N. 317 ORDINANZA 10 - 20 luglio 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero  -  Giudizio  avverso  il  diniego  di  regolarizzazione  -
  Ammissione  al  beneficio  del  patrocinio  a  spese  dello Stato -
  Mancata  previsione - Denunciata disparita' di trattamento rispetto
  agli  stranieri  in  situazione  di  soggiorno  regolare  - Dedotta
  lesione   del   diritto   di  difesa  e  del  diritto  alla  tutela
  giurisdizionale  davanti agli organi della giustizia amministrativa
  -  Riproposizione  di  identica questione dichiarata manifestamente
  inammissibile  per  insufficiente  descrizione  della fattispecie -
  Motivazione  non  autosufficiente  dell'ordinanza  di  rimessione -
  Impossibilita' di valutare la rilevanza della questione - Manifesta
  inammissibilita'.
- D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 119 e 142.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 113.
(GU n.29 del 25-7-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 119 e 142 del
d.P.R.   30 maggio  2002,  n. 115  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative  e regolamentari in materia di spese di giustizia - Testo
A),   promosso   con   ordinanza  del  14 marzo  2006  dal  Tribunale
amministrativo  regionale  dell'Umbria  sul  ricorso  proposto  da El
Idrissi  Mohammed  contro la Prefettura di Terni ed altri iscritta al
n. 523  del  registro  ordinanze  2006  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 47, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 4 giugno 2007 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  del  14 marzo  2006, il Tribunale
amministrativo   regionale  dell'Umbria  ha  sollevato  questione  di
legittimita'   costituzionale   degli  artt. 119  e  142  del  d.P.R.
30 maggio  2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari  in  materia  di  spese  di  giustizia  -  Testo A), in
riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione;
        che   il   rimettente   richiama   l'ordinanza   della  Corte
costituzionale  n. 76  del  24 febbraio  2006,  con la quale e' stata
dichiarata la manifesta inammissibilita' - per difetto di motivazione
sulla rilevanza - della medesima questione dallo stesso sollevata con
ordinanza del 26 novembre 2004;
        che  il  Tribunale  rimettente riporta integralmente la parte
motivazionale della precedente ordinanza di rimessione, affermando di
aver respinto, con sentenza in data 3 febbraio 2004, il ricorso volto
all'annullamento   del   diniego   alla   regolarizzazione,   opposto
dall'Ufficio territoriale del Governo di Terni al datore di lavoro di
un  cittadino  extracomunitario, ai sensi della legge 9 ottobre 2002,
n. 222;
        che  lo  stesso  Tribunale  riferisce  di  dover esaminare la
domanda  di  liquidazione delle spese del giudizio (compensate con la
predetta   sentenza),   presentata   dal   difensore   del  cittadino
extracomunitario,  sulla  base  dell'ammissione al patrocinio a spese
dello Stato disposta con decreto del presidente del Tribunale;
        che,  rileva  il  rimettente,  dopo  che le parti erano state
convocate davanti al Collegio in camera di consiglio per l'esame e la
trattazione  della  suddetta  domanda,  e'  pervenuta una memoria del
Ministero   dell'economia  e  delle  finanze,  quale  amministrazione
statale competente al pagamento, con la quale viene chiesta la revoca
dell'ammissione   al   patrocinio  a  spese  dello  Stato,  ai  sensi
dell'art. 119 del d.P.R. n. 115 del 2002;
        che  il  giudice  a  quo premette che il suddetto testo unico
disciplina  il  patrocinio  a spese dello Stato, assicurato anche nel
processo  amministrativo,  per  la  difesa del cittadino non abbiente
quando   le   sue  ragioni  risultino  non  manifestamente  infondate
(art. 73, comma 2);
        che,  in  base  all'art. 119  del  predetto  testo  unico, il
trattamento   previsto  per  il  cittadino  italiano  e'  assicurato,
altresi',  allo  straniero  regolarmente  soggiornante sul territorio
nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del
processo da instaurare;
        che  il  successivo  art. 142  considera,  poi,  il  processo
avverso  il  provvedimento di espulsione di cittadini extracomunitari
(art. 13   del  testo  unico  sull'immigrazione,  di  cui  al  d.lgs.
