N. 433 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 luglio 2006

Ordinanza  emessa  il  27 luglio  2006  dal  tribunale amministrativo
regionale  della  Campania  - Napoli, sul ricorso proposto da Cinotti
Domenico  contro  Commissario  delegato  del  Governo per l'emergenza
bonifiche e tutela, delle acque nella Regione Campania ed altro.

Giustizia  amministrativa  -  Tribunali  amministrativi  regionali  -
  Controversie  relative  alla  legittimita'  delle  ordinanze  e dei
  conseguenziali  provvedimenti  commissariali  adottati  in tutte le
  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1,
  della   legge   24 febbraio  1992,  n. 225  -  Competenza,  in  via
  esclusiva,  in  primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo
  regionale  del  Lazio  -  sede  di  Roma  - Irragionevole deroga al
  principio  della  competenza del Tribunale amministrativo regionale
  della  Regione  in  cui  il  provvedimento  e'  destinato  ad avere
  incidenza - Violazione del principio del giudice naturale.
- Decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione, artt. 3 e 25.
(GU n.24 del 20-6-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 12290/04 reg.
gen. proposto  da  Cinotti Domenico, rappresentato e difeso dall'avv.
Giuseppe  Stellato, con lo stesso elettivamente domiciliato in Napoli
alla via Ortigara n. 14, presso lo studio dell'avv. Roberto De Fusco;
    Contro, Commissario di Governo delegato per l'emergenza bonifiche
e  tutela  delle acque nella Regione Campania, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Napoli, presso la stessa
legalmente domiciliato in Napoli; sub-Commissario di Governo delegato
per   l'emergenza  bonifiche  e  tutela  delle  acque  nella  Regione
Campania,   n. c.,   per   l'annullamento   del  provvedimento  prot.
n. 14992/CD/TD/U   del   30 agosto  2004,  recante  la  diffida  alla
presentazione di una proposta di recupero unitaria della cava sita in
localita'  Quercete  o  Fontanelle  del  Comune di S. Potito, nonche'
degli atti connessi.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'Avvocatura di
Stato;
    Vista    la    documentazione   depositata   dall'amministrazione
resistente;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Alla  pubblica  udienza  del  12 luglio  2006,  relatore il cons.
Donadono, uditi gli avvocati presenti di cui al verbale di udienza.

                                Fatto

    Con  ricorso  notificato  il  28 ottobre  2004,  il  sig. Cinotti
Domenico  impugnava  gli atti con i quali il Commissariato di Governo
aveva  diffidato  il ricorrente a presentare una proposta di recupero
della  cava  di  calcare  in  localita'  Quercete  o  Fontanelle,  in
conformita' alle norme del Piano di recupero ambientale approvato con
ordinanza commissariale n. 68 del 26 febbraio 2004.
    L'avvocatura   erariale  si  costituiva  in  giudizio  resistendo
all'impugnativa.

                               Diritto

    1. -- E'   controversa   la  legittimita'  di  atti  emanati  dal
Commissariato   di  Governo  delegato  in  forza  dell'ordinanza  del
Presidente  del Consiglio dei ministri 2425 del 18 marzo 1996 e delle
successive ordinanze di modifica ed integrazione, per fronteggiare lo
stato  di emergenza, verificatosi nella regione Campania, nel settore
delle   bonifiche   e  della  tutela  quelle  acque  in  applicazione
dell'art. 5 della legge n. 225 del 1992.
    Nelle  more del giudizio e' intervenuta la legge 27 gennaio 2006,
n. 21,  con la quale sono stati inseriti all'art. 3 del decreto-legge
30  novembre  2005,  n. 245, in sede di conversione dello stesso, tre
nuovi  commi  (commi  2-bis,  2-ter  e 2-quater) che attribuiscono al
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  sede  di  Roma, la
competenza   a   conoscere   dei  provvedimenti  commissariali  nelle
situazioni  di  emergenza  dichiarate  ai sensi dell'art. 5, comma 1,
della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    Piu' precisamente, i predetti commi dispongono:
        «2-bis.  In  tutte  le  situazioni di emergenza dichiarate ai
sensi  dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta  in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari,
al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
        2-ter.  Le  questioni  di  cui  al  comma 2-bis sono rilevate
d'ufficio.  Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito
con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26 della legge
6  dicembre  1971,  n. 1034,  e  successive  modificazioni,  trovando
applicazione  i  commi  2  e  seguenti  dell'art. 23-bis della stessa
legge.
