N. 430 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 2006

Ordinanza  emessa  il  27  novembre 2006 dal tribunale amministrativo
regionale  della  Sicilia  -  Sezione staccata di Catania sui ricorsi
proposti  da  Ruggero Nicolino ed altri contro Ministero dell'interno
ed altri

Giustizia  amministrativa  -  Tribunali  amministrativi  regionali  -
  Controversie  relative  alla  legittimita'  delle  ordinanze  e dei
  conseguenziali  provvedimenti  commissariali  adottati  in tutte le
  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1,
  della   legge   24 febbraio  1992,  n. 225  -  Competenza,  in  via
  esclusiva,  in  primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo
  regionale  del  Lazio  -  sede  di  Roma  - Irragionevole deroga al
  principio  della  competenza del Tribunale amministrativo regionale
  della  Regione  in  cui  il  provvedimento  e'  destinato  ad avere
  incidenza  -  Violazione  del diritto di difesa e del principio del
  giudice  naturale  -  Violazione  del  principio  del decentramento
  territoriale  della giurisdizione amministrativa - Violazione della
  norma   statutaria  che  attribuisce  al  Tribunale  amministrativo
  regionale Sicilia le controversie di interesse regionale.
- Decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione,   artt. 3,  24,  25  e  125;  Statuto  della  Regione
  Siciliana art. 23.
(GU n.24 del 20-6-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma
2,   legge   n. 87/1953,  sui  ricorsi  n. 856/1999,  n. 1287/1999  e
n. 6130/2000  R.G.  proposto  da Nicolino Ruggeri, Francesco Ruggeri,
Giacomo  Ruggeri e Salvatore Ruggeri rappresentati e difesi dall'avv.
Gaetano  Mercadante ed elettivamente domiciliati presso la segreteria
del tribunale;
    Contro  per  quanto riguarda il ricorso n. 856/1999 ed i relativi
motivi aggiuntivi:
        il  Ministero dell'interno - Ufficio territoriale del Governo
di Messina;
        il  Ministero  delle finanze - Dipartimento del territorio di
Messina, in persona del Ministro pro tempore;
        il  Commissario  delegato  per  l'emergenza  rifiuti e per la
tutela  delle  acque  in Sicilia, Presidente della Regione Siciliana,
tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato
di Catania, domiciliataria ex lege;
        la  Provincia  regionale  di  Messina,  in persona del legale
rappresentante  pro  tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Giulia
Carrara  ed  elettivamente  domiciliata presso lo studio dell'avv. F.
Marchese, sito in Catania, via V. Guzzardi n. 21;
        il Comune di Valdina, in persona del sindaco pro tempore, non
costituito in giudizio;
        il  Comune  di Messina, rappresentato e difeso dall'avv. Aldo
Tigano  ed  elettivamente  domiciliato  presso  lo  studio  dell'avv.
Virzi', sito in Catania, via Padova n. 41;
    Per  quanto riguarda il ricorso n. 1287/1999 ed i relativi motivi
aggiuntivi:
        la  Provincia  regionale di Messina in persona del presidente
pro   tempore,   rappresentata   e  difesa  dall'avv.  Arturo  Merlo,
elettivamente  domiciliata  in  Catania  in via Aloi n. 46, presso lo
studio dell'avv. Egidio Incorpora;
        il  Comune  di Messina, rappresentato e difeso dall'avv. Aldo
Tigano  ed  elettivamente  domiciliato  presso  lo  studio  dell'avv.
Virzi', sito in Catania, via Padova n. 41;
        Messinambiente  S.p.A.,  in persona del legale rappresentante
pro  tempore,  rappresentata  e difesa dall'avv. Giovani Monforte, ed
elettivamente  domiciliata  presso  la segreteria di questo Tribunale
amministrativo  regionale,  e  nei confronti del Comune di Barcellona
Pozzo  di  Gotto, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso  dall'avv.  Sebastiano  Manzu'  ed  elettivamente  domiciliato
presso  lo  studio  dell'avv.  Antonella  Cannarozzo sito in Catania,
piazza Verga n. 16;
        del  Comune  di  Milazzo, in persona del sindaco pro tempore,
rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Rosaria Sottile ed elettivamente
domiciliato presso la segreteria di questo tribunale;
        del  Comune  di  Giardini-Naxos,  in  persona del sindaco pro
tempore,   rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Francesco  Laface  ed
elettivamente  domiciliato presso lo studio dell'avv. Daniela Carone,
sito in Catania, via Capace n. 16;
        del Comune di Villafranca Tirrena, in persona del sindaco pro
tempore,   rappresentato   e  difeso  dall'avv.  Salvatore  Fiore  ed
elettivamente  domiciliato presso lo studio dell'avv. Carmelo Toscano
sito in Catania, via della Scogliera n. 1;
        del  Comune  di  Rometta, in persona del sindaco pro tempore,
rappresentato  e  difeso dall'avv. Gaetano Silvestro ed elettivamente
domiciliato  presso  lo  studio  dell'avv.  Giuseppe Nicolosi sito in
Catania, via P. Verri n. 9;
        dei  Comuni di Gioiosa Marea, Furnari, Itala, Veri', Pace del
Mela,   Patti,   Santa   Lucia   del   Mela,  Saponara,  Francavilla,
Torregrotta,  Scaletta Zanclea, Spadafora, Floresta, Taormina, Gaggi,
Valdina, non costituiti in giudizio;
        del Commissario delegato emergenza rifiuti - Presidente della
Regione Siciliana, non costituito in giudizio;
    Per  quanto riguarda il ricorso n. 6130/2000 ed i relativi motivi
aggiunti:
        la  Prefettura  di  Messina,  in  persona  del  prefetto  pro
tempore,  rappresentata  e  difesa dall'Avvocatura distrettuale dello
Stato,   nei  cui  uffici  di  Catania,  in  via  Vecchia  Ognina  e'
domiciliata ex lege;
        la Provincia regionale di Messina, in persona del Presidente,
legale  rappresentante  pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv.
Giulia Carrara, domiciliata in Catania, presso lo studio dell'avv. F.
Marchese, in via Guzzardi n. 21;
        Comune  di  Messina,  in  persona  del  sindaco  pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avv. Aldo Tigano, domiciliato in Catania,
via Padova n. 41, presso l'avv. Silvano Martella;
        il   Comune  di  Valdina,  in  persona  del  sindaco,  legale
rappresentante  pro  tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro
Giorgianni  con  domicilio  eletto  in  Catania,  via Lago di Nicito,
presso lo studio dell'avv. Donato De Luca;
        la S.p.A. Messinambiente in persona del legale rappresentante
pro  tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Monforte, con
domicilio  nella  segreteria  del  Tribunale amministrativo regionale
adito; e nei confronti:
    del  Comune  di Barcellona Pozzo di Gotto, in persona del sindaco
pro  tempore,  rappresentato  e difeso dall'avv. Sebastiano Mazzu' ed
elettivamente   domiciliato  presso  lo  studio  dell'avv.  Antonella
Cannarozzo sito in Catania, piazza Verga n. 16;
        del  Comune  di  Milazzo, in persona del sindaco pro tempore,
rappresentato  e  difeso dall'avv. Dario M. Carcione ed elettivamente
domiciliato  presso  prof.  Vincenzo  Vajola in Catania, via Dell'Oro
n. 135;
        del  Comune di Francavilla di Sicilia, in persona del sindaco
pro  tempore,  rappresentato  e  difeso dall'avv. Eleonora Vallone ed
elettivamente  domiciliato  presso  lo studio dell'avv. Maria Puglisi
sito in Catania, corso Italia n. 137;
        del  Comune  di  Rometta, in persona del sindaco pro tempore,
rappresentato  e  difeso dall'avv. Gaetano Silvestro ed elettivamente
domiciliato  presso  lo  studio  dell'avv.  Giuseppe Nicolosi sito in
Catania, via P. Verri n. 9;
        del Comune di Villafranca Tirrena, in persona del sindaco pro
tempore,   rappresentato   e  difeso  dall'avv.  Salvatore  Fiore  ed
elettivamente  domiciliato presso lo studio dell'avv. Carmelo Toscano
sito in Catania, via della Scogliera n. 1;
        dei  Comuni di Gioiosa Marea, Furnari, Itala, Meri', Pace del
Mela,  Patti,  Santa  Lucia  del Mela, Saponara, Villafranca Tirrena,
Torregrotta,  Scaletta Zanclea, Spadafora, Floresta, Taormina, Gaggi,
Giardini Naxos, non costituiti in giudizio;
        del Commissario delegato emergenza rifiuti - Presidente della
Regione Siciliana, non costituito in giudizio; per l'annullamento:
    A) Quanto al ricorso introduttivo n. 0856/1999 R.G.:
        del  decreto  26 gennaio 1999, n. 230/1312/Gab., con il quale
il  Prefetto  di  Messina  ha  disposto  la  requisizione  di un'area
«ubicata in Valdina, C.da Cianina, gia' utilizzata fino al 18 gennaio
u.s. come sito di discarica per il conferimento di rr.ss.uu., nonche'
l'ordinanza  del  presidente  della  Provincia  di Messina 19 ottobre
1998,  n. 22,  l'ordinanza  del  Sindaco  di Valdina 18 ottobre 1998,
n. 246,  e  della nota 22 gennaio 1999, n. 2160/1999 del dipartimento
del Territorio di Messina.
    B) Quanto al ricorso introduttivo n. 1287/1999 R.G.:
        dell'ordinanza del 27 febbraio 1999, n. 5, mai notificata ne'
comunicata,  con  la quale il Presidente della Provincia regionale di
Messina ha autorizzato il Comune di Messina a continuare a gestire la
discarica  per  lo smaltimento dei rr.ss.uu. sita in c.da Cianina del
Comune  di Valdina, anche nell'interesse dei Comuni di Pace del Mela,
Itala  e  Scaletta»,  nonche', ove occorra, dell'accordo di programma
stilato  il  18  ottobre  1998, n. 1399 di affidamento della gestione
della  discarica  di  Valdina  alla  S.p.A.  Messinambiente; e per la
condanna:
    C)   Quanto   ai   ricorsi  per  motivi  aggiunti  n. 856/1999  e
n. 1287/1999 ed al ricorso n. 6130/00 R.G.:
        al   risarcimento   dei   danni  conseguenti  all'illegittima
occupazione del fondo, di proprieta' dei ricorrenti, esteso circa mq.
25.000,  sito  in  c.da  San  Nicola del Comune di Valdina censito in
Catasto al foglio di mappa n. 1, p.lle 247, 249, 250, 251, 806, 281;
        A) e B) quanto al ricorso n. 856/1999 (motivi aggiunti) ed al
ricorso n. 1287/1999 (motivi aggiunti):
        alla  restituzione  dei terreni di proprieta' dei ricorrenti,
illegittimamente  occupati,  previa  rimessione  in  pristino stato o
pagamento,  in  favore  dei ricorrenti, delle somme occorrenti per la
rimessione in pristino;
        in   via  subordinata,  alla  rimessione  in  pristino  della
maggiore  estensione  possibile  del  fondo,  con la fissazione delle
modalita'   conservative   della   massa   dei  rifiuti  restanti  in
conformita'  a  legge, al fine di preservare il fondo e di ridurre il
rischio di disastro ambientale;
        qualora  a  seguito  di  CTU  o  verificazione  si acclarasse
l'irreversibile  trasformazione  del  fondo,  totale o parziale, alla
restituzione    della    porzione    di    fondo    non   trasformata
irreversibilmente,  previa  rimessione in pristino; o al pagamento di
quanto  occorrente  alla  rimessione  in  pristino;  al pagamento del
valore  della  porzione  irreversibilmente  trasformata,  mediante il
pagamento  di  una  somma  pari  al  valore  venale  del  fondo oltre
interessi e rivalutazione;
        in  caso  di  rimessione  in  pristino, al risarcimento della
mancata   disponibilita'   del   fondo  dalla  data  dell'illegittima
occupazione  a  quella della restituzione, nonche' per la sottrazione
dell'argilla effettuata dagli occupanti;
        al  risarcimento  del danno ex art. 1224, secondo comma c.c.,
con interessi e rivalutazione monetaria in misura pari agli interessi
sulle somme come sopra liquidate, computati al saggio degli interessi
passivi  praticati  dagli  istituti  bancari  presenti  su piazza dal
momento dell'occupazione alla definizione del giudizio;
    Visti  i  ricorsi,  i  ricorsi  per motivi aggiunti ed i relativi
allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione in giudizio delle amministrazioni
intimate;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato  relatore  per la pubblica udienza del 6 aprile 2006 il
Consigliere dott. Pancrazio Savasta;
    Uditi gli avvocati delle parti, come da verbale d'udienza;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                              F a t t o

    Ricorso n. 856/1999.

    I  ricorrenti  sono  comproprietari  di  un  fondo in Contrada S.
Nicola del Comune di Valdina, individuato con le particelle 247 (gia'
247/a),  249,  250  (gia' 250/a), 251 (gia' 251/a), 806 (gia' 283/b),
281  (gia'  281/a),  del  foglio  di mappa n. 1 del Comune di Valdina
estesa  circa  25.000  mq.  Tale  fondo,  ospita una cava di «argille
azzurre» di primissima qualita', non in esercizio.
    Con   decreto  di  sequestro  preventivo  del  G.i.p.  presso  il
Tribunale  di  Messina e' stata posta sotto sequestro la discarica di
r.s.u.  sita  in localita' Portella Arena del Comune di Messina nella
quale  conferivano  i  propri  rifiuti  i Comuni di Messina, Milazzo,
Meri',  Pace  del  Mela,  Barcellona  P.G.,  Patti, Scaletta Zanclea,
Itala,  Saponara,  Villafranca  Tirrena,  Rometta,  Floresta, Gioiosa
Marea e Spadafora.
    A  seguito  di  tale provvedimento, il Sindaco di Valdina (comune
non  colpito  dall'emergenza  rr.ss.uu.  perche' dotato di un proprio
impianto)  emetteva l'ordinanza 18 ottobre 1998, n. 246, con la quale
individuava  in  localita'  «Cianina  di  Valdina»  una discarica per
r.s.u.,  nella  quale  far  conferire i rifiuti delle amministrazioni
succitate.  Quale  corrispettivo,  il  Comune  di Valdina disponeva a
proprio  favore  il  prezzo  di  L.  20  per  ogni  Kg  di rifiuti da
corrispondersi da parte degli enti locali beneficiari.
    Nessun  compenso veniva riconosciuto ai proprietari del suolo ove
insiste la discarica.
    A  seguito  di  tale provvedimento, il Presidente della Provincia
regionale  di Messina, con ordinanza 19 ottobre 1998, n. 22, ordinava
ai  sensi dell'art. 13, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e dell'art. 5,
l.r. 21 aprile 1995, n. 40, lo smaltimento dei rr.ss.uu. prodotti dai
comuni   menzionati  nella  discarica  di  C.da  Cianina,  dietro  il
corrispettivo di L. 20/kg, sempre a favore del Comune di Valdina.
    Detti  provvedimenti, cosi' come eventuali atti di esproprio, non
venivano notificati ai ricorrenti.
    Ciononostante,  dopo la loro adozione, venivano riversate ingenti
quantita'  di  spazzatura nel fondo di proprieta' di detti ricorrenti
sito in C.da S. Nicola di Valdina.
    Questi  ultimi  si  rivolgevano  al  Presidente  del Tribunale di
Messina  ai  sensi  dell'art.  700  c.p.c.  per  chiedere l'immediata
sospensione  della  predetta attivita' posta in essere a loro danno e
la rimessione in pristino dei luoghi.
    Il  giudizio  cautelare veniva varie volte rinviato nel tentativo
di trovare una bonaria definizione della vicenda.
    Il  18  gennaio  1999  scadeva  il  periodo  di  validita'  delle
ordinanze  sopra  menzionate del Presidente della Provincia regionale
di  Messina  e  del  Sindaco  di  Valdina,  ma  il terreno non veniva
restituito  ai  legittimi proprietari, restando, quindi, nel possesso
di non meglio definiti soggetti.
    Frattanto,  i  comuni  che  avevano  utilizzato  il  terreno  dei
ricorrenti  come  discarica  sospendevano il servizio di raccolta dei
rr.ss.uu.,  determinando  cosi'  le  premesse  per  l'emanazione  del
decreto  26 gennaio  1999,  n. 230/1312/Gab. del Prefetto di Messina,
con  il  quale,  considerati  i  «forti  segnali  di  pregiudizio per
l'ordine  e  la  sicurezza  pubblica  e  che sussistono condizioni di
assoluta  necessita' ed urgenza che giustificano l'adozione di misure
atte  a  fronteggiare gli eventi», veniva disposta la requisizione di
un'area «ubicata in Valdina, C.da Cianina, gia' utilizzata fino al 18
gennaio u.s. come sito di discarica per il conferimento di RR.SS.UU.»
per  il  periodo di trenta giorni. Il provvedimento veniva emanato ai
sensi dell'art. 2, T.U. LL. P.S. R.D. n. 773/1931.
    A   titolo   di  indennizzo  veniva  prevista,  per  gli  odierni
ricorrenti,  la  somma di L. 1.256.900 (a fronte della distruzione di
25.000 mq di terreno sfruttabile industrialmente).
    Con  ricorso notificato il 10 marzo 1999 e depositato il 12 marzo
1999,   i  ricorrenti  hanno  impugnato  tale  ultimo  provvedimento,
deducendo, a sostegno delle proprie ragioni, le seguenti censure.