25 luglio  1998,  n. 286),  per disporre che le relative spese sono a
carico  dell'erario  e sono liquidate nella misura e con le modalita'
previste per i cittadini comunitari;
        che,   rileva   ancora  il  rimettente,  la  posizione  dello
straniero, il quale abbia impugnato (come nella specie) il diniego di
regolarizzazione  ai sensi della legge n. 222 del 2002, non e' dunque
riconducibile  alle  fattispecie di cui agli artt. 119 e 142, citati,
ne'   viene   altrimenti  considerata  dalla  normativa  in  tema  di
patrocinio a spese dello Stato;
        che il cittadino extracomunitario, infatti, nella fattispecie
oggetto del giudizio principale, non e' regolarmente soggiornante sul
territorio  nazionale,  posto  che la regolarizzazione prevista dalla
legge   n. 222   del   2002   presuppone  proprio  la  condizione  di
clandestinita', sanabile in presenza di determinate condizioni;
        che,   d'altra   parte,   l'impugnazione   del   diniego   di
regolarizzazione  dinanzi  al  giudice  amministrativo  e' azione ben
distinta dall'impugnazione del provvedimento di espulsione dinanzi al
giudice ordinario;
        che,   secondo  il  rimettente,  la  mancata  previsione  del
giudizio  di  impugnazione  del  diniego di regolarizzazione, ai fini
dell'ammissione  al  patrocinio  a spese dello Stato, sembra porsi in
contrasto   con  l'art. 3  della  Costituzione,  per  violazione  del
principio  di'  ragionevolezza,  in  quanto  scelta irragionevole che
determina  un  grave pregiudizio alle concrete possibilita' di difesa
in  giudizio, ed inoltre per violazione del principio di uguaglianza,
poiche'  determina  un'ingiustificata  disparita'  di trattamento nei
confronti  dei  cittadini  extracomunitari i quali si trovino a dover
contrastare  provvedimenti  negativi  incidenti sulla possibilita' di
permanere  nel  territorio  italiano  (impugnazione  dei  dinieghi di
rilascio  o di rinnovo, nonche' di revoca del permesso di soggiorno),
rispetto   ai   cittadini  extracomunitari  che  si  giovano  di  una
situazione di soggiorno regolare;
        che,  in  particolare,  quanto  alla  dedotta  violazione del
principio di ragionevolezza, oltre alla condizione di disagio sociale
e  di  difficolta'  economica  che  rappresenta la normalita' per gli
aspiranti  alla  regolarizzazione  e  rende  per essi fondamentale la
possibilita'  di  giovarsi  di  un  patrocinio  non  oneroso, occorre
considerare che l'espulsione consegue, quale provvedimento pressoche'
vincolato,  al  diniego di regolarizzazione, e che quindi e' soltanto
mediante l'impugnazione di tale provvedimento che nella maggior parte
dei  casi puo' essere fatta valere tempestivamente la sussistenza dei
presupposti utili al rilascio di un titolo di soggiorno;
        che,   pertanto,   alla  luce  della  tutela  apprestata  dal
censurato   art. 142  nei  giudizi  concernenti  i  provvedimenti  di
espulsione - espressione di un principio di assistenza e tutela della
condizione   degli   stranieri,   ancorche'  non  in  regola  con  le
disposizioni  in  materia  di  ingresso  e  soggiorno  -,  la mancata
estensione   di  tale  tutela  alle  impugnazioni  del  provvedimento
presupposto e condizionante da' luogo ad una palese irragionevolezza,
anche  perche'  in tal modo la stessa tutela in materia di espulsione
in molti casi risulta inefficace;
        che,   quanto   alla  denunciata  disparita'  di  trattamento
rispetto   agli   stranieri   regolarmente  soggiornanti,  sembra  al
rimettente del tutto irragionevole la scelta normativa che, dopo aver
consentito  (per  finalita'  di  interesse pubblico) la sanatoria dei
clandestini  occupati  in attivita' lavorative (legge 9 ottobre 2002,
