N. 532 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 aprile 2007

Ordinanza  emessa  il  24  aprile  2007  dal tribunale di Ferrara nel
procedimento  civile  promosso  da  Mignone Francesco ed altri contro
Bernasciutti Nadia ed altre

Enfiteusi  -  Enfiteusi  urbane  ed  edificatorie  costituite in data
  anteriore  al  28 ottobre  1941  - Affrancazione-Determinazione del
  capitale  di  affranco nella misura pari a 15 volte l'ammontare del
  canone  enfiteutico  annuo,  che non puo' essere superiore a quello
  fissato  all'inizio  del  rapporto, fatte salve la rivalutazione di
  cui  alla  legge  n. 701  del  1952  e  la  rivalutazione  Istat, a
  richiesta  della  parte interessata, per il periodo compreso tra il
  1°  gennaio  1963  e  il 31 dicembre 1968 - Omessa previsione di un
  meccanismo che consenta di mantenere un'adeguata corrispondenza tra
  il   capitale   di  affranco  e  l'effettiva  realta'  economica  -
  Denunciata  violazione  del  principio  di  uguaglianza  - Asserita
  lesione  della  tutela costituzionalmente garantita alla proprieta'
  privata.
- Legge 18 dicembre 1970, n. 1138, artt. 5 e 6.
- Costituzione, artt. 3, e 42, commi secondo e terzo.
(GU n.32 del 22-8-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella causa iscritta al
n. 1409/2002  R.G.A.C.,  trattenuta  in  decisione all'udienza del 20
dicembre  2006, tra, Mignone Francesco, Mignone Michelangelo, Mignone
Giuseppe e Bernasciutti Nadia, Verri Roberta, Verri Anna Rita.

                      Svolgimento del processo

    Con ricorso depositato in data 13 giugno 2000 Bernasciutti Nadia,
Verri  Roberta  e Verri Anna Rita, acquirenti per atto notaio Magnani
di  Ferrara  del 30 luglio 1997 Rep. 22615 di un fabbricato urbano di
vecchia  costruzione  sito  in Ferrara alla via Coperta n. 17 - 17/A,
gravato  da  enfiteusi  urbana costituita anteriormente al 28 ottobre
1941,  e  precisamente con atto notaio Giacomelli del 10 ottobre 1921
Rep.  3656/1572 per un canone annuo perpetuo pari " 2.250, chiedevano
al  tribunale  adito,  ai  sensi  degli  artt. 2  e segg. della legge
n. 607/1966,  l'affrancazione  del  fondo in oggetto, previo deposito
della  somma  che  il  tribunale  avesse  determinato  come  capitale
d'affranco.
    Con  comparsa  depositata in data 31 gennaio 2001 si costituivano
nella procedura i controinteressati sig. ri Mignone Franceso, Mignone
Michelangelo   e   Mignone   Giuseppe,   quali  eredi  dei  direttari
dell'immobile  gravato dalla enfiteusi in questione, che, nel merito,
lamentavano   l'inadempimento  delle  ricorrenti  per  morosita'  nel
versamento dei canoni enfiteutici, chiedendo, in via riconvenzionale,
la  risoluzione  del contratto enfiteutico (con devoluzione del fondo
in proprio favore); in subordine, per l'ipotesi di accoglimento della
domanda  di affrancazione, chiedevano la determinazione del piu' equo
capitale di affranco.
    Con  provvedimento datato 29 settembre 2001 il giudice della fase
sommaria,  verificata  la  regolarita'  del  contraddittorio e tenuto
conto  che  il  canone annuo convenzionalmente fissato all'inizio del
rapporto  enfiteutico in questione era pari a " 2.250, determinava il
capitale  di  affranco,  in applicazione del combinato disposto degli
artt. 5,  6  e  9  legge  n. 1168/1970,  nella somma complessiva di "
664.740,  pari  a  15  volte  l'ammontare del canone annuo originario
moltiplicato  per 16 volte (ex art. 1 legge n. 701/1952) e rivalutato
in  base  all'ISTAT per il periodo 1° gennaio 1963 - 31 dicembre 1968
(ex  art. 6 della legge n. 1168/1970). Successivamente, con ordinanza
emessa  in  data  4  aprile  2002, il giudice, verificato il deposito
della  somma  da  parte  delle ricorrenti presso l'ufficio postale di
Ferrara, disponeva l'affrancazione del fondo in oggetto.