        2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso.».
    Le  citate  disposizioni  (che  vengono ad affiancarsi alle altre
ipotesi in cui la legge riserva al Tribunale amministrativo regionale
centrale   la   cognizione   su   controversie   diverse   da  quelle
ordinariamente  devolute: cfr. l'art. 33 della legge n. 287 del 1990,
l'art. 1, comma 26, della legge n. 24 del 1997; l'art. 17 della legge
n. 195  del  1958,  come sostituito dall'art. 4 della legge n. 74 del
1990;  e,  da  ultimo,  l'art. 3  del  decreto-legge n. 220 del 2003,
convertito  con in legge n. 280 del 2003, sul quale e' in buona parte
ricalcata   la   normativa   ora   in  esame)  riguardano  dunque  le
controversie  aventi  ad  oggetto  le  ordinanze  ed  i provvedimenti
consequenziali  emanati  dall'autorita'  commissariale  incaricata di
fronteggiare  le situazioni di emergenza deliberate dal Consiglio dei
ministri,  ai  sensi  dell'art. 5, comma 1, legge n. 225 del 1992, in
occasione  di  calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per
intensita'  ed  estensione,  debbono  essere  affrontati  con mezzi e
poteri straordinari.
    In  questa  materia, la disciplina ordinaria regolante il riparto
della   competenza   territoriale   tra  i  tribunali  amministrativi
regionali viene modificata sotto due principali profili:
        il  comma  2-bis  prevede che la competenza di primo grado e'
devoluta  in  via  esclusiva al Tribunale amministrativo regionale di
Roma, in deroga agli artt. 2 e 3 della legge n. 1034 del 1971;
        il  comma  2-ter  prevede  che  il difetto di competenza, che
investe  anche  il  potere  cautelare,  deve  essere  rilevato  anche
d'ufficio  e determina la definizione del giudizio incardinato presso
il   tribunale  amministrativo  incompetente,  in  deroga  al  regime
previsto dall'art. 31 della stessa legge n. 1034.
    Inoltre,  in  base al comma 2-quater, l'attribuzione al Tribunale
amministrativo  regionale  Lazio  di  questa nuova competenza di tipo
funzionale  e'  assistita  da  una  disciplina  transitoria che rende
applicabile  il  nuovo  criterio  di riparto anche ai giudizi gia' in
corso  alla  data  della  sua  entrata  in  vigore;  le stesse misure
cautelari  gia'  adottate  restano  soggette ad un riesame innanzi al
Tribunale   amministrativo   regionale   Lazio,  al  quale  la  parte
interessata puo' riproporre ricorso.
    La nuova disciplina investe percio' anche il presente giudizio in
forza della predetta disposizione di diritto intertemporale.
    Inoltre    l'ampia   portata   dell'art. 3,   comma   2-bis   del
decreto-legge  n. 245  del  2005  comprende  non solo le controversie
aventi  ad  oggetto le ordinanze adottate in deroga alle disposizioni
di  legge  ma  si  estende anche all'impugnativa, dei «consequenziali
provvedimenti commissariali» e cioe' di tutti i provvedimenti emanati
dai  commissari  delegati  (art. 5,  comma  4, della legge n. 225 del
1992)  per l'attuazione degli interventi rientranti nell'ambito della
propria competenza, come definita con la dichiarazione dello stato di
emergenza (art. 5, comma 2, della ripetuta legge n. 225).
    2. -- Il  Collegio dubita della legittimita' costituzionale delle
disposizioni  ora  richiamate,  che  imporrebbero  la definizione del
presente   processo   con   sentenza  dichiarativa  di  incompetenza,
ritenendo che le stesse contrastino con gli artt. 3 e 25 Cost., ed in
particolare  con  i  principi  di  uguaglianza,  ragionevolezza e non
arbitrarieta' della legge, naturalita' del giudice, per le ragioni di
seguito esposte.