    I)  Carenza  assoluta  di potere. Nullita' degli atti emanati per
violazione  e  falsa applicazione art. 2, r.d. 18 giugno 1931, n. 773
(T.U.  LL.  P.S.),  art.  7,  legge 20 marzo 1865, n. 2248 e art. 13,
d.lgs.  5  febbraio  1997,  n. 22. Eccesso di potere sotto il profilo
dello sviamento. Incompetenza.
    il potere esercitabile dal prefetto ai sensi dell'art. 2, r.d. 18
giugno 1931, n. 773 (T.U. LL. P.S.) sarebbe residuale ed eccezionale,
attivabile  solo in mancanza di altri rimedi per la cura del pubblico
interesse.
    La  materia  dello  smaltimento  dei  rr.ss.uu.  sarebbe, invece,
regolata  dall'art.  13  del  d.P.R. n. 22/1977, rubricato «ordinanze
contingibili e urgenti».
    La norma prevederebbe l'esclusiva competenza del presidente della
provincia ad emettere l'ordinanza di individuazione della discarica e
non quella del prefetto.
    Ed  invero  era  stato  il  presidente  della provincia, e non il
prefetto,  ad  attivarsi  (con  l'ordinanza  n. 22 del 1998), sicche'
risulterebbe  irragionevole  l'intervento  di  quest'ultimo organo, a
distanza  di  appena  tre  mesi,  senza  alcun  cambiamento sul piano
normativo  o  fattuale, per cui discenderebbe la nullita' del decreto
prefettizio impugnato.
    In  via  graduata,  si  tratterebbe  comunque di un provvedimento
gravemente  illegittimo  per  lo  sviamento  cui  il prefetto sarebbe
incorso  utilizzando  un potere (ex art. 2, T.U. P.S. e art. 7, legge
n. 2248/1865)  esercitabile,  secondo  previsione  di  legge, solo in
mancanza di altre specifiche potesta'.
    Infatti,  il  potere di requisizione della proprieta' privata non
discenderebbe  dall'art.  2, T.U. LL. P.S., bensi' dall'art. 7, legge
20  marzo  1865,  n. 2248,  abolitiva del contenzioso amministrativo,
secondo  il  quale «qualora per necessita' pubblica l'autorita' debba
senza indugio disporre della proprieta' privata, ... essa provvedera'
con decreto motivato».
    II) Nullita' per illegittimita' derivata.
    Le   ordinanze  del  Sindaco  di  Valdina  (n.  246/1998)  e  del
presidente   della   provincia   regionale   (n.  22/1998)  avrebbero
individuato  la discarica in un sito (C.da Cianina) diverso da quello
ove poi e' stata effettivamente allocata (C.da S. Nicola).
    I  ricorrenti  sono  proprietari  di  terreni  sia  in  localita'
«Cianina» che in localita' «S. Nicola». Negli anni passati, una parte
dei  terreni  siti  in localita' Cianina sarebbe stata effettivamente
adibita  a  discarica comunale di rr.ss.uu., ma mai quella in C.da S.
Nicola.
    Invero,   nelle  ordinanze  in  parola  la  localizzazione  della
discarica sarebbe stata effettuata in maniera assolutamente imprecisa
e  grossolana,  senza  alcun riferimento catastale o reale, rendendo,
pertanto, impossibile l'individuazione della stessa.
    Detti  provvedimenti si sarebbero limitati ad indicare nella C.da
Cianina il sito della discarica.
    Deriverebbe  la  radicale  nullita' dei provvedimenti menzionati,
posto  che,  per  altro,  nonostante  nelle  ordinanze  si indichi la
localita'  Cianina,  la  discarica sarebbe stata effettuata nei fondi
dei sig. ri Ruggeri siti in localita' S. Nicola, il che costituirebbe
un  ulteriore  motivo  di  nullita'  delle ordinanze indicate e fatto
valere  nel  procedimento  ex  art.  700  c.p.c.  dinanzi  al giudice
ordinario.
    Il  prefetto,  con  il  decreto impugnato, avrebbe individuato il
terreno  dei  ricorrenti  facendo  mero riferimento all'ordinanza del
Sindaco  di  Valdina  n. 246/1998  e  del  Presidente della Provincia
regionale  di  Messina  n. 22/1998,  insistendo  nel riferimento alla
discarica  in C.da Cianina di quel comune e, quindi, in localita' del
tutto diversa.
    Il    che    ne   determinerebbe   la   radicale   nullita'   per
indeterminatezza.
    III)  Violazione e falsa applicazione art. 835 c.c., art. 2, r.d.
18 giugno 1931, n. 773 (T.U. LL. P.S.) e art. 7, legge 20 marzo 1865,
n. 2248,  nonche'  dell'art.  9,  T.U.  13 gennaio 1926, n. 452, come
modificato con legge 24 marzo 1942, n. 469.
    Secondo  le  nome  richiamate  ed  i principi vigenti, in caso di
requisizione  il  proprietario avrebbe diritto ad una indennita' pari
al valore venale del bene evitto.
    Nel  caso  di  specie,  il prefetto ha riconosciuto ai ricorrenti
l'indennita',   meno   che  simbolica,  di  L.  1.256.900,  a  fronte
dell'utilizzazione di 25.000 mq. circa di terreno per la discarica di
migliaia di tonnellate di rifiuti solidi urbani.
    Sarebbe  un'indennita'  del  tutto irrisoria, altresi' espressiva
dello  sviamento  di  potere  cui  sarebbe incorsa l'amministrazione,
giacche'   avrebbe   posto   in   essere  un  atto  (la  liquidazione
dell'indennita'  di  requisizione) perseguendo fini del tutto diversi
da  quelli  previsti  dalla  legge  (ristorare il proprietario per la
compressione subita dei propri diritti).
    Peraltro,  l'indennita'  sarebbe stata computata dall'ufficio del
territorio come se si trattasse della semplice occupazione temporanea
di  un  immobile, senza considerare il danno permanente causato dallo
sversamento  delle tonnellate di rifiuti e la qualita' del terreno di
argille azzurre di primissima qualita', suscettibile di utilizzazione
industriale,  completamente  distrutto a causa (anche) del decreto di
requisizione qui impugnato.
    IV)  Violazione  e  falsa  applicazione  sotto un diverso profilo
dell'art. 7, legge 7 agosto 1990, n. 241. Difetto di motivazione.
    Il   decreto  impugnato  sarebbe  illegittimo  anche  perche'  il
prefetto,  in  violazione della norma sopra calendata, avrebbe omesso
di  dare  comunicazione  dell'avvio  del  procedimento e del nome del
funzionario (e/o dell'ufficio) responsabile dello stesso.
    Ne'  sarebbero  sostenibili  le  ragioni  d'urgenza ventilate nel
provvedimento   ed  individuate  nell'inerzia  delle  amministrazioni
competenti  (in  specie,  le  varie  amministrazioni  municipali e la
Provincia  regionale  di  Messina) cui, ai sensi dell'art. 13, d.lgs.
n. 22/1997,  spettava  di prevenire l'emergenza e, comunque, di porvi
rimedio prima che la situazione assumesse i toni estremi lamentati.
    Con  ordinanza  collegiale  n. 933/99  del  4 maggio 1999, questo
tribunale  -  sezione  prima,  ha rigettato la domanda di sospensione
dell'esecuzione   dei   provvedimenti   impugnati   con   il  ricorso
principale.
    Motivi aggiunti depositati il 18 aprile 2000.
    Con  motivi  aggiunti  depositati  il 18 aprile. 2000, permanendo
l'occupazione  dei  terreni  di proprieta' dei ricorrenti, gli stessi
hanno introdotto le seguenti ulteriori domande:
        1)   immediata  restituzione  di  tutti  i  terreni  di  loro
proprieta',  illegittimamente occupati, previa rimessione in pristino
o pagamento delle somme a tal uopo occorrenti;
        2)  in  via  subordinata,  rimettere  in pristino la maggiore
estensione  possibile  del  fondo,  con la fissazione delle modalita'
conservative  della  massa  di  rifiuti  restanti in conformita' alla
legge,  al  fine  di  preservare  il fondo e di ridurre il rischio di
danno ambientale;
        3) immediata ammissione di C.T.U. - Verificazione, al fine di
determinare  i  costi della rimessione in pristino dell'area occupata
dai  rifiuti  e  dei danni cagionati con l'occupazione del fondo e la
sottrazione dell'argilla, ed in particolare:
          il  valore  del  terreno di proprieta' dei ricorrenti ed il
danno  arrecato  per effetto degli illegittimi atti e dei conseguenti
abusivi comportamenti;
          se  siasi  verificata l'irreversibile trasformazione ed, in
caso  affermativo, quanta parte del terreno sia passata in proprieta'
alle amministrazioni illegittimamente occupanti e quanta no;
          le  somme occorrenti alla riduzione in pristino del terreno
ed i costi della rimessione in pristino dell'area occupata.
        4)  Qualora, a seguito della consulenza tecnica-verificazione
dovesse essere acclarata l'irreversibile trasformazione del fondo, la
condanna dell'amministrazione a:
          restituire    la    parte   del   fondo   non   trasformata
irreversibilmente,  previa  rimessione  in pristino o pagare le somme
occorrenti;
          risarcire  i danni derivanti dalla perdita della proprieta'
della  parte  del  fondo  irreversibilmente  trasformata, mediante il
pagamento  di  una  somma  pari  al  valore  venale che essa aveva al
momento dell'occupazione, con interessi e rivvalutazione monetaria;
          in  caso  di rimessione in pristino, risarcire i ricorrenti
per  la  mancata  disponibilita'  del fondo dalla data di illegittima
occupazione   a   quella   della   restituzione,   con   interessi  e
rivalutazione,  nonche'  per  la  sottrazione dell'argilla effettuata
dagli occupanti;
          risarcire  il  maggior  danno  subito  ex  art.  1224 c.c.,
secondo comma, con interessi e rivalutazione monetaria in misura pari
agli  interessi sulle somme come sopra liquidate, computati al saggio
degli  interessi  passivi  praticati  dagli istituti bancari presenti
sulla  piazza  nel  periodo  dall'occupazione  alla  definizione  del
giudizio;
        3)  in  alternativa alla immediata rimessione in pristino, la
rimozione  della maggiore quantita' possibile di rifiuti dal sito ove
essi  giacciono  e  la fissazione di modalita' di conservazione della
massa  dei  restanti in conformita' alla legge, al fine di preservare
il   fondo   e  di  ridurre  convenientemente  il  rischio  di  danno
ambientale.
    Costituitasi,  la  Provincia regionale di Messina ha concluso per
l'irricevibilita', l'inammissibilita' e l'infondatezza del gravame.
    Il   Comune  di  Messina  ha  eccepito  l'inammissibilita'  e  la
tardivita'  dei  motivi aggiunti successivamente proposti, nonche' il
difetto di legittimazione passiva.
    Ricorso n. 1287/1999.

    Scaduto  anche  il  termine  indicato dal Prefetto di Messina nel
proprio  decreto  26  gennaio  1999,  n. 230/1312/Gab., il presidente
della  provincia  regionale,  con l'ordinanza 27 febbraio 1999, n. 5,
autorizzava il Comune di Messina a «continuare a gestire la discarica
per  lo smaltimento dei rr.ss.uu. sita in contrada Cianina del Comune
di Valdina, anche nell'interesse dei Comuni di Pace del Mela, Itala e
Scaletta».  Inoltre, disponeva pure «la conferma della validita', per
ulteriori  mesi  sei dalla data della presente, dell'ordinanza n. 22,
emessa  da  questa  amministrazione  in  data 19 ottobre 1998, con la
quale  i  comuni  sopra  elencati  sono stati autorizzati a conferire
rr.ss.uu. presso tale discarica».
    Dalla  lettura  di  tale  provvedimento,  inoltre,  i  ricorrenti
apprendevano  pure  dell'esistenza  dell'accordo  di programma del 18
ottobre 1998 e dell'ordinanza del Sindaco di Messina 18 ottobre 1998,
n. 1399.
    Con ricorso notificato il 1° aprile 1999 e depositato il 9 aprile
1999   i  ricorrenti  hanno  impugnato  detti  ultimi  provvedimenti,
deducendo, a sostegno delle proprie ragioni, le seguenti censure.
    I) Nullita' per nullita' derivata.
    Anche  il  presidente della provincia, con l'ordinanza impugnata,
avrebbe   individuato   il   terreno   dei  ricorrenti  facendo  mero
riferimento  all'ordinanza del Sindaco di Valdina n. 246/1998 e dello
stesso  Presidente  della  Provincia regionale di Messina n. 22/1998,
insistendo  nel  riferimento  alla  discarica in C.da Cianina di quel
comune  che,  come  sostenuto  dai ricorrenti nel precedente gravame,
sarebbe localita' del tutto diversa.
    Anche  l'ordinanza  n. 5/1999, quindi, sarebbe radicalmente nulla
perche'  non  individuerebbe  con sufficiente sicurezza il sito della
discarica e perche' l'attivita' di discarica sarebbe stata effettuata
in localita' S. Nicola di Valdina e non in C.da Cianina.
    II) Violazione  e  falsa  applicazione art. 13, d.lgs. 5 febbraio
1997, n. 22. Incompetenza.
    Secondo  il  primo  comma  dell'art.  13,  d.lgs.  n. 22/1997, le
ordinanze contingibili ed urgenti «hanno efficacia per un periodo non
superiore a sei mesi». Nel caso di specie, pero', il presidente della
provincia  ha  emesso  una  prima  ordinanza  contingibile ed urgente
(ordinanza  19  ottobre 1998, n. 22) per il periodo di tre mesi (fino
al  18 gennaio  1999)  e,  adesso,  con  la  ordinanza  impugnata (n.
5/1999),  ha  disposto  l'esercizio  straordinario della discarica di
Valdina  per altri sei mesi. In totale nove mesi e, quindi, secondo i
ricorrenti, in violazione del disposto dell'art. 13 citato.
    Entrambe   le   ordinanze  del  presidente  della  provincia  (la
n. 22/1998 e la n. 5/1999) sarebbero state emesse in forza dei poteri
conferiti  all'amministrazione  dall'art.  13,  primo  comma,  d.lgs.
n. 22/1997  (espressamente  richiamate  nella  parte  motiva  dei due
provvedimenti).
    La  norma,  oltre i richiamati limiti temporali, attribuirebbe la
competenza   ad   emettere   ordinanze  contingibili  ed  urgenti  al
presidente  della  regione  e,  pertanto,  il provvedimento impugnato
sarebbe   affetto   dall'ulteriore   profilo  di  illegittimita'  per
incompetenza.
    Infine,   secondo   l'art.   13,  proprio  perche'  provvedimenti
straordinari,  le ordinanze contingibili ed urgenti potrebbero essere
«reiterate»  solo  due  volte,  il  che  presupporrebbe che tra i due
provvedimenti non vi sia soluzione di continuita'. Ne1 caso in esame,
invece,  tra  la  prima  ordinanza  n. 22/1998  e  la n. 5/1999 vi e'
l'intervallo   di   piu'   di   un   mese,   parzialmente   «coperto»
dall'ordinanza di requisizione del prefetto.
    III) Violazione  e  falsa  applicazione  art. 13, comma 3, d.lgs.
n. 22/1997. Difetto di motivazione.
    L'ordinanza  impugnata  sarebbe, altresi', illegittima perche' il
presidente  della  provincia  non  avrebbe indicato le norme a cui ha
inteso  derogare,  cosi' come prescritto dalla disposizione normativa
sopra calendata.
    IV) Violazione e falsa applicazione art. 30, d.lgs. n. 22/1997.
    L'ordinanza  del  presidente  della  provincia impugnata, nonche'
l'accordo  di programma del 18 ottobre 1998 e l'ordinanza del Sindaco
di Messina 18 ottobre 1998, n. 1399, sarebbero, altresi', illegittimi
perche',  in  violazione dell'art. 51 d.lgs. n. 22/1997, assegnano il
servizio  di  gestione  dei rr.ss.uu. alla S.p.A. Messinambiente che,
secondo  quanto  risulta, non sarebbe iscritta all'Albo delle imprese
esercenti  servizio  di  smaltimento  dei  rifiuti istituito ai sensi
dell'art.   10,   d.l.   31   agosto  1987,  n. 361,  convertito  con
modificazioni   dalla  legge  29  ottobre  1987,  n. 441,  e  neppure
nell'Albo  nazionale  delle  imprese  che  effettuano la gestione dei
rifiuti   previsto  dall'art.  30,  d.lgs.  n. 22/1997.  Ne'  sarebbe
condivisibile  l'autorizzazione  di  derogare  «alle norme del d.lgs.
n. 22/1997   relativamente   alla   gestione  dei  r.s.u.»  contenuta
nell'ordinanza  del  presidente  della provincia n. 5/1999. In nessun
caso, infatti, sarebbe possibile derogare ad una norma qual e' l'art.
51  citato,  posto,  peraltro, a presidio della pubblica incolumita',
giacche'  solo  le imprese dotate dei requisiti richiesti dalla legge
possono  garantire  l'espletamento  del  servizio  con  la necessaria
perizia e sicurezza.
    Inoltre,  mediante  lo  strumento  dell'accordo di programma e la
«delega»  al Comune di Messina e, tramite questo, alla societa' mista
S.p.A.  Messinambiente (al 49% privata), si e' affidato il compito di
gestire  i  rr.ss.uu.  per  tutti  i  comuni  in  stato di emergenza,
consentendo,  cosi',  ad  una  Societa'  (almeno in parte) privata di
gestire   il   servizio   dello  smaltimento  dei  rr.ss.uu.  per  un
comprensorio  di  almeno  400.000 abitanti, senza che la stessa abbia
mai  partecipato  a  nessuna gara e senza essere nemmeno abilitata al
servizio a norma degli artt. 30 e 51 d.lgs. n. 22/1997.