    Con  atto  depositato  in  data  7  agosto 2002 i sig. ri Mignone
Franceso, Mignone Michelangelo e Mignone Giuseppe proponevano formale
opposizione,  ai  sensi dell'art. 5, comma quinto, legge n. 607/1966,
avverso  l'ordinanza  di affrancazione giudiziale di enfiteusi urbana
resa dal tribunale di Ferrara in data 4 aprile 2002 e loro notificata
in  data  30 maggio 2002, giudizio nel quale, con comparsa depositata
il  19  novembre  2002, si costituivano anche le sigg.re Bernasciutti
Nadia, Verri Roberta e Verri Anna Rita.
    Nel   corso   del   giudizio  cosi'  instaurato  veniva  disposta
Consulenza  tecnica  d'ufficio  per la determinazione del capitale di
affranco  del  fondo  enfiteutico  in  questione  sulla  base di vari
criteri ipotizzati dal giudice.
    Espletato   l'incombente   e  fallito  un  ultimo  tentativo.  di
conciliazione tra le parti, la causa veniva rinviata per conclusioni,
definitivamente precisate all'udienza del 20 dicembre 2006.
    Gli  attori  opponenti concludevano chiedendo la rideterminazione
dei  singoli  canoni  enfiteutici relativi agli anni dal 1994 al 2002
non  pagati, con conseguente condanna delle controparti al versamento
di   quanto  dovuto  a  tale  titolo,  nonche'  l'accertamento  e  la
rideterminazione  del  capitale  di  affranco  dell'enfiteusi  urbana
oggetto  di  causa, con condanna delle controparti al pagamento della
relativa   somma,   facendo   rilevare  che  l'importo  stabilito  in
applicazione  del  combinato  disposto  degli  artt. 5,  6 e 9, legge
n. 1168/1970  con  l'ordinanza  resa nella fase sommaria del giudizio
era  risibile in rapporto al valore attuale dei beni (stimato in Euro
685.000,00  dal CTU nominato nel corso dell'istruttoria) e comportava
un'assoluta  ablazione  del diritto di proprieta', in contrasto con i
piu'  recenti  orientamenti  espressi  in  materia di enfiteusi dalla
Corte costituzionale.
    Le  sigg.re  Bernasciutti  Nadia, Verri Roberta e Verri Anna Rita
concludevano,  invece,  chiedendo,  in  via principale, il rigetto di
tutte  le domande di controparte per difetto di legittimazione attiva
e per infondatezza, e, in subordine, la rideterminazione del capitale
di  affranco  in misura pari a Euro 10.800, somma che il CTU nominato
in  istruttoria aveva individuato aggiungendo ai parametri utilizzati
nell'ordinanza  del  4  aprile 2002 la rivalutazione ISTAT del canone
enfiteutico annuale dal 1968 sino al momento dell'affranco (2002).

                             Motivazione

    Il  Tribunale  ritiene  sussistenti  i  presupposti per sollevare
d'ufficio questione di legittimita' costituzionale relativamente agli
artt. 5 e 6 della legge n. 1138/1970, direttamente applicabili per la
definizione del presente giudizio, nella parte in cui, per i rapporti
di  enfiteusi  urbana  ed  edificatoria costituiti anteriormente alla
data  del  28  ottobre  1941,  quale  quello oggetto di vertenza, non
prevedono  che  il  valore  di  riferimento per la determinazione del
capitale   per   l'affrancazione   delle  stesse  sia  periodicamente
aggiornato  mediante  l'applicazione di coefficienti di maggiorazione
idonei  a mantenere adeguata, con una ragionevole approssimazione, la
corrispondenza con la effettiva realta' economica.