    2.1.   --  I  commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater  dell'art. 3  del
decreto-legge   n. 245  del  2005,  laddove  devolvono  al  Tribunale
amministrativo  regionale  del Lazio di Roma la competenza funzionale
nei giudizi aventi ad oggetto le ordinanze ed i provvedimenti emanati
nelle  situazioni  di stato di emergenza deliberate dal Consiglio dei
Ministri  ai  sensi  dell'art. 5,  comma  1, della legge n. 225/1992,
appaiono,   in   primo  luogo,  in  conflitto  con  il  principio  di
uguaglianza  sancito  dall'art. 3 Cost., sotto il suo duplice profilo
della parita' di trattamento e della ragionevolezza della legge.
    La   nuova   disciplina   determina,  infatti,  un'ingiustificata
disparita'  di  trattamento  tra  i  destinatari  di  provvedimenti a
efficacia  infraregionale (come quelli oggetto del presente giudizio)
emanati  dai  commissari  per l'emergenza delegati localmente, il cui
giudice   e'   individuato   dalla   legge  in  esame  nel  Tribunale
amministrativo  regionale Lazio in via esclusiva, ed i destinatari di
analoghi   provvedimenti  emanati  da  altre  autorita'  locali,  che
permangono  assoggettati  agli ordinari criteri di riparto dettati in
via  generale dagli artt. 2 e 3 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034,
ancorche'  assumano  carattere  di  emergenza  e  siano  adottati  in
situazioni   di   eccezionale   pericolo  da  altre  autorita'  (cfr.
l'art. 50,  comma 5,  del  d.lgs.  n. 267  del 2000, e l'art. 117 del
d.lgs.  n. 112  del 1998, in parte qua tenuto fermo dagli artt. 5 e 6
del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito con la legge n. 401 del
2001).
    2.2.  --  Sotto  il  profilo sostanziale, inoltre, la deroga agli
ordinari  canoni  di  riparto  tra i diversi tribunali amministrativi
regionali fondati sulla efficacia territoriale dell'atto e sulla sede
dell'autorita'  emanante,  non  appare  sorretta  da  alcun  adeguato
fondamento  giustificativo  e  si  risolve, percio', in una manifesta
violazione di quel principio di ragionevolezza che costituisce limite
alla  discrezionalita' legislativa in materia di determinazione della
competenza  territoriale  (cfr. Corte cost. sentenze n. 228 del 1998,
n. 452 del 1997, n. 117 del 1990).
    Giova   rammentare,   infatti,   il   giudice  delle  leggi,  nel
riconoscere  al  Legislatore  ampia  discrezionalita' nell'operare il
riparto  di  competenza  fra gli organi giurisdizionali, ha nondimeno
evidenziato  l'esigenza  di  osservare  il  rispetto del principio di
uguaglianza e, segnatamente, del canone di ragionevolezza (cfr. Corte
cost., 22 aprile 1992, n. 189); tant'e' che la disposizione in quella
circostanza  sottoposta  allo  scrutinio  di  costituzionalita' venne
dichiarata  immune  da  vizi  sotto  questi  profili  in  quanto  era
riscontrabile la sussistenza di un adeguato fondamento giustificativo
per   la   deroga  agli  ordinari  criteri  di  determinazione  della
competenza.
    Invero,  nella specie tale deroga non puo' essere ragionevolmente
giustificata  dalla rilevanza degli interessi sottesi alla situazione
di  emergenza nel cui ambito si iscrivono gli atti commissariali, ne'
in  un  presunto  sospetto  in ordine ad un eventuale condizionamento
ambientale  del  tribunale  amministrativo  locale,  derivante  dagli
eventi   emergenziali   e   dai   mezzi   eccezionali  applicati  per
affrontarli.
    Nell'ordinamento processuale, infatti, le problematiche attinenti
alla sottrazione dell'organo giudicante a condizionamenti, tensioni e
turbamenti  locali trovano soluzione con altri sistemi di spostamento
della competenza che, comunque, escludono l'accentramento di tutte le
controversie  innanzi  ad  un  unico  organo  (cfr.  art. 11 c.p.p.).
Peraltro, se tale fosse la ragion d'essere della disposizione, non vi
sarebbe motivo di ritenere che un unico organo giudiziario sia immune
da  siffatti  inconvenienti per le controversie relative a situazioni
riguardanti il proprio ambito territoriale di insediamento.