    V) Violazione  e falsa applicazione art. 27, legge 8 giugno 1990,
n. 241, come recepito in Sicilia con l.r. 11 dicembre 1991, n. 48.
    L'accordo  di  programma  che costituisce variante agli strumenti
urbanistici  «dev'essere  ratificato  dal  consiglio  comunale  entro
trenta giorni a pena di decadenza».
    Detto  ineludibile adempimento non sarebbe stato mai adottato dai
consigli comunali competenti.
    Inoltre,  non sarebbe stato neppure mai pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale  e non sarebbe mai stato approvato con atto formale ne' dal
presidente della regione, ne' dal presidente della provincia.
    VI) Violazione e falsa applicazione dell'accordo di programma del
18 ottobre 1998.
    L'accordo   di   programma,  seppur  illegittimo,  sarebbe  stato
espressamente    richiamato    dal    presidente    della   provincia
nell'ordinanza  n. 5/1999  al  solo  fine,  pero',  di  compiere  una
violazione dello stesso.
    Secondo l'art. 5, infatti, l'accordo avrebbe dovuto avere «durata
pari  alla  durata  di  validita'  prevista  dall'ordinanza sindacale
n. 246/1998  (del  Sindaco  di Valdina.) e cioe' mesi tre a decorrere
dalla data di reale disponibilita' delle aree».
    Ebbene, dalla data di disponibilita' delle aree (19 ottobre 1998,
a  seguito  dell'occupazione  di  fatto conseguente all'ordinanza del
Sindaco  di  Valdina  n. 246/1998)  sarebbero  trascorsi cinque mesi.
L'accordo  di  programma sarebbe da tempo privo di qualsiasi effetto,
oltre che decaduto per mancata ratifica dei consigli comunali.
    Anche  l'ordinanza  del  Sindaco  di  Messina 19 ottobre 1999, di
affidamento alla S.p.A. Messinambiente della gestione della discarica
di   Valdina,   sarebbe   basata   sul   presupposto   dell'efficacia
dell'accordo   di   programma  del  18  ottobre  1998,  espressamente
richiamato  in  motivazione,  per  cui  nessun provvedimento, nessuna
norma  e  nessun  accordo legittimerebbe l'affidamento della gestione
della discarica alla S.p.A. Messinambiente.
    VII) Violazione  e falsa applicazione art. 835 c.c., art. 2, r.d.
18 giugno 1931, n. 773 (T.U. LL. P.S.) e art. 7, legge 20 marzo 1865,
n. 2248,  nonche'  dell'art.  9,  T.U.  13 gennaio 1926, n. 452, come
modificato con legge 24 marzo 1942, n. 469.
    Secondo  le  norme  richiamate  ed i principi vigenti, in caso di
requisizione,   occupazione  o  espropriazione,  il  proprietario  ha
diritto ad una indennita' pari al valore venale del bene evitto.
    Nel  caso  di  specie,  il  presidente  della  provincia  non  ha
riconosciuto  nulla ai ricorrenti, pur a fronte dell'utilizzazione di
25.000  mq.  circa  di  terreno  per  la  discarica  di  migliaia  di
tonnellate di rifiuti solidi urbani e della natura dello stesso, sede
di   argille   azzurre  di  primissima  qualita'  e  suscettibile  di
utilizzazione industriale.
    VIII) Violazione  e  falsa  applicazione sotto un diverso profilo
dell'art. 7, legge 7 agosto 1990, n. 241. Difetto di motivazione.
    L'ordinanza   impugnata  sarebbe  illegittima  anche  perche'  il
presidente   della   provincia,   in  violazione  della  norma  sopra
calendata, non avrebbe dato comunicazione dell'avvio del procedimento
e  non  avrebbe comunicato il nome del funzionario (e/o dell'ufficio)
responsabile del procedimento.
    Nel  caso in esame non vi sarebbero state ragioni di urgenza tali
da  giustificare  l'omissione  dell'adempimento,  in  quanto gia' dal
momento  in  cui  il  prefetto  aveva  adottato  il  provvedimento di
requisizione  era  noto  che,  allo  scadere, si sarebbe ripresentata
l'emergenza  e  che,  quindi,  sarebbe  toccato  al  presidente della
provincia di intervenire con l'ordinanza qui contestata.
    Con ordinanza 30 aprile 1999, n. 936/1999, accogliendo le censure
proposte   col   ricorso   introduttivo  del  giudizio,  ritenuta  la
fondatezza del gravame, questa stessa sezione ha ordinato alla S.p.A.
Messinambiente   la   costituzione  di  una  cauzione  a  favore  dei
ricorrenti  nella  misura  di  L. 50.000.000, pena la sospensione dei
provvedimenti  impugnati. Il C.G.A. ha respinto il ricorso in appello
proposto dalla S.p.A. Messinambiente, confermando in toto l'ordinanza
del giudice di primo grado (Ordinanza 23-24 giugno 1999, n. 533/99).
    Si  sono  costituiti  in  resistenza  i  Comuni  di  Messina,  di
Barcellona   Pozzo  di  Gotto,  di  Milazzo,  di  Giardini-Naxos,  di
Villafranca  Tirrena,  di  Rometta,  la  Provincia  di  Messina  e la
Messinambiente S.p.A.
    Motivi aggiunti depositati il 18 aprile 2000.
    I ricorrenti hanno formulato le medesime domande di cui ai motivi
aggiunti introdotti nel precedente ricorso n. 859/1999.
    Ricorso n. 6130/2000.

    Con  il  ricorso  in  epigrafe,  notificato il 18 dicembre 2000 e
depositato  il  22 dicembre  2000,  i  ricorrenti hanno riproposto le
medesime domande, anche istruttorie, introdotte con i motivi aggiunti
depositati  il  18 aprile  2000  in  seno  ai  precedenti gravami nn.
856/1999 e 1287/1999.
    Si  sono  costituiti  in  resistenza:  la  Provincia regionale di
Messina,  la  Messinambiente  S.p.A. ed i Comuni di Messina, Valdina,
Barcellona   Pozzo   di   Gotto,  Milazzo,  Francavilla  di  Sicilia,
Villafranca Tirrena e Rometta.
    Con  O.P.I.  2 febbraio 2001, n. 29, questo tribunale ha disposto
consulenza tecnica d'ufficio.
    Con ulteriore istanza depositata il 22 gennaio 2004, i ricorrenti
hanno richiesto integrazione istruttoria.
    Quest'ultima  risulta rinunciata con atto depositato il 23 luglio
2004.  Con  sentenza  interlocutoria n. 2421/05 del 13 dicembre 2005,
riuniti  i  ricorsi,  riconosciuta  la  propria  giurisdizione  sulle
domande  introdotte  in giudizio, questa stessa Sezione ha accolto la
domanda  della  Messinambiente  S.p.A.  di  chiamata  in  giudizio  a
garanzia delle seguenti amministrazioni:
        Ufficio  territoriale  del  Governo  di  Messina, Commissario
delegato - Presidente della Regione Siciliana, Provincia regionale di
Messina,  nonche'  i  Comuni  di  Barcellona  Pozzo di Gotto, Gioiosa
Marea, Furnari, Itala, Meri', Milazzo, Pace del Mela, Patti, Rometta,
Santa  Lucia  del  Mela,  Saponara, Villafranca Tirrena, Torregrotta,
Scaletta    Zanclea,    Spadafora,    Floresta   Valdina,   Taormina,
Giardini-Naxos, Gaggi e Francavilla di Sicilia.
    Il detto adempimento risulta in atti.
    Alla  pubblica  udienza  del  6  aprile  2006 le cause sono state
trattenute per la decisione.

                            D i r i t t o

    A) Con  sentenza  resa  in  pari  data  sui  medesimi ricorsi, la
sezione si e' cosi' pronunciata:
        rigetta il ricorso introduttivo n. 856/1999;
        accoglie  in parte il ricorso introduttivo n. 1287/1999 ed in
parte lo dichiara inammissibile;
        compensa  le spese e gli onorari del giudizio relativi a tali
due ricorsi introduttivi;
        in  ordine  ai  motivi  aggiunti  ai  ricorsi  nn. 856/1999 e
1287/1999  ed  al  ricorso n. 6130/2000, visti gli artt. 279, secondo
comma, c.p.c., 134 Cost., 1 della legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e
23,  legge  11 marzo  1953,  n. 87,  dispone, con separata ordinanza,
l'invio  dei  fascicoli di causa alla Corte costituzionale, ritenendo
rilevante e non manifestamente infondata - per violazione degli artt.
3,  125,  24  e  25  della Costituzione e per contrasto con l'art. 23
dello  Statuto  della  regione Sicilia - la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater,
legge n. 21/2006.
    Sospende  il  giudizio sui ricorsi per motivi aggiunti introdotti
nei gravami 856/1999 e 1287/1999 ed il ricorso n. 6130/2000 sino alla
restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale.
    La detta decisione e' stata supportata dal supporto motivazionale
di seguito fedelmente riportato.
    «I) La  complessa  vicenda  all'esame del Collegio e' occasionata
dalla  asserita  illegittimita'  di una serie di atti volti a rendere
disponibile un terreno sito nel Comune di Valdina - Contrada Cianina,
di  proprieta'  dei  ricorrenti ed individuato con le particelle 247,
249, 250, 251, 806, 281, del fg. mappa n. 1, al fine di consentire il
conferimento dei rifiuti da parte di alcuni Comuni della Provincia di
Messina,   reso   necessario  dal  sequestro  giudiziario  preventivo
n. 2805/1998 e n. 1888/1998 del G.i.p. del Tribunale di Messina della
discarica di Portella Arena».
    Il  Collegio  ritiene  necessaria la schematica ricostruzione dei
fatti  di  causa,  evidenziando  i  singoli atti che hanno costituito
l'iter procedurale.
    A) Ordinanza n. 246 del 18 ottobre 1998 del Sindaco del Comune di
Valdina.
    Di seguito al sopra indicato sequestro giudiziario e, per come si
evince  dal corpo del provvedimento, su espresso invito del «Prefetto
di   Messina  a  porre  in  essere  ogni  iniziativa  necessaria  per
l'emanazione  di  un  provvedimento  contingibile ed urgente ai sensi
dell'art. 13 del vigente d.lgs. n. 22/1997», il Sindaco del Comune di
Valdina  individuava  la  localita' «Cianina di Valdina», ove ubicare
una  discarica  per r.s.u., onde consentire il versamento dei rifiuti
dei  Comuni  di  Messina,  Milazzo,  Meri', Pace del Mela, Barcellona
P.G.,  Patti, Scaletta Zanclea, Itala, Saponara, Villafranca Tirrena,
Rometta, Floresta, Gioiosa Marea e Spadafora.
    Il provvedimento stabiliva:
        a) la  provvisorieta'  dell'urgente  intervento «per il tempo
strettamente  necessario  per  l'attivazione  di ulteriori sistemi di
smaltimento in capo ai citati comuni»;
        b) l'individuazione   dell'area  indicata  da  tecnici  della
provincia  regionale (come da relazioni tecniche allegate alla stessa
ordinanza),  giustificata  da  una  precedente riconosciuta idoneita'
della  stessa  da  parte  del  Commissario provveditore della Regione
Siciliana ed avente una capacita' di circa 500.000 metri cubi;
        c) la  cessione in uso della discarica ai comuni interessati,
ai quali, quindi, veniva demandata la gestione;
        d) il  «prezzo»  della cessione, stabilito in L. 20 per Kg di
r.s.u. conferito e da corrispondere al Comune di Valdina;
        e) il  richiamo  alla necessita' di preventiva autorizzazione
per  i  singoli  comuni  da  parte  del Presidente della Provincia di
Messina ai sensi dell'art. 5 della legge n. 40/1995;
        f) l'addossamento degli oneri per l'occupazione del terreno a
carico del soggetto gestore individuato dai comuni;
        g) l'obbligo   per  il  Comune  di  Valdina  di  «adottare  i
provvedimenti  necessari  per  l'emissione  di eventuali ordinanze di
occupazione  e  immissione  in  possesso  delle  aree  necessarie per
l'attivazione della discarica».
    B) Ordinanza  n. 22  del  19 ottobre  1998  del  Presidente della
Provincia di Messina.
    Di  seguito  al provvedimento indicato sub A, il Presidente della
Provincia  di  Messina emanava l'ordinanza n. 22 del 19 ottobre 1998,
resa  ai  sensi  dell'art.  13 del d.lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 e
dell'art  5  della l.r. n. 40 del 21 aprile 1995, con la quale, viste
le  relazioni  tecniche  gia' richiamate nell'ordinanza del Comune di
Valdina,  ordinava  in via contingibile ed urgente lo smaltimento dei
rifiuti  presso  la  discarica  di C.da Cianina per un periodo di tre
mesi.
    Il  medesimo  provvedimento stabiliva una serie di prescrizioni a
carico del gestore, tra le quali la compattazione dei rifiuti e l'uso
in maniera esclusiva dell'area individuata.
    Analoghi  provvedimenti  (Ord.  n. 25 del 5 novembre 1998 e n. 31
del 18 dicembre 1998) venivano emanati per consentire il conferimento
dei  rifiuti  sino  al  17 gennaio  1999  per  i  Comuni di Taormina,
Giardini-Naxos e Gaggi.
    Iniziata  l'attivita'  della discarica, asseriscono i ricorrenti,
ai  quali  nessuna comunicazione sarebbe stata inviata, di aver adito
il  Tribunale  di  Messina  ai  sensi dell'art. 700 c.p.c. al fine di
richiedere  l'immediata  sospensione  dell'uso  del  terreno  di loro
proprieta'.  Il  giudizio veniva piu' volte rinviato nel tentativo di
una bonaria definizione della vicenda.
    C) Decreto  del 26 gennaio 1999, n. 230/1312/Gab. del Prefetto di
Messina.
    Scaduto il termine trimestrale previsto dall'ordinanza n. 22/1998
del presidente della provincia, non interveniva alcuna proroga, ma il
decreto   del  26 gennaio  1999,  n. 230/1312/Gab.  del  Prefetto  di
Messina, con il quale, premesso che il Consiglio dei ministri in data
22 gennaio 1999 aveva dichiarato lo stato di emergenza fino alla data
del  30 giugno 2000 e considerati i «forti segnali di pregiudizio per
l'ordine  e  la  sicurezza  pubblica  e  che sussistono condizioni di
assoluta  necessita' ed urgenza che giustificano l'adozione di misure
atte a fronteggiare gli eventi», veniva disposta la requisizione, per
un  periodo  di  trenta  giorni, di un'area «ubicata in Valdina, C.da
Cianina,  gia'  utilizzata  fino  al  18  gennaio  u.s.  come sito di
discarica  per il conferimento di rr.ss.uu.». Il provvedimento veniva
emanato  ai  sensi  degli  artt. 2, T.U. LL. P.S. r.d. n. 773/1931, 7
della  legge  20 marzo  1865, n. 2248, All. E, 835 c.c. e 20 del r.d.
n. 383/1934.
    D) Ordinanza  del  27 febbraio  1999,  n. 5  del Presidente della
Provincia di Messina.
    E)  Accordo di programma sottoscritto in data 18 ottobre 1998 dai
sindaci dei comuni interessati.
    Successivamente,  come  risulta dal ricorso n. 1287/1999, scaduto
il  termine stabilito dal prefetto con il decreto appena indicato, il
Presidente della Provincia di Messina emanava l'ordinanza 27 febbraio
1999,  n. 5,  con  la  quale,  richiamato il d.P.C.m. 22 gennaio 1999
dichiarativo,  ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, comma 1, della
legge  24 febbraio 1992, n. 225, dello stato di emergenza rifiuti nel
territorio   della   regione   siciliana  ed  i  provvedimenti  sopra
richiamati   -   con   i  quali,  in  sostanza,  era  stata  disposta
l'occupazione  dell'area  di proprieta' dei ricorrenti e l'accordo di
programma sottoscritto in data 18 ottobre 1998 dai sindaci dei comuni
interessati  (con  il quale era «stato conferito mandato al Comune di
Messina  di  gestire tale discarica, avvalendosi della societa' mista
Messinambiente  S.p.A.,  accordo  a  cui  il  Sindaco di Messina dava
seguito  emanando  apposito  provvedimento di affidamento a favore di
detta  Societa»  con ordinanza n. 1399 del 18 ottobre 1999), ritenuta
la  sussistenza  dei  presupposti  di  cui  all'art.  13  del  d.lgs.
n. 22/1997,   prorogava   gli   effetti  della  precedente  ordinanza
n. 22/1998   per  ulteriori  sei  mesi  a  decorrere  dalla  data  di
emanazione del provvedimento e, piu' precisamente, ordinava al Comune
di  Messina  di «continuare a gestire la discarica per lo smaltimento
dei  rr.ss.uu.  sita in Contrada Cianina del Comune di Valdina, anche
nell'interesse dei Comuni di Pace del Mela, Itala e Scaletta».
    Il  termine  finale  del  27  agosto 1999 restava sostanzialmente
invariato,   nonostante   alcune   ordinanze   di   questo  tribunale
(segnatamente  la n. 937/1999, che, accogliendo il ricorso del Comune
di  Valdina  -  iscritto al n. 1288/1999 - ha anticipato al 31 luglio
1999  il termine per il rilascio del terreno in questione), posto che
il  giudice  d'appello  non condivideva l'accoglimento di primo grado
(cfr.  ordinanza  del  C.G.A.  per  la Sicilia n. 718/99 del 2 agosto
1999).
