N. 430 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 2006
Ordinanza emessa il 27 novembre 2006 dal tribunale amministrativo regionale della Sicilia - Sezione staccata di Catania sui ricorsi proposti da Ruggero Nicolino ed altri contro Ministero dell'interno ed altri Giustizia amministrativa - Tribunali amministrativi regionali - Controversie relative alla legittimita' delle ordinanze e dei conseguenziali provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 - Competenza, in via esclusiva, in primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio - sede di Roma - Irragionevole deroga al principio della competenza del Tribunale amministrativo regionale della Regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza - Violazione del diritto di difesa e del principio del giudice naturale - Violazione del principio del decentramento territoriale della giurisdizione amministrativa - Violazione della norma statutaria che attribuisce al Tribunale amministrativo regionale Sicilia le controversie di interesse regionale. - Decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21. - Costituzione, artt. 3, 24, 25 e 125; Statuto della Regione Siciliana art. 23.(GU n.24 del 20-6-2007 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma 2, legge n. 87/1953, sui ricorsi n. 856/1999, n. 1287/1999 e n. 6130/2000 R.G. proposto da Nicolino Ruggeri, Francesco Ruggeri, Giacomo Ruggeri e Salvatore Ruggeri rappresentati e difesi dall'avv. Gaetano Mercadante ed elettivamente domiciliati presso la segreteria del tribunale; Contro per quanto riguarda il ricorso n. 856/1999 ed i relativi motivi aggiuntivi: il Ministero dell'interno - Ufficio territoriale del Governo di Messina; il Ministero delle finanze - Dipartimento del territorio di Messina, in persona del Ministro pro tempore; il Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e per la tutela delle acque in Sicilia, Presidente della Regione Siciliana, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria ex lege; la Provincia regionale di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Giulia Carrara ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. F. Marchese, sito in Catania, via V. Guzzardi n. 21; il Comune di Valdina, in persona del sindaco pro tempore, non costituito in giudizio; il Comune di Messina, rappresentato e difeso dall'avv. Aldo Tigano ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Virzi', sito in Catania, via Padova n. 41; Per quanto riguarda il ricorso n. 1287/1999 ed i relativi motivi aggiuntivi: la Provincia regionale di Messina in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Arturo Merlo, elettivamente domiciliata in Catania in via Aloi n. 46, presso lo studio dell'avv. Egidio Incorpora; il Comune di Messina, rappresentato e difeso dall'avv. Aldo Tigano ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Virzi', sito in Catania, via Padova n. 41; Messinambiente S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Giovani Monforte, ed elettivamente domiciliata presso la segreteria di questo Tribunale amministrativo regionale, e nei confronti del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Sebastiano Manzu' ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Antonella Cannarozzo sito in Catania, piazza Verga n. 16; del Comune di Milazzo, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Rosaria Sottile ed elettivamente domiciliato presso la segreteria di questo tribunale; del Comune di Giardini-Naxos, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Laface ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Daniela Carone, sito in Catania, via Capace n. 16; del Comune di Villafranca Tirrena, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Fiore ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Carmelo Toscano sito in Catania, via della Scogliera n. 1; del Comune di Rometta, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Gaetano Silvestro ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Giuseppe Nicolosi sito in Catania, via P. Verri n. 9; dei Comuni di Gioiosa Marea, Furnari, Itala, Veri', Pace del Mela, Patti, Santa Lucia del Mela, Saponara, Francavilla, Torregrotta, Scaletta Zanclea, Spadafora, Floresta, Taormina, Gaggi, Valdina, non costituiti in giudizio; del Commissario delegato emergenza rifiuti - Presidente della Regione Siciliana, non costituito in giudizio; Per quanto riguarda il ricorso n. 6130/2000 ed i relativi motivi aggiunti: la Prefettura di Messina, in persona del prefetto pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, nei cui uffici di Catania, in via Vecchia Ognina e' domiciliata ex lege; la Provincia regionale di Messina, in persona del Presidente, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Giulia Carrara, domiciliata in Catania, presso lo studio dell'avv. F. Marchese, in via Guzzardi n. 21; Comune di Messina, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Aldo Tigano, domiciliato in Catania, via Padova n. 41, presso l'avv. Silvano Martella; il Comune di Valdina, in persona del sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Giorgianni con domicilio eletto in Catania, via Lago di Nicito, presso lo studio dell'avv. Donato De Luca; la S.p.A. Messinambiente in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Monforte, con domicilio nella segreteria del Tribunale amministrativo regionale adito; e nei confronti: del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Sebastiano Mazzu' ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Antonella Cannarozzo sito in Catania, piazza Verga n. 16; del Comune di Milazzo, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Dario M. Carcione ed elettivamente domiciliato presso prof. Vincenzo Vajola in Catania, via Dell'Oro n. 135; del Comune di Francavilla di Sicilia, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Eleonora Vallone ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Maria Puglisi sito in Catania, corso Italia n. 137; del Comune di Rometta, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Gaetano Silvestro ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Giuseppe Nicolosi sito in Catania, via P. Verri n. 9; del Comune di Villafranca Tirrena, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Fiore ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Carmelo Toscano sito in Catania, via della Scogliera n. 1; dei Comuni di Gioiosa Marea, Furnari, Itala, Meri', Pace del Mela, Patti, Santa Lucia del Mela, Saponara, Villafranca Tirrena, Torregrotta, Scaletta Zanclea, Spadafora, Floresta, Taormina, Gaggi, Giardini Naxos, non costituiti in giudizio; del Commissario delegato emergenza rifiuti - Presidente della Regione Siciliana, non costituito in giudizio; per l'annullamento: A) Quanto al ricorso introduttivo n. 0856/1999 R.G.: del decreto 26 gennaio 1999, n. 230/1312/Gab., con il quale il Prefetto di Messina ha disposto la requisizione di un'area «ubicata in Valdina, C.da Cianina, gia' utilizzata fino al 18 gennaio u.s. come sito di discarica per il conferimento di rr.ss.uu., nonche' l'ordinanza del presidente della Provincia di Messina 19 ottobre 1998, n. 22, l'ordinanza del Sindaco di Valdina 18 ottobre 1998, n. 246, e della nota 22 gennaio 1999, n. 2160/1999 del dipartimento del Territorio di Messina. B) Quanto al ricorso introduttivo n. 1287/1999 R.G.: dell'ordinanza del 27 febbraio 1999, n. 5, mai notificata ne' comunicata, con la quale il Presidente della Provincia regionale di Messina ha autorizzato il Comune di Messina a continuare a gestire la discarica per lo smaltimento dei rr.ss.uu. sita in c.da Cianina del Comune di Valdina, anche nell'interesse dei Comuni di Pace del Mela, Itala e Scaletta», nonche', ove occorra, dell'accordo di programma stilato il 18 ottobre 1998, n. 1399 di affidamento della gestione della discarica di Valdina alla S.p.A. Messinambiente; e per la condanna: C) Quanto ai ricorsi per motivi aggiunti n. 856/1999 e n. 1287/1999 ed al ricorso n. 6130/00 R.G.: al risarcimento dei danni conseguenti all'illegittima occupazione del fondo, di proprieta' dei ricorrenti, esteso circa mq. 25.000, sito in c.da San Nicola del Comune di Valdina censito in Catasto al foglio di mappa n. 1, p.lle 247, 249, 250, 251, 806, 281; A) e B) quanto al ricorso n. 856/1999 (motivi aggiunti) ed al ricorso n. 1287/1999 (motivi aggiunti): alla restituzione dei terreni di proprieta' dei ricorrenti, illegittimamente occupati, previa rimessione in pristino stato o pagamento, in favore dei ricorrenti, delle somme occorrenti per la rimessione in pristino; in via subordinata, alla rimessione in pristino della maggiore estensione possibile del fondo, con la fissazione delle modalita' conservative della massa dei rifiuti restanti in conformita' a legge, al fine di preservare il fondo e di ridurre il rischio di disastro ambientale; qualora a seguito di CTU o verificazione si acclarasse l'irreversibile trasformazione del fondo, totale o parziale, alla restituzione della porzione di fondo non trasformata irreversibilmente, previa rimessione in pristino; o al pagamento di quanto occorrente alla rimessione in pristino; al pagamento del valore della porzione irreversibilmente trasformata, mediante il pagamento di una somma pari al valore venale del fondo oltre interessi e rivalutazione; in caso di rimessione in pristino, al risarcimento della mancata disponibilita' del fondo dalla data dell'illegittima occupazione a quella della restituzione, nonche' per la sottrazione dell'argilla effettuata dagli occupanti; al risarcimento del danno ex art. 1224, secondo comma c.c., con interessi e rivalutazione monetaria in misura pari agli interessi sulle somme come sopra liquidate, computati al saggio degli interessi passivi praticati dagli istituti bancari presenti su piazza dal momento dell'occupazione alla definizione del giudizio; Visti i ricorsi, i ricorsi per motivi aggiunti ed i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore per la pubblica udienza del 6 aprile 2006 il Consigliere dott. Pancrazio Savasta; Uditi gli avvocati delle parti, come da verbale d'udienza; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o Ricorso n. 856/1999. I ricorrenti sono comproprietari di un fondo in Contrada S. Nicola del Comune di Valdina, individuato con le particelle 247 (gia' 247/a), 249, 250 (gia' 250/a), 251 (gia' 251/a), 806 (gia' 283/b), 281 (gia' 281/a), del foglio di mappa n. 1 del Comune di Valdina estesa circa 25.000 mq. Tale fondo, ospita una cava di «argille azzurre» di primissima qualita', non in esercizio. Con decreto di sequestro preventivo del G.i.p. presso il Tribunale di Messina e' stata posta sotto sequestro la discarica di r.s.u. sita in localita' Portella Arena del Comune di Messina nella quale conferivano i propri rifiuti i Comuni di Messina, Milazzo, Meri', Pace del Mela, Barcellona P.G., Patti, Scaletta Zanclea, Itala, Saponara, Villafranca Tirrena, Rometta, Floresta, Gioiosa Marea e Spadafora. A seguito di tale provvedimento, il Sindaco di Valdina (comune non colpito dall'emergenza rr.ss.uu. perche' dotato di un proprio impianto) emetteva l'ordinanza 18 ottobre 1998, n. 246, con la quale individuava in localita' «Cianina di Valdina» una discarica per r.s.u., nella quale far conferire i rifiuti delle amministrazioni succitate. Quale corrispettivo, il Comune di Valdina disponeva a proprio favore il prezzo di L. 20 per ogni Kg di rifiuti da corrispondersi da parte degli enti locali beneficiari. Nessun compenso veniva riconosciuto ai proprietari del suolo ove insiste la discarica. A seguito di tale provvedimento, il Presidente della Provincia regionale di Messina, con ordinanza 19 ottobre 1998, n. 22, ordinava ai sensi dell'art. 13, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e dell'art. 5, l.r. 21 aprile 1995, n. 40, lo smaltimento dei rr.ss.uu. prodotti dai comuni menzionati nella discarica di C.da Cianina, dietro il corrispettivo di L. 20/kg, sempre a favore del Comune di Valdina. Detti provvedimenti, cosi' come eventuali atti di esproprio, non venivano notificati ai ricorrenti. Ciononostante, dopo la loro adozione, venivano riversate ingenti quantita' di spazzatura nel fondo di proprieta' di detti ricorrenti sito in C.da S. Nicola di Valdina. Questi ultimi si rivolgevano al Presidente del Tribunale di Messina ai sensi dell'art. 700 c.p.c. per chiedere l'immediata sospensione della predetta attivita' posta in essere a loro danno e la rimessione in pristino dei luoghi. Il giudizio cautelare veniva varie volte rinviato nel tentativo di trovare una bonaria definizione della vicenda. Il 18 gennaio 1999 scadeva il periodo di validita' delle ordinanze sopra menzionate del Presidente della Provincia regionale di Messina e del Sindaco di Valdina, ma il terreno non veniva restituito ai legittimi proprietari, restando, quindi, nel possesso di non meglio definiti soggetti. Frattanto, i comuni che avevano utilizzato il terreno dei ricorrenti come discarica sospendevano il servizio di raccolta dei rr.ss.uu., determinando cosi' le premesse per l'emanazione del decreto 26 gennaio 1999, n. 230/1312/Gab. del Prefetto di Messina, con il quale, considerati i «forti segnali di pregiudizio per l'ordine e la sicurezza pubblica e che sussistono condizioni di assoluta necessita' ed urgenza che giustificano l'adozione di misure atte a fronteggiare gli eventi», veniva disposta la requisizione di un'area «ubicata in Valdina, C.da Cianina, gia' utilizzata fino al 18 gennaio u.s. come sito di discarica per il conferimento di RR.SS.UU.» per il periodo di trenta giorni. Il provvedimento veniva emanato ai sensi dell'art. 2, T.U. LL. P.S. R.D. n. 773/1931. A titolo di indennizzo veniva prevista, per gli odierni ricorrenti, la somma di L. 1.256.900 (a fronte della distruzione di 25.000 mq di terreno sfruttabile industrialmente). Con ricorso notificato il 10 marzo 1999 e depositato il 12 marzo 1999, i ricorrenti hanno impugnato tale ultimo provvedimento, deducendo, a sostegno delle proprie ragioni, le seguenti censure. I) Carenza assoluta di potere. Nullita' degli atti emanati per violazione e falsa applicazione art. 2, r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U. LL. P.S.), art. 7, legge 20 marzo 1865, n. 2248 e art. 13, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento. Incompetenza. il potere esercitabile dal prefetto ai sensi dell'art. 2, r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U. LL. P.S.) sarebbe residuale ed eccezionale, attivabile solo in mancanza di altri rimedi per la cura del pubblico interesse. La materia dello smaltimento dei rr.ss.uu. sarebbe, invece, regolata dall'art. 13 del d.P.R. n. 22/1977, rubricato «ordinanze contingibili e urgenti». La norma prevederebbe l'esclusiva competenza del presidente della provincia ad emettere l'ordinanza di individuazione della discarica e non quella del prefetto. Ed invero era stato il