    I   parametri   costituzionali   che  si  assumono  violati  sono
costituiti   dagli  artt. 3  e  42,  secondo  e  terzo  comma,  della
Costituzione della Repubblica italiana.
    In   merito   al   profilo   della   rilevanza   della  questione
costituzionale proposta, si evidenzia quanto segue.
    Nel  giudizio  a  quo  e'  stata svolta rituale domanda, ai sensi
dell'art. 5,  comma quinto, legge n. 607/1966, di rideterminazione (e
integrazione)  del  capitale  di  affranco  di  un  fondo  gravato da
enfiteusi  urbana ed edificatoria costituita per atto notarile del 10
settembre 1921.
    Quanto al profilo della contestata legittimazione attiva dei sig.
ri  Mignone,  si'  osserva  che, sulla base della documentazione agli
atti,  appare indubitabile l'interesse ad agire ai sensi dell'art. 5,
comma  quinto,  legge  n. 607/1966 cit. dei suddetti sig. ri Mignone,
quali eredi degli originari titolari del dominio diretto sul fondo in
questione,  oltre che, relativamente a Mignone Francesco, quale unico
soggetto a cui incontestatamente risulta essere stata corrisposta, da
parte  degli utilisti che si sono succeduti nel tempo, la prestazione
del  canone  enfiteutico,  e  che  proprio in tale sua veste e' stato
legittimamente  e  fondatamente  convenuto dalle sigg.re Bernasciutti
Verri  nella  fase  sommaria  del presente giudizio introdotta con il
ricorso  di cui all'art. 2 della legge n. 607/1966 (cfr. art. 2 n. 1,
legge cit.).
    Ai  fini  della  decisione  sulla  domanda di rideterminazione (e
integrazione)  del  capitale  di  affranco  proposta ex art. 5, legge
n. 607/1966,  dunque, tenuto conto che in base all'art. 9 della legge
n. 1138/1970  «l'affrancazione  del  fondo  si opera in ogni caso ...
mediante  il  pagamento  di una somma pari a 15 volte l'ammontare del
canone»,   e   necessario   ed   imprescindibile   fare  applicazione
dell'art. 5  legge  n. 1138/1970, che stabilisce che «il canone annuo
delle  enfiteusi  urbane  ed edificatorie non puo' essere superiore a
quello  fissato  all'inizio  del  rapporto  enfiteutico, salva, per i
rapporti   costituiti   anteriormente   al   28   ottobre   1941,  la
rivalutazione   di   cui  alla  legge  10  luglio  1952,  n. 701»,  e
dell'art. 6  legge n. 1138/1970, per effetto del quale e' prevista in
ogni  caso  la  rivalutazione  dei  canoni,  a  richiesta della parte
interessata,  «in  misura  proporzionale al mutato potere di acquisto
della  lira,  quale  risulta  dalle  statistiche  dell'ISTAT,  dal 1°
gennaio   1963   (o  dalla  data  di  costituzione  del  rapporto  se
successiva) al 31 dicembre 1968».
    Applicando,  tuttavia, il suddetto criterio di calcolo al caso in
decisione,  nel  quale  il canone enfiteutico annuale all'origine del
rapporto fu dalle parti «stabilito invariabilmente in annue ". 2.250»
(cfr.  pag.  4  atto  notaio  Giacomelli  del 10 settembre 1921, rep.
3656/1572), il capitale di affrancazione risulterebbe ad oggi pari ad
Euro 337,62, somma da ritenersi sostanzialmente del tutto irrisoria o
comunque  inferiore  al livello di una equa valutazione, tenuto conto
del  fatto che la porzione immobiliare urbana di cui e' causa ha, nel
complesso,  un valore di mercato all'attualita' pari ad Euro 685.000,
secondo  le  stime  effettuate  dal CTU nella relazione peritale agli
atti del giudizio.