    F) Ordinanza   del   Ministero   dell'interno   delegato  per  il
coordinamento della Protezione civile n. 2983 del 31 maggio 1999.
    Frattanto, era intervenuta l'ordinanza del Ministero dell'interno
delegato  per  il  coordinamento  della Protezione civile n. 2983 del
31 maggio  1999,  che,  nel  dichiarare  lo  stato  di  emergenza, ha
attribuito, all'art. 5, comma 1, ai prefetti dell'Isola le competenze
di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 22/1997.
    G) Ordinanza prot. n. 2802/Gab. del 4 agosto 1999 del Prefetto di
Messina.
    Con  ordinanza  prot. n. 2802/Gab. del 4 agosto 1999 del Prefetto
di  Messina,  richiamati  i  molteplici  analoghi  provvedimenti  del
luglio-agosto  1999  con i quali la gran parte dei comuni erano stati
autorizzati  ad  usare  discariche  diverse  da  quella  allocata nel
terreno  dei  ricorrenti,  venivano  autorizzati, sempre con espresso
riferimento  all'art.  5  dell'ordinanza  del  Ministero dell'interno
n. 2983  del  31 maggio 1999, al proseguio del versamento dei rifiuti
in  C.da  Cianina  di  Valdina,  ma in terreni appartenenti a diverso
proprietario,  i Comuni di Messina, Barcellona P.G., Patti, Saponara,
Milazzo e Spadafora.
    H) Ordinanze  prot. n. 3390/Gab. del 1° ottobre 1999 del Prefetto
di  Messina;  3826/Gab. del 29 ottobre 1999 e n. 4014 del 15 novembre
1999.
    Con le ordinanze calendate, il Prefetto di Messina procedeva alla
requisizione delle medesime aree di proprieta' dei ricorrenti, dal l°
ottobre 1999 e sino al 30 novembre 1999.
    I  detti  provvedimenti  prevedevano tutti gli oneri a carico del
Comune  di Messina, la conseguente quantificazione dell'indennita' di
occupazione  (pari  ad  1/24  degli importi stabiliti con valutazione
dell'U.T.E.  di  Messina),  l'immissione  in  possesso  del Comune di
Messina  e  l'espressa  riserva dell'adozione del provvedimento nelle
«more della definizione delle procedure espropriative».
    Con  sentenza  n. 2421/05  del  13 dicembre  2005,  questa stessa
sezione,  premessa la riunione dei ricorsi, ha ritenuto sussistere la
giurisdizione   del   tribunale   in   merito  alle  richieste  della
Messinambiente  S.p.A.  e,  per l'effetto, ha disposto la chiamata in
garanzia  dei  comuni  interessati,  della  Provincia di Messina, del
Commissario  delegato  e  dell'Ufficio  territoriale  del  Governo di
Messina.
    Premessa  la  ricostruzione  in  fatto, e' possibile passare alla
valutazione del merito dei ricorsi.
    II) Ricorso n. 856/1999.
    II.A) Con il primo motivo di gravame, i ricorrenti si sono doluti
dell'illegittimita' del decreto del 26 gennaio 1999, n. 230/1312/Gab.
del  Prefetto  di  Messina  (calendato  sub C nelle premesse), con il
quale  e'  stata  disposta  la  requisizione  di  un'area «ubicata in
Valdina,  C.da  Cianina, gia' utilizzata fino al 18 gennaio u.s. come
sito di discarica per il conferimento di rr.ss.uu.» per il periodo di
trenta giorni.
    Asseriscono,  in sostanza, i ricorrenti che il potere prefettizio
esercitato  ai  sensi  dell'art. 2 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 e'
residuale  ed eccezionale e, pertanto, attivabile soltanto in assenza
di ulteriori diversi rimedi.
    Invero,  nel  caso in esame, la competenza sarebbe del presidente
della  provincia,  secondo il chiaro disposto dell'art. 13 del d.P.R.
n. 22/1997.
    Detta  disposizione,  al  primo  comma,  cosi'  espressamente  si
esprime:  «Fatto  salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in
materia  di  tutela  ambientale,  sanitaria  e di pubblica sicurezza,
qualora   si   verifichino   situazioni  di  eccezionale  ed  urgente
necessita'  di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si
possa  altrimenti  provvedere, il presidente della giunta regionale o
il  presidente  della  provincia  ovvero il sindaco possono emettere,
nell'ambito  delle  rispettive  competenze, ordinanze contingibili ed
urgenti  per  consentire  il  ricorso  temporaneo a speciali forme di
gestione  dei  rifiuti,  anche  in  deroga alle disposizioni vigenti,
garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente.
Dette   ordinanze  sono  comunicate  al  Ministro  dell'ambiente,  al
Ministro della sanita' e al presidente della regione entro tre giorni
dall'emissione  ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei
mesi.».
    Ed  invero, come risulta dalla ricostruzione del procedimento, in
effetti, il primo intervento, stante la dimensione territoriale dello
stesso  ed  il  coinvolgimento  di  piu'  comuni,  e'  stato compiuto
correttamente dal competente presidente della provincia con ordinanza
n. 22  del  19 ottobre  1998  con  la  quale e' stato ordinato in via
contigibile ed urgente lo smaltimento dei rifiuti presso la discarica
di C.da Cianina per un periodo di tre mesi.
    Sennonche',  il  richiamato art. 13, nelle premesse contenute nel
primo   comma,   fa   espressamente   salvo   quanto  previsto  dalle
disposizioni  vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di
pubblica sicurezza.
    L'impugnato  provvedimento  prefettizio,  coerentemente, contiene
dei  supporti  motivazionali  (i  riferimenti  alla nota del questore
Cat. A4/99GAB  del  26 gennaio 1999, con la quale era stata segnalata
«l'inasprirsi  della  situazione  di  pregiudizio  all'ordine ed alla
sicurezza  pubblica  per  il  manifestarsi di episodi di intolleranza
della  popolazione  che  ha  dato  alle  fiamme  numerosi cassonetti,
rovesciandone  innumerevoli  nelle  sedi stradali, con versamento dei
rifiuti in vaste zone destinate al transito dei mezzi autoveicolari»;
al  fax  pervenuto  dal  Comandante  provinciale dei Vigili del Fuoco
n. 617  in  data 26 gennaio 1999, con «cui si segnala l'accentuazione
di  richieste  e  di  conseguenti  interventi  ... per spegnimenti di
incendi   di   cassonetti   e  cumuli  di  rifiuti»  e  si  esprimono
considerazioni circa la preoccupazione per gli episodi sopra indicati
che  «evidenziano  forti  segnali  di  pregiudizio  per l'ordine e la
sicurezza  pubblica»,  per  cui  e'  stata ritenuta la sussistenza di
«condizioni  di  assoluta  necessita'  ed  urgenza  che  giustificano
l'adozione di misure atte a fronteggiare gli eventi».
    Ritiene il Collegio, quindi, che se e' pur vero che l'art. 13 del
d.P.R.  n. 22/1997  conferisce un potere specifico di intervento agli
amministratori  degli  enti  territoriali locali, e' altrettanto vero
che  detto  potere  recede,  per transitare nell'alveo della potesta'
unificatrice  e centrale del prefetto, ove il substrato motivazionale
dell'intervento non risieda soltanto nella necessita' di fronteggiare
un'esigenza   strettamente   sanitaria,  ma  una  piu'  complessa  ed
articolata relativa all'ordine pubblico.
    In altri termini, il potere prefettizio di sostituzione, oltre ad
essere espressamente conferito dalla riserva contenuta nella norma di
cui  all'art.  13  in  esame,  appare  giustificato  ove il pressante
interesse pubblico alla salute venga assorbito da uno piu' complesso,
determinato  dalla  sussistenza,  altresi',  di  ulteriori  motivi di
ordine  pubblico  da  fronteggiare,  se del caso, anche con l'ausilio
delle Forze dell'ordine.
    Ed  a  fronte dell'inerzia della competente provincia e alla luce
dei   focolai   di   evidente   malcontento,   sfociato  in  concrete
manifestazioni di protesta e di pericolo per la pubblica incolumita',
il  prefetto  bene  e  legittimamente  ha azionato i propri poteri di
intervento,  fatti  espressamente  salvi,  si ribadisce, dai prodromi
dell'art.  13  e  formalizzati all'art. 20 del r.d. n. 383/1934, che,
accanto agli interventi contingibili ed urgenti in materia sanitaria,
associa,  come  del  resto  e' ovvio che sia, anche quelli relativi a
motivi  di «sicurezza pubblica interessanti l'intera provincia o piu'
comuni della medesima».
    Risulta  evidente che, a fronte dell'inerzia del presidente della
provincia  e  dei  gravi  fatti  rappresentati  nel provvedimento, il
prefetto ha disposto la requisizione dell'area, azionando quel potere
tipico  discendente  dalle  norme  richiamate,  dall'art.  2 del r.d.
n. 773/1931  e  proprio  dall'art.  7  della L.A.C. n. 2248/1865, che
prevede   «allorche'   per   grave  necessita'  pubblica  l'autorita'
amministrativa  debba senza indugio disporre della proprieta' privata
...,  essa  provvedera'  con  decreto  motivato,  sempre  pero' senza
pregiudizio dei diritti delle parti».
    Ne'  puo'  dirsi  che la prefettura si sia trovata innanzi ad una
situazione prevedibile, conseguenza diretta di eventi scaturiti in un
lungo  lasso di tempo o frutto di una trattativa tra le parti, di tal
guisa  che  possa  dirsi che abbia esercitato il proprio potere al di
fuori  degli  stretti  limiti che la norma prevede a garanzia proprio
del  raggiungimento  dell'interesse alla regolamentazione dell'ordine
pubblico  (Tribunale amministrativo regionale Catanzaro, I, 27 aprile
2005, n. 692).
    In altri termini, la requisizione e' possibile ove, come nel caso
in  esame,  la  necessita'  di entrare in possesso degli immobili sia
conseguenza    di   eventi   straordinari   ed   imprevedibili,   ove
l'imprevedibilita'  va  intesa  come  impossibilita'  di ricorrere ai
rimedi  ordinari  previsti  dall'ordinamento, impossibilita' che deve
tuttavia  derivare  da  ragioni estranee alla sfera della p.a., e non
essere   imputabile   a   negligenza  della  stessa  (cfr.  Tribunale
amministrativo  regionale  Sicilia - Catania, sez. I, 26 aprile 2004,
n. 1154).
    Consegue,   pertanto,  la  non  condivisibilita'  del  motivo  di
ricorso, anche nella parte in cui viene contestata la possibilita' di
procedere   con   la   requisizione,   in   luogo   della   procedura
espropriativa,  che,  invece,  presuppone, come appare in maniera del
tutto  evidente  anche dalla norma invocata in ricorso (art. 2, comma
4,  della legge 5 marzo 1982, n. 62), la stabilita' di una situazione
e non l'imprevedibilita' della stessa.
    II.B) L'ordinanza   prefettizia   sarebbe,  inoltre,  nulla,  per
illegittimita'  derivata,  in  quanto  i  pregressi provvedimenti del
Sindaco  di  Valdina  (Ordinanza  n. 246  del  18 ottobre 1998) e del
presidente  della  provincia  (n. 22 del 19 ottobre 1998), richiamati
espressamente dal Prefetto di Messina ai fini dell'individuazione del
sito,  non  avrebbero  indicato con la necessaria esattezza l'area su
cui allocare la provvisoria discarica.
    Mancherebbero,  infatti,  i  riferimenti  catastali  ed, inoltre,
nonostante  il  riferimento alla C.da Cianina, l'insediamento sarebbe
stato   effettuato  in  C.da  San  Nicola  su  terreni  anch'essi  di
proprieta' dei ricorrenti.
    La censura non puo' essere condivisa.
    In punto di fatto rileva il Collegio che il Sindaco del Comune di
Valdina  nel  proprio  provvedimento cui alludono i ricorrenti con il
motivo   del   ricorso   in   esame  ha  fatto  espresso  riferimento
all'individuazione  dell'area  indicata  da  tecnici  della provincia
regionale   (come   da   relazioni   tecniche  allegate  alla  stessa
ordinanza),  giustificata  da  una  precedente riconosciuta idoneita'
della  stessa  da  parte  del  Commissario Provveditore della Regione
Siciliana ed avente una capacita' di circa 500.000 metri cubi.
    Gia'   questo  sarebbe  sufficiente  a  sostenere  l'infondatezza
dell'osservazione.
    Rileva,  altresi',  il  Collegio  che  con nota prot. n. 5022 del
23 ottobre  1998,  il  Comune di Valdina ha proceduto ad un'ulteriore
identificazione  del  sito,  specificando  esattamente  le particelle
catastali ed i proprietari interessati, tra i quali, i ricorrenti.
    II.C) Con  il  terzo  motivo  di gravame, i ricorrenti si dolgono
dell'entita'  dell'indennita' di requisizione, assumendo che l'esigua
determinazione  costituirebbe  una  sorta  di sviamento di potere cui
sarebbe incorsa l'amministrazione.
    Il   Collegio,   anticipando  anche  considerazioni  che  saranno
ulteriormente  approfondite  nel  proseguio  dell'esame  dei ricorsi,
relativamente  alla  propria  competenza  ad  assumere  la decisione,
ritiene   di  dover  condividere  la  giurisprudenza  attestatasi  su
fattispecie identiche.
    Invero,  ai  sensi dell'art. 34, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (nel
testo,  novellato  dall'art.  7  della  legge 21 luglio 2000, n. 205,
inciso dalla sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004, dichiarativa
della  illegittimita'  costituzionale  in  parte  qua), la domanda di
restituzione del bene requisito in uso, basata sulla cessazione delle
esigenze  che  avevano  determinato  la  requisizione stessa, rientra
nella  giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, atteso che
essa  ha  per  oggetto un provvedimento della p.a., espressione di un
potere  autoritativo,  riguardante l'uso del territorio; come pure e'
devoluta  al  giudice  amministrativo  la domanda di risarcimento del
danno  da  ingiustificata detenzione di detto bene, giacche', in base
al  comma  1  dell'art.  35  del  d.lgs.  citato, tale giudice, nelle
controversie  devolute  alla  sua giurisdizione esclusiva, dispone il
risarcimento del danno ingiusto. Appartiene invece alla giurisdizione
del  giudice ordinario la domanda di condanna della p.a. al pagamento
dell'indennita' di requisizione, e cio' ai sensi del comma 3, lettera
b), del citato art. 34 - secondo cui nulla e' innovato in ordine alla
giurisdizione  del  giudice ordinario per le controversie riguardanti
la determinazione e la corresponsione delle indennita' in conseguenza
dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa - rientrando
la  requisizione  tra  gli  atti  di tale natura (cfr. Cass., SS.UU.,
l3 gennaio 2005, n. 463).
    Consegue  il  difetto di giurisdizione di questo tribunale, posto
che,  per  altro,  l'eventuale  illegittimita' dell'atto in parte qua
potra' essere valutato dal G.O. in sede di disapplicazione.
    II.D) Il  provvedimento prefettizio sarebbe altresi' illegittimo,
in  quanto non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione dell'avvio
del procedimento.
    Sul punto e' agevole osservare che la legge n. 241/1990, all'art.
7,  stabilisce  una  deroga  all'obbligo  di comunicazione dell'avvio
nell'ipotesi di particolari esigenze di celerita' del procedimento.
    Ora, non v'e' dubbio che la situazione in cui la prefettura si e'
venuta  a  trovare,  di  necessita'  di  garantire l'ordine pubblico,
costituisce sicura ipotesi di deroga dalla suddetta prescrizione.
    Consegue il rigetto del ricorso.
    III) Ricorso n. 1287/1999.
    III.A) Con  il ricorso n. 1287/1999, i ricorrenti hanno impugnato
l'ordinanza  n. 5 del 27 febbraio 1999 del Presidente della Provincia
di  Messina,  con  la  quale,  richiamato il d.P.C.m. 22 gennaio 1999
dichiarativo,  ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, comma 1, della
legge  24 febbraio 1992, n. 225, dello stato di emergenza rifiuti nel
territorio  della  Regione Siciliana ed i provvedimenti impugnati con
il precedente gravame, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui
all'art.  13  del  d.lgs.  n. 225/1997,  prorogava  gli effetti della
precedente  ordinanza  n. 22/1998  per ulteriori sei mesi a decorrere
dalla  data  di  emanazione  del  provvedimento e, piu' precisamente,
ordinava  al  Comune di Messina di «continuare a gestire la discarica
per  lo smaltimento dei rr.ss.uu. sita in Contrada Cianina del Comune
di Valdina, anche nell'interesse dei Comuni di Pace del Mela, Itala e
Scaletta».
    Con  il  primo  motivo  di gravame, i ricorrenti ripropongono, in
sostanza,  la medesima censura di nullita' per nullita' derivata gia'
esaminata, e ritenuta infondata, sub II.B. nel precedente ricorso.
    III.B.a) Con  il  secondo  motivo, i ricorrenti hanno eccepito la
violazione  dell'art. 13 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, posto che
le  ordinanze  contingibili ed urgenti ivi previste non possono avere
efficacia superiore ai sei mesi.
    Ed  invero,  come  chiarito  in  fatto,  la  prima  ordinanza del
presidente  della  provincia di Messina, la n. 22 del 19 ottobre 1998
impugnata con il precedente ricorso, ha posto un termine di mesi tre.