presidente della provincia, e non il prefetto, ad attivarsi (con l'ordinanza n. 22 del 1998), sicche' risulterebbe irragionevole l'intervento di quest'ultimo organo, a distanza di appena tre mesi, senza alcun cambiamento sul piano normativo o fattuale, per cui discenderebbe la nullita' del decreto prefettizio impugnato. In via graduata, si tratterebbe comunque di un provvedimento gravemente illegittimo per lo sviamento cui il prefetto sarebbe incorso utilizzando un potere (ex art. 2, T.U. P.S. e art. 7, legge n. 2248/1865) esercitabile, secondo previsione di legge, solo in mancanza di altre specifiche potesta'. Infatti, il potere di requisizione della proprieta' privata non discenderebbe dall'art. 2, T.U. LL. P.S., bensi' dall'art. 7, legge 20 marzo 1865, n. 2248, abolitiva del contenzioso amministrativo, secondo il quale «qualora per necessita' pubblica l'autorita' debba senza indugio disporre della proprieta' privata, ... essa provvedera' con decreto motivato». II) Nullita' per illegittimita' derivata. Le ordinanze del Sindaco di Valdina (n. 246/1998) e del presidente della provincia regionale (n. 22/1998) avrebbero individuato la discarica in un sito (C.da Cianina) diverso da quello ove poi e' stata effettivamente allocata (C.da S. Nicola). I ricorrenti sono proprietari di terreni sia in localita' «Cianina» che in localita' «S. Nicola». Negli anni passati, una parte dei terreni siti in localita' Cianina sarebbe stata effettivamente adibita a discarica comunale di rr.ss.uu., ma mai quella in C.da S. Nicola. Invero, nelle ordinanze in parola la localizzazione della discarica sarebbe stata effettuata in maniera assolutamente imprecisa e grossolana, senza alcun riferimento catastale o reale, rendendo, pertanto, impossibile l'individuazione della stessa. Detti provvedimenti si sarebbero limitati ad indicare nella C.da Cianina il sito della discarica. Deriverebbe la radicale nullita' dei provvedimenti menzionati, posto che, per altro, nonostante nelle ordinanze si indichi la localita' Cianina, la discarica sarebbe stata effettuata nei fondi dei sig. ri Ruggeri siti in localita' S. Nicola, il che costituirebbe un ulteriore motivo di nullita' delle ordinanze indicate e fatto valere nel procedimento ex art. 700 c.p.c. dinanzi al giudice ordinario. Il prefetto, con il decreto impugnato, avrebbe individuato il terreno dei ricorrenti facendo mero riferimento all'ordinanza del Sindaco di Valdina n. 246/1998 e del Presidente della Provincia regionale di Messina n. 22/1998, insistendo nel riferimento alla discarica in C.da Cianina di quel comune e, quindi, in localita' del tutto diversa. Il che ne determinerebbe la radicale nullita' per indeterminatezza. III) Violazione e falsa applicazione art. 835 c.c., art. 2, r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U. LL. P.S.) e art. 7, legge 20 marzo 1865, n. 2248, nonche' dell'art. 9, T.U. 13 gennaio 1926, n. 452, come modificato con legge 24 marzo 1942, n. 469. Secondo le nome richiamate ed i principi vigenti, in caso di requisizione il proprietario avrebbe diritto ad una indennita' pari al valore venale del bene evitto. Nel caso di specie, il prefetto ha riconosciuto ai ricorrenti l'indennita', meno che simbolica, di L. 1.256.900, a fronte dell'utilizzazione di 25.000 mq. circa di terreno per la discarica di migliaia di tonnellate di rifiuti solidi urbani. Sarebbe un'indennita' del tutto irrisoria, altresi' espressiva dello sviamento di potere cui sarebbe incorsa l'amministrazione, giacche' avrebbe posto in essere un atto (la liquidazione dell'indennita' di requisizione) perseguendo fini del tutto diversi da quelli previsti dalla legge (ristorare il proprietario per la compressione subita dei propri diritti). Peraltro, l'indennita' sarebbe stata computata dall'ufficio del territorio come se si trattasse della semplice occupazione temporanea di un immobile, senza considerare il danno permanente causato dallo sversamento delle tonnellate di rifiuti e la qualita' del terreno di argille azzurre di primissima qualita', suscettibile di utilizzazione industriale, completamente distrutto a causa (anche) del decreto di requisizione qui impugnato. IV) Violazione e falsa applicazione sotto un diverso profilo dell'art. 7, legge 7 agosto 1990, n. 241. Difetto di motivazione. Il decreto impugnato sarebbe illegittimo anche perche' il prefetto, in violazione della norma sopra calendata, avrebbe omesso di dare comunicazione dell'avvio del procedimento e del nome del funzionario (e/o dell'ufficio) responsabile dello stesso. Ne' sarebbero sostenibili le ragioni d'urgenza ventilate nel provvedimento ed individuate nell'inerzia delle amministrazioni competenti (in specie, le varie amministrazioni municipali e la Provincia regionale di Messina) cui, ai sensi dell'art. 13, d.lgs. n. 22/1997, spettava di prevenire l'emergenza e, comunque, di porvi rimedio prima che la situazione assumesse i toni estremi lamentati. Con ordinanza collegiale n. 933/99 del 4 maggio 1999, questo tribunale - sezione prima, ha rigettato la domanda di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti impugnati con il ricorso principale. Motivi aggiunti depositati il 18 aprile 2000. Con motivi aggiunti depositati il 18 aprile. 2000, permanendo l'occupazione dei terreni di proprieta' dei ricorrenti, gli stessi hanno introdotto le seguenti ulteriori domande: 1) immediata restituzione di tutti i terreni di loro proprieta', illegittimamente occupati, previa rimessione in pristino o pagamento delle somme a tal uopo occorrenti; 2) in via subordinata, rimettere in pristino la maggiore estensione possibile del fondo, con la fissazione delle modalita' conservative della massa di rifiuti restanti in conformita' alla legge, al fine di preservare il fondo e di ridurre il rischio di danno ambientale; 3) immediata ammissione di C.T.U. - Verificazione, al fine di determinare i costi della rimessione in pristino dell'area occupata dai rifiuti e dei danni cagionati con l'occupazione del fondo e la sottrazione dell'argilla, ed in particolare: il valore del terreno di proprieta' dei ricorrenti ed il danno arrecato per effetto degli illegittimi atti e dei conseguenti abusivi comportamenti; se siasi verificata l'irreversibile trasformazione ed, in caso affermativo, quanta parte del terreno sia passata in proprieta' alle amministrazioni illegittimamente occupanti e quanta no; le somme occorrenti alla riduzione in pristino del terreno ed i costi della rimessione in pristino dell'area occupata. 4) Qualora, a seguito della consulenza tecnica-verificazione dovesse essere acclarata l'irreversibile trasformazione del fondo, la condanna dell'amministrazione a: restituire la parte del fondo non trasformata irreversibilmente, previa rimessione in pristino o pagare le somme occorrenti; risarcire i danni derivanti dalla perdita della proprieta' della parte del fondo irreversibilmente trasformata, mediante il pagamento di una somma pari al valore venale che essa aveva al momento dell'occupazione, con interessi e rivvalutazione monetaria; in caso di rimessione in pristino, risarcire i ricorrenti per la mancata disponibilita' del fondo dalla data di illegittima occupazione a quella della restituzione, con interessi e rivalutazione, nonche' per la sottrazione dell'argilla effettuata dagli occupanti; risarcire il maggior danno subito ex art. 1224 c.c., secondo comma, con interessi e rivalutazione monetaria in misura pari agli interessi sulle somme come sopra liquidate, computati al saggio degli interessi passivi praticati dagli istituti bancari presenti sulla piazza nel periodo dall'occupazione alla definizione del giudizio; 3) in alternativa alla immediata rimessione in pristino, la rimozione della maggiore quantita' possibile di rifiuti dal sito ove essi giacciono e la fissazione di modalita' di conservazione della massa dei restanti in conformita' alla legge, al fine di preservare il fondo e di ridurre convenientemente il rischio di danno ambientale. Costituitasi, la Provincia regionale di Messina ha concluso per l'irricevibilita', l'inammissibilita' e l'infondatezza del gravame. Il Comune di Messina ha eccepito l'inammissibilita' e la tardivita' dei motivi aggiunti successivamente proposti, nonche' il difetto di legittimazione passiva. Ricorso n. 1287/1999. Scaduto anche il termine indicato dal Prefetto di Messina nel proprio decreto 26 gennaio 1999, n. 230/1312/Gab., il presidente della provincia regionale, con l'ordinanza 27 febbraio 1999, n. 5, autorizzava il Comune di Messina a «continuare a gestire la discarica per lo smaltimento dei rr.ss.uu. sita in contrada Cianina del Comune di Valdina, anche nell'interesse dei Comuni di Pace del Mela, Itala e Scaletta». Inoltre, disponeva pure «la conferma della validita', per ulteriori mesi sei dalla data della presente, dell'ordinanza n. 22, emessa da questa amministrazione in data 19 ottobre 1998, con la quale i comuni sopra elencati sono stati autorizzati a conferire rr.ss.uu. presso tale discarica». Dalla lettura di tale provvedimento, inoltre, i ricorrenti apprendevano pure dell'esistenza dell'accordo di programma del 18 ottobre 1998 e dell'ordinanza del Sindaco di Messina 18 ottobre 1998, n. 1399. Con ricorso notificato il 1° aprile 1999 e depositato il 9 aprile 1999 i ricorrenti hanno impugnato detti ultimi provvedimenti, deducendo, a sostegno delle proprie ragioni, le seguenti censure. I) Nullita' per nullita' derivata. Anche il presidente della provincia, con l'ordinanza impugnata, avrebbe individuato il terreno dei ricorrenti facendo mero riferimento all'ordinanza del Sindaco di Valdina n. 246/1998 e dello stesso Presidente della Provincia regionale di Messina n. 22/1998, insistendo nel riferimento alla discarica in C.da Cianina di quel comune che, come sostenuto dai ricorrenti nel precedente gravame, sarebbe localita' del tutto diversa. Anche l'ordinanza n. 5/1999, quindi, sarebbe radicalmente nulla perche' non individuerebbe con sufficiente sicurezza il sito della discarica e perche' l'attivita' di discarica sarebbe stata effettuata in localita' S. Nicola di Valdina e non in C.da Cianina. II) Violazione e falsa applicazione art. 13, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Incompetenza. Secondo il primo comma dell'art. 13, d.lgs. n. 22/1997, le ordinanze contingibili ed urgenti «hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi». Nel caso di specie, pero', il presidente della provincia ha emesso una prima ordinanza contingibile ed urgente (ordinanza 19 ottobre 1998, n. 22) per il periodo di tre mesi (fino al 18 gennaio 1999) e, adesso, con la ordinanza impugnata (n. 5/1999), ha disposto l'esercizio straordinario della discarica di Valdina per altri sei mesi. In totale nove mesi e, quindi, secondo i ricorrenti, in violazione del disposto dell'art. 13 citato. Entrambe le ordinanze del presidente della provincia (la n. 22/1998 e la n. 5/1999) sarebbero state emesse in forza dei poteri conferiti all'amministrazione dall'art. 13, primo comma, d.lgs. n. 22/1997 (espressamente richiamate nella parte motiva dei due provvedimenti). La norma, oltre i richiamati limiti temporali, attribuirebbe la competenza ad emettere ordinanze contingibili ed urgenti al presidente della regione e, pertanto, il provvedimento impugnato sarebbe affetto dall'ulteriore profilo di illegittimita' per incompetenza. Infine, secondo l'art. 13, proprio perche' provvedimenti straordinari, le ordinanze contingibili ed urgenti potrebbero essere «reiterate» solo due volte, il che presupporrebbe che tra i due provvedimenti non vi sia soluzione di continuita'. Ne1 caso in esame, invece, tra la prima ordinanza n. 22/1998 e la n. 5/1999 vi e' l'intervallo di piu' di un mese, parzialmente «coperto» dall'ordinanza di requisizione del prefetto. III) Violazione e falsa applicazione art. 13, comma 3, d.lgs. n. 22/1997. Difetto di motivazione. L'ordinanza impugnata sarebbe, altresi', illegittima perche' il presidente della provincia non avrebbe indicato le norme a cui ha inteso derogare, cosi' come prescritto dalla disposizione normativa sopra calendata. IV) Violazione e falsa applicazione art. 30, d.lgs. n. 22/1997. L'ordinanza del presidente della provincia impugnata, nonche' l'accordo di programma del 18 ottobre 1998 e l'ordinanza del Sindaco di Messina 18 ottobre 1998, n. 1399, sarebbero, altresi', illegittimi perche', in violazione dell'art. 51 d.lgs. n. 22/1997, assegnano il servizio di gestione dei rr.ss.uu. alla S.p.A. Messinambiente che, secondo quanto risulta, non sarebbe iscritta all'Albo delle imprese esercenti servizio di smaltimento dei rifiuti istituito ai sensi dell'art. 10, d.l. 31 agosto 1987, n. 361, convertito con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, e neppure nell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti previsto dall'art. 30, d.lgs. n. 22/1997. Ne' sarebbe condivisibile l'autorizzazione di derogare «alle norme del d.lgs. n. 22/1997 relativamente alla gestione dei r.s.u.» contenuta nell'ordinanza del presidente della provincia n. 5/1999. In nessun caso, infatti, sarebbe possibile derogare ad una norma qual e' l'art. 51 citato, posto, peraltro, a presidio della pubblica incolumita', giacche' solo le imprese dotate dei requisiti richiesti dalla legge possono garantire l'espletamento del servizio con la necessaria perizia e sicurezza. Inoltre, mediante lo strumento dell'accordo di programma e la «delega» al Comune di Messina e, tramite questo, alla societa' mista S.p.A. Messinambiente (al 49% privata), si e' affidato il compito di gestire i rr.ss.uu. per tutti i comuni in stato di emergenza, consentendo, cosi', ad una Societa' (almeno in parte) privata di gestire il servizio dello smaltimento dei rr.ss.uu. per un comprensorio di almeno 400.000 abitanti, senza che la stessa abbia mai partecipato a nessuna gara e senza essere nemmeno abilitata al servizio a norma degli artt. 30 e 51 d.lgs. n. 22/1997. V) Violazione e falsa applicazione art. 27, legge 8 giugno 1990, n. 241, come recepito in Sicilia con l.r. 11 dicembre 1991, n. 48. L'accordo di programma che costituisce variante agli strumenti urbanistici «dev'essere ratificato dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza». Detto ineludibile adempimento non sarebbe stato mai adottato dai consigli comunali competenti. Inoltre, non sarebbe stato neppure mai pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e non sarebbe mai stato approvato con atto formale ne' dal presidente della regione, ne' dal presidente della provincia. VI) Violazione e falsa applicazione dell'accordo di programma del 18 ottobre 1998. L'accordo di programma, seppur illegittimo, sarebbe stato espressamente richiamato dal presidente della provincia nell'ordinanza n. 5/1999 al solo fine, pero', di compiere una violazione dello stesso. Secondo l'art. 5, infatti, l'accordo avrebbe dovuto avere «durata pari alla durata di