n. 222),  abbandona  l'esito  dei  procedimenti di regolarizzazione a
fattori  casuali  (quali  la  possibilita'  dei  singoli  di tutelare
concretamente le proprie ragioni, sostenendo l'onere del patrocinio),
anziche'  collegarlo  in  ogni  caso  ad  una  seria  verifica, anche
giurisdizionale,    della    effettiva   sussistenza   dei   relativi
presupposti;
        che sussiste inoltre, secondo il giudice a quo, la violazione
dell'art. 24  della  Costituzione inequivoco nel senso che il diritto
alla   difesa   non  tollera  discriminazioni  fondate  sullo  status
civitatis   in   quanto,   se   il   legislatore   ha   ritenuto  che
l'approntamento  di  una forma di sostegno economico al cittadino non
abbiente  sia  un complemento indispensabile del diritto alla difesa,
identico trattamento deve essere riservato allo straniero;
        che  e' verosimile - aggiunge il Collegio rimettente - che il
legislatore  abbia  ritenuto  sufficiente  ad  assicurare  parita' di
trattamento  sotto questo profilo il disposto dell'art. 142 del testo
unico  sulle spese di giustizia, che prevede addirittura ope legis il
patrocinio  a  spese  dello Stato in tutti i giudizi promossi avverso
decreti di espulsione;
        che    e'    probabile,   infatti,   secondo   il   Tribunale
amministrativo  regionale  dell'Umbria,  che  «il  legislatore  abbia
considerato  che,  ove  l'espulso  risulti  vittorioso  nel  giudizio
avverso  l'espulsione,  egli si viene a trovare automaticamente nella
condizione  del soggiornante legittimo, e consegue cosi' il titolo al
beneficio  in  forza  dell'art. 119;  mentre  se  l'espulsione rimane
confermata,  l'espulso  non  ha  piu'  ragione di difendersi in altri
giudizi»;
        che  per  il  giudice a quo, se e' stato questo l'intento del
legislatore,  la  norma  appare,  tuttavia, incongrua, perche' non si
puo'  escludere  che lo straniero legittimamente espulso sia comunque
parte  di  controversie civili o amministrative che per lui rivestono
vitale  importanza (ad esempio: azioni civili per crediti di lavoro o
di risarcimento del danno) senza avere i mezzi per sostenerle, con la
conseguenza  che, in tale ipotesi, la norma tornerebbe addirittura ad
ingiustificato  vantaggio  della  controparte (che potrebbe essere un
debitore inadempiente);
        che,   peraltro,   in   situazioni  come  quella  di  specie,
l'espulsione e' una conseguenza praticamente vincolata del diniego di
regolarizzazione;  sicche'  non  ha senso concedere allo straniero di
essere  difeso  a  spese  dello Stato nel ricorso contro l'espulsione
(art. 142)  e  negargli, invece, analogo beneficio nel ricorso contro
il presupposto dell'espulsione (art. 119);
        che  le  norme  censurate sarebbero in contrasto, infine, con
l'art. 113  della  Costituzione,  che  sostanzialmente riproduce, con
uguale  latitudine,  il  disposto  dell'art. 24 Cost., riferendosi in
particolare  alla  tutela  giurisdizionale  davanti agli organi della
giustizia amministrativa;
        che  l'estensione  dell'istituto del patrocinio a spese dello
Stato ai giudizi in materia di diniego di regolarizzazione non appare
conseguibile   direttamente   in   via   interpretativa,  trattandosi
dell'estensione  di una disciplina che comporta oneri per il bilancio
dello Stato;
        che, secondo il giudice a quo, nel caso di specie, sussistono
gli  altri  presupposti  richiesti  dalla  legge  per l'ammissione al
beneficio   (condizioni   economiche   disagiate   e   non  manifesta
inammissibilita'   o  infondatezza  del  ricorso),  ed  il  Consiglio
dell'Ordine  degli  avvocati  di  Perugia  ha  espresso  il parere di
congruita'  previsto  dall'art. 82,  comma 1,  del  d.P.R. n. 115 del
2002;
        che  ne  consegue  la rilevanza della questione ai fini della