    Che  non  vi  sia  una particolare esigenza in tal senso e', poi,
dimostrato  dal  fatto che le ordinarie disposizioni di riparto della
competenza  territoriale non offrono eccezioni ne1le altre ipotesi in
cui  l'ordinamento  consente l'esplicazione di poteri etra ordinem in
presenza di situazioni di eccezionale pericolo (il riferimento e', in
primo luogo, alle ordinanze contingibili ed urgenti di competenza del
sindaco,  della  regione  o dello Stato, nei casi di cui all'art. 50,
comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, e all'art. 117 del d.lgs. n. 112
del 1998).
    Particolarmente  significativa e' altresi', la circostanza che il
Legislatore  del  2006  non  abbia  concentrato  innanzi  al medesimo
Tribunale  amministrativo  regionale tutte le controversie in materia
e,  in  primo luogo, quelle concernenti la stessa dichiarazione dello
stato  di  emergenza e la nomina del commissario delegato. La riserva
di  competenza  a favore del Tribunale amministrativo regionale Lazio
disposta dall'art. 3, comma 2-bis, citato riguarda, infatti, soltanto
le   ordinanze  ed  i  provvedimenti  commissariali  e  non  anche  i
provvedimenti  dichiarativi  dello  stato di emergenza (con efficacia
infraregionale)  o  i  provvedimenti del Presidente del Consiglio dei
ministri  di  nomina  dei commissari delegati (art. 5, comma 4, della
legge  n. 225  del  1992),  la  cui  cognizione  rimane  affidata  al
Tribunale  amministrativo regionale locale (in base all'art. 3, comma
2,  della legge n. 1034 del 1971). Il che costituisce ulteriore segno
sintomatico della irrazionalita' della norma.
    Neppure costituisce giustificazione razionale della disciplina in
esame    una    presunta    esigenza   di   uniformita'   d'indirizzo
giurisprudenziale in materia, sia perche' nel sistema della giustizia
amministrativa  la  funzione  nomofilattica  appartiene al giudice di
appello,  sia  perche' la natura extra ordinem che possono assumere i
provvedimenti  emanati  in  virtu'  dell'art. 5, comma 2, della legge
n. 255/1992  li  dota  di  caratteristiche  singolari e difficilmente
riducibili  ad unita'. Senza considerare, poi, che essi possono avere
ad  oggetto  le  materie  piu' diverse, dalle procedure concorsuali a
quelle ablative, dalla provvista e gestione delle risorse materiali e
personali,   all'organizzazione,   oltre  che  ovviamente  le  misure
contingibili ed urgenti di contenuto piu' disparato.
    Peraltro   non  sembra  ipotizzabile  una  diversa  qualita'  del
Tribunale   amministrativo   regionale   del  Lazio  insediato  nella
capitale,  con  la configurazione di una sorta di supremazia rispetto
agli altri Tribunali amministrativi periferici.
    Invero  un  indizio  di  tale  intendimento si potrebbe cogliere,
oltre    che    nella   proliferazione   di   materie   che   vengono
progressivamente  accentrate  nel  tribunale  romano, nella specifica
previsione,  del comma 2-quater dell'art. 3 in esame, di un peculiare
potere  (avulso  non solo dal sistema della giustizia amministrativa,
ma anche dai principi giusprocessualistici, tendenti ad escludere una
doppia  pronuncia  sulla  stessa  questione di due diversi giudici di
pari  grado) relativo alla «modifica o revoca» delle misure cautelari
gia'  adottate  nei  giudizi  pendenti  innanzi  ad  altri  Tribunale
amministrativo  regionale, anche a prescindere dai presupposti (fatti
sopravvenuti)   ordinariamente   previsti  dall'art. 21  della  legge
n. 1034 del 1971 per l'ammissibilita' di siffatte determinazioni.
    Sennonche'  un tale disegno creerebbe una evidente asimmetria tra
i  tribunali  amministrativi  che  andrebbe  ben  oltre  le questioni
relative  ai  criteri  di riparto delle competenze (basate sulla sede
dell'autorita'  emanante  e  sull'ambito  territoriale  di  efficacia
ultraregionale  dei  provvedimenti  emanati  delle autorita' centrali
dello  Stato) finendo anche con l'incidere sull'assetto ordinamentale
della  giustizia  amministrativa,  delineato nell'art. 125 Cost., che
pone  sullo  stesso piano tutti gli organi giudiziari di primo grado,
aventi  pari  funzioni  ed  ugualmente  sottoposti  al  sindacato del
Consiglio di Stato, come giudice di appello.