    Occorre  in  proposito rammentare che le norme oggi sottoposte al
vaglio  di  costituzionalita'  sono  gia'  state oggetto del giudizio
della  Consulta  nel  1974, quando, con la sentenza n. 53 del 6 marzo
1974,  la  Corte,  ritenuto  ªnon  ...  ammissibile  il  dubbio sulla
legittimita' della norma dell'art. 9 della legge del 1970, con cui e'
stato  introdotto  anche  per  le  enfiteusi urbane o edificatorie il
criterio  di  calcolo  del  capitale  in misura pari a quindici volte
l'ammontare  del canone, gia' stabilito per le enfiteusi rustiche con
l'art. 1,  quarto  comma,  della  legge 22 luglio 1966 n. 607, aveva,
tuttavia,  affermato  che  gli  artt. 5  e 6 della legge n. 1138/1970
erano  disposizioni  che  potevano  ritenersi  «ineccepibili sotto il
profilo della legittimita' costituzionale, se riferite alle enfiteusi
costituite  anteriormente  all'entrata  in  vigore  del  libro  della
"proprieta'"  del  codice  civile  rispetto  alle  quali non sussiste
difficolta'   ad   ammettere   anche  l'applicabilita'  del  disposto
dell'art. 4  della  legge  n. 1138  del  1970, con cui e' stato fatto
richiamo  alla  norma dell'art. 18, secondo comma, della legge n. 607
del  1966,  che  aveva  abrogato,  tra l'altro, l'art. 962 del codice
civile».
    Nella   citata  sentenza  del  1974  la  Corte,  facendo  proprie
considerazioni  che  nella  pronuncia  n. 37  del  1969  furono  gia'
ritenute  determinanti  in  materia  di enfiteusi su fondi rustici ai
fini  della  declaratoria  di  incostituzionalita'  dell'art. 1 della
legge n. 607/1966, nella parte in cui tale norma si riferiva anche ai
rapporti costituiti successivamente alla data del 28 ottobre 1941, ha
sostenuto  che  «il  diritto  a  chiedere  la revisione periodica del
canone  riconosciuto  ad  entrambe  le parti dall'art. 962 del codice
civile,  ha  conferito  al  contratto  un  nuovo elemento di rilievo,
rispetto  al  tipo  tradizionale, talche' la data del 28 ottobre 1941
segna  una  importante  demarcazione  tra i rapporti di antica o meno
recente  costituzione e quelli costituiti e svoltisi successivamente,
sotto  la garanzia della possibile operativita' di quel diritto, e di
un sistema normativo in cui la posizione giuridica del concedente era
stata  oggetto  di  piu'  equilibrata  considerazione,  nel  fine  di
promuovere la costituzione di nuovi rapporti».
    Sulla  base  di queste motivazioni, pertanto, la Consulta, con la
pronuncia  n. 53  del  1974,  adottava una decisione analoga a quella
gia' presa nel 1969 per le enfiteusi rustiche in relazione all'art. 1
legge n. 607/1966, dichiarando la illegittimita' costituzionale degli
artt. 5  e  6  della legge n. 1138/1970 di disciplina delle enfiteusi
urbane  ed  edificatorie,  nella  parte  in  cui  comprendevano nella
normativa  anche  i rapporti costituiti successivamente alla data del
28  ottobre  1941,  «per i quali la possibilita' di rivalutazione dei
canoni  prevista  dallart. 6  con esclusivo riferimento al periodo 1°
gennaio 1963 - 31 dicembre 1968 risulta[va] manifestamente inadeguata
a  sostituire  il  criterio  di  revisione stabilito dallart. 962 del
codice civile».