validita' prevista dall'ordinanza sindacale n. 246/1998 (del Sindaco di Valdina.) e cioe' mesi tre a decorrere dalla data di reale disponibilita' delle aree». Ebbene, dalla data di disponibilita' delle aree (19 ottobre 1998, a seguito dell'occupazione di fatto conseguente all'ordinanza del Sindaco di Valdina n. 246/1998) sarebbero trascorsi cinque mesi. L'accordo di programma sarebbe da tempo privo di qualsiasi effetto, oltre che decaduto per mancata ratifica dei consigli comunali. Anche l'ordinanza del Sindaco di Messina 19 ottobre 1999, di affidamento alla S.p.A. Messinambiente della gestione della discarica di Valdina, sarebbe basata sul presupposto dell'efficacia dell'accordo di programma del 18 ottobre 1998, espressamente richiamato in motivazione, per cui nessun provvedimento, nessuna norma e nessun accordo legittimerebbe l'affidamento della gestione della discarica alla S.p.A. Messinambiente. VII) Violazione e falsa applicazione art. 835 c.c., art. 2, r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U. LL. P.S.) e art. 7, legge 20 marzo 1865, n. 2248, nonche' dell'art. 9, T.U. 13 gennaio 1926, n. 452, come modificato con legge 24 marzo 1942, n. 469. Secondo le norme richiamate ed i principi vigenti, in caso di requisizione, occupazione o espropriazione, il proprietario ha diritto ad una indennita' pari al valore venale del bene evitto. Nel caso di specie, il presidente della provincia non ha riconosciuto nulla ai ricorrenti, pur a fronte dell'utilizzazione di 25.000 mq. circa di terreno per la discarica di migliaia di tonnellate di rifiuti solidi urbani e della natura dello stesso, sede di argille azzurre di primissima qualita' e suscettibile di utilizzazione industriale. VIII) Violazione e falsa applicazione sotto un diverso profilo dell'art. 7, legge 7 agosto 1990, n. 241. Difetto di motivazione. L'ordinanza impugnata sarebbe illegittima anche perche' il presidente della provincia, in violazione della norma sopra calendata, non avrebbe dato comunicazione dell'avvio del procedimento e non avrebbe comunicato il nome del funzionario (e/o dell'ufficio) responsabile del procedimento. Nel caso in esame non vi sarebbero state ragioni di urgenza tali da giustificare l'omissione dell'adempimento, in quanto gia' dal momento in cui il prefetto aveva adottato il provvedimento di requisizione era noto che, allo scadere, si sarebbe ripresentata l'emergenza e che, quindi, sarebbe toccato al presidente della provincia di intervenire con l'ordinanza qui contestata. Con ordinanza 30 aprile 1999, n. 936/1999, accogliendo le censure proposte col ricorso introduttivo del giudizio, ritenuta la fondatezza del gravame, questa stessa sezione ha ordinato alla S.p.A. Messinambiente la costituzione di una cauzione a favore dei ricorrenti nella misura di L. 50.000.000, pena la sospensione dei provvedimenti impugnati. Il C.G.A. ha respinto il ricorso in appello proposto dalla S.p.A. Messinambiente, confermando in toto l'ordinanza del giudice di primo grado (Ordinanza 23-24 giugno 1999, n. 533/99). Si sono costituiti in resistenza i Comuni di Messina, di Barcellona Pozzo di Gotto, di Milazzo, di Giardini-Naxos, di Villafranca Tirrena, di Rometta, la Provincia di Messina e la Messinambiente S.p.A. Motivi aggiunti depositati il 18 aprile 2000. I ricorrenti hanno formulato le medesime domande di cui ai motivi aggiunti introdotti nel precedente ricorso n. 859/1999. Ricorso n. 6130/2000. Con il ricorso in epigrafe, notificato il 18 dicembre 2000 e depositato il 22 dicembre 2000, i ricorrenti hanno riproposto le medesime domande, anche istruttorie, introdotte con i motivi aggiunti depositati il 18 aprile 2000 in seno ai precedenti gravami nn. 856/1999 e 1287/1999. Si sono costituiti in resistenza: la Provincia regionale di Messina, la Messinambiente S.p.A. ed i Comuni di Messina, Valdina, Barcellona Pozzo di Gotto, Milazzo, Francavilla di Sicilia, Villafranca Tirrena e Rometta. Con O.P.I. 2 febbraio 2001, n. 29, questo tribunale ha disposto consulenza tecnica d'ufficio. Con ulteriore istanza depositata il 22 gennaio 2004, i ricorrenti hanno richiesto integrazione istruttoria. Quest'ultima risulta rinunciata con atto depositato il 23 luglio 2004. Con sentenza interlocutoria n. 2421/05 del 13 dicembre 2005, riuniti i ricorsi, riconosciuta la propria giurisdizione sulle domande introdotte in giudizio, questa stessa Sezione ha accolto la domanda della Messinambiente S.p.A. di chiamata in giudizio a garanzia delle seguenti amministrazioni: Ufficio territoriale del Governo di Messina, Commissario delegato - Presidente della Regione Siciliana, Provincia regionale di Messina, nonche' i Comuni di Barcellona Pozzo di Gotto, Gioiosa Marea, Furnari, Itala, Meri', Milazzo, Pace del Mela, Patti, Rometta, Santa Lucia del Mela, Saponara, Villafranca Tirrena, Torregrotta, Scaletta Zanclea, Spadafora, Floresta Valdina, Taormina, Giardini-Naxos, Gaggi e Francavilla di Sicilia. Il detto adempimento risulta in atti. Alla pubblica udienza del 6 aprile 2006 le cause sono state trattenute per la decisione. D i r i t t o A) Con sentenza resa in pari data sui medesimi ricorsi, la sezione si e' cosi' pronunciata: rigetta il ricorso introduttivo n. 856/1999; accoglie in parte il ricorso introduttivo n. 1287/1999 ed in parte lo dichiara inammissibile; compensa le spese e gli onorari del giudizio relativi a tali due ricorsi introduttivi; in ordine ai motivi aggiunti ai ricorsi nn. 856/1999 e 1287/1999 ed al ricorso n. 6130/2000, visti gli artt. 279, secondo comma, c.p.c., 134 Cost., 1 della legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone, con separata ordinanza, l'invio dei fascicoli di causa alla Corte costituzionale, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata - per violazione degli artt. 3, 125, 24 e 25 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23 dello Statuto della regione Sicilia - la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006. Sospende il giudizio sui ricorsi per motivi aggiunti introdotti nei gravami 856/1999 e 1287/1999 ed il ricorso n. 6130/2000 sino alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale. La detta decisione e' stata supportata dal supporto motivazionale di seguito fedelmente riportato. «I) La complessa vicenda all'esame del Collegio e' occasionata dalla asserita illegittimita' di una serie di atti volti a rendere disponibile un terreno sito nel Comune di Valdina - Contrada Cianina, di proprieta' dei ricorrenti ed individuato con le particelle 247, 249, 250, 251, 806, 281, del fg. mappa n. 1, al fine di consentire il conferimento dei rifiuti da parte di alcuni Comuni della Provincia di Messina, reso necessario dal sequestro giudiziario preventivo n. 2805/1998 e n. 1888/1998 del G.i.p. del Tribunale di Messina della discarica di Portella Arena». Il Collegio ritiene necessaria la schematica ricostruzione dei fatti di causa, evidenziando i singoli atti che hanno costituito l'iter procedurale. A) Ordinanza n. 246 del 18 ottobre 1998 del Sindaco del Comune di Valdina. Di seguito al sopra indicato sequestro giudiziario e, per come si evince dal corpo del provvedimento, su espresso invito del «Prefetto di Messina a porre in essere ogni iniziativa necessaria per l'emanazione di un provvedimento contingibile ed urgente ai sensi dell'art. 13 del vigente d.lgs. n. 22/1997», il Sindaco del Comune di Valdina individuava la localita' «Cianina di Valdina», ove ubicare una discarica per r.s.u., onde consentire il versamento dei rifiuti dei Comuni di Messina, Milazzo, Meri', Pace del Mela, Barcellona P.G., Patti, Scaletta Zanclea, Itala, Saponara, Villafranca Tirrena, Rometta, Floresta, Gioiosa Marea e Spadafora. Il provvedimento stabiliva: a) la provvisorieta' dell'urgente intervento «per il tempo strettamente necessario per l'attivazione di ulteriori sistemi di smaltimento in capo ai citati comuni»; b) l'individuazione dell'area indicata da tecnici della provincia regionale (come da relazioni tecniche allegate alla stessa ordinanza), giustificata da una precedente riconosciuta idoneita' della stessa da parte del Commissario provveditore della Regione Siciliana ed avente una capacita' di circa 500.000 metri cubi; c) la cessione in uso della discarica ai comuni interessati, ai quali, quindi, veniva demandata la gestione; d) il «prezzo» della cessione, stabilito in L. 20 per Kg di r.s.u. conferito e da corrispondere al Comune di Valdina; e) il richiamo alla necessita' di preventiva autorizzazione per i singoli comuni da parte del Presidente della Provincia di Messina ai sensi dell'art. 5 della legge n. 40/1995; f) l'addossamento degli oneri per l'occupazione del terreno a carico del soggetto gestore individuato dai comuni; g) l'obbligo per il Comune di Valdina di «adottare i provvedimenti necessari per l'emissione di eventuali ordinanze di occupazione e immissione in possesso delle aree necessarie per l'attivazione della discarica». B) Ordinanza n. 22 del 19 ottobre 1998 del Presidente della Provincia di Messina. Di seguito al provvedimento indicato sub A, il Presidente della Provincia di Messina emanava l'ordinanza n. 22 del 19 ottobre 1998, resa ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 e dell'art 5 della l.r. n. 40 del 21 aprile 1995, con la quale, viste le relazioni tecniche gia' richiamate nell'ordinanza del Comune di Valdina, ordinava in via contingibile ed urgente lo smaltimento dei rifiuti presso la discarica di C.da Cianina per un periodo di tre mesi. Il medesimo provvedimento stabiliva una serie di prescrizioni a carico del gestore, tra le quali la compattazione dei rifiuti e l'uso in maniera esclusiva dell'area individuata. Analoghi provvedimenti (Ord. n. 25 del 5 novembre 1998 e n. 31 del 18 dicembre 1998) venivano emanati per consentire il conferimento dei rifiuti sino al 17 gennaio 1999 per i Comuni di Taormina, Giardini-Naxos e Gaggi. Iniziata l'attivita' della discarica, asseriscono i ricorrenti, ai quali nessuna comunicazione sarebbe stata inviata, di aver adito il Tribunale di Messina ai sensi dell'art. 700 c.p.c. al fine di richiedere l'immediata sospensione dell'uso del terreno di loro proprieta'. Il giudizio veniva piu' volte rinviato nel tentativo di una bonaria definizione della vicenda. C) Decreto del 26 gennaio 1999, n. 230/1312/Gab. del Prefetto di Messina. Scaduto il termine trimestrale previsto dall'ordinanza n. 22/1998 del presidente della provincia, non interveniva alcuna proroga, ma il decreto del 26 gennaio 1999, n. 230/1312/Gab. del Prefetto di Messina, con il quale, premesso che il Consiglio dei ministri in data 22 gennaio 1999 aveva dichiarato lo stato di emergenza fino alla data del 30 giugno 2000 e considerati i «forti segnali di pregiudizio per l'ordine e la sicurezza pubblica e che sussistono condizioni di assoluta necessita' ed urgenza che giustificano l'adozione di misure atte a fronteggiare gli eventi», veniva disposta la requisizione, per un periodo di trenta giorni, di un'area «ubicata in Valdina, C.da Cianina, gia' utilizzata fino al 18 gennaio u.s. come sito di discarica per il conferimento di rr.ss.uu.». Il provvedimento veniva emanato ai sensi degli artt. 2, T.U. LL. P.S. r.d. n. 773/1931, 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, 835 c.c. e 20 del r.d. n. 383/1934. D) Ordinanza del 27 febbraio 1999, n. 5 del Presidente della Provincia di Messina. E) Accordo di programma sottoscritto in data 18 ottobre 1998 dai sindaci dei comuni interessati. Successivamente, come risulta dal ricorso n. 1287/1999, scaduto il termine stabilito dal prefetto con il decreto appena indicato, il Presidente della Provincia di Messina emanava l'ordinanza 27 febbraio 1999, n. 5, con la quale, richiamato il d.P.C.m. 22 gennaio 1999 dichiarativo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, dello stato di emergenza rifiuti nel territorio della regione siciliana ed i provvedimenti sopra richiamati - con i quali, in sostanza, era stata disposta l'occupazione dell'area di proprieta' dei ricorrenti e l'accordo di programma sottoscritto in data 18 ottobre 1998 dai sindaci dei comuni interessati (con il quale era «stato conferito mandato al Comune di Messina di gestire tale discarica, avvalendosi della societa' mista Messinambiente S.p.A., accordo a cui il Sindaco di Messina dava seguito emanando apposito provvedimento di affidamento a favore di detta Societa» con ordinanza n. 1399 del 18 ottobre 1999), ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 22/1997, prorogava gli effetti della precedente ordinanza n. 22/1998 per ulteriori sei mesi a decorrere dalla data di emanazione del provvedimento e, piu' precisamente, ordinava al Comune di Messina di «continuare a gestire la discarica per lo smaltimento dei rr.ss.uu. sita in Contrada Cianina del Comune di Valdina, anche nell'interesse dei Comuni di Pace del Mela, Itala e Scaletta». Il termine finale del 27 agosto 1999 restava sostanzialmente invariato, nonostante alcune ordinanze di questo tribunale (segnatamente la n. 937/1999, che, accogliendo il ricorso del Comune di Valdina - iscritto al n. 1288/1999 - ha anticipato al 31 luglio 1999 il termine per il rilascio del terreno in questione), posto che il giudice d'appello non condivideva l'accoglimento di primo grado (cfr. ordinanza del C.G.A. per la Sicilia n. 718/99 del 2 agosto 1999). F) Ordinanza del Ministero dell'interno delegato per il coordinamento della Protezione civile n. 2983 del 31 maggio 1999. Frattanto, era intervenuta l'ordinanza del Ministero dell'interno delegato per il coordinamento della Protezione civile n. 2983 del 31 maggio 1999, che, nel dichiarare lo stato di emergenza, ha attribuito, all'art. 5, comma 1, ai prefetti dell'Isola le competenze di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 22/1997. G) Ordinanza prot. n. 2802/Gab. del 4 agosto 1999 del Prefetto di Messina. Con ordinanza prot. n. 2802/Gab. del 4 agosto 1999 del Prefetto di Messina, richiamati i molteplici analoghi provvedimenti del luglio-agosto 1999 con i quali la gran parte dei comuni erano stati autorizzati ad usare discariche diverse da quella allocata nel terreno dei ricorrenti, venivano autorizzati, sempre con espresso riferimento all'art. 5 dell'ordinanza del Ministero dell'interno n. 2983 del 31 maggio 1999, al proseguio del versamento dei rifiuti in C.da Cianina di Valdina, ma in terreni appartenenti a diverso proprietario, i Comuni di Messina, Barcellona P.G., Patti, Saponara, Milazzo e Spadafora. H) Ordinanze prot. n. 3390/Gab. del 1° ottobre 1999 del Prefetto di Messina; 3826/Gab. del 29 ottobre 1999 e n. 4014 del 15 novembre 1999. Con le ordinanze calendate, il Prefetto di Messina procedeva alla requisizione delle medesime aree di proprieta' dei ricorrenti, dal l° ottobre 1999 e sino al 30 novembre 1999. I detti provvedimenti prevedevano tutti gli oneri a carico del Comune di Messina, la conseguente quantificazione dell'indennita' di