    Infine,  nessuna  indicazione  utile  per  l'individuazione delle
finalita'  perseguite dal Legislatore attraverso i commi 2-bis, 2-ter
e 2-quater dell'art. 3, d.l. n. 245/2005, e' dato desumere dagli atti
parlamentari,  e  in  particolare  dal  resoconto  stenografico della
seduti  n. 926  del  20 dicembre 2005 dell'Aula del Senato, nel corso
della  quale  l'emendamento governativo contenente l'introduzione dei
suddetti  commi  e'  stato  posto  in  votazione  ed approvato, e dai
resoconti delle successive sedute della Camera dei deputati.
    Per  tali  ragioni,  le  disposizioni  dell'allegato  alla  legge
27 gennaio  2006,  n. 21, e' in via conseguenziale dell'art. 3, commi
2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245/2005 risultano irragionevoli
e percio' contrarie all'art. 3 Cost.;
    2.3.  -- L'assenza di un adeguato fondamento giustificativo della
nuova  competenza  funzionale  attribuita al Tribunale amministrativo
regionale   del   Lazio   -  slegata  da  un  razionale  criterio  di
collegamento  col  giudice  designato  -  induce  questo  Tribunale a
dubitare  della legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis,
2-ter e 2-quater, del decreto legge n. 245 del 2005, introdotti dalla
legge  di  conversione, anche per contrasto col principio del giudice
naturale posto dall'art. 25, primo comma, Cost.
    Il Collegio non ignora che nella giurisprudenza costituzionale e'
stata  piu'  volte  affermata  l'equivalenza dei termini «naturale» e
«precostituito»,   in   quanto   la   locuzione   «giudice  naturale»
deriverebbe  per  forza di tradizione da norme analoghe di precedenti
costituzioni e non avrebbe percio' un significato proprio (cfr. Corte
cost. sentenze n. 29 del 1958, n. 88 del 1962, n. 72 del 1976, n. 460
del 1994).
    Tuttavia,  se  e'  vero  che l'espressione «giudice naturale» era
gia'  in precedenti Carte (ad esempio nello Statuto albertino: «Niuno
puo'  essere distratto dai suoi giudici naturali ...») e che i lavori
preparatori  della Costituzione non chiariscono il significato che si
intese  attribuire  all'uso  del  termine «naturale» accanto a quello
«precostituito»  nell'art. 25,  primo  comma,  Cost.  nel definire la
garanzia  della  certezza  e  dell'obiettivita'  del  giudice, sembra
nondimeno che l'introduzione della formula attuale («giudice naturale
precostituito»), dopo che entrambe le Sottocommissioni dell'Assemblea
costituente  avevano  abbandonato il termine «naturale» in favore del
termine  «precostituito»,  deponga  a  favore  delle  tesi che negano
l'identificazione tra i due termini.
    Ad   avviso   del   Collegio,   la   formula   «giudice  naturale
precostituito» non rappresenta un'endiadi, ma fonda la necessita' che
la  precostituzione  del giudice ad opera del Legislatore avvenga nel
rispetto  di  un  principio  di  naturalita',  nel senso di razionale
maggior   idoneita'   del   giudice   rispetto  alla  risoluzione  di
determinate controversie.
    Nel  caso  della  competenza  territoriale,  l'individuazione del
giudice  razionalmente  piu'  idoneo  a  decidere la controversia non
sembra  poter  prescindere dalla considerazione (in positivo, come in
negativo)  dell'esistenza  di  un criterio di collegamento effettivo,
ragionevole  ed  appropriato  tra  la  controversia stessa e l'organo
giurisdizionale  che  valga a tracciare i confini entro i quali possa
poi dispiegarsi legittimamente la discrezionalita' del legislatore.
    Cio'  appare  vieppiu'  evidente allorche', come nella specie, si
tratta  di  situazioni  di  emergenza  aventi  rilievo esclusivamente
locale,  con  riferimento  a  interessi  sostanziali  pure  di ambito
strettamente  locale,  rientranti  nella  sfera giuridica di soggetti
(ricorrenti,  ma  anche  resistenti)  che  normalmente pure gravitano
nella stessa dimensione territoriale locale.