    Alla  declaratoria di parziale incostituzionalita' delle norme di
cui  agli  artt. 5  e 6 legge n. 1138/1970 e' conseguito, quindi, che
per le enfiteusi urbane ed edificatorie costituite in epoca anteriore
al  28  ottobre  1941,  come  quella  oggetto  del presente giudizio,
costituita  per  atto notarile del 10 settembre 1921, l'affrancazione
si  opera  ancora mediante pagamento di una somma corrispondente a 15
volte  il  canone  enfiteutico, il quale «non puo' essere superiore a
quello  fissato  all'inizio  del  rapporto  enfiteutico, salva ... la
rivalutazione   di   cui   alla   legge  n. 701/1952»  (art. 5  legge
n. 1138/1970),  oltre  alla  rivalutazione  ISTAT,  a richiesta della
parte  interessata, per il periodo 1° gennaio 1963 - 31 dicembre 1968
(art. 6 legge n. 1138/1970).
    Alla   luce,   tuttavia,  della  esiguita'  della  somma  che  si
otterrebbe   nella   fattispecie  all'esame  del  giudice  rimettente
applicando   le   norme  attualmente  vigenti  per  l'affranco  delle
enfiteusi urbane ed edificatorie anteriori al 1941 (pari, come detto,
ad  Euro  337,62,  secondo  la  stima  effettuata dal CTU nominato in
istruttoria)  si  ritengono  sussistenti  profili  di  non  manifesta
infondatezza della questione costituzionale sollevata in questa sede,
potendosi  supporre  violato  il  principio  costituzionale di tutela
della  proprieta' privata (art. 42, commi 2 e 3, Cost.), oltre che il
principio costituzionale di eguaglianza (art. 3 Cost.).
    Pur tenendo conto, infatti, che l'affrancazione determina la sola
acquisizione  del dominio diretto e che i concedenti hanno goduto dei
canoni,  deve ritenersi che vi sia un limite al di sotto del quale le
regole  che  determinano  il capitale per l'affrancazione contrastino
con  l'art. 42,  secondo  e terzo comma, della Costituzione, come nel
caso  in  cui vi sia una distanza incolmabile tra il momento a cui va
riferito  il  calcolo del valore del diritto di affranco, ancorato ad
un  canone  pattuito  in  un  tempo  remoto,  ed il momento in cui il
diritto  da indennizzare viene effettivamente colpito, caratterizzato
da una realta' economica incomparabilmente diversa.
    Proprio  sulla  scia  di tali considerazioni, del resto, la Corte
costituzionale,   con   la   sentenza  n. 143  del  23  maggio  1997,
dichiarando  in parte qua l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1
della  legge  n. 607/1966,  ha  ritenuto  di estendere alle enfiteusi
rustiche  costituite  in  epoca  anteriore  al  28  ottobre  1941, il
principio  gia'  enunciato nella precedente pronuncia n. 406 del 1988
per  i  rapporti  enfiteutici  della  stessa  natura  successivi alla
suddetta  data,  principio  secondo  cui  il  valore  di  riferimento
prescelto  per tutte le enfiteusi di natura rustica, ancorato ai dati
catastali,  ai  fini della determinazione del canone in base al quale
e'   calcolato   il   capitale   per   l'affrancazione   deve  essere
«periodicamente aggiornato mediante l'applicazione di coefficienti di
maggiorazione  idonei  a  mantenere  adeguata,  con  una  ragionevole
approssimazione,   la   corrispondenza   con   la  effettiva  realta'
economica».
    Considerata  la  linea  evolutiva  che la Corte costituzionale ha
tracciato  nel  tempo  per  la  disciplina  delle enfiteusi rustiche,
oggettivamente  distinta  ma  in un certo senso simmetrica rispetto a
quella   delle   enfiteusi  urbane,  gli  artt. 5  e  6  della  legge
n. 1138/1970,   cosi'   come  attualmente  vigenti  a  seguito  della
pronuncia  della  Corte costituzionale del 1974, paiono violare anche
il  parametro  costituito  dall'art. 3  della Carta costituzionale, e
cio' sotto un duplice profilo.