Alla  stessa  e'  seguita il provvedimento prefettizio del 26 gennaio
1999,   con   requisizione   di   un  mese,  e,  successivamente,  il
provvedimento,  ancora una volta del presidente della provincia n. 22
del  27 febbraio  1999, di ulteriore proroga di sei mesi, oggetto del
presente gravame.
    La  questione  sottoposta all'esame del Collegio si risolve nella
valutazione circa la possibilita' che il periodo complessivo di detti
provvedimenti  possa  superare  i sei mesi o detto termine sia quello
complessivo,  anche  se  disposto  con tre distinti provvedimenti (il
massimo consentito dalla norma).
    L'art.  13,  d.lgs.  5  febbraio  1997,  n. 22,  sul punto, cosi'
espressamente si esprime:
        1.  -  Fatto salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti
in  materia  di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza,
qualora   si   verifichino   situazioni  di  eccezionale  ed  urgente
necessita'  di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si
possa  altrimenti  provvedere, il presidente della giunta regionale o
il  presidente  della  provincia  ovvero il sindaco possono emettere,
nell'ambito  delle  rispettive  competenze, ordinanze contingibili ed
urgenti  per  consentire  il  ricorso  temporaneo a speciali forme di
gestione  dei  rifiuti,  anche  in  deroga alle disposizioni vigenti,
garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente.
Dette   ordinanze  sono  comunicate  al  Ministro  dell'ambiente,  al
Ministro della sanita' e al presidente della regione entro tre giorni
dall'emissione  ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei
mesi.
        2. - Entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze di
cui  al  comma 1,  il  presidente  della giunta regionale promuove ed
adotta   le   iniziative   necessarie   per   garantire  la  raccolta
differenziata,  il  riutilizzo,  il  riciclaggio e lo smaltimento dei
rifiuti.  In  caso  di  inutile  decorso  del  termine e di accertata
inattivita',  il  Ministro  dell'ambiente diffida il presidente della
giunta  regionale a provvedere entro un congruo termine, e in caso di
protrazione  dell'inerzia  puo'  adottare in via sostitutiva tutte le
iniziative necessarie ai predetti fini.
        3.  -  Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui
si  intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o
tecnico-sanitari  locali,  che lo esprimono con specifico riferimento
alle conseguenze ambientali.
        4.  -  Le  ordinanze  di  cui  al  comma 1 non possono essere
reiterate  per  piu'  di  due  volte.  Qualora  ricorrano  comprovate
necessita',  il  presidente  della  regione  d'intesa con il Ministro
dell'ambiente puo' adottare, sulla base di specifiche prescrizioni le
ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini.
    Osserva  preliminarmente  il Collegio che, diversamente da quanto
sostenuto  dalla  provincia  regionale,  anche la prima ordinanza (la
n. 22/1998),  cosi' come e' possibile evincere dall'espresso richiamo
ivi  contenuto,  e' stata emanata ai sensi dell'art. 13, cosicche', a
prescindere  dalla «interruzione» intervenuta tra detto provvedimento
e   quello  in  esame  per  effetto  dell'ordinanza  prefettizia  del
26 gennaio 1999, il periodo complessivo disposto e' pari a nove mesi.
    Cio'   premesso   ritiene  il  Collegio  che  la  censura  meriti
accoglimento.
    Vero  e'  che  il comma 4 dell'art. 13 prevede la possibilita' di
reiterare  per  due  volte  il  provvedimento,  ma la circostanza non
depone  per  l'ampliamento  del  termine di cui al comma 1 fissato in
mesi sei.
    Invero,  cosi' come stabilito al comma 2, entro centoventi giorni
dall'adozione  delle ordinanze di cui al comma 1, il presidente della
giunta  regionale  promuove  ed  adotta  le iniziative necessarie per
garantire  la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e
lo smaltimento dei rifiuti.
    In  sostanza, cio' significa che sin dal quarto mese l'iniziativa
per  la risoluzione dei problemi afferenti lo smaltimento dei rifiuti
passa alla competenza del presidente della regione.
    Vieppiu'.  Il  medesimo  comma  4 stabilisce, oltre al divieto di
reiterare  le ordinanze per piu' di due volte, che «qualora ricorrano
comprovate  necessita',  il  presidente della regione d'intesa con il
Ministro  dell'ambiente  puo'  adottare,  sulla  base  di  specifiche
prescrizioni  le  ordinanze  di cui al comma 1 anche oltre i predetti
termini».
    Cio' significa che i termini di cui al comma 1 (sei mesi) possono
essere derogati solo per intervento del presidente della regione.
    Sarebbe,  del  resto,  del  tutto  illogico  parlare di ordinanze
contingibili  ed  urgenti  per un periodo di sei mesi reiterabile per
due volte per un intero ulteriore periodo di un anno.
    Il  Collegio  ritiene di dover precisare che i presupposti che si
richiedono  per  l'adozione  dei provvedimenti contingibili e urgenti
sono, da un lato, l'impossibilita' di differire l'intervento ad altra
data  in  relazione  alla  ragionevole previsione di danno incombente
(donde  il  carattere  dell'urgenza), dall'altro, l'impossibilita' di
provvedere  con  gli ordinari mezzi offerti dalla legislazione (donde
la contingibilita).
    Riguardo   al  primo  aspetto,  non  si  pone  alcuna  questione,
considerata   l'evidente  necessita'  di  un  pronto  soddisfacimento
dell'interesse pubblico.
    In  riferimento  al  secondo, e' sicuro che l'intervento non deve
avere  necessariamente  il carattere della provvisorieta', atteso che
suo  connotato  essenziale e' l'adeguatezza della misura a far fronte
alla   situazione   determinata  dall'evento  straordinario.  Il  che
chiaramente   sta  a  indicare  che  nell'adozione  di  provvedimenti
contingibili   e  urgenti  non  esiste,  in  astratto,  un  metro  di
valutazione fisso da seguire, ma la soluzione va individuata di volta
in  volta,  secondo la natura del rischio da fronteggiare (cfr. Cons.
Stato, sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6168).
    Sono,  infatti, le esigenze obiettive che si riscontrano nel caso
concreto  che  determinano  la  «misura» dell'intervento, anche se la
soluzione  deve  corrispondere  alle finalita' del momento, senza che
possa   assumere,  cioe',  i  caratteri  della  continuita'  e  della
stabilita'.  (Cons.  Stato,  sez.  V,  n. 580  del  9 febbraio  2001;
Tribunale  amministrativo  regionale  Catania,  II,  27 ottobre 2004,
n. 2985).
    Ora non v'e' dubbio che, superata l'urgenza, che la norma pone in
sei  mesi,  e'  possibile  (anzi, e' necessario, ed in tal senso gia'
entro  il  quarto  mese l'art. 13 fornisce dei precetti di intervento
non   derogabili,   pena   addrittura   l'intervento  del  competente
Ministero)  ricercare soluzioni che, in maniera definitiva, risolvano
il  problema  della  discarica,  tramite  anche la formalizzazione di
idonee procedure di localizzazione definitiva.
    In sostanza, ritiene il Collegio che, superata l'urgenza, occorre
predisporre un'attivita' di pianificazione degli interventi, che, nel
caso di specie, possono concretizzarsi anche nella semplice procedura
ablativa,  volta a regolamentare l'uso del terreno quale discarica, a
garanzia  anche  dei  proprietari incisi da provvedimenti restrittivi
quali  la  requisizione  e  l'occupazione  determinata  da  ordinanze
contingibili ed urgenti.
    In  somma  sintesi,  superato  «l'impatto»  della  necessita'  di
localizzare  un  sito  idoneo,  l'interesse  pubblico permane, ma non
sopravanza  piu' quello privato, di tal guisa che la stessa procedura
prevede  la  necessita'  di  accomodamento degli interessi pubblici e
privati in gioco, senza piu' il ricorso ai provvedimenti previsti per
l'emergenza.
    Del  resto,  per  come  si  evince dalla produzione del Comune di
Rometta  (depositata  il  22 marzo 1999), al di la' della correttezza
dell'uso del potere esercitato con ordinanze contingibili ed urgenti,
gli  interventi  sia  pure  a favore di altri comuni, ma sempre volti
all'utilizzo  della  discarica  in  questione, a partire dal 12 marzo
1999  e  sino  al  31 maggio 1999, sono stati disposti dal presidente
della  regione (cfr. all. 7, 8 e 9 decreti nn. 136 del 12 marzo 1999,
342 del 13 maggio 1999 e 354 del 20 maggio 1999).
    Per  altro,  detti provvedimenti, coerentemente con la previsione
normativa  contenuta  al  comma 4 dell'art. 13 del d.lgs. n. 22/1997,
sono   stati   emanati   con   l'intesa   del   competente  Ministero
dell'ambiente,   per   come   e'   possibile  espressamente  evincere
dall'espresso richiamo in essi contenuto.
    Consegue la fondatezza della censura.
    III.B.b) Sennonche'  la  Provincia di Messina, oltre a depositare
in  giudizio  anch'essa i predetti provvedimenti del presidente della
regione,  ha  mosso  un'eccezione preliminare di inammissibilita' del
ricorso,  posto  che  gli  stessi non sono stati gravati da ulteriore
impugnativa,   in   quanto   comunque   lesivi   a   prescindere  dal
provvedimento impugnato del presidente della provincia n. 22/1999.
    In  sostanza,  l'amministrazione  sostiene  che l'annullamento di
quest'ultimo  provvedimento  non  gioverebbe  comunque ai ricorrenti,
posto  che  la  legittima  occupazione  del terreno resterebbe sempre
sostenuta dai predetti ulteriori atti.
    Il rilievo e' parzialmente fondato.
    Invero,  non  e'  dubbio  che  detti  atti,  a  prescindere dalla
circostanza  che  i  comuni  autorizzati a versare i rifiuti in detta
discarica   sono   diversi   da   quelli   originariamente   indicati
nell'ordinanza  della  provincia,  finiscono  comunque  con mantenere
«occupato»  il terreno, cosicche' costituiscono autonomo titolo, che,
in quanto lesivo, va impugnato.
    In altri termini, l'annullamento del Provvedimento del presidente
della provincia non gioverebbe completamente a soddisfare l'interesse
dei  ricorrenti,  posto  che  il  loro  terreno rimarrebbe pur sempre
oggetto  del  versamento  dei  rifiuti,  altrimenti e successivamente
autorizzato dai decreti regionali.
    Tuttavia,  la  parziale  diversita'  dell'oggetto  degli  atti in
questione  non  comporta l'assoluto difetto di interesse ad impugnare
l'atto   provinciale,   in   quanto,   per   altro,  l'efficacia  dei
provvedimenti   regionali   puo'   definirsi  aggiuntiva  rispetto  a
quest'ultimo.
    Invero,  gli  atti  regionali  non  servono  ad  assorbire quello
provinciale,  ne' si pongono in un'unica sequenza procedurale, di tal
guisa  che  e'  possibile  concludere  che,  mentre  dal loro mancato
annullamento  deriva l'inutilita' della caducazione del provvedimento
della  provincia  (posto che, comunque, come chiarito, il terreno dei
ricorrenti   rimane   oggetto   di   occupazione   da   parte   delle
amministrazioni  coinvolte),  per  altro verso, permane l'efficacia e
l'illegittimo  nocumento  in  danno  ai  ricorrenti  nel  periodo tra
l'emanazione  di  quest'ultimo  e  quella  degli  atti  regionali non
avversati.
    In   sintesi,   il   ricorso  non  puo'  ritenersi  assolutamente
inammissibile, ma lo e' per il periodo decorrente dall'emanazione dei
provvedimenti regionali non avversati dai ricorrenti.
    III.C) Altresi'  condividibile appare l'ulteriore eccezione della
Provincia  di  Messina di inammissibilita' delle ulteriori censure in
ricorso  volte  a ritenere l'illegittimita' dell'accordo di programma
del  18 ottobre  1988  (censure  V  e VI), in quanto non notificate a
tutte le amministrazioni interessate.
    Invero, l'accordo di programma, previsto dall'art. 27 della legge
n. 142/1990,  e disciplinato per altro verso dall'art. 15 della legge
n. 241/1990, e' stato stipulato esclusivamente dai comuni interessati
all'uso  della discarica. Esso contiene il recepimento dell'ordinanza
del Comune di Valdina n. 246/1998 e del Presidente della Provincia di
Messina  del  18 ottobre 1998, nonche' il conferimento del mandato di
gestione al Comune di Messina tramite la societa' «Messinambiente».
    Indi,  costituisce  attivita'  amministrativa  del tutto autonoma
degli  enti ivi compresi, i quali, come correttamente sostenuto dalla
difesa  della Provincia di Messina, costituiscono, di fronte a motivi
di gravame riguardanti detto Accordo, amministrazioni parti, e quindi
organi  emananti  secondo  l'espressa  previsione  di cui all'art. 21
della legge n. 1034/1971 e non semplici controinteressati.
    Deriva  che,  secondo  quanto  espressamente previsto dalla norma
appena  richiamata,  il  difetto di notifica nei confronti di tutti i
comuni  inclusi nell'accordo di programma non puo' essere sanata, non
essendo, questi, meri controinteressati.
    III.D) Con    la    quarta   censura   i   ricorrenti   lamentano
l'illegittimita'  del  provvedimento del presidente della provincia e
dell'accordo  di  programma del 18 ottobre 1998, in quanto consentono
l'affidamento  del servizio di discarica alla societa' Messinambiente
asseritamente  non iscritta all'Albo delle imprese esercenti servizio
di  smaltimento rifiuti e senza alcuna procedura ad evidenza pubblica
per il conferimento dello stesso.
    A prescindere dalla dedotta inammissibilita' della censura, cosi'
come eccepito dalla societa' sopra indicata, per carenza di interesse
(invero  corretta nella sua impostazione, posto che la proprieta' del
fondo  inciso  dalla procedura ablatoria non sembra al Collegio possa
conferire   ai  proprietari  l'interesse  specifico,  in  quanto  non
direttamente  tutelato,  di  dedurre  la mancanza di una procedura ad
evidenza  pubblica nella scelta del contraente ovvero l'insussistenza
del  requisito necessario per lo svolgimento del servizio), la stessa
si appalesa infondata.
    Il comma 10 dell'art. 30 del d.lgs. n. 22/1997 stabilisce che «il
possesso   dei   requisiti   di  idoneita'  tecnica  e  di  capacita'
finanziaria  per  l'iscrizione  all'Albo  delle aziende speciali, dei
consorzi  e  delle  societa'  di cui all'art. 22 della legge 8 giugno
1990,  n. 142,  che  esercitano i servizi di gestione dei rifiuti, e'
garantito dal comune o dal consorzio di comuni. L'iscrizione all'Albo
e'  effettuata  sulla  base  di  apposita  comunicazione di inizio di
attivita' del comune o del consorzio di comuni alla Sezione regionale
dell'Albo  territorialmente  competente  ed  e'  efficace solo per le
attivita' svolte nell'interesse del comune medesimo o dei consorzi ai
quali il comune stesso partecipa».
    Come  dimostrato  dalla  societa' con la produzione del 27 aprile
1999,  l'iscrizione  e'  stata  conferita  nei  modi  previsti  dalla
suddetta  disposizione,  posto  che  con  nota prot. n. 7271/Gab. del
19 ottobre  1998  dell'Ufficio  gabinetto del Municipio di Messina e'
stata  data  comunicazione  alla  Sezione  regionale  prevista  dalla
suddetta  norma  dell'inizio  attivita'  della Messinambiente S.p.A.,
societa'  costituita ai sensi dell'art. 22 della legge 8 giugno 1990,
n. 142  (societa'  mista  a  prevalente  capitale  pubblico in quanto
partecipata al 51% dal Comune di Messina) per l'esercizio dei servizi
di gestione dei rifiuti.
    In  riferimento,  poi, al mancato espletamento della procedura ad
evidenza  pubblica per la scelta del contraente per l'affidamento del
servizio  discarica, la Messinambiente ha sostenuto (e la circostanza
non  e'  stata avversata) che per la formazione della societa' mista,
si  e'  proceduto alla selezione del partner privato mediante gara ad
evidenza  pubblica,  con  il  che  rendendo  legittima  la  procedura
seguita.
    Tanto basta per ritenere infondate dette ulteriori censure.
    III.D) Con la VII e l'VIII censura, i ricorrenti hanno riprodotto
le  doglianze contenute nel precedente ricorso n. 856/1999 e ritenute
dal Collegio infondate ai numeri II.C) e II.D).
    III.E)  Stante  l'accoglimento  parziale, risulta inutile l'esame
della  III  censura, che, in quanto rivolta ad evidenziare incoerenze
formali del provvedimento impugnato, non muterebbe le conclusioni cui
e' pervenuto il Collegio.
    Conclusivamente,  il ricorso va dichiarato in parte fondato ed in
parte  inammissibile,  nella misura in cui non sono stati impugnati i
provvedimenti regionali indicati sub III.B.a e III.B.b.
    IV) Motivi aggiunti - Ricorso n. 6130/2000.
    Con  il  ricorso  in  epigrafe,  notificato il 18 dicembre 2000 e
depositato  il  22 dicembre  2000,  i  ricorrenti hanno riproposto le
medesime domande, anche istruttorie, introdotte con i motivi aggiunti
depositati  il  18 aprile  2000  in  seno  ai  precedenti gravami nn.
856/1999 e 1287/1999.