occupazione (pari ad 1/24 degli importi stabiliti con valutazione dell'U.T.E. di Messina), l'immissione in possesso del Comune di Messina e l'espressa riserva dell'adozione del provvedimento nelle «more della definizione delle procedure espropriative». Con sentenza n. 2421/05 del 13 dicembre 2005, questa stessa sezione, premessa la riunione dei ricorsi, ha ritenuto sussistere la giurisdizione del tribunale in merito alle richieste della Messinambiente S.p.A. e, per l'effetto, ha disposto la chiamata in garanzia dei comuni interessati, della Provincia di Messina, del Commissario delegato e dell'Ufficio territoriale del Governo di Messina. Premessa la ricostruzione in fatto, e' possibile passare alla valutazione del merito dei ricorsi. II) Ricorso n. 856/1999. II.A) Con il primo motivo di gravame, i ricorrenti si sono doluti dell'illegittimita' del decreto del 26 gennaio 1999, n. 230/1312/Gab. del Prefetto di Messina (calendato sub C nelle premesse), con il quale e' stata disposta la requisizione di un'area «ubicata in Valdina, C.da Cianina, gia' utilizzata fino al 18 gennaio u.s. come sito di discarica per il conferimento di rr.ss.uu.» per il periodo di trenta giorni. Asseriscono, in sostanza, i ricorrenti che il potere prefettizio esercitato ai sensi dell'art. 2 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 e' residuale ed eccezionale e, pertanto, attivabile soltanto in assenza di ulteriori diversi rimedi. Invero, nel caso in esame, la competenza sarebbe del presidente della provincia, secondo il chiaro disposto dell'art. 13 del d.P.R. n. 22/1997. Detta disposizione, al primo comma, cosi' espressamente si esprime: «Fatto salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessita' di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il presidente della giunta regionale o il presidente della provincia ovvero il sindaco possono emettere, nell'ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Ministro dell'ambiente, al Ministro della sanita' e al presidente della regione entro tre giorni dall'emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi.». Ed invero, come risulta dalla ricostruzione del procedimento, in effetti, il primo intervento, stante la dimensione territoriale dello stesso ed il coinvolgimento di piu' comuni, e' stato compiuto correttamente dal competente presidente della provincia con ordinanza n. 22 del 19 ottobre 1998 con la quale e' stato ordinato in via contigibile ed urgente lo smaltimento dei rifiuti presso la discarica di C.da Cianina per un periodo di tre mesi. Sennonche', il richiamato art. 13, nelle premesse contenute nel primo comma, fa espressamente salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza. L'impugnato provvedimento prefettizio, coerentemente, contiene dei supporti motivazionali (i riferimenti alla nota del questore Cat. A4/99GAB del 26 gennaio 1999, con la quale era stata segnalata «l'inasprirsi della situazione di pregiudizio all'ordine ed alla sicurezza pubblica per il manifestarsi di episodi di intolleranza della popolazione che ha dato alle fiamme numerosi cassonetti, rovesciandone innumerevoli nelle sedi stradali, con versamento dei rifiuti in vaste zone destinate al transito dei mezzi autoveicolari»; al fax pervenuto dal Comandante provinciale dei Vigili del Fuoco n. 617 in data 26 gennaio 1999, con «cui si segnala l'accentuazione di richieste e di conseguenti interventi ... per spegnimenti di incendi di cassonetti e cumuli di rifiuti» e si esprimono considerazioni circa la preoccupazione per gli episodi sopra indicati che «evidenziano forti segnali di pregiudizio per l'ordine e la sicurezza pubblica», per cui e' stata ritenuta la sussistenza di «condizioni di assoluta necessita' ed urgenza che giustificano l'adozione di misure atte a fronteggiare gli eventi». Ritiene il Collegio, quindi, che se e' pur vero che l'art. 13 del d.P.R. n. 22/1997 conferisce un potere specifico di intervento agli amministratori degli enti territoriali locali, e' altrettanto vero che detto potere recede, per transitare nell'alveo della potesta' unificatrice e centrale del prefetto, ove il substrato motivazionale dell'intervento non risieda soltanto nella necessita' di fronteggiare un'esigenza strettamente sanitaria, ma una piu' complessa ed articolata relativa all'ordine pubblico. In altri termini, il potere prefettizio di sostituzione, oltre ad essere espressamente conferito dalla riserva contenuta nella norma di cui all'art. 13 in esame, appare giustificato ove il pressante interesse pubblico alla salute venga assorbito da uno piu' complesso, determinato dalla sussistenza, altresi', di ulteriori motivi di ordine pubblico da fronteggiare, se del caso, anche con l'ausilio delle Forze dell'ordine. Ed a fronte dell'inerzia della competente provincia e alla luce dei focolai di evidente malcontento, sfociato in concrete manifestazioni di protesta e di pericolo per la pubblica incolumita', il prefetto bene e legittimamente ha azionato i propri poteri di intervento, fatti espressamente salvi, si ribadisce, dai prodromi dell'art. 13 e formalizzati all'art. 20 del r.d. n. 383/1934, che, accanto agli interventi contingibili ed urgenti in materia sanitaria, associa, come del resto e' ovvio che sia, anche quelli relativi a motivi di «sicurezza pubblica interessanti l'intera provincia o piu' comuni della medesima». Risulta evidente che, a fronte dell'inerzia del presidente della provincia e dei gravi fatti rappresentati nel provvedimento, il prefetto ha disposto la requisizione dell'area, azionando quel potere tipico discendente dalle norme richiamate, dall'art. 2 del r.d. n. 773/1931 e proprio dall'art. 7 della L.A.C. n. 2248/1865, che prevede «allorche' per grave necessita' pubblica l'autorita' amministrativa debba senza indugio disporre della proprieta' privata ..., essa provvedera' con decreto motivato, sempre pero' senza pregiudizio dei diritti delle parti». Ne' puo' dirsi che la prefettura si sia trovata innanzi ad una situazione prevedibile, conseguenza diretta di eventi scaturiti in un lungo lasso di tempo o frutto di una trattativa tra le parti, di tal guisa che possa dirsi che abbia esercitato il proprio potere al di fuori degli stretti limiti che la norma prevede a garanzia proprio del raggiungimento dell'interesse alla regolamentazione dell'ordine pubblico (Tribunale amministrativo regionale Catanzaro, I, 27 aprile 2005, n. 692). In altri termini, la requisizione e' possibile ove, come nel caso in esame, la necessita' di entrare in possesso degli immobili sia conseguenza di eventi straordinari ed imprevedibili, ove l'imprevedibilita' va intesa come impossibilita' di ricorrere ai rimedi ordinari previsti dall'ordinamento, impossibilita' che deve tuttavia derivare da ragioni estranee alla sfera della p.a., e non essere imputabile a negligenza della stessa (cfr. Tribunale amministrativo regionale Sicilia - Catania, sez. I, 26 aprile 2004, n. 1154). Consegue, pertanto, la non condivisibilita' del motivo di ricorso, anche nella parte in cui viene contestata la possibilita' di procedere con la requisizione, in luogo della procedura espropriativa, che, invece, presuppone, come appare in maniera del tutto evidente anche dalla norma invocata in ricorso (art. 2, comma 4, della legge 5 marzo 1982, n. 62), la stabilita' di una situazione e non l'imprevedibilita' della stessa. II.B) L'ordinanza prefettizia sarebbe, inoltre, nulla, per illegittimita' derivata, in quanto i pregressi provvedimenti del Sindaco di Valdina (Ordinanza n. 246 del 18 ottobre 1998) e del presidente della provincia (n. 22 del 19 ottobre 1998), richiamati espressamente dal Prefetto di Messina ai fini dell'individuazione del sito, non avrebbero indicato con la necessaria esattezza l'area su cui allocare la provvisoria discarica. Mancherebbero, infatti, i riferimenti catastali ed, inoltre, nonostante il riferimento alla C.da Cianina, l'insediamento sarebbe stato effettuato in C.da San Nicola su terreni anch'essi di proprieta' dei ricorrenti. La censura non puo' essere condivisa. In punto di fatto rileva il Collegio che il Sindaco del Comune di Valdina nel proprio provvedimento cui alludono i ricorrenti con il motivo del ricorso in esame ha fatto espresso riferimento all'individuazione dell'area indicata da tecnici della provincia regionale (come da relazioni tecniche allegate alla stessa ordinanza), giustificata da una precedente riconosciuta idoneita' della stessa da parte del Commissario Provveditore della Regione Siciliana ed avente una capacita' di circa 500.000 metri cubi. Gia' questo sarebbe sufficiente a sostenere l'infondatezza dell'osservazione. Rileva, altresi', il Collegio che con nota prot. n. 5022 del 23 ottobre 1998, il Comune di Valdina ha proceduto ad un'ulteriore identificazione del sito, specificando esattamente le particelle catastali ed i proprietari interessati, tra i quali, i ricorrenti. II.C) Con il terzo motivo di gravame, i ricorrenti si dolgono dell'entita' dell'indennita' di requisizione, assumendo che l'esigua determinazione costituirebbe una sorta di sviamento di potere cui sarebbe incorsa l'amministrazione. Il Collegio, anticipando anche considerazioni che saranno ulteriormente approfondite nel proseguio dell'esame dei ricorsi, relativamente alla propria competenza ad assumere la decisione, ritiene di dover condividere la giurisprudenza attestatasi su fattispecie identiche. Invero, ai sensi dell'art. 34, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (nel testo, novellato dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, inciso dalla sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004, dichiarativa della illegittimita' costituzionale in parte qua), la domanda di restituzione del bene requisito in uso, basata sulla cessazione delle esigenze che avevano determinato la requisizione stessa, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, atteso che essa ha per oggetto un provvedimento della p.a., espressione di un potere autoritativo, riguardante l'uso del territorio; come pure e' devoluta al giudice amministrativo la domanda di risarcimento del danno da ingiustificata detenzione di detto bene, giacche', in base al comma 1 dell'art. 35 del d.lgs. citato, tale giudice, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone il risarcimento del danno ingiusto. Appartiene invece alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda di condanna della p.a. al pagamento dell'indennita' di requisizione, e cio' ai sensi del comma 3, lettera b), del citato art. 34 - secondo cui nulla e' innovato in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennita' in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa - rientrando la requisizione tra gli atti di tale natura (cfr. Cass., SS.UU., l3 gennaio 2005, n. 463). Consegue il difetto di giurisdizione di questo tribunale, posto che, per altro, l'eventuale illegittimita' dell'atto in parte qua potra' essere valutato dal G.O. in sede di disapplicazione. II.D) Il provvedimento prefettizio sarebbe altresi' illegittimo, in quanto non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione dell'avvio del procedimento. Sul punto e' agevole osservare che la legge n. 241/1990, all'art. 7, stabilisce una deroga all'obbligo di comunicazione dell'avvio nell'ipotesi di particolari esigenze di celerita' del procedimento. Ora, non v'e' dubbio che la situazione in cui la prefettura si e' venuta a trovare, di necessita' di garantire l'ordine pubblico, costituisce sicura ipotesi di deroga dalla suddetta prescrizione. Consegue il rigetto del ricorso. III) Ricorso n. 1287/1999. III.A) Con il ricorso n. 1287/1999, i ricorrenti hanno impugnato l'ordinanza n. 5 del 27 febbraio 1999 del Presidente della Provincia di Messina, con la quale, richiamato il d.P.C.m. 22 gennaio 1999 dichiarativo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, dello stato di emergenza rifiuti nel territorio della Regione Siciliana ed i provvedimenti impugnati con il precedente gravame, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 225/1997, prorogava gli effetti della precedente ordinanza n. 22/1998 per ulteriori sei mesi a decorrere dalla data di emanazione del provvedimento e, piu' precisamente, ordinava al Comune di Messina di «continuare a gestire la discarica per lo smaltimento dei rr.ss.uu. sita in Contrada Cianina del Comune di Valdina, anche nell'interesse dei Comuni di Pace del Mela, Itala e Scaletta». Con il primo motivo di gravame, i ricorrenti ripropongono, in sostanza, la medesima censura di nullita' per nullita' derivata gia' esaminata, e ritenuta infondata, sub II.B. nel precedente ricorso. III.B.a) Con il secondo motivo, i ricorrenti hanno eccepito la violazione dell'art. 13 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, posto che le ordinanze contingibili ed urgenti ivi previste non possono avere efficacia superiore ai sei mesi. Ed invero, come chiarito in fatto, la prima ordinanza del presidente della provincia di Messina, la n. 22 del 19 ottobre 1998 impugnata con il precedente ricorso, ha posto un termine di mesi tre. Alla stessa e' seguita il provvedimento prefettizio del 26 gennaio 1999, con requisizione di un mese, e, successivamente, il provvedimento, ancora una volta del presidente della provincia n. 22 del 27 febbraio 1999, di ulteriore proroga di sei mesi, oggetto del presente gravame. La questione sottoposta all'esame del Collegio si risolve nella valutazione circa la possibilita' che il periodo complessivo di detti provvedimenti possa superare i sei mesi o detto termine sia quello complessivo, anche se disposto con tre distinti provvedimenti (il massimo consentito dalla norma). L'art. 13, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, sul punto, cosi' espressamente si esprime: 1. - Fatto salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessita' di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il presidente della giunta regionale o il presidente della provincia ovvero il sindaco possono emettere, nell'ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Ministro dell'ambiente, al Ministro della sanita' e al presidente della regione entro tre giorni dall'emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi. 2. - Entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il presidente della giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata inattivita', il Ministro dell'ambiente diffida il presidente della giunta regionale a provvedere entro un congruo termine, e in caso di protrazione dell'inerzia puo' adottare in via sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini. 3. - Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che lo esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali. 4. - Le ordinanze di cui al comma 1 non possono essere reiterate per piu' di due volte. Qualora ricorrano comprovate necessita', il presidente della regione