    L'allontanamento   del   giudice  competente  a  conoscere  della
controversia,   sradicando  la  causa  dalla  sua  sede  ordinaria  e
naturale,  comporta  un  grave  disagio per le parti processuali, non
giustificato dalla natura accentrata della pubblica amministrazione o
dall'efficacia   ultraregionale  dei  provvedimenti  sui  quali  deve
esercitarsi  la cognizione del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio.  Cio'  incide,  tra  l'altro,  anche  sull'accesso alla tutela
giurisdizionale  dei  diritti  e  degli  interessi  legittimi, per la
maggiore difficolta' ed i maggiori costi che devono essere sopportati
dagli   interessati  per  esercitare  l'azione  presso  il  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio.
    Tali  anomalie  risultano  particolarmente  gravose per i giudizi
pendenti,   posto   che   il   ricorrente,   dopo   aver  incardinato
legittimamente  la  causa  innanzi  a questo Tribunale amministrativo
regionale  viene costretto a trasferire il contenzioso a Roma, con un
palese  ed  ingiustificato aggravio di costi e di tempo senza contare
l'inutile dispendio di risorse processuali.
    In  mancanza  di  un  ragionevole criterio di collegamento con il
giudice  designato,  l'attribuzione legislativa di competenza viene a
violare  il  principio  della naturalita' del giudice (art. 25, primo
comma,  Cost.),  al  pari del principio di ragionevolezza (desumibile
dall'art. 3 Cost.).
    2.4.   --   Collegio   dubita  altresi'  della  costituzionalita'
dell'allegato   alla   legge   27  gennaio  2006,  n. 21,  e  in  via
conseguenziale  dell'art.  3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l.
n. 245/2005,  nella  parte  in cui la competenza in via esclusiva del
Tribunale  amministrativo  regionale Lazio e' estesa anche ai giudizi
in   corso,   nei   quali   l'incompetenza   del   diverso  Tribunale
amministrativo regionale adito deve essere rilevata di ufficio.
    Il   dubbio   di   costituzionalita'  deIla  nominata  disciplina
transitoria  si pone in particolare, con riferimento disgiunto sia al
principio  della  precostituzione  del giudice (art. 25, primo comma,
Cost.),  sia  al  principio  di  ragionevolezza  e  non arbitrarieta'
(artt. 3  Cost.)  che, in ogni caso, limita il potere del legislatore
di  disciplinare  la  successione  di  leggi  processuali  nel tempo,
secondo quanto si dira' nei paragrafi seguenti.
    2.4.1.  -- Con riferimento al principio della precostituzione del
giudice, lo spostamento di competenza in corso di causa dal Tribunale
amministrativo   regionale   originariamente   adito   al   Tribunale
amministrativo    regionale    Lazio,   e   dunque   la   sostanziale
retroattivita'  della  regola  introdotta  dall'art. 3,  comma 2-bis,
citato,  appare  in  contrasto  con  l'art. 25,  primo  comma,  della
Costituzione,  in quanto il principio secondo cui nessuno puo' essere
distolto dal giudice naturale precostituito per legge non consente la
designazione  del  giudice  a  posteriori,  ma  impone  che  la norma
regolatrice  della  competenza  sia prefissata rispetto all'insorgere
della controversia.
    La Corte costituzionale ha da tempo chiarito (cfr. sentenza n. 88
del 1962) che il principio posto dall'art. 25 Cost. riguarda anche la
ripartizione della competenza territoriale tra i diversi giudici.
    Quanto   alla   necessita'   che   il  riparto  territoriale  sia
disciplinato  da una normativa anteriore (almeno) all'istituzione del
giudizio,  anche  in questo caso il Collegio e' consapevole del fatto
che  la  giurisprudenza  costituzionale  ha, in passato, ritenuto che
l'art. 25  Cost.  e'  rispettato quando la legge, sia pur con effetto
anche  sui  processi in corso, modifica in generale i presupposti o i
criteri diretti ad individuare il giudice competente, poiche' in tali
casi  lo  spostamento  della competenza non avviene in conseguenza di
una  deroga  alla  disciplina  generale  adottata  in  vista  di  una
determinata o di determinate controversie, ma per effetto di un nuovo
ordinamento  e,  dunque,  della  designazione  di  un  nuovo  giudice
naturale (cfr. sentenze n. 56 del 1967, n. 72 del 1976).