    Con  detti  motivi aggiunti, permanendo l'occupazione dei terreni
di proprieta' dei ricorrenti, gli stessi hanno introdotto le seguenti
ulteriori domande:
        1) immediata   restituzione   di  tutti  i  terreni  di  loro
proprieta',  illegittimamente occupati, previa rimessione in pristino
o pagamento delle somme a tal uopo occorrenti;
        2) in  via  subordinata,  rimettere  in  pristino la maggiore
estensione  possibile  del  fondo,  con la fissazione delle modalita'
conservative  della  massa  di  rifiuti  restanti in conformita' alla
legge,  al  fine  di  preservare  il fondo e di ridurre il rischio di
danno ambientale;
        3) immediata  ammissione  di C.T.U.-Verificazione, al fine di
determinare  i  costi della rimessione in pristino dell'area occupata
dai  rifiuti  e  dei danni cagionati con l'occupazione del fondo e la
sottrazione dell'argilla, ed in particolare:
          il  valore  del  terreno di proprieta' dei ricorrenti ed il
danno  arrecato  per effetto degli illegittimi atti e dei conseguenti
abusivi comportamenti;
          se  siasi  verificata l'irreversibile trasformazione ed, in
caso  affermativo, quanta parte del terreno sia passata in proprieta'
alle amministrazioni illegittimamente occupanti e quanta no;
          le  somme occorrenti alla riduzione in pristino del terreno
ed i costi della rimessione in pristino dell'area occupata.
        4) Qualora,  a seguito della consulenza tecnica-verificazione
dovesse essere acclarata l'irreversibile trasformazione del fondo, la
condanna dell'amministrazione a:
          restituire    la    parte   del   fondo   non   trasformata
irreversibilmente,  previa  rimessione  in pristino o pagare le somme
occorrenti;
          risarcire  i danni derivanti dalla perdita della proprieta'
della  parte  del  fondo  irreversibilmente  trasformata, mediante il
pagamento  di  una  somma  pari  al  valore  venale che essa aveva al
momento dell'occupazione, con interessi e rivalutazione monetaria;
          in  caso  di rimessione in pristino, risarcire i ricorrenti
per  la  mancata  disponibilita'  del fondo dalla data di illegittima
occupazione   a   quella   della   restituzione,   con   interessi  e
rivalutazione,  nonche'  per  la  sottrazione dell'argilla effettuata
dagli occupanti;
          risarcire  il  maggior  danno  subito  ex  art.  1224 c.c.,
secondo comma, con interessi e rivalutazione monetaria in misura pari
agli  interessi sulle somme come sopra liquidate, computati al saggio
degli  interessi  passivi  praticati  dagli istituti bancari presenti
sulla  piazza  nel  periodo  dall'occupazione  alla  definizione  del
giudizio;
        3) in  alternativa  alla immediata rimessione in pristino, la
rimozione  della maggiore quantita' possibile di rifiuti dal sito ove
essi  giacciono  e  la fissazione di modalita' di conservazione della
massa  dei  restanti in conformita' alla legge, al fine preservare il
fondo e di ridurre convenientemente il rischio di danno ambientale.
    Stante  la  riproposizione  delle  predette  domande  in giudizio
autonomo  contenuto  nel  ricorso  n. 6130/2000, il Collegio si esime
dall'affrontare  la questione della tempestivita' dei motivi aggiunti
cosi' come eccepito dalla Messinambiente S.p.A.
    Cio'  posto,  il Collegio rammenta che con sentenza n. 2421/2005,
resa  da  questa stessa sezione, il tribunale ha riconosciuto fondata
la  domanda  di  chiamata  in  garanzia da parte della Messinambiente
S.p.A.  di  tutti i comuni coinvolti nell'accordo di programma e, per
quanto  piu'  rileva,  del  Commissario  delegato  - Presidente della
Regione  Siciliana,  per  la  predisposizione e adozione del piano di
gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate istituito
e  nominato  con  ordinanza del Ministro dell'interno 31 maggio 1999,
n. 2983,   Dipartimento  della  protezione  civile  e  regolante  gli
«Immediati  interventi  per  fronteggiare  la situazione di emergenza
determinatasi  nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani nella
Regione Siciliana».
    Segnatamente,  osserva il Collegio, che nell'accordo di programma
il 13 febbraio 2001 tutti i comuni partecipanti si sono impegnati a:
        1) contribuire    alle    spese   relative   all'acquisizione
definitiva delle aree site in localita' Cianina del Comune di Valdina
interessate  dalla  discarica  ...  e  di  quelle  occorrenti  per la
realizzazione   della   viabilita'   di  accesso  alla  discarica  in
proporzione dei rispettivi conferimenti ...;
        2) corrispondere  ai  proprietari  tutte le somme a titolo di
indennita'  e/o  risarcimento  danni  conseguenti sia all'occupazione
delle  aree  per  il  periodo  di  esercizio  della discarica che per
l'acquisizione  delle  stesse  ai  fini  della  messa  in  sicurezza,
bonifica e gestione post mortem sempre nella proporzione sub 1);
        3) sostenere  le  spese  di  messa  in  sicurezza, bonifica e
gestione  post mortem ... secondo la medesima proporzione ... secondo
il  progetto  ancora  in  corso  di redazione da parte della Societa'
Messinambiente.
    Il medesimo atto si conclude con l'espressa riserva di richiedere
al  Commissario  straordinario  regionale  o  all'Autorita' che sara'
delegata,  il  rimborso  di tutte le spese occorrenti per la messa in
sicurezza,   bonifica   e   gestione   post   mortem,   nonche'   per
l'acquisizione  delle  aree  e  per il pagamento delle indennita' e/o
risarcimenti   ai  proprietari,  spese  che  a  norma  delle  vigenti
disposizioni,   incomberebbero   sul  Commissario  straordinario  con
l'utilizzazione  dei fondi gia' stanziati o che saranno eventualmente
ed ulteriormente stanziati.
    Il  Collegio  prima  di  qualificare  il  rapporto debitorio e di
esaminare  l'articolata domanda risarcitoria in forma specifica e per
equivalente,  deve  approfondire il ruolo del Commissario delegato in
seno alla procedura.
    Appare  opportuno  premettere  che  l'azione, prima facie, appare
ammissibile  anche in assenza di intimazione nei termini decadenziali
dei  comuni  facenti  parte  dell'accordo  di  programma,  in quanto,
diversamente   da   quanto  sostenuto  sub  III.C),  qui  non  rileva
un'attivita'  amministrativa  pura  (recepimento dei provvedimenti di
amministrazione  attiva ed impegno di versamento nella discarica e di
gestione),  ma  il  riconoscimento di una serie di obblighi dai quali
far   scaturire   il   pagamento  delle  spese  e,  soprattutto,  del
risarcimento  del  danno.  In  altri  termini  qui vi e' una sorta di
riconoscimento  «interno»  del  debito,  seppur  non formalizzato nei
confronti  dei  creditori, che non assume alcuna valenza di attivita'
amministrativa,  ma,  semmai, di accordo contrattuale tra le parti di
solidarieta'  nell'ipotesi di richiesta risarcimento danni e spese di
gestione.
    Il  che  significa  che  anche  la notifica ad un obbligato salva
l'azione,  non  trovando  applicazione  il limite di cui, all'art. 21
della  legge  Tribunale amministrativo regionale, posto che, ai sensi
dell'art.  1308  c.c.,  la  costituzione  in  mora  anche  di un solo
obbligato  in  solido,  pur  non  trasferendo  gli effetti agli altri
coobbligati,  e' sufficiente a sostenere la domanda (seppur con ovvie
minori garanzie per il creditore).
    In  altri  termini,  la sussistenza di detto tipo di obbligazione
(solidale)  non  determina  l'inammissibilita'  del  ricorso  ove  un
debitore  solidale  non  venga  evocato  in  giudizio,  posto  che la
eventuale  corresponsabilita' derivante da detto tipo di obbligazione
non   integra  l'ipotesi  di  litisconsorzio  necessario  (Cassazione
civile, sez. I, 12 novembre 1985, n. 5534) e, come tale, non richiede
neanche  l'integrazione del contraddittorio (Tribunale amministrativo
regionale Catania, I, 11 gennaio 2006, n. 10).
    Cio'  posto,  non  e' dubbio che, al di la' dell'espressa riserva
contenuta  in detto accordo di programma, che il ruolo nella gestione
dell'emergenza del Commissario delegato sia di assoluto primo piano.
    Ed   invero,   l'assunto   appare   confermato   dalle   seguenti
disposizioni contenute nella stessa o.m. 31 maggio 1999, n. 2983:
        Preambolo  -  ove  viene «Considerato che la gestione attuale
dei  rifiuti  della  Regione  Siciliana  si  basa  in larga misura su
discariche  attivate  dai  sindaci  con  procedure  d'urgenza» e che,
quindi   «il   superamento   dell'emergenza  puo'  essere  perseguito
attraverso  lo sviluppo delle azioni di contenimento della produzione
dei   rifiuti,   di   raccolta   differenziata,   di   selezione,  di
valorizzazione,   di   recupero,   anche   energetico,   nel  sistema
industriale   mediante   l'applicazione   delle  migliori  tecnologie
disponibili  tese ad assicurare le migliori prestazioni energetiche e
«ambientali»;
        art.  1 - antecedente alla modifica intervenuta con oo.mm. 31
marzo  2000,  n. 3048 e 25 maggio 2001, n. 3136 (che, comunque, hanno
estero i poteri), con il quale «il Presidente della Regione Siciliana
e'  nominato  Commissario delegato per la predisposizione di un piano
di  interventi  di emergenza nel settore della gestione dei rifiuti e
per  la  realizzazione degli interventi necessari per far fronte alla
situazione di emergenza»;
        art.  2, comma 1 - secondo il quale «il piano di emergenza e'
redatto  in  conformita'  principi,  finalita' e ai criteri stabiliti
dall'art.  22  del  decreto  legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e sue
successive  modifiche  ed  integrazioni,  ed alle norme attuative del
decreto medesimo».
    La  norma,  inoltre,  al  comma  1, lett. g) prevede che il piano
debba identificare, «in ciascun ambito provinciale, in relazione alle
disposizioni  di  cui  all'art.  5 del decreto legislativo 5 febbraio
1997,  n. 22,  il fabbisogno delle discariche tenendo conto dei tempi
di  attuazione  della  raccolta differenziata» e, alla lettera i), la
previsione  dei  «tempi  e  le modalita' per il rientro alla gestione
ordinaria»;
        art.  3  - la norma, oltre ad elencare tutti i poteri volti a
pianificare  gli  interventi  di  recupero  e valorizzazione rifiuti,
stabilisce,  al  punto  1.16, le modalita' per il calcolo e l'accollo
degli oneri gestionali a carico dei comuni;
        art.  6,  comma  1-ter  -  aggiunto dall'o.m. 25 maggio 2001,
n. 3136,  con  il  quale si stabilisce che «il Commissario delegato -
Presidente   della   Regione  Siciliana,  predispone  e  realizza  un
programma  di  interventi  per  le attivita' di caratterizzazione, di
messa  in  sicurezza,  di  bonifica  e di ripristino ambientale delle
discariche  comunali autorizzate e non piu' in esercizio, avvalendosi
delle  risorse  allo  stesso  assegnate  dalle  precedenti  ordinanze
nonche'   attivando   le   procedure  necessarie  per  assicurare  il
cofinanziamento comunitario;
        art.  7,  commi  1  e  2 - che stabilisce che «il Commissario
delegato  concorre  con le risorse di cui al successivo art. 12, agli
investimenti  di cui agli articoli 3 e 5 e puo', altresi', concorrere
agli  investimenti  di  cui  all'art. 6 della presente ordinanza. Gli
impianti,    una    volta   realizzati,   vengono   trasferiti   alle
amministrazioni  competenti che provvederanno alla gestione ordinaria
con le proprie disponibilita'.
    Il  Commissario delegato puo' concorrere con le risorse di cui al
successivo   art.   12  alla  realizzazione  degli  impianti  per  la
produzione  di  combustibile  derivato  dalla  restante  frazione dei
rifiuti  di  cui  all'art. 4  della  presente  ordinanza,  al fine di
realizzare  il  raggiungimento  degli  obiettivi  alle  condizioni di
massima economicita»;
        art.  9,  commi  1  e  2  -  che  prevede che «il Commissario
delegato    -    Presidente   della   Regione   Siciliana,   provvede
all'approvazione  dei  progetti  ed  all'autorizzazione all'esercizio
degli  impianti  di  recupero, stoccaggio, trattamento, smaltimento e
riutilizzo del materiale raccolto in modo differenziato, qualora cio'
sia  previsto  dagli  articoli  27  e  28  del  decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22, in deroga alla normativa vigente.
    Il commissario delegato per l'espletamento delle indagini e delle
ricerche necessarie all'attivita' di progettazione, dispone l'accesso
alle  aree interessate in deroga all'art. 16, comma 9, della legge 11
febbraio  1994, n. 109 e successive modifiche ed integrazioni, per le
occupazioni  d'urgenza  e  per le eventuali espropriazioni delle aree
occorrenti per l'esecuzione delle opere e degli interventi; emette il
decreto  di  occupazione  e  provvede  alla  redazione dello stato di
consistenza  e del verbale di immissione in possesso dei suoli, anche
con la sola presenza di due testimoni»;
        art. 12 - che, infine, si occupa dei finanziamenti prevedendo
che  «per le finalita' di cui alla presente ordinanza, il Commissario
dispone di:
          a) lire  20 miliardi mediante utilizzo delle risorse di cui
al  capitolo  7705  UPB 4.2.1.1. dello stato di previsione per l'anno
1999 del bilancio del Ministero dell'ambiente;
          b) lire 38.359 milioni mediante l'utilizzo delle risorse di
cui  agli articoli 1, 1-bis e 1-ter del decreto-legge 31 agosto 1987,
n. 361,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987,
n. 441,  assegnate  alla  Regione  Siciliana  ed  ancora  disponibili
nonche'  le eventuali risorse non utilizzate su mutui gia' accesi per
interventi finanziati a valere sulla medesima legge;
    Omissis:
          e) delle  ulteriori  somme  gia'  destinate dalla Comunita'
europea,  dallo  Stato  comprese quelle attribuite su fondi FIO e sui
fondi  per  l'intervento  straordinario  per  il  Mezzogiorno,  dalla
regione   nonche'  dagli  enti  locali  per  la  realizzazione  degli
interventi  di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati.
A   tal  fine  il  Commissario  delegato  identifica  gli  interventi
finanziati,  ne  accerta  la  congruita' rispetto alle previsioni del
piano  e  ne dispone una diversa utilizzazione, previa riassegnazione
da   parte   delle  amministrazioni  competenti,  nel  caso  che  gli
interventi finanziati non siano confermati nel piano degli interventi
di emergenza.
    Omissis:
    2.   -   Il   commissario   delegato   e'  autorizzato,  ai  fini
dell'utilizzo  delle  risorse  di  cui alla lettera b) ad accendere i
relativi  mutui  presso Cassa depositi e prestiti. La concessione dei
mutui potra' avvenire con determinazione del direttore generale della
Cassa  depositi  e  prestiti  assumendo  i  poteri  del  consiglio di
amministrazione,  al  quale verranno comunicate, nella prima adunanza
utile, le concessioni effettuate. In ogni caso la consegna dei lavori
non  potra'  essere  effettuata  prima  della formale concessione del
mutuo e le erogazioni in conto del mutuo verranno disposte sulla base
di  certificati  di  spesa  vistati  dal  direttore  dei  lavori e da
subcommissari.
    3.  - Il commissario delegato predispone tutti gli atti necessari
per accedere a ulteriori finanziamenti nazionali e comunitari.
    4.  -  Per  le  attivita'  affidate  ai  prefetti, il Commissario
delegato   dispone,   a  valere  sulle  risorse  ad  esso  assegnate,
l'accreditamento delle risorse necessarie a favore delle contabilita'
speciali   intestate  ai  singoli  prefetti  per  gli  interventi  di
emergenza nel settore dei rifiuti».
    Dal  quadro  delineato  emerge  che  il  Commissario  delegato e'
chiamato a gestire l'emergenza ed il rientro della stessa nell'ambito
del  territorio,  secondo  una  serie  di competenze puntuali, cui e'
possibile  ricollegare  anche  la  gestione,  la  localizzazione e la
riconversione delle discariche.