d'intesa con il Ministro dell'ambiente puo' adottare, sulla base di specifiche prescrizioni le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini. Osserva preliminarmente il Collegio che, diversamente da quanto sostenuto dalla provincia regionale, anche la prima ordinanza (la n. 22/1998), cosi' come e' possibile evincere dall'espresso richiamo ivi contenuto, e' stata emanata ai sensi dell'art. 13, cosicche', a prescindere dalla «interruzione» intervenuta tra detto provvedimento e quello in esame per effetto dell'ordinanza prefettizia del 26 gennaio 1999, il periodo complessivo disposto e' pari a nove mesi. Cio' premesso ritiene il Collegio che la censura meriti accoglimento. Vero e' che il comma 4 dell'art. 13 prevede la possibilita' di reiterare per due volte il provvedimento, ma la circostanza non depone per l'ampliamento del termine di cui al comma 1 fissato in mesi sei. Invero, cosi' come stabilito al comma 2, entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il presidente della giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In sostanza, cio' significa che sin dal quarto mese l'iniziativa per la risoluzione dei problemi afferenti lo smaltimento dei rifiuti passa alla competenza del presidente della regione. Vieppiu'. Il medesimo comma 4 stabilisce, oltre al divieto di reiterare le ordinanze per piu' di due volte, che «qualora ricorrano comprovate necessita', il presidente della regione d'intesa con il Ministro dell'ambiente puo' adottare, sulla base di specifiche prescrizioni le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini». Cio' significa che i termini di cui al comma 1 (sei mesi) possono essere derogati solo per intervento del presidente della regione. Sarebbe, del resto, del tutto illogico parlare di ordinanze contingibili ed urgenti per un periodo di sei mesi reiterabile per due volte per un intero ulteriore periodo di un anno. Il Collegio ritiene di dover precisare che i presupposti che si richiedono per l'adozione dei provvedimenti contingibili e urgenti sono, da un lato, l'impossibilita' di differire l'intervento ad altra data in relazione alla ragionevole previsione di danno incombente (donde il carattere dell'urgenza), dall'altro, l'impossibilita' di provvedere con gli ordinari mezzi offerti dalla legislazione (donde la contingibilita). Riguardo al primo aspetto, non si pone alcuna questione, considerata l'evidente necessita' di un pronto soddisfacimento dell'interesse pubblico. In riferimento al secondo, e' sicuro che l'intervento non deve avere necessariamente il carattere della provvisorieta', atteso che suo connotato essenziale e' l'adeguatezza della misura a far fronte alla situazione determinata dall'evento straordinario. Il che chiaramente sta a indicare che nell'adozione di provvedimenti contingibili e urgenti non esiste, in astratto, un metro di valutazione fisso da seguire, ma la soluzione va individuata di volta in volta, secondo la natura del rischio da fronteggiare (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6168). Sono, infatti, le esigenze obiettive che si riscontrano nel caso concreto che determinano la «misura» dell'intervento, anche se la soluzione deve corrispondere alle finalita' del momento, senza che possa assumere, cioe', i caratteri della continuita' e della stabilita'. (Cons. Stato, sez. V, n. 580 del 9 febbraio 2001; Tribunale amministrativo regionale Catania, II, 27 ottobre 2004, n. 2985). Ora non v'e' dubbio che, superata l'urgenza, che la norma pone in sei mesi, e' possibile (anzi, e' necessario, ed in tal senso gia' entro il quarto mese l'art. 13 fornisce dei precetti di intervento non derogabili, pena addrittura l'intervento del competente Ministero) ricercare soluzioni che, in maniera definitiva, risolvano il problema della discarica, tramite anche la formalizzazione di idonee procedure di localizzazione definitiva. In sostanza, ritiene il Collegio che, superata l'urgenza, occorre predisporre un'attivita' di pianificazione degli interventi, che, nel caso di specie, possono concretizzarsi anche nella semplice procedura ablativa, volta a regolamentare l'uso del terreno quale discarica, a garanzia anche dei proprietari incisi da provvedimenti restrittivi quali la requisizione e l'occupazione determinata da ordinanze contingibili ed urgenti. In somma sintesi, superato «l'impatto» della necessita' di localizzare un sito idoneo, l'interesse pubblico permane, ma non sopravanza piu' quello privato, di tal guisa che la stessa procedura prevede la necessita' di accomodamento degli interessi pubblici e privati in gioco, senza piu' il ricorso ai provvedimenti previsti per l'emergenza. Del resto, per come si evince dalla produzione del Comune di Rometta (depositata il 22 marzo 1999), al di la' della correttezza dell'uso del potere esercitato con ordinanze contingibili ed urgenti, gli interventi sia pure a favore di altri comuni, ma sempre volti all'utilizzo della discarica in questione, a partire dal 12 marzo 1999 e sino al 31 maggio 1999, sono stati disposti dal presidente della regione (cfr. all. 7, 8 e 9 decreti nn. 136 del 12 marzo 1999, 342 del 13 maggio 1999 e 354 del 20 maggio 1999). Per altro, detti provvedimenti, coerentemente con la previsione normativa contenuta al comma 4 dell'art. 13 del d.lgs. n. 22/1997, sono stati emanati con l'intesa del competente Ministero dell'ambiente, per come e' possibile espressamente evincere dall'espresso richiamo in essi contenuto. Consegue la fondatezza della censura. III.B.b) Sennonche' la Provincia di Messina, oltre a depositare in giudizio anch'essa i predetti provvedimenti del presidente della regione, ha mosso un'eccezione preliminare di inammissibilita' del ricorso, posto che gli stessi non sono stati gravati da ulteriore impugnativa, in quanto comunque lesivi a prescindere dal provvedimento impugnato del presidente della provincia n. 22/1999. In sostanza, l'amministrazione sostiene che l'annullamento di quest'ultimo provvedimento non gioverebbe comunque ai ricorrenti, posto che la legittima occupazione del terreno resterebbe sempre sostenuta dai predetti ulteriori atti. Il rilievo e' parzialmente fondato. Invero, non e' dubbio che detti atti, a prescindere dalla circostanza che i comuni autorizzati a versare i rifiuti in detta discarica sono diversi da quelli originariamente indicati nell'ordinanza della provincia, finiscono comunque con mantenere «occupato» il terreno, cosicche' costituiscono autonomo titolo, che, in quanto lesivo, va impugnato. In altri termini, l'annullamento del Provvedimento del presidente della provincia non gioverebbe completamente a soddisfare l'interesse dei ricorrenti, posto che il loro terreno rimarrebbe pur sempre oggetto del versamento dei rifiuti, altrimenti e successivamente autorizzato dai decreti regionali. Tuttavia, la parziale diversita' dell'oggetto degli atti in questione non comporta l'assoluto difetto di interesse ad impugnare l'atto provinciale, in quanto, per altro, l'efficacia dei provvedimenti regionali puo' definirsi aggiuntiva rispetto a quest'ultimo. Invero, gli atti regionali non servono ad assorbire quello provinciale, ne' si pongono in un'unica sequenza procedurale, di tal guisa che e' possibile concludere che, mentre dal loro mancato annullamento deriva l'inutilita' della caducazione del provvedimento della provincia (posto che, comunque, come chiarito, il terreno dei ricorrenti rimane oggetto di occupazione da parte delle amministrazioni coinvolte), per altro verso, permane l'efficacia e l'illegittimo nocumento in danno ai ricorrenti nel periodo tra l'emanazione di quest'ultimo e quella degli atti regionali non avversati. In sintesi, il ricorso non puo' ritenersi assolutamente inammissibile, ma lo e' per il periodo decorrente dall'emanazione dei provvedimenti regionali non avversati dai ricorrenti. III.C) Altresi' condividibile appare l'ulteriore eccezione della Provincia di Messina di inammissibilita' delle ulteriori censure in ricorso volte a ritenere l'illegittimita' dell'accordo di programma del 18 ottobre 1988 (censure V e VI), in quanto non notificate a tutte le amministrazioni interessate. Invero, l'accordo di programma, previsto dall'art. 27 della legge n. 142/1990, e disciplinato per altro verso dall'art. 15 della legge n. 241/1990, e' stato stipulato esclusivamente dai comuni interessati all'uso della discarica. Esso contiene il recepimento dell'ordinanza del Comune di Valdina n. 246/1998 e del Presidente della Provincia di Messina del 18 ottobre 1998, nonche' il conferimento del mandato di gestione al Comune di Messina tramite la societa' «Messinambiente». Indi, costituisce attivita' amministrativa del tutto autonoma degli enti ivi compresi, i quali, come correttamente sostenuto dalla difesa della Provincia di Messina, costituiscono, di fronte a motivi di gravame riguardanti detto Accordo, amministrazioni parti, e quindi organi emananti secondo l'espressa previsione di cui all'art. 21 della legge n. 1034/1971 e non semplici controinteressati. Deriva che, secondo quanto espressamente previsto dalla norma appena richiamata, il difetto di notifica nei confronti di tutti i comuni inclusi nell'accordo di programma non puo' essere sanata, non essendo, questi, meri controinteressati. III.D) Con la quarta censura i ricorrenti lamentano l'illegittimita' del provvedimento del presidente della provincia e dell'accordo di programma del 18 ottobre 1998, in quanto consentono l'affidamento del servizio di discarica alla societa' Messinambiente asseritamente non iscritta all'Albo delle imprese esercenti servizio di smaltimento rifiuti e senza alcuna procedura ad evidenza pubblica per il conferimento dello stesso. A prescindere dalla dedotta inammissibilita' della censura, cosi' come eccepito dalla societa' sopra indicata, per carenza di interesse (invero corretta nella sua impostazione, posto che la proprieta' del fondo inciso dalla procedura ablatoria non sembra al Collegio possa conferire ai proprietari l'interesse specifico, in quanto non direttamente tutelato, di dedurre la mancanza di una procedura ad evidenza pubblica nella scelta del contraente ovvero l'insussistenza del requisito necessario per lo svolgimento del servizio), la stessa si appalesa infondata. Il comma 10 dell'art. 30 del d.lgs. n. 22/1997 stabilisce che «il possesso dei requisiti di idoneita' tecnica e di capacita' finanziaria per l'iscrizione all'Albo delle aziende speciali, dei consorzi e delle societa' di cui all'art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che esercitano i servizi di gestione dei rifiuti, e' garantito dal comune o dal consorzio di comuni. L'iscrizione all'Albo e' effettuata sulla base di apposita comunicazione di inizio di attivita' del comune o del consorzio di comuni alla Sezione regionale dell'Albo territorialmente competente ed e' efficace solo per le attivita' svolte nell'interesse del comune medesimo o dei consorzi ai quali il comune stesso partecipa». Come dimostrato dalla societa' con la produzione del 27 aprile 1999, l'iscrizione e' stata conferita nei modi previsti dalla suddetta disposizione, posto che con nota prot. n. 7271/Gab. del 19 ottobre 1998 dell'Ufficio gabinetto del Municipio di Messina e' stata data comunicazione alla Sezione regionale prevista dalla suddetta norma dell'inizio attivita' della Messinambiente S.p.A., societa' costituita ai sensi dell'art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (societa' mista a prevalente capitale pubblico in quanto partecipata al 51% dal Comune di Messina) per l'esercizio dei servizi di gestione dei rifiuti. In riferimento, poi, al mancato espletamento della procedura ad evidenza pubblica per la scelta del contraente per l'affidamento del servizio discarica, la Messinambiente ha sostenuto (e la circostanza non e' stata avversata) che per la formazione della societa' mista, si e' proceduto alla selezione del partner privato mediante gara ad evidenza pubblica, con il che rendendo legittima la procedura seguita. Tanto basta per ritenere infondate dette ulteriori censure. III.D) Con la VII e l'VIII censura, i ricorrenti hanno riprodotto le doglianze contenute nel precedente ricorso n. 856/1999 e ritenute dal Collegio infondate ai numeri II.C) e II.D). III.E) Stante l'accoglimento parziale, risulta inutile l'esame della III censura, che, in quanto rivolta ad evidenziare incoerenze formali del provvedimento impugnato, non muterebbe le conclusioni cui e' pervenuto il Collegio. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato in parte fondato ed in parte inammissibile, nella misura in cui non sono stati impugnati i provvedimenti regionali indicati sub III.B.a e III.B.b. IV) Motivi aggiunti - Ricorso n. 6130/2000. Con il ricorso in epigrafe, notificato il 18 dicembre 2000 e depositato il 22 dicembre 2000, i ricorrenti hanno riproposto le medesime domande, anche istruttorie, introdotte con i motivi aggiunti depositati il 18 aprile 2000 in seno ai precedenti gravami nn. 856/1999 e 1287/1999. Con detti motivi aggiunti, permanendo l'occupazione dei terreni di proprieta' dei ricorrenti, gli stessi hanno introdotto le seguenti ulteriori domande: 1) immediata restituzione di tutti i terreni di loro proprieta', illegittimamente occupati, previa rimessione in pristino o pagamento delle somme a tal uopo occorrenti; 2) in via subordinata, rimettere in pristino la maggiore estensione possibile del fondo, con la fissazione delle modalita' conservative della massa di rifiuti restanti in conformita' alla legge, al fine di preservare il fondo e di ridurre il rischio di danno ambientale; 3) immediata ammissione di C.T.U.-Verificazione, al fine di determinare i costi della rimessione in pristino dell'area occupata dai rifiuti e dei danni cagionati con l'occupazione del fondo e la sottrazione dell'argilla, ed in particolare: il valore del terreno di proprieta' dei ricorrenti ed il danno arrecato per effetto degli illegittimi atti e dei conseguenti abusivi comportamenti; se siasi verificata l'irreversibile trasformazione ed, in caso affermativo, quanta parte del terreno sia passata in proprieta' alle amministrazioni illegittimamente occupanti e quanta no; le somme occorrenti alla riduzione in pristino del terreno ed i costi della rimessione in pristino dell'area occupata. 