    Tuttavia,    sembra   potersi   cogliere   nella   piu'   recente
giurisprudenza  della Corte un diverso indirizzo interpretativo, che,
in  aderenza  al  dettato  costituzionale  (per  il  quale il giudice
naturale   deve   essere   «precostituito»,   e   non   semplicemente
«costituito», per legge), richiede che la regola sulla competenza sia
posta  da una normativa anteriore alla istituzione del giudizio (cfr.
sentenze n. 41 del 2006; n. 251 del 1986).
    Nel  caso  di specie, viceversa, la competenza a conoscere in via
esclusiva  della  controversia  in  questione  e' stata attribuita al
Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio  con una legge posteriore
alla proposizione del giudizio, la quale ha sottratto la competenza a
questo tribunale con effetto retroattivo.
    Da cio' la violazione dell'art. 25 Cost.
    2.4.2.  -- Infine, qualora dovesse negarsi che il principio della
precostituzione  del  giudice  comporti  un divieto di retroattivita'
delle  norme  sulla competenza, non di meno la disciplina transitoria
dettata dall'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto legge
n. 245   deI   2005,  viene  a  ledere  i  limiti  costituzionali  di
ragionevolezza  e non arbitrarieta' (art. 3 Cost.) che il legislatore
ordinario   incontra   nel   regolare   la  successione  delle  leggi
processuali  nel  tempo  (cfr.  Corte cost. sentenze n. 216 del 2001,
n. 490 del 2000, n. 400 del 1996, ordinanza n. 294 del 1998), nonche'
con il principio del giudice naturale (art. 25 Cost.)
    Devono,  al riguardo, espressamente richiamarsi le considerazioni
svolte  innanzi,  nei  precedenti  paragrafi  2.2 e 2.3, in ordine al
difetto  di giustificazione razionale dello spostamento di competenza
verso  il  Tribunale  amministrativo  regionale Lazio: esse valgono a
dimostrare    non   soltanto   la   irragionevolezza   -   e   dunque
l'illegittimita' - delle disposizioni attributive della competenza in
materia  per  l'avvenire,  ma,  evidenziando l'assenza di ragionevoli
esigenze  di interesse generale a sostegno della deroga all'ordinario
criterio   di  riparto,  a  maggior  ragione  palesano  il  carattere
irragionevole  ed  ingiustificato  della  disciplina  transitoria che
affida alla nuova competenza accentrata anche le cause in corso.
    3.  -  Per  quanto  esposto  sopra,  va rilevata la non manifesta
infondatezza   delle   questioni   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 3,  commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto legge n. 245
del  2005,  come  convertito con modificazioni dalla legge 27 gennaio
2006, n. 21, per contrasto con gli artt. 3 e 25 della Costituzione.
    La  questione,  per  quanto  gia'  sopra evidenziato, e' altresi'
rilevante  ai  fini  della definizione del presente giudizio, poiche'
dalla  sua risoluzione dipende la sussistenza o meno della competenza
di questo tribunale a decidere sul ricorso in esame.
    4. - Ogni altra decisione in rito, nel merito e sulle spese resta
riservata  all'esito  del giudizio innanzi alla Corte costituzionale,
alla    quale    va    rimessa   la   soluzione   dell'incidente   di
costituzionalita'.
                              P. Q. M.
    Dichiara  rilevanti  per la definizione del ricorso n. 12290/04 e
non   manifestamente   infondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  3,  comma  2-bis,  2-ter  e  2-quater, del
decreto-legge   30   novembre   2005,  n. 245,  come  convertito  con
modificazioni  dalla  legge 27 gennaio 2006, n. 21, nei termini e per
le ragioni esposti in motivazione, per contrasto con gli articoli 3 e
25  della  Costituzione; sospende il giudizio in corso; ordina che la
presente  ordinanza  sia  notificata,  a  cura  della  segreteria del
Tribunale  amministrativo  regionale, a tutte le parti in causa ed al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  che  sia  comunicata al
Presidente  del Sanato della Repubblica ed al Presidente della Camera
dei  deputati;  dispone  la immediata trasmissione degli atti, a cura
della stessa segreteria, alla Corte costituzionale.
    Cosi'  deciso  in Napoli, nella Camera di consiglio del 12 luglio
2006.
               Il Presidente f.f. estensore: Donadono
07C0747