    Inoltre,  i  suoi onnicomprensivi compiti sono rivolti, altresi',
come  stabilito  all'art. 2 dell'o.m. richiamata, alla confezione del
progetto  di  emergenza  cosi' come delineato dall'art. 22 del d.lgs.
n. 22/1997,  che oltre ad avere l'obiettivo primario della promozione
della riduzione delle quantita', dei volumi e della pericolosita' dei
rifiuti, prevede inoltre:
        a) le  condizioni  ed i criteri tecnici in base ai quali, nel
rispetto  delle  disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la
gestione  dei  rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere
localizzati nelle aree destinate a insediamenti produttivi;
        b) la  tipologia e il complesso degli impianti di smaltimento
e di recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella regione, tenendo
conto dell'obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non
pericolosi  all'interno  degli  ambiti  territoriali  ottimali di cui
all'art.  23,  nonche'  dell'offerta  di smaltimento e di recupero da
parte del sistema industriale;
        c) il  complesso  delle  attivita'  e  dei  fabbisogni  degli
impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo
criteri  di  efficienza  e  di economicita' e l'autosufficienza della
gestione  dei  rifiuti  urbani non pericolosi all'interno di ciascuno
degli  ambiti  territoriali  ottimali  di cui all'art. 23, nonche' ad
assicurare  lo  smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a
quelli   di  produzione  al  fine  di  favorire  la  riduzione  della
movimentazione di rifiuti;
        d) la  stima  dei  costi  delle  operazioni  di recupero e di
smaltimento;
        e) i  criteri  per l'individuazione, da parte delle province,
delle   aree   non  idonee  alla  localizzazione  degli  impianti  di
smaltimento  e recupero dei rifiuti, nonche' per l'individuazione dei
luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti (1);
        f) le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti
ed  a  favorire  il  riutilizzo,  il  riciclaggio  e  il recupero dei
rifiuti;
        g) le  iniziative  dirette a favorire il recupero dai rifiuti
di materiale e di energia;
        h) le  misure  atte  a  promuovere la regionalizzazione della
raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani;
    Omissis:
    5.  -  Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani
per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:
        a) l'ordine  di  priorita'  degli  interventi,  basato  su un
criterio di valutazione del rischio elaborato dall'ANPA;
        b) l'individuazione   dei   siti   da   bonificare   e  delle
caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;
        c) le modalita' degli interventi di bonifica e di risanamento
ambientale,  che  privilegino prioritariamente l'impiego di materiali
provenienti da attivita' di recupero di rifiuti urbani;
        d) la stima degli oneri finanziari;
        e) le modalita' di smaltimento dei materiali da asportare.
    Questa  competenza  generalizzata, infine, non appare scalfita in
tema  di  discariche  dall'art.  5 dell'o.m. n. 2983/1999, che, prima
delle  modifiche  apportate  dalle oo.mm. 31 marzo 2000, n. 3048 e 25
maggio 2001, n. 3136, espressamente prevede:
        «1.   -   Le  competenze  di  cui  all'art.  13  del  decreto
legislativo  5  febbraio 1997, n. 22, sono esercitate, in deroga alla
legislazione  vigente, in via esclusiva, dai prefetti delle province.
L'emissione  delle  ordinanze,  da  parte  dei prefetti, ai sensi del
citato  art. 13, e' notificata al Ministro dell'ambiente, al Ministro
della sanita' ed al commissario delegato.
        2.  -  Le  autorizzazioni  di  cui  agli articoli 27 e 28 del
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, concernenti le discariche
sono rilasciate dai prefetti delle province. Le autorizzazioni per le
discariche  di  rifiuti  urbani  sono  rilasciate  esclusivamente  ad
impianti a titolarita' e gestione pubblica.
        3.  -  Agli  stessi  prefetti  e'  affidata  la vigilanza, in
collaborazione   con   le  province  regionali,  sulle  attivita'  di
conferimento dei rifiuti e di gestione delle discariche.
        4.  - Per le finalita' di cui all'art. 3, comma 1, punto 1.13
della  presente  ordinanza  i  prefetti delle province individuano le
discariche, ne assicurano la titolarita' e la gestione pubblica anche
nei  modi previsti dal precedente art. 3, comma 2, e le adeguano alle
disposizioni  contenute  nella  normativa  vigente  avvalendosi degli
strumenti  giuridici e delle strutture tecniche ed operative previsti
nella  presente  ordinanza  nonche' delle risorse finanziarie poste a
loro disposizione dal commissario delegato».
    Invero  l'attivita'  prefettizia  e' relegata all'emissione delle
ordinanze  contingibili  ed  urgenti  (comma  1),  al  rilascio delle
autorizzazioni  per l'esercizio ordinario di una discarica (comma 2),
alla  vigilanza sulle discariche (comma 3) ed, infine, per le ipotesi
di  cui  all'art.  3,  comma  1,punto 1.13 (vale a dire l'adeguamento
ovvero  la  realizzazione  da  parte  del  Commissario  delegato  «in
ciascuna   provincia   regionale,   avvalendosi  dei  prefetti  delle
province,  delle  discariche necessarie per fronteggiare l'emergenza,
nelle  more  dell'attuazione  della  raccolta  differenziata  e della
realizzazione e messa in esercizio degli impianti di recupero nonche'
per  assicurare  lo smaltimento dei sovvalli») l'individuazione delle
discariche,  sempre nei limiti delle risorse finanziarie disposte dal
Commissario delegato (comma 4).
    In  sintesi,  i  prefetti  non sono chiamati a curare il recupero
della  discarica,  la  sua  eliminazione,  l'attivita' post mortem e,
comunque,  i  loro  compiti,  da  assolvere  nell'emergenza, sono pur
sempre  subordinati  alle  risorse  finanziarie  rese disponibili dal
Commissario   delegato,   alle   sue   iniziative  volte  alla  nuova
regolamentazione della gestione dei rifiuti e, quindi, all'attuazione
del Piano di emergenza.
    Se  cosi'  e',  contraddittore  necessario  di  tutte  le istanze
risarcitorie,  sia  in  forma specifica che per equivalente, non puo'
non  essere  il Commissario delegato, cui e' attribuito il compito di
pianificazione  degli  interventi  e,  quindi,  di individuazione dei
siti,  chiusure,  sostituzioni  e  quant'altro  che  non  sia la mera
attivita'   d'urgenza   e  di  gestione  dell'urgenza  relativa  alle
discariche.
    Consegue,  in  ultima  analisi,  che  le  domande di restituzione
(anche   parziale)   del   terreno   o   la   sua  bonifica,  passano
necessariamente  dall'intervento  del Commissario delegato e, quindi,
si  rivolgono  ad  una  sua  esclusiva  attivita', nel caso di specie
mancante  ed oggetto della doglianza principale del ricorso in esame,
e  dei  motivi  aggiunti relativi ai primi due gravami, e presupposto
stesso della quantificazione del danno.
    Vieppiu'.  La  domanda  di  risarcimento per equivalente richiede
comunque  una  valutazione  dell'illegittimita'  dell'occupazione del
terreno successiva al periodo «sostenuto» dai provvedimenti esaminati
con  i primi due ricorsi e, quindi, un giudizio sul mancato esercizio
del potere autoritativo proprio da parte del Commissario delegato.
    IV) Pertanto,  il Collegio deve affrontare d'ufficio la questione
relativa  alla  competenza  inderogabile del Tribunale amministrativo
regionale del Lazio a conoscere della vicenda.
    Tale  competenza  sorge per effetto della norma di cui alla legge
n. 1/2006, pubbl. nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2006,
che, all'art. 3, per quel che qui rileva dispone: omissis ... «2-bis.
In  tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5,
comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo
grado  a  conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei
consequenziali  provvedimenti  commissariali spetta in via esclusiva,
anche   per   l'emanazione   di   misure   cautelari,   al  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    2-ter.  Le  questioni  di  cui  al  comma  2-bis,  sono  rilevate
d'ufficio.  Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito
con  sentenza  succintamente  motivata  ai  sensi dell'art. 26, della
legge  6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando
applicazione  i  commi  2  e  seguenti  dell'art. 23-bis della stessa
legge.
    2-quater.  Le  norme  di  cui ai comma 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello da cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso».
    Osserva  il  Collegio  che  la  questione  in  esame  e' attratta
nell'applicazione  della  citata  legge n. 21/2006, art. 3, in quanto
viene contestata una mancata restituzione del terreno e/o la bonifica
dello  stesso  e,  quindi,  la  gestione post mortem, ovvero, ove non
possa  ritenersi possibile la restituzione, il risarcimento del danno
derivante dall'illecita occupazione del suolo.
    In  sostanza  ci  si  duole del mancato intervento del Presidente
della  regione  - Commissario delegato, il quale avrebbe dovuto agire
in  ossequio  ai  poteri  conferiti  con  l'o.m.  n. 2983/1999  e per
regolare  fattispecie  rientranti  nel  novero  delle  situazioni  di
emergenza  dichiarate  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24
febbraio  1992,  n. 225,  cosi' come emerge dall'espresso richiamo di
detta disposizione nel preambolo della detta ordinanza ministeriale.
    In  conclusione,  il  Collegio ritiene ipoteticamente ascrivibile
alla  previsione dell'art. 3, legge n. 21/2006, in quanto concernente
pur  sempre  l'attivita'  o l'inerzia commisurata al medesimo potere,
non   solo   l'ipotesi  di  impugnazione  di  un  concreto  atto  del
Commissario  delegato,  ma, altresi', il mancato esercizio dovuto del
potere e, ove ritenuto nella giurisdizione del G.A. (questione questa
che potra' essere affrontata solo dal giudice ritenuto funzionalmente
competente), il risarcimento del danno sia in forma specifica che per
equivalente.
    Il   Collegio,   pero',   conformemente   ad   un   condivisibile
orientamento  giurisprudenziale, anche di questa stessa sezione (cfr.
Tribunale amministrativo regionale Catania, I, ord. n. 90 del 7 marzo
2006  e  per  una  ulteriore  questione, invece, pressoche' identica,
Tribunale  amministrativo regionale Catania, ord. n. 145 del 4 aprile
2006;  C.G.A.  per  la  Sicilia,  ordd.  nn.  235 e 236/2006) ritiene
fondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale delle
norme  sopra  richiamate  in  quanto  attributrici  della  competenza
funzionale al Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
    Pertanto,  ai sensi del combinato disposto degli artt. 279, comma
2  n. 4)  e 5) c.p.c. (da interpretarsi in maniera estensiva circa la
possibilita' di separazione delle domande di cause riunite per la cui
risoluzione deve essere acquisito il pregiudiziale vaglio della Corte
costituzionale),  e  23,  legge  11  marzo  1953,  n. 87,  dispone di
sollevare,   con   separata   ordinanza,  questione  di  legittimita'
costituzionale  del predetto art. 3, e segnatamente del comma 2 nelle
sottonumerazioni bis, ter, quater.
    Sospende,  pertanto,  il giudizio sui ricorsi per motivi aggiunti
introdotti dei primi due gravami ed il ricorso n. 6130/2000 sino alla
restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale».
    B) Tanto   premesso,  il  Collegio  esamina  la  questione  della
illegittimita'  costituzionale  delle  norme  statuenti la competenza
funzionale del Tribunale amministrativo regionale Lazio.
    B.I) La  rilevanza  della  questione  ai  fini della decisione da
assumere e' di tutta evidenza.
    Stanti  le  premesse indicate nella sentenza resa in pari data e,
quindi,  la  necessaria  attivita'  del  Commissario  delegato cui si
rivolgono  le  domande restitutorie e risarcitorie dei ricorrenti, il
Collegio  sarebbe  tenuto,  sulla base della normativa espressa dalla
richiamata    legge    n. 21/2006   -   ove   non   dubitasse   della
incostituzionalita'   di  essa  e  quindi  non  ritenesse  necessario
investire  il  Giudice  delle  leggi  della  relativa  questione  - a
trasmettere gli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio cio'
per  espressa  disposizione  della  nuova disciplina che ne prescrive
l'applicazione.
    In  sostanza  non  potrebbe  questo  giudicante  adottare  alcuna
decisione,  neanche  sulla correttezza della procedura ed in punto di
ammissibilita'  del  ricorso,  in  quanto  ostacolato  dalla puntuale
disposizione  che  stabilisce  la competenza funzionale del Tribunale
amministrativo  regionale  Lazio,  ogniqualvolta  si tratti, come nel
caso  di specie, di gravami volti a censurare provvedimenti afferenti
situazioni  di  emergenza  dichiarate  ai sensi dell'art. 5, comma 1,
della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    B.II) Circa  la non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno
sospettare  le  norme  in  esame  di  incostituzionalita', osserva il
Collegio  che  la  normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3,
comma   2,  da  bis  a  quater,  della  legge  n. 21/2006,  contrasta
innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il
principio  della articolazione su base regionale degli organi statali
di  giustizia  amministrativa  di  primo  grado  ivi espressa («Nella
Regione  sono  istituiti  organi di giustizia amministrativa di primo
grado,  secondo  l'ordinamento  stabilito da legge della Repubblica»)
che  implica  il  rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di
competenza dei singoli organi predetti.
    Non  appaiono,  all'evidenza,  manifeste  o  comunque sufficienti
ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera
di  competenze  costituzionalmente  garantita  nella  materia  di cui
trattasi  quando,  come  nel  caso in esame, le singole situazioni di
emergenza   hanno   rilievo   spiccatamente  locale  con  conseguente
efficacia  locale  dei  relativi  provvedimenti adottati dai soggetti
delegati  alla  cura  delle  varie  situazioni emergenziali, anche se
(arg.  ex  art.  2,  comma  1,  lett.  c)  della  legge  n. 225/1992,
richiamato  dall'art.  5, comma 1, legge cit.) essi sono adottati per
fare  fronte  a  situazioni che «per intensita' ed estensione debbono
essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari».
    B.III) Anzi,   sotto   questo   aspetto,  la  norma  e'  altresi'
contraddittoria  ed  irrazionale  in  quanto  sottopone  al  medesimo
trattamento  processuale  situazioni  disparate  e  differenti tra di
loro.
    In questo quadro, l'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992,
n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione
normativa,  i  casi in cui (ex art. 2, comma 1, lett. c), della legge
n. 225/1992)   sia   necessario   fare  fronte  con  mezzi  e  poteri
straordinari  alle  calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi
che  richiedano  tale  intervento  per  intensita'  ed estensione. La
previsione  di  cui  alla  legge  n. 21/2006 radica la competenza del
Tribunale  amministrativo  regionale Lazio in tutti i casi in cui sia
dichiarato  lo  stato  di  emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5
appena  citato  e  quindi  con  esclusione  dei casi di intervento di
protezione  civile  per  gli  eventi  che  possano  essere affrontati
mediante  interventi  attuabili  dai  singoli  enti e amministrazioni
competenti  in  via  ordinaria  art.  2,  lett.  a)  e  di quelli che
richiedano intervento coordinato di questi ultimi art. 2, lett. b).
    Quindi,  il sistema della Protezione civile e' articolato in vari
livelli  di  intervento,  contraddistinti dal corrispondente grado di
ampiezza  della situazione emergenziale. Ne deriva che ogni tipologia
territoriale   e  «qualitativa»  della  situazione  di  emergenza  e'
chiamato ad intervenire in merito il «livello» di governo piu' vicino
alla  concreta  dimensione  delle  comunita'  colpite  e della natura
dell'emergenza,  secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e senza
escludere - funzionalmente e residualmente - che determinate funzioni
siano   «trasversali»   ossia   comprendano  le  competenze  di  piu'
amministrazioni o livelli di governo.
    A  fronte  di  questa  multiformita'  possibile di manifestazioni
concrete   dell'esercizio   del   potere,   la   regola  generale  di
ripartizione  delle  competenze  delineata  dagli artt. 2 e ss. della
legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente
con  l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della
legge  n. 21/2006,  contradditoriamente ed immotivatamente assegna ex
lege   rilevanza   nazionale   a   qualsiasi   controversia   insorga
nell'esercizio  del  potere  di  protezione civile, facendo leva solo
sulla  necessita'  che  esso presupponga l'intervento extra ordinem e
quindi  a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge
n. 225/1992,   posto   che   assegna  in  maniera  indiscriminata  la
competenza   funzionale  a  conoscere  delle  relative  questioni  al
Tribunale amministrativo regionale Lazio.
    In  altri  termini,  con  la  norma in esame, il Legislatore, sul
semplice  presupposto  della  necessita'  di interventi di protezione
civile  extra  ordinem,  pare abbia cristallizzato una valutazione di
rilevanza nazionale degli stessi, a prescindere, come sembra apparire
nel   caso  di  specie,  dalla  loro  eventuale  incidenza  meramente
periferica.
    Appare  utile  rilevare,  in  questa sede, come la giurisprudenza
della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che:
        con  l'art.  5  della  legge n. 225 del 1992 e' attribuito al
Consiglio  dei ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza
in ipotesi di calamita' naturali, ed a seguito della dichiarazione di
emergenza,  e  per  fare  fronte  ad  essa,  lo stesso Presidente del
Consiglio  dei  ministri  o,  su sua delega, il Ministro dell'interno
possano  adottare  ordinanze  in deroga ad ogni disposizione vigente,
nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico;
        l'art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo
31 marzo   1998,   n. 112   (Conferimento   di   funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta,
chiarisce  che  tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che
il   riconoscimento   di   poteri  straordinari  e  derogatori  della
legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale;
        queste  ultime  due  previsioni,  inoltre,  sono  gia'  state
ritenute  dalla  Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come
espressive   di   un   principio  fondamentale  della  materia  della
protezione  civile,  sicche'  deve  ritenersi  che esse delimitino il
potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze
legislative  delineato  dalla  legge  costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione).
    Alla  luce  di  quanto  sopra  ricordato,  la Corte ha dichiarato
illegittimo  l'art.  4,  comma  4, della legge della Regione Campania
n. 8  del  2004, nella misura in cui essa ha attribuito al Sindaco di
Napoli  i  poteri  commissariali  dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del
Ministro  dell'interno,  dopo  la  scadenza  della emergenza alla cui
soluzione  tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. n. 82/2006).
    Tale   ragionamento   comporta   che,  in  relazione  alla  legge
n. 225/1992  ed  all'art.  107,  comma  1,  lettere  b)  e  c) d.lgs.
n. 112/1998,  possiedono  rilievo  nazionale «solamente» il potere di
dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure
ad    esso   finalisticamente   connesso,   di   derogare   a   norme
dell'ordinamento.