4) Qualora, a seguito della consulenza tecnica-verificazione dovesse essere acclarata l'irreversibile trasformazione del fondo, la condanna dell'amministrazione a: restituire la parte del fondo non trasformata irreversibilmente, previa rimessione in pristino o pagare le somme occorrenti; risarcire i danni derivanti dalla perdita della proprieta' della parte del fondo irreversibilmente trasformata, mediante il pagamento di una somma pari al valore venale che essa aveva al momento dell'occupazione, con interessi e rivalutazione monetaria; in caso di rimessione in pristino, risarcire i ricorrenti per la mancata disponibilita' del fondo dalla data di illegittima occupazione a quella della restituzione, con interessi e rivalutazione, nonche' per la sottrazione dell'argilla effettuata dagli occupanti; risarcire il maggior danno subito ex art. 1224 c.c., secondo comma, con interessi e rivalutazione monetaria in misura pari agli interessi sulle somme come sopra liquidate, computati al saggio degli interessi passivi praticati dagli istituti bancari presenti sulla piazza nel periodo dall'occupazione alla definizione del giudizio; 3) in alternativa alla immediata rimessione in pristino, la rimozione della maggiore quantita' possibile di rifiuti dal sito ove essi giacciono e la fissazione di modalita' di conservazione della massa dei restanti in conformita' alla legge, al fine preservare il fondo e di ridurre convenientemente il rischio di danno ambientale. Stante la riproposizione delle predette domande in giudizio autonomo contenuto nel ricorso n. 6130/2000, il Collegio si esime dall'affrontare la questione della tempestivita' dei motivi aggiunti cosi' come eccepito dalla Messinambiente S.p.A. Cio' posto, il Collegio rammenta che con sentenza n. 2421/2005, resa da questa stessa sezione, il tribunale ha riconosciuto fondata la domanda di chiamata in garanzia da parte della Messinambiente S.p.A. di tutti i comuni coinvolti nell'accordo di programma e, per quanto piu' rileva, del Commissario delegato - Presidente della Regione Siciliana, per la predisposizione e adozione del piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate istituito e nominato con ordinanza del Ministro dell'interno 31 maggio 1999, n. 2983, Dipartimento della protezione civile e regolante gli «Immediati interventi per fronteggiare la situazione di emergenza determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani nella Regione Siciliana». Segnatamente, osserva il Collegio, che nell'accordo di programma il 13 febbraio 2001 tutti i comuni partecipanti si sono impegnati a: 1) contribuire alle spese relative all'acquisizione definitiva delle aree site in localita' Cianina del Comune di Valdina interessate dalla discarica ... e di quelle occorrenti per la realizzazione della viabilita' di accesso alla discarica in proporzione dei rispettivi conferimenti ...; 2) corrispondere ai proprietari tutte le somme a titolo di indennita' e/o risarcimento danni conseguenti sia all'occupazione delle aree per il periodo di esercizio della discarica che per l'acquisizione delle stesse ai fini della messa in sicurezza, bonifica e gestione post mortem sempre nella proporzione sub 1); 3) sostenere le spese di messa in sicurezza, bonifica e gestione post mortem ... secondo la medesima proporzione ... secondo il progetto ancora in corso di redazione da parte della Societa' Messinambiente. Il medesimo atto si conclude con l'espressa riserva di richiedere al Commissario straordinario regionale o all'Autorita' che sara' delegata, il rimborso di tutte le spese occorrenti per la messa in sicurezza, bonifica e gestione post mortem, nonche' per l'acquisizione delle aree e per il pagamento delle indennita' e/o risarcimenti ai proprietari, spese che a norma delle vigenti disposizioni, incomberebbero sul Commissario straordinario con l'utilizzazione dei fondi gia' stanziati o che saranno eventualmente ed ulteriormente stanziati. Il Collegio prima di qualificare il rapporto debitorio e di esaminare l'articolata domanda risarcitoria in forma specifica e per equivalente, deve approfondire il ruolo del Commissario delegato in seno alla procedura. Appare opportuno premettere che l'azione, prima facie, appare ammissibile anche in assenza di intimazione nei termini decadenziali dei comuni facenti parte dell'accordo di programma, in quanto, diversamente da quanto sostenuto sub III.C), qui non rileva un'attivita' amministrativa pura (recepimento dei provvedimenti di amministrazione attiva ed impegno di versamento nella discarica e di gestione), ma il riconoscimento di una serie di obblighi dai quali far scaturire il pagamento delle spese e, soprattutto, del risarcimento del danno. In altri termini qui vi e' una sorta di riconoscimento «interno» del debito, seppur non formalizzato nei confronti dei creditori, che non assume alcuna valenza di attivita' amministrativa, ma, semmai, di accordo contrattuale tra le parti di solidarieta' nell'ipotesi di richiesta risarcimento danni e spese di gestione. Il che significa che anche la notifica ad un obbligato salva l'azione, non trovando applicazione il limite di cui, all'art. 21 della legge Tribunale amministrativo regionale, posto che, ai sensi dell'art. 1308 c.c., la costituzione in mora anche di un solo obbligato in solido, pur non trasferendo gli effetti agli altri coobbligati, e' sufficiente a sostenere la domanda (seppur con ovvie minori garanzie per il creditore). In altri termini, la sussistenza di detto tipo di obbligazione (solidale) non determina l'inammissibilita' del ricorso ove un debitore solidale non venga evocato in giudizio, posto che la eventuale corresponsabilita' derivante da detto tipo di obbligazione non integra l'ipotesi di litisconsorzio necessario (Cassazione civile, sez. I, 12 novembre 1985, n. 5534) e, come tale, non richiede neanche l'integrazione del contraddittorio (Tribunale amministrativo regionale Catania, I, 11 gennaio 2006, n. 10). Cio' posto, non e' dubbio che, al di la' dell'espressa riserva contenuta in detto accordo di programma, che il ruolo nella gestione dell'emergenza del Commissario delegato sia di assoluto primo piano. Ed invero, l'assunto appare confermato dalle seguenti disposizioni contenute nella stessa o.m. 31 maggio 1999, n. 2983: Preambolo - ove viene «Considerato che la gestione attuale dei rifiuti della Regione Siciliana si basa in larga misura su discariche attivate dai sindaci con procedure d'urgenza» e che, quindi «il superamento dell'emergenza puo' essere perseguito attraverso lo sviluppo delle azioni di contenimento della produzione dei rifiuti, di raccolta differenziata, di selezione, di valorizzazione, di recupero, anche energetico, nel sistema industriale mediante l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili tese ad assicurare le migliori prestazioni energetiche e «ambientali»; art. 1 - antecedente alla modifica intervenuta con oo.mm. 31 marzo 2000, n. 3048 e 25 maggio 2001, n. 3136 (che, comunque, hanno estero i poteri), con il quale «il Presidente della Regione Siciliana e' nominato Commissario delegato per la predisposizione di un piano di interventi di emergenza nel settore della gestione dei rifiuti e per la realizzazione degli interventi necessari per far fronte alla situazione di emergenza»; art. 2, comma 1 - secondo il quale «il piano di emergenza e' redatto in conformita' principi, finalita' e ai criteri stabiliti dall'art. 22 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e sue successive modifiche ed integrazioni, ed alle norme attuative del decreto medesimo». La norma, inoltre, al comma 1, lett. g) prevede che il piano debba identificare, «in ciascun ambito provinciale, in relazione alle disposizioni di cui all'art. 5 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il fabbisogno delle discariche tenendo conto dei tempi di attuazione della raccolta differenziata» e, alla lettera i), la previsione dei «tempi e le modalita' per il rientro alla gestione ordinaria»; art. 3 - la norma, oltre ad elencare tutti i poteri volti a pianificare gli interventi di recupero e valorizzazione rifiuti, stabilisce, al punto 1.16, le modalita' per il calcolo e l'accollo degli oneri gestionali a carico dei comuni; art. 6, comma 1-ter - aggiunto dall'o.m. 25 maggio 2001, n. 3136, con il quale si stabilisce che «il Commissario delegato - Presidente della Regione Siciliana, predispone e realizza un programma di interventi per le attivita' di caratterizzazione, di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle discariche comunali autorizzate e non piu' in esercizio, avvalendosi delle risorse allo stesso assegnate dalle precedenti ordinanze nonche' attivando le procedure necessarie per assicurare il cofinanziamento comunitario; art. 7, commi 1 e 2 - che stabilisce che «il Commissario delegato concorre con le risorse di cui al successivo art. 12, agli investimenti di cui agli articoli 3 e 5 e puo', altresi', concorrere agli investimenti di cui all'art. 6 della presente ordinanza. Gli impianti, una volta realizzati, vengono trasferiti alle amministrazioni competenti che provvederanno alla gestione ordinaria con le proprie disponibilita'. Il Commissario delegato puo' concorrere con le risorse di cui al successivo art. 12 alla realizzazione degli impianti per la produzione di combustibile derivato dalla restante frazione dei rifiuti di cui all'art. 4 della presente ordinanza, al fine di realizzare il raggiungimento degli obiettivi alle condizioni di massima economicita»; art. 9, commi 1 e 2 - che prevede che «il Commissario delegato - Presidente della Regione Siciliana, provvede all'approvazione dei progetti ed all'autorizzazione all'esercizio degli impianti di recupero, stoccaggio, trattamento, smaltimento e riutilizzo del materiale raccolto in modo differenziato, qualora cio' sia previsto dagli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, in deroga alla normativa vigente. Il commissario delegato per l'espletamento delle indagini e delle ricerche necessarie all'attivita' di progettazione, dispone l'accesso alle aree interessate in deroga all'art. 16, comma 9, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modifiche ed integrazioni, per le occupazioni d'urgenza e per le eventuali espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione delle opere e degli interventi; emette il decreto di occupazione e provvede alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli, anche con la sola presenza di due testimoni»; art. 12 - che, infine, si occupa dei finanziamenti prevedendo che «per le finalita' di cui alla presente ordinanza, il Commissario dispone di: a) lire 20 miliardi mediante utilizzo delle risorse di cui al capitolo 7705 UPB 4.2.1.1. dello stato di previsione per l'anno 1999 del bilancio del Ministero dell'ambiente; b) lire 38.359 milioni mediante l'utilizzo delle risorse di cui agli articoli 1, 1-bis e 1-ter del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, assegnate alla Regione Siciliana ed ancora disponibili nonche' le eventuali risorse non utilizzate su mutui gia' accesi per interventi finanziati a valere sulla medesima legge; Omissis: e) delle ulteriori somme gia' destinate dalla Comunita' europea, dallo Stato comprese quelle attribuite su fondi FIO e sui fondi per l'intervento straordinario per il Mezzogiorno, dalla regione nonche' dagli enti locali per la realizzazione degli interventi di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati. A tal fine il Commissario delegato identifica gli interventi finanziati, ne accerta la congruita' rispetto alle previsioni del piano e ne dispone una diversa utilizzazione, previa riassegnazione da parte delle amministrazioni competenti, nel caso che gli interventi finanziati non siano confermati nel piano degli interventi di emergenza. Omissis: 2. - Il commissario delegato e' autorizzato, ai fini dell'utilizzo delle risorse di cui alla lettera b) ad accendere i relativi mutui presso Cassa depositi e prestiti. La concessione dei mutui potra' avvenire con determinazione del direttore generale della Cassa depositi e prestiti assumendo i poteri del consiglio di amministrazione, al quale verranno comunicate, nella prima adunanza utile, le concessioni effettuate. In ogni caso la consegna dei lavori non potra' essere effettuata prima della formale concessione del mutuo e le erogazioni in conto del mutuo verranno disposte sulla base di certificati di spesa vistati dal direttore dei lavori e da subcommissari. 3. - Il commissario delegato predispone tutti gli atti necessari per accedere a ulteriori finanziamenti nazionali e comunitari. 4. - Per le attivita' affidate ai prefetti, il Commissario delegato dispone, a valere sulle risorse ad esso assegnate, l'accreditamento delle risorse necessarie a favore delle contabilita' speciali intestate ai singoli prefetti per gli interventi di emergenza nel settore dei rifiuti». Dal quadro delineato emerge che il Commissario delegato e' chiamato a gestire l'emergenza ed il rientro della stessa nell'ambito del territorio, secondo una serie di competenze puntuali, cui e' possibile ricollegare anche la gestione, la localizzazione e la riconversione delle discariche. Inoltre, i suoi onnicomprensivi compiti sono rivolti, altresi', come stabilito all'art. 2 dell'o.m. richiamata, alla confezione del progetto di emergenza cosi' come delineato dall'art. 22 del d.lgs. n. 22/1997, che oltre ad avere l'obiettivo primario della promozione della riduzione delle quantita', dei volumi e della pericolosita' dei rifiuti, prevede inoltre: a) le condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la gestione dei rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinate a insediamenti produttivi; b) la tipologia e il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella regione, tenendo conto dell'obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'art. 23, nonche' dell'offerta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale; c) il complesso delle attivita' e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza e di economicita' e l'autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'art. 23, nonche' ad assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti; d) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento; e) i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, nonche' per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti (1); f) le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti ed a favorire il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti; g) le iniziative dirette a favorire il recupero dai rifiuti di materiale e di energia; h) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani; Omissis: 5. - Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere: a) l'ordine di priorita' degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall'ANPA; b) l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti; c) le modalita' degli interventi di bonifica e di risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attivita' di recupero di rifiuti urbani; d) la stima degli oneri finanziari; e) le modalita' di smaltimento dei materiali da asportare. Questa competenza generalizzata, infine, non appare scalfita in tema di discariche dall'art. 5 dell'o.m. n. 2983/1999, che, prima delle modifiche apportate dalle oo.mm. 31 marzo 2000, n. 3048 e 25 maggio 2001, n. 3136, espressamente prevede: «1. - Le competenze di cui all'art. 13 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sono esercitate, in deroga alla legislazione vigente, in via esclusiva, dai prefetti delle province. L'emissione delle ordinanze, da parte dei prefetti, ai sensi del citato art. 13, e' notificata al Ministro dell'ambiente, al Ministro della sanita' ed al commissario delegato. 