    Da   un   lato,   infatti,   non   si  rinviene  una  ragionevole
giustificazione alla base della disparita' di trattamento attualmente
esistente  per  la  determinazione  del  capitale  di  affranco delle
enfiteusi urbane ed edificatorie anteriori al 28 ottobre 1941, per le
quali  il  valore  di riferimento e' un canone pattizio inalterabile,
rispetto  alle  enfiteusi  urbane  posteriori  alla  stessa  data, in
relazione  alle  quali  il congegno legislativo qui in esame e' stato
espressamente dichiarato incostituzionale (sentenza n. 53/1974 cit.),
e cio' tenuto conto del fatto che la regola della revisione periodica
del canone introdotta dall'art. 962 c.c., che aveva cosi' innovato la
tradizione preesistente recepita dal codice civile del 1865, e' stata
soppressa  anche  per le nuove enfiteusi in ragione dell'art. 4 della
legge  n. 1138/1970,  e  che  «comune a tutti i rapporti enfiteutici,
anzi  piu'  accentuato  per  quelli costituiti in epoca remota, e' il
divario  tra  il  capitale  di  affrancazione e la realta' economica»
(cosi'  testualmente  la  citata sentenza n. 143/1997, nella quale la
Corte  ha espressamente escluso una ragionevole giustificazione nella
«diversita' di trattamento che risulta nelle regole di determinazione
del  capitale di affranco per le enfiteusi [rustiche] anteriori al 28
ottobre  1941,  per  le  quali  non  e'  previsto alcun meccanismo di
adeguamento  del  calcolo  in  base  ai  valori  catastali  del 1939,
rivalutati  nel  1947,  rispetto alle enfiteusi [rustiche] costituite
successivamente  alla  data  che  segna il discrimine, e per le quali
opera   a  seguito  della  sentenza  n. 406  del  1988  il  principio
dell'applicazione di un coefficiente di maggiorazione.»).
    Dall'altro  lato,  proprio  a  seguito della pronuncia n. 143 del
1997  appare plausibile dubitare della legittimita' costituzionale di
un  sistema  che mentre per i rapporti enfiteutici fondiari anteriori
alla  data  del 28 ottobre 1941 prevede un meccanismo che consente di
mantenere    adeguata,    con    ragionevole    approssimazione,   la
corrispondenza   tra   capitale  di  affranco  ed  effettiva  realta'
economica  (sentenza n. 143/1997 cit.), cio' non consente, allo stato
della  legislazione  attuale,  per  i  rapporti enfiteutici urbani ed
edificatori  anteriori  alla stessa data del 28 ottobre 1941, rimasti
tuttora  ancorati  ai  rigidi parametri di cui agli artt. 5 e 6 della
legge  n. 1138/1970,  in  relazione  ai  quali non sussistono margini
interpretativi  per  il  giudicante  proprio  in  ragione  del chiaro
principio  fissato  nella  pronuncia della Corte costituzionale n. 53
del 1974, sopra diffusamente citata, che ha espressamente limitato la
declaratoria  di  incostituzionalita'  delle norme in esame alle sole
enfiteusi urbane successive alla data individuata come discrimine.
                              P. Q. M.
    1) Solleva questione di legittimita' costituzionale relativamente
agli artt. 5 e 6 della legge n. 1138/1970 in relazione agli artt. 3 e
42,  secondo  e  terzo comma, della Costituzione nei termini e per le
ragioni di cui in motivazione;
    2) sospende il procedimento in corso;
    3)   Dispone   la   notificazione  della  presente  ordinanza  ai
procuratori  delle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e
la comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati
e del Senato;
    4)    Ordina    la   trasmissione   dell'ordinanza   alla   Corte
costituzionale insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle
notificazioni e delle comunicazioni prescritte.
        Cosi' deciso in Ferrara, in data 16 aprile 2007.
                         Il giudice: Porreca
07C0779