    Ne  consegue  dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame
e'  irragionevole  per contraddittorieta' e disparita' di trattamento
processuale,  poiche'  utilizza  lo stesso trattamento per situazioni
del  tutto  differenti  quanto  ad  ambito  territoriale  e livello e
qualita'  degli  interessi  pubblici coinvolti, nonche' per contrasto
con  l'art.  117  della Costituzione, poiche' implicitamente, finisce
per  attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla
competenza regionale.
    B.IV) Ancora,    l'aggravio    della    tutela   giurisdizionale,
soprattutto  ove, come nella specie, esso non sia giustificato da una
effettiva  natura  accentrata  (o  dall'efficacia  estesa  a tutto il
territorio)   dei   provvedimenti   sui  quali  deve  esercitarsi  la
cognizione  del  Tribunale  amministrativo  regionale Lazio, comporta
indubbia  violazione  dell'art. 24 della Costituzione, in particolare
della   possibilita'  di  tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi
enunciata  al  primo  comma; detta tutela ne risulta minorata, per la
evidente maggiore difficolta' di esercitare le relative azioni presso
il  Tribunale amministrativo regionale del Lazio piuttosto che presso
gli organi giurisdizionali localmente istituiti. Cio' vale sia per la
fase  transitoria  in cui i giudizi pendenti trasmigrano al Tribunale
amministrativo   regionale   del  Lazio,  sia  per  le  future  nuove
controversie  che  secondo  la  nuova  normativa dovrebbero essere ab
initio instaurate presso detto Tribunale amministrativo regionale
    Anche  l'art.  25  della  Carta  costituzionale risulta vulnerato
dalla normativa denunciata dal Collegio; e se ne trae conferma da una
recente   decisione  della  Corte  costituzionale,  che,  sebbene  in
relazione a disciplina totalmente diversa, ha avuto modo di affermare
un  principio  generale,  che  e'  quello  della  appartenenza  della
competenza   territoriale   alla   nozione   del   giudice   naturale
precostituito  per  legge.  Precisamente,  la sentenza n. 41 del 2006
afferma,  anzi, ribadisce (come testualmente essa si esprime, citando
sentenze  precedenti  in  termini),  che  «alla  nozione  del giudice
naturale   precostituito  per  legge  non  e'  affatto  estranea  "la
ripartizione  della  competenza  territoriale tra giudici, dettata da
normativa   nel   tempo  anteriore  alla  istituzione  del  giudizio"
(sentenze n. 251 del 1986 e n. 410 del 2005)».
    B.V) Da  ultimo,  secondo  un  aspetto  diverso che si riconnette
ancora  al  tema del giudice naturale, la norma in esame viola l'art.
23 dello statuto della Regione Sicilia (legge costituzionale n. 2 del
26  febbraio  1948)  a  norma  del quale: «Gli organi giurisdizionali
centrali  avranno  in  Sicilia  le  rispettive sezioni per gli affari
concernenti  la  regione.  Le  sezioni del Consiglio di Stato e della
Corte  dei  conti  svolgeranno altresi' le funzioni, rispettivamente,
consultive  e  di  controllo amministrativo e contabile. I magistrati
della  Corte  dei  conti sono nominati, di accordo, dai Governi dello
Stato  e  della  Regione. I ricorsi amministrativi, avanzati in linea
straordinaria  contro  atti  amministrativi regionali, saranno decisi
dal  presidente  della  regione  sentite  le  sezioni  regionali  del
Consiglio  di  Stato». Tale norma e' stata «interpretata» dall'art. 5
del  d.lgs.  6 maggio  1948, n. 654, contenente norme per l'esercizio
delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato nella Regione Sicilia,
il   quale   prevede  che  il  Consiglio  di  giustizia  esercita  le
attribuzioni  devolute  dalla  legge  al  Consiglio  di Stato in sede
giurisdizionale  nei  confronti  di  atti  e provvedimenti definitivi
«dell'amministrazione    regionale    e    delle    altre   autorita'
amministrative aventi sede nel territorio della regione».
    Osserva  il  Collegio che gia' con «la sentenza della Corte cost.
in   data   12   marzo   1975,  n. 61,  dichiarando  l'illegittimita'
costituzionale delle limitazioni poste dall'art. 40, legge 6 dicembre
1971,  n. 1034 alla competenza del Tribunale amministrativo regionale
Sicilia,  e'  stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite
tutte   le   controversie   d'interesse  regionale  considerate  tali
dall'art. 23, comma 1, d.l. 15 maggio 1946, n. 455, comprendendosi in
tale   categoria  le  controversie  sorte  da  impugnazione  di  atti
amministrativi  di  autorita'  centrali  aventi  effetti  limitati al
territorio   regionale  ovvero  concernenti  pubblici  dipendenti  in
servizio  nella  Regione  Siciliana»  (Consiglio  Stato,  sez. VI, 26
luglio 1979, n. 595).
    Quindi  la  legge  n. 21/2006,  in  esame,  e' costituzionalmente
illegittima  anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23
dello  statuto  regionale,  sia nella sua formulazione letterale, che
nella   interpretazione   pacifica   che   di  esso  ha  maturato  la
giurisprudenza,  anche  costituzionale,  non  riserva al Consiglio di
giustizia   amministrativa   ed   in   primo   grado   al   Tribunale
amministrativo  regionale Sicilia, la competenza a conoscere circa le
controversie   sorte   da  impugnazione  di  atti  amministrativi  di
autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale.
    B.VI)     L'incostituzionalita'    della    disposizione    viene
particolarmente  stigmatizzata  dalla  questione sottoposta all'esame
del Collegio.
    Invero,  a fronte di una «pura» domanda di risarcimento del danno
azionata  nei  confronti  di piu' debitori solidali, tra i quali, per
quanto detto, posizione di preminenza assume il Commissario delegato,
la  scelta  del  giudice  competente  potrebbe  essere  rilasciata al
ricorrente.
    La  sussistenza  di  detto  tipo di obbligazione (solidale), come
gia'  chiarito,  non  determina l'inammissibilita' del ricorso ove un
debitore solidale non venga evocato in giudizio.
    Cio'  significa  che  se la pretesa si rivolge ai comuni, legati,
nel  caso  di  specie, a risarcire il danno dall'accordo di programma
del   febbraio   2001,   a   prescindere  dall'attivita'  dovuta  del
Commissario  delegato  (e,  quindi,  dalla necessaria valutazione del
potere  autoritativo)  e  dall'espressa  riserva  contenuta  in detto
Accordo  di  chiamare in causa proprio il Commissario per il rimborso
di  quanto  anticipato,  la  competenza  sara'  senz'altro  di questo
tribunale. Ove, invece, quest'ultimo venga coinvolto o venga messa in
dubbio  la legittimita' di un atto o di un'omissione di quest'ultimo,
la  competenza  passera'  al  Tribunale  amministrativo regionale del
Lazio.
    Non e' chi non veda che proprio il rapporto obbligatorio solidale
apre  una  breccia sulla ragionevolezza della norma a sicuro spessore
costituzionale.
    B.VII) L'aggravio  della tutela giurisdizionale, soprattutto ove,
come  nella  specie,  non  sia  giustificato  da una effettiva natura
accentrata  (o  dall'efficacia  estesa  a  tutto  il  territorio) dei
provvedimenti  sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale
amministrativo   regionale   Lazio,  comporta,  come  gia'  ritenuto,
indubbia  violazione  dell'art. 24 della Costituzione, in particolare
della   possibilita'  di  tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi
enunciata  al  primo comma; detta tutela, come gia' detto, ne risulta
minorata per la evidente maggiore difficolta' ed il maggior dispendio
anche  economico di esercitare le relative azioni presso il Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio piuttosto che presso gli organi
giurisdizionali  localmente  istituiti.  Cio'  vale  sia  per la fase
transitoria  in  cui  i  giudizi  pendenti  trasmigrano  al Tribunale
amministrativo   regionale  del  Lazio,  sia  per  le  future,  nuove
controversie  che  secondo  la  nuova  normativa dovrebbero essere ab
initio instaurate presso detto Tribunale amministrativo regionale
    La  Corte  ha  ritenuto,  in  un caso in cui il legislatore aveva
disposto  l'estinzione  ope legis di giudizi pendenti (art. 10, comma
primo,  legge  n. 425/1984),  che  siffatta  disposizione,  in quanto
«preclude   al   giudice  la  decisione  di  merito  imponendogli  di
dichiarare  d'ufficio l'estinzione dei giudizi pendenti, in qualsiasi
stato  e  grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge
sopravvenuta»,  percio'  stesso  «viola  il valore costituzionale del
diritto  di  agire,  in quanto implicante il diritto del cittadino ad
ottenere  una  decisione di merito senza onerose reiterazioni» (Corte
costituzionale, sentenza n. 123 del 1987.)
    Sebbene  la  fattispecie  in  esame sia diversa da quella oggetto
della   citata  pronuncia,  il  principio  tuttavia,  ad  avviso  del
Collegio,  e'  nello  stesso modo applicabile. Accade, infatti, posto
che  la  norma  in  esame  equipara  la  pendenza  del  giudizio alla
successiva  introduzione,  che  chi  abbia  gia' un giudizio pendente
davanti  al Tribunale amministrativo regionale locale, ed addirittura
abbia  ottenuto  una  decisione  cautelare,  debba proseguire altrove
nella  propria  iniziativa  giudiziaria,  addirittura (se ne parlera'
piu'  diffusamente  infra) rimanendo esposto ad una seconda pronuncia
cautelare  sollecitata  dalla  parte  soccombente  davanti al giudice
adito prima dell'entrata in vigore della legge in questione.
    B.VIII) Altro   profilo   di  incostituzionalita'  va  ravvisato,
inoltre,  nella  violazione,  sotto diverso profilo rispetto a quanto
gia'  rappresentato, del principio del giudice naturale precostituito
per   legge,   di  cui  all'art.  25  della  Costituzione.  La  norma
costituzionale  ora  citata,  stabilendo  che  «nessuno  puo'  essere
distolto dal giudice naturale precostituito per legge», esclude, come
la  stessa  Corte  costituzionale  afferma,  «che vi possa essere una
designazione  tanto da parte del legislatore con norme singolari, che
deroghino  a  regole  generali, quanto da altri soggetti, dopo che la
controversia sia insorta (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e
n. 56  del  1967»;  il  principio  e'  in  tali  termini,  e con tali
citazioni  dei  precedenti,  richiamato  nella  sentenza  della Corte
n. 393  del 2002). Come la Corte ha insegnato, perche' tale principio
possa   considerarsi   rispettato  occorre  che  «...  la  regola  di
competenza  sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia»
(sentenza  n. 193  del  2003); e basta scorrere le numerose decisioni
della  Corte  costituzionale  in  materia  di  principio  del giudice
naturale per rilevare che e' proprio la preesistenza della regola che
individua la competenza rispetto al giudizio il criterio fondamentale
in base al quale sono state valutate le questioni sollevate.
    Tale  profilo di incostituzionalita' si apprezza particolarmente,
ad  avviso  del  Collegio,  nella parte della disciplina in questione
(comma  2-quater), che non solo ne dispone l'applicazione ai processi
pendenti,  ma  addirittura  consente  una  riforma  dei provvedimenti
assunti, in sede cautelare, in tali giudizi pendenti, e cio' ad opera
di  un  organo  giurisdizionale  pariordinato a quelli di provenienza
(trattasi   di   giudici   tutti   di   primo   grado,  il  Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio non essendo un «super Tribunale
amministrativo   regionale»).   Cosi'   facendo,   in   sostanza,  il
legislatore  ha  introdotto un rimedio inedito, che non e' di secondo
grado  e  che  finisce  per costituire un doppione del gia' espletato
giudizio  (cautelare)  di  primo  grado, senza alcuna possibilita' di
inquadramento  tra  i  rimedi noti e tipizzati (appello, revocazione,
reclamo).  Pertanto,  anche  l'art.  25  della  Carta  costituzionale
risulta vulnerato dalla normativa denunciata dal Collegio.
    Per  altro,  atteso che il principio del doppio grado di giudizio
nella  giustizia amministrativa, sia in sede cautelare sia in sede di
merito,  riceve  garanzia  costituzionale  dall'art.  125 della Carta
(cfr. Corte cost., sentenza n. 8 del 1982), si configura un ulteriore
profilo  di  violazione  di  detta  norma.  Viene  infatti  ad essere
introdotto, per le controversie pendenti, un anomalo percorso (su cui
gia'   il   Collegio  ha  poco  prima  espresso  i  propri  dubbi  di
incostituzionalita)  che  stravolge  l'ordinario iter giudiziario. La
regola  e'  che  ad  un  giudizio  di primo grado segua, ove la parte
soccombente  appelli, un giudizio di secondo grado, sia che si tratti
di  giudizio  cautelare,  sia  che  si  tratti di giudizio di merito;
giammai  e'  prevista  una  doppia  pronuncia sulla stessa materia da
parte  di due diversi giudici di primo grado, uno dei quali abilitato
a riformare la decisione del primo giudice.
    Orbene,  ad  avviso  del  Collegio,  siffatta  disciplina integra
altresi'  violazione  del  principio  del  «giusto  processo», di cui
all'art. 111, comma primo, della medesima Carta («La giurisdizione si
attua mediante il giusto processo regolato dalla legge»).
    Sempre  con  riferimento  ai processi pendenti, infatti, la parte
soccombente  nel giudizio cautelare verrebbe ad essere fornita di uno
strumento  giurisdizionale  anomalo  e atipico a tutela della propria
(legittima,   ma  da  esercitare  in  modi  conformi  costituzionali)
aspirazione  ad  ottenere  una  pronuncia favorevole in secondo grado
(che  deve  tuttavia essere un vero giudizio di secondo grado, e non,
si ribadisce, un inedito duplicato del giudizio di primo grado).
    Cio' comporterebbe altresi' una evidente violazione del principio
del  ne bis in idem, che, se pure non espressamente contemplato dalla
Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del medesimo generale
principio del «giusto processo» teste' richiamato.
    B.IX) Un'ulteriore considerazione appare, infine, opportuna.
    Come  gia' premesso, la possibilita', espressa al comma 4-quater,
di  riproposizione  del  ricorso  presso  il Tribunale amministrativo
regionale Lazio a cura della parte interessata introduce un ulteriore
elemento  di  dissonanza  nel  sistema,  segnatamente  in  disarmonia
all'art.  24  Cost.,  posto  che  consente un riesame della decisione
cautelare  presso il Tribunale amministrativo regionale centrale (con
espressa  possibilita'  di  modifica)  proprio  ad  iniziativa  anche
dell'amministrazione e/o del controinteressato.
    A   dette   parti   processuali,   secondo  la  richiamata  norma
costituzionale, non e' certamente conferito l'impulso processuale (ma
la resistenza a difesa del provvedimento amministrativo), prerogativa
esclusiva  della parte ricorrente, cui pertiene la tutela del diritto
di difesa, dei propri interessi e diritti.
    Il    ribaltamento   consentito   dalla   norma   sospettata   di
incostituzionalita',   quindi,   mentre   per   un   verso  introduce
allungamento  della  serie  delle  possibili decisioni, in violazione
dell'art.   25  Cost.,  per  un  altro  promuove  un  non  consentito
originario impulso processuale da parte degli originari resistenti in
giudizio, con pregiudizio, come chiarito, dell'art. 24 Cost.
    C) In  conclusione,  il  Collegio  ravvisa  la rilevanza e la non
manifesta infondatezza, per violazione degli artt. 3, 125, 111, primo
comma, 24 e 25 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23 dello
statuto  della  Regione  Sicilia,  della  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater,
legge n. 21/2006.
    Va,  pertanto, disposta - ai sensi dell'art. 134 Cost., dell'art.
1  della  legge  cost.  9 febbraio  1948,  n. 1 e dell'art. 23, legge
11 marzo  1953,  n. 87  -  la  sospensione del presente giudizio e la
trasmissione  degli  atti relativi ai ricorsi per motivi aggiunti nn.
856/1999   e   1287/1999  ed  al  ricorso  n. 6130/2000)  alla  Corte
costituzionale,  oltre  agli  ulteriori  adempimenti  di legge meglio
indicati in dispositivo.
                              P. Q. M.
    In  ordine ai motivi aggiunti ai ricorsi nn. 856/1999 e 1287/1999
ed  al  ricorso  n. 6130/2000,  visti  gli  artt. 279, secondo comma,
c.p.c.,  134  Cost.,  1 della legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23,
legge  11 marzo  1953, n. 87, dispone, l'invio dei fascicoli di causa
alla  Corte  costituzionale, ritenendo rilevante e non manifestamente
infondata  -  per  violazione  degli  artt.  3,  125,  24  e 25 della
Costituzione  e  per  contrasto  con  l'art.  23  dello Statuto della
Regione   Sicilia  -  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.   3,  comma  2-bis,  comma  2-ter,  comma  2-quater,  legge
n. 21/2006.
    Sospende  il  giudizio sui ricorsi per motivi aggiunti introdotti
nei gravami 856/1999 e 1287/1999 ed il ricorso n. 6130/2000 sino alla
restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale.
    Ordina,  a  norma  dell'art.  23/2, legge n. 81/1953, l'immediata
trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale con la prova delle
avvenute notificazioni e comunicazioni di cui al punto seguente.
    Dispone  che,  a cura della segreteria del tribunale, la presente
ordinanza  sia  notificata  alle  parti in causa ed al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ed  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento.
    Cosi' deciso in Catania, in Camera di consiglio, in data 6 aprile
2006 e 27 giugno 2006.
                      Il Presidente: Zingalese
L'estensore: Savasta
07C0744