2. - Le autorizzazioni di cui agli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, concernenti le discariche sono rilasciate dai prefetti delle province. Le autorizzazioni per le discariche di rifiuti urbani sono rilasciate esclusivamente ad impianti a titolarita' e gestione pubblica. 3. - Agli stessi prefetti e' affidata la vigilanza, in collaborazione con le province regionali, sulle attivita' di conferimento dei rifiuti e di gestione delle discariche. 4. - Per le finalita' di cui all'art. 3, comma 1, punto 1.13 della presente ordinanza i prefetti delle province individuano le discariche, ne assicurano la titolarita' e la gestione pubblica anche nei modi previsti dal precedente art. 3, comma 2, e le adeguano alle disposizioni contenute nella normativa vigente avvalendosi degli strumenti giuridici e delle strutture tecniche ed operative previsti nella presente ordinanza nonche' delle risorse finanziarie poste a loro disposizione dal commissario delegato». Invero l'attivita' prefettizia e' relegata all'emissione delle ordinanze contingibili ed urgenti (comma 1), al rilascio delle autorizzazioni per l'esercizio ordinario di una discarica (comma 2), alla vigilanza sulle discariche (comma 3) ed, infine, per le ipotesi di cui all'art. 3, comma 1,punto 1.13 (vale a dire l'adeguamento ovvero la realizzazione da parte del Commissario delegato «in ciascuna provincia regionale, avvalendosi dei prefetti delle province, delle discariche necessarie per fronteggiare l'emergenza, nelle more dell'attuazione della raccolta differenziata e della realizzazione e messa in esercizio degli impianti di recupero nonche' per assicurare lo smaltimento dei sovvalli») l'individuazione delle discariche, sempre nei limiti delle risorse finanziarie disposte dal Commissario delegato (comma 4). In sintesi, i prefetti non sono chiamati a curare il recupero della discarica, la sua eliminazione, l'attivita' post mortem e, comunque, i loro compiti, da assolvere nell'emergenza, sono pur sempre subordinati alle risorse finanziarie rese disponibili dal Commissario delegato, alle sue iniziative volte alla nuova regolamentazione della gestione dei rifiuti e, quindi, all'attuazione del Piano di emergenza. Se cosi' e', contraddittore necessario di tutte le istanze risarcitorie, sia in forma specifica che per equivalente, non puo' non essere il Commissario delegato, cui e' attribuito il compito di pianificazione degli interventi e, quindi, di individuazione dei siti, chiusure, sostituzioni e quant'altro che non sia la mera attivita' d'urgenza e di gestione dell'urgenza relativa alle discariche. Consegue, in ultima analisi, che le domande di restituzione (anche parziale) del terreno o la sua bonifica, passano necessariamente dall'intervento del Commissario delegato e, quindi, si rivolgono ad una sua esclusiva attivita', nel caso di specie mancante ed oggetto della doglianza principale del ricorso in esame, e dei motivi aggiunti relativi ai primi due gravami, e presupposto stesso della quantificazione del danno. Vieppiu'. La domanda di risarcimento per equivalente richiede comunque una valutazione dell'illegittimita' dell'occupazione del terreno successiva al periodo «sostenuto» dai provvedimenti esaminati con i primi due ricorsi e, quindi, un giudizio sul mancato esercizio del potere autoritativo proprio da parte del Commissario delegato. IV) Pertanto, il Collegio deve affrontare d'ufficio la questione relativa alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio a conoscere della vicenda. Tale competenza sorge per effetto della norma di cui alla legge n. 1/2006, pubbl. nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2006, che, all'art. 3, per quel che qui rileva dispone: omissis ... «2-bis. In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. 2-ter. Le questioni di cui al comma 2-bis, sono rilevate d'ufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dell'art. 23-bis della stessa legge. 2-quater. Le norme di cui ai comma 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello da cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso». Osserva il Collegio che la questione in esame e' attratta nell'applicazione della citata legge n. 21/2006, art. 3, in quanto viene contestata una mancata restituzione del terreno e/o la bonifica dello stesso e, quindi, la gestione post mortem, ovvero, ove non possa ritenersi possibile la restituzione, il risarcimento del danno derivante dall'illecita occupazione del suolo. In sostanza ci si duole del mancato intervento del Presidente della regione - Commissario delegato, il quale avrebbe dovuto agire in ossequio ai poteri conferiti con l'o.m. n. 2983/1999 e per regolare fattispecie rientranti nel novero delle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, cosi' come emerge dall'espresso richiamo di detta disposizione nel preambolo della detta ordinanza ministeriale. In conclusione, il Collegio ritiene ipoteticamente ascrivibile alla previsione dell'art. 3, legge n. 21/2006, in quanto concernente pur sempre l'attivita' o l'inerzia commisurata al medesimo potere, non solo l'ipotesi di impugnazione di un concreto atto del Commissario delegato, ma, altresi', il mancato esercizio dovuto del potere e, ove ritenuto nella giurisdizione del G.A. (questione questa che potra' essere affrontata solo dal giudice ritenuto funzionalmente competente), il risarcimento del danno sia in forma specifica che per equivalente. Il Collegio, pero', conformemente ad un condivisibile orientamento giurisprudenziale, anche di questa stessa sezione (cfr. Tribunale amministrativo regionale Catania, I, ord. n. 90 del 7 marzo 2006 e per una ulteriore questione, invece, pressoche' identica, Tribunale amministrativo regionale Catania, ord. n. 145 del 4 aprile 2006; C.G.A. per la Sicilia, ordd. nn. 235 e 236/2006) ritiene fondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale delle norme sopra richiamate in quanto attributrici della competenza funzionale al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Pertanto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 279, comma 2 n. 4) e 5) c.p.c. (da interpretarsi in maniera estensiva circa la possibilita' di separazione delle domande di cause riunite per la cui risoluzione deve essere acquisito il pregiudiziale vaglio della Corte costituzionale), e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone di sollevare, con separata ordinanza, questione di legittimita' costituzionale del predetto art. 3, e segnatamente del comma 2 nelle sottonumerazioni bis, ter, quater. Sospende, pertanto, il giudizio sui ricorsi per motivi aggiunti introdotti dei primi due gravami ed il ricorso n. 6130/2000 sino alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale». B) Tanto premesso, il Collegio esamina la questione della illegittimita' costituzionale delle norme statuenti la competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale Lazio. B.I) La rilevanza della questione ai fini della decisione da assumere e' di tutta evidenza. Stanti le premesse indicate nella sentenza resa in pari data e, quindi, la necessaria attivita' del Commissario delegato cui si rivolgono le domande restitutorie e risarcitorie dei ricorrenti, il Collegio sarebbe tenuto, sulla base della normativa espressa dalla richiamata legge n. 21/2006 - ove non dubitasse della incostituzionalita' di essa e quindi non ritenesse necessario investire il Giudice delle leggi della relativa questione - a trasmettere gli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio cio' per espressa disposizione della nuova disciplina che ne prescrive l'applicazione. In sostanza non potrebbe questo giudicante adottare alcuna decisione, neanche sulla correttezza della procedura ed in punto di ammissibilita' del ricorso, in quanto ostacolato dalla puntuale disposizione che stabilisce la competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale Lazio, ogniqualvolta si tratti, come nel caso di specie, di gravami volti a censurare provvedimenti afferenti situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. B.II) Circa la non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno sospettare le norme in esame di incostituzionalita', osserva il Collegio che la normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3, comma 2, da bis a quater, della legge n. 21/2006, contrasta innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il principio della articolazione su base regionale degli organi statali di giustizia amministrativa di primo grado ivi espressa («Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica») che implica il rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di competenza dei singoli organi predetti. Non appaiono, all'evidenza, manifeste o comunque sufficienti ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera di competenze costituzionalmente garantita nella materia di cui trattasi quando, come nel caso in esame, le singole situazioni di emergenza hanno rilievo spiccatamente locale con conseguente efficacia locale dei relativi provvedimenti adottati dai soggetti delegati alla cura delle varie situazioni emergenziali, anche se (arg. ex art. 2, comma 1, lett. c) della legge n. 225/1992, richiamato dall'art. 5, comma 1, legge cit.) essi sono adottati per fare fronte a situazioni che «per intensita' ed estensione debbono essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari». B.III) Anzi, sotto questo aspetto, la norma e' altresi' contraddittoria ed irrazionale in quanto sottopone al medesimo trattamento processuale situazioni disparate e differenti tra di loro. In questo quadro, l'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione normativa, i casi in cui (ex art. 2, comma 1, lett. c), della legge n. 225/1992) sia necessario fare fronte con mezzi e poteri straordinari alle calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi che richiedano tale intervento per intensita' ed estensione. La previsione di cui alla legge n. 21/2006 radica la competenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio in tutti i casi in cui sia dichiarato lo stato di emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5 appena citato e quindi con esclusione dei casi di intervento di protezione civile per gli eventi che possano essere affrontati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria art. 2, lett. a) e di quelli che richiedano intervento coordinato di questi ultimi art. 2, lett. b). Quindi, il sistema della Protezione civile e' articolato in vari livelli di intervento, contraddistinti dal corrispondente grado di ampiezza della situazione emergenziale. Ne deriva che ogni tipologia territoriale e «qualitativa» della situazione di emergenza e' chiamato ad intervenire in merito il «livello» di governo piu' vicino alla concreta dimensione delle comunita' colpite e della natura dell'emergenza, secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e senza escludere - funzionalmente e residualmente - che determinate funzioni siano «trasversali» ossia comprendano le competenze di piu' amministrazioni o livelli di governo. A fronte di questa multiformita' possibile di manifestazioni concrete dell'esercizio del potere, la regola generale di ripartizione delle competenze delineata dagli artt. 2 e ss. della legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente con l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della legge n. 21/2006, contradditoriamente ed immotivatamente assegna ex lege rilevanza nazionale a qualsiasi controversia insorga nell'esercizio del potere di protezione civile, facendo leva solo sulla necessita' che esso presupponga l'intervento extra ordinem e quindi a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge n. 225/1992, posto che assegna in maniera indiscriminata la competenza funzionale a conoscere delle relative questioni al Tribunale amministrativo regionale Lazio. In altri termini, con la norma in esame, il Legislatore, sul semplice presupposto della necessita' di interventi di protezione civile extra ordinem, pare abbia cristallizzato una valutazione di rilevanza nazionale degli stessi, a prescindere, come sembra apparire nel caso di specie, dalla loro eventuale incidenza meramente periferica. Appare utile rilevare, in questa sede, come la giurisprudenza della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che: con l'art. 5 della legge n. 225 del 1992 e' attribuito al Consiglio dei ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza in ipotesi di calamita' naturali, ed a seguito della dichiarazione di emergenza, e per fare fronte ad essa, lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, il Ministro dell'interno possano adottare ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico; l'art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta, chiarisce che tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale; queste ultime due previsioni, inoltre, sono gia' state ritenute dalla Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, sicche' deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze legislative delineato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione). Alla luce di quanto sopra ricordato, la Corte ha dichiarato illegittimo l'art. 4, comma 4, della legge della Regione Campania n. 8 del 2004, nella misura in cui essa ha attribuito al Sindaco di Napoli i poteri commissariali dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del Ministro dell'interno, dopo la scadenza della emergenza alla cui soluzione tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. n. 82/2006). Tale ragionamento comporta che, in relazione alla legge n. 225/1992 ed all'art. 107, comma 1, lettere b) e c) d.lgs. n. 112/1998, possiedono rilievo nazionale «solamente» il potere di dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure ad esso finalisticamente connesso, di derogare a norme dell'ordinamento. Ne consegue dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame e' irragionevole per contraddittorieta' e disparita' di trattamento processuale, poiche' utilizza lo stesso trattamento per situazioni del tutto differenti quanto ad ambito territoriale e livello e qualita' degli interessi pubblici coinvolti, nonche' per contrasto con l'art. 117 della Costituzione, poiche' implicitamente, finisce per attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla competenza regionale. B.IV) Ancora, l'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto ove, come nella specie, esso non sia giustificato da una effettiva natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale amministrativo regionale Lazio, comporta indubbia violazione dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di tutela dei propri diritti ed interessi enunciata al primo comma; detta tutela ne risulta minorata, per la evidente maggiore difficolta' di esercitare le relative azioni presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio piuttosto che presso gli organi giurisdizionali localmente istituiti. Cio' vale sia per la fase transitoria in cui i giudizi pendenti trasmigrano al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sia per le future nuove controversie che secondo la nuova normativa dovrebbero essere ab initio instaurate presso detto Tribunale amministrativo regionale Anche l'art. 25 della Carta costituzionale risulta vulnerato dalla normativa denunciata dal Collegio; e se ne trae conferma da una recente decisione della Corte costituzionale, che, sebbene in relazione a disciplina totalmente diversa, ha avuto modo di affermare un principio generale, che e' quello della appartenenza della competenza territoriale alla nozione del giudice naturale precostituito per legge. Precisamente, la sentenza n. 41 del 2006 afferma, anzi, ribadisce (come testualmente essa si esprime, citando sentenze precedenti in termini), che «alla nozione del giudice naturale precostituito per legge non e' affatto estranea "la ripartizione della competenza territoriale tra giudici, dettata da normativa nel tempo anteriore alla istituzione del giudizio" (sentenze n. 251 del 1986 e n. 410 del 2005)». B.V) Da ultimo, secondo un aspetto diverso che si riconnette ancora al tema del giudice naturale, la norma in esame viola l'art. 23 dello statuto della Regione Sicilia (legge costituzionale n. 2 del 26 febbraio 1948) a norma del quale: «Gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la regione. Le sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti svolgeranno altresi' le funzioni, rispettivamente, consultive e di controllo amministrativo e contabile. I magistrati della Corte dei conti sono nominati, di accordo, dai Governi dello Stato e della Regione. I ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, saranno decisi dal presidente della regione sentite le sezioni regionali del Consiglio di Stato». Tale norma e' stata «interpretata» dall'art. 5 del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 654, contenente norme per l'esercizio delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato nella Regione Sicilia, il quale prevede che il Consiglio di giustizia esercita le attribuzioni devolute dalla legge al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei confronti di atti e provvedimenti definitivi «dell'amministrazione regionale e delle altre autorita' amministrative aventi sede nel territorio della regione». Osserva il Collegio che gia' con «la sentenza della Corte cost. in data 12 marzo 1975, n. 61, dichiarando l'illegittimita' costituzionale delle limitazioni poste dall'art. 40, legge 6 dicembre 1971, n. 1034 alla competenza del Tribunale amministrativo regionale Sicilia, e' stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite tutte le controversie d'interesse regionale considerate tali dall'art. 23, comma 1, d.l. 15 maggio 1946, n. 455, comprendendosi in tale categoria le controversie sorte da impugnazione di atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale ovvero concernenti pubblici dipendenti in servizio nella Regione Siciliana» (Consiglio Stato, sez. VI, 26 luglio 1979, n. 595). Quindi la legge n. 21/2006, in esame, e' costituzionalmente illegittima anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23 dello statuto regionale, sia nella sua formulazione letterale, che nella interpretazione pacifica che di esso ha maturato la giurisprudenza, anche costituzionale, non riserva al Consiglio di giustizia amministrativa ed in primo grado al Tribunale amministrativo regionale Sicilia, la competenza a conoscere circa le controversie sorte da impugnazione di atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale. B.VI) L'incostituzionalita' della disposizione viene particolarmente stigmatizzata dalla questione sottoposta all'esame del Collegio. Invero, a fronte di una «pura» domanda di risarcimento del danno azionata nei confronti di piu' debitori solidali, tra i quali, per quanto detto, posizione di preminenza assume il Commissario delegato, la scelta del giudice competente potrebbe essere rilasciata al ricorrente. La sussistenza di detto tipo di obbligazione (solidale), come gia' chiarito, non determina l'inammissibilita' del ricorso ove un debitore solidale non venga evocato in giudizio. Cio' significa che se la pretesa si rivolge ai comuni, legati, nel caso di specie, a risarcire il danno dall'accordo di programma del febbraio 2001, a prescindere dall'attivita' dovuta del Commissario delegato (e, quindi, dalla necessaria valutazione del potere autoritativo) e dall'espressa riserva contenuta in detto Accordo di chiamare in causa proprio il Commissario per il rimborso di quanto anticipato, la competenza sara' senz'altro di questo tribunale. Ove, invece, quest'ultimo venga coinvolto o venga messa in dubbio la legittimita' di un atto o di un'omissione di quest'ultimo, la competenza passera' al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Non e' chi non veda che proprio il rapporto obbligatorio solidale apre una breccia sulla ragionevolezza della norma a sicuro spessore costituzionale. B.VII) L'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto ove, come nella specie, non sia giustificato da una effettiva natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale amministrativo regionale Lazio, comporta, come gia' ritenuto, indubbia violazione dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di tutela dei propri diritti ed interessi enunciata al primo comma; detta tutela, come gia' detto, ne risulta minorata per la evidente maggiore difficolta' ed il maggior dispendio anche economico di esercitare le relative azioni presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio piuttosto che presso gli organi giurisdizionali localmente istituiti. Cio' vale sia per la fase transitoria in cui i giudizi pendenti trasmigrano al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sia per le future, nuove controversie che secondo la nuova normativa dovrebbero essere ab initio instaurate presso detto Tribunale amministrativo regionale La Corte ha ritenuto, in un caso in cui il legislatore aveva disposto l'estinzione ope legis di giudizi pendenti (art. 10, comma primo, legge n. 425/1984), che siffatta disposizione, in quanto «preclude al giudice la decisione di merito imponendogli di dichiarare d'ufficio l'estinzione dei giudizi pendenti, in qualsiasi stato e grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge sopravvenuta», percio' stesso «viola il valore costituzionale del diritto di agire, in quanto implicante il diritto del cittadino ad ottenere una decisione di merito senza onerose reiterazioni» (Corte costituzionale, sentenza n. 123 del 1987.) Sebbene la fattispecie in esame sia diversa da quella oggetto della citata pronuncia, il principio tuttavia, ad avviso del Collegio, e' nello stesso modo applicabile. Accade, infatti, posto che la norma in esame equipara la pendenza del giudizio alla successiva introduzione, che chi abbia gia' un giudizio pendente davanti al Tribunale amministrativo regionale locale, ed addirittura abbia ottenuto una decisione cautelare, debba proseguire altrove nella propria iniziativa giudiziaria, addirittura (se ne parlera' piu' diffusamente infra) rimanendo esposto ad una seconda pronuncia cautelare sollecitata dalla parte soccombente davanti al giudice adito prima dell'entrata in vigore della legge in questione. B.VIII) Altro profilo di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre, nella violazione, sotto diverso profilo rispetto a quanto gia' rappresentato, del principio del giudice naturale precostituito per legge, di cui all'art. 25 della Costituzione. La norma costituzionale ora citata, stabilendo che «nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge», esclude, come la stessa Corte costituzionale afferma, «che vi possa essere una designazione tanto da parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a regole generali, quanto da altri soggetti, dopo che la controversia sia insorta (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del 1967»; il principio e' in tali termini, e con tali citazioni dei precedenti, richiamato nella sentenza della Corte n. 393 del 2002). Come la Corte ha insegnato, perche' tale principio possa considerarsi rispettato occorre che «... la regola di competenza sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia» (sentenza n. 193 del 2003); e basta scorrere le numerose decisioni della Corte costituzionale in materia di principio del giudice naturale per rilevare che e' proprio la preesistenza della regola che individua la competenza rispetto al giudizio il criterio fondamentale in base al quale sono state valutate le questioni sollevate. Tale profilo di incostituzionalita' si apprezza particolarmente, ad avviso del Collegio, nella parte della disciplina in questione (comma 2-quater), che non solo ne dispone l'applicazione ai processi pendenti, ma addirittura consente una riforma dei provvedimenti assunti, in sede cautelare, in tali giudizi pendenti, e cio' ad opera di un organo giurisdizionale pariordinato a quelli di provenienza (trattasi di giudici tutti di primo grado, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio non essendo un «super Tribunale amministrativo regionale»). Cosi' facendo, in sostanza, il legislatore ha introdotto un rimedio inedito, che non e' di secondo grado e che finisce per costituire un doppione del gia' espletato giudizio (cautelare) di primo grado, senza alcuna possibilita' di inquadramento tra i rimedi noti e tipizzati (appello, revocazione, reclamo). Pertanto, anche l'art. 25 della Carta costituzionale risulta vulnerato dalla normativa denunciata dal Collegio. Per altro, atteso che il principio del doppio grado di giudizio nella giustizia amministrativa, sia in sede cautelare sia in sede di merito, riceve garanzia costituzionale dall'art. 125 della Carta (cfr. Corte cost., sentenza n. 8 del 1982), si configura un ulteriore profilo di violazione di detta norma. Viene infatti ad essere introdotto, per le controversie pendenti, un anomalo percorso (su cui gia' il Collegio ha poco prima espresso i propri dubbi di incostituzionalita) che stravolge l'ordinario iter giudiziario. La regola e' che ad un giudizio di primo grado segua, ove la parte soccombente appelli, un giudizio di secondo grado, sia che si tratti di giudizio cautelare, sia che si tratti di giudizio di merito; giammai e' prevista una doppia pronuncia sulla stessa materia da parte di due diversi giudici di primo grado, uno dei quali abilitato a riformare la decisione del primo giudice. Orbene, ad avviso del Collegio, siffatta disciplina integra altresi' violazione del principio del «giusto processo», di cui all'art. 111, comma primo, della medesima Carta («La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge»). Sempre con riferimento ai processi pendenti, infatti, la parte soccombente nel giudizio cautelare verrebbe ad essere fornita di uno strumento giurisdizionale anomalo e atipico a tutela della propria (legittima, ma da esercitare in modi conformi costituzionali) aspirazione ad ottenere una pronuncia favorevole in secondo grado (che deve tuttavia essere un vero giudizio di secondo grado, e non, si ribadisce, un inedito duplicato del giudizio di primo grado). Cio' comporterebbe altresi' una evidente violazione del principio del ne bis in idem, che, se pure non espressamente contemplato dalla Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del medesimo generale principio del «giusto processo» teste' richiamato. B.IX) Un'ulteriore considerazione appare, infine, opportuna. Come gia' premesso, la possibilita', espressa al comma 4-quater, di riproposizione del ricorso presso il Tribunale amministrativo regionale Lazio a cura della parte interessata introduce un ulteriore elemento di dissonanza nel sistema, segnatamente in disarmonia all'art. 24 Cost., posto che consente un riesame della decisione cautelare presso il Tribunale amministrativo regionale centrale (con espressa possibilita' di modifica) proprio ad iniziativa anche dell'amministrazione e/o del controinteressato. A dette parti processuali, secondo la richiamata norma costituzionale, non e' certamente conferito l'impulso processuale (ma la resistenza a difesa del provvedimento amministrativo), prerogativa esclusiva della parte ricorrente, cui pertiene la tutela del diritto di difesa, dei propri interessi e diritti. Il ribaltamento consentito dalla norma sospettata di incostituzionalita', quindi, mentre per un verso introduce allungamento della serie delle possibili decisioni, in violazione dell'art. 25 Cost., per un altro promuove un non consentito originario impulso processuale da parte degli originari resistenti in giudizio, con pregiudizio, come chiarito, dell'art. 24 Cost. C) In conclusione, il Collegio ravvisa la rilevanza e la non manifesta infondatezza, per violazione degli artt. 3, 125, 111, primo comma, 24 e 25 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23 dello statuto della Regione Sicilia, della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006. Va, pertanto, disposta - ai sensi dell'art. 134 Cost., dell'art. 1 della legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 - la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti relativi ai ricorsi per motivi aggiunti nn. 856/1999 e 1287/1999 ed al ricorso n. 6130/2000) alla Corte costituzionale, oltre agli ulteriori adempimenti di legge meglio indicati in dispositivo.
P. Q. M. In ordine ai motivi aggiunti ai ricorsi nn. 856/1999 e 1287/1999 ed al ricorso n. 6130/2000, visti gli artt. 279, secondo comma, c.p.c., 134 Cost., 1 della legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone, l'invio dei fascicoli di causa alla Corte costituzionale, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata - per violazione degli artt. 3, 125, 24 e 25 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia - la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006. Sospende il giudizio sui ricorsi per motivi aggiunti introdotti nei gravami 856/1999 e 1287/1999 ed il ricorso n. 6130/2000 sino alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale. Ordina, a norma dell'art. 23/2, legge n. 81/1953, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con la prova delle avvenute notificazioni e comunicazioni di cui al punto seguente. Dispone che, a cura della segreteria del tribunale, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Catania, in Camera di consiglio, in data 6 aprile 2006 e 27 giugno 2006. Il Presidente: Zingalese L'estensore: Savasta 07C0744