connessione dell'impugnazione del diniego davanti al giudice ove pende la lite, e non davanti alla Commissione tributaria provinciale, determina la privazione di uno o piu' gradi di gravame a seconda dello stato del giudizio pendente da svolgersi eventualmente anche in sede di appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale e, quindi, in sede di legittimita' dinanzi alla Corte di cassazione, tale opzione, a parere del Collegio giudicante, non sembra in linea con i principi del giusto processo anche tributario, che prevede un generale diritto a tre gradi di impugnativa nei confronti di un atto accertativo di un obbligo tributario o sulla legittimita' di una pretesa tributaria dell'ufficio. In ultimo, l'indicazione del giudice presso il quale pende l'originaria controversia, quale giudice esclusivo dell'impugnazione dell'atto di diniego comporta una mutazione della tipicita' degli atti di gravame, sia per l'appello (art. 53 del d.lgs. n. 546/1992) che, a maggior ragione, per il ricorso in Cassazione (art. 360 del codice di procedura civile) oggetto del processo, e' un vizio della sentenza e mai la legittimita' di un atto accertativo dell'amministrazione finanziaria, ci si trova quindi, davanti ad una forzatura processuale che implica l'adeguamento dello strumento di gravame a seconda del giudice, ed in special modo per la Corte di cassazione, con l'esame diretto di diniego per stabilirne la sua legittimita'. La privazione quindi, di uno o due gradi' di tutela non sembra costituzionalmente legittima, di conseguenza il Collegio solleva d'ufficio la questione dinanzi alla Corte costituzionale perche' provveda ad eliminare la norma.
P. Q. M. Rimette gli atti alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Roma, il 25 maggio 2005. Il Presidente: D'Ayala Il relatore: Colaiuda 07C0738