decisione  della  domanda  di  liquidazione  delle spese del giudizio
principale;
        che  il  rimettente afferma poi di voler approfondire l'esame
della  rilevanza alla luce di quanto affermato dalla citata ordinanza
della Corte costituzionale n. 76 del 2006;
        che,  secondo  il  giudice a quo, il ricorrente ha dichiarato
che  il  suo  reddito  ai  fini IRPEF per l'anno 2002 era pari a euro
4192,31,  che il reddito dei suoi familiari era pari a zero e che non
possedeva ne' immobili ne' redditi di sorta in Marocco;
        che,  poiche' tale reddito era inferiore alle soglie previste
dall'art. 76 del d.P.R. n. 115 del 2002, l'istanza era stata accolta,
ma che, tuttavia, in camera di consiglio, in sede di liquidazione del
quantum  delle  spese  da liquidare al difensore dello straniero, era
pervenuta,   come   gia'   riferito,   una   memoria   del  Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  con  la quale si chiedeva la revoca
dell'ammissione   del   patrocinio   a  spese  dello  Stato  in  base
all'art. 119 del d.P.R. n. 115 del 2002;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la questione venga dichiarata inammissibile o
comunque infondata.
    Considerato che il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria
dubita  della  legittimita'  costituzionale degli artt. 119 e 142 del
d.P.R.   30 maggio  2002,  n. 115  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative  e regolamentari in materia di spese di giustizia - Testo
A),   nella  parte  in  cui  non  prevedono  che  lo  straniero,  non
regolarmente soggiornante, possa essere ammesso al patrocinio a spese
dello  Stato  per  i  non  abbienti,  nei giudizi promossi avverso il
diniego  della  regolarizzazione  di cui all'art. 1 del decreto-legge
9 settembre   2002,   n. 195  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di
legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari), convertito,
con  modificazioni,  dall'art. 1  della legge 9 ottobre 2002, n. 222,
per   violazione:   dell'art. 3  della  Costituzione,  perche'  -  in
relazione   alla   condizione   abituale  di  disagio  sociale  e  di
difficolta'   economica   degli  aspiranti  alla  regolarizzazione  -
affiderebbero  l'esito dei procedimenti di regolarizzazione a fattori
casuali  (quali  la  possibilita'  dei singoli di tutelare le proprie
ragioni,    sostenendo    l'onere    del   patrocinio),   e   perche'
determinerebbero  un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  dei
cittadini extracomunitari aspiranti alla regolarizzazione rispetto ad
altri  cittadini  extracomunitari,  i  quali potrebbero usufruire del
patrocinio a spese dello Stato per contrastare provvedimenti negativi
incidenti  sulla  possibilita'  di  permanere nel territorio italiano
(impugnazione  dei  dinieghi  di  rinnovo del permesso di soggiorno),
giovandosi  di  una  situazione  di  soggiorno regolare; dell'art. 24
della  Costituzione,  perche'  il diritto di difesa e' riconosciuto a
tutti,  senza  alcuna discriminazione legata allo status civitatis, e
perche'  il  legislatore ha ritenuto che l'approntamento di una forma
di   sostegno   economico   al   non   abbiente  sia  un  complemento
indispensabile  del  diritto  di  difesa; nonche' dell'art. 113 della
Costituzione,  che  sostanzialmente riproduce, con uguale latitudine,
il  disposto  dell'art. 24  Cost.,  riferendosi  in  particolare alla
tutela   giurisdizionale   davanti   agli   organi   della  giustizia
amministrativa;
        che  lo stesso Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria
aveva  gia'  sollevato  identica questione, dichiarata manifestamente
inammissibile   con   ordinanza  n. 76  del  2006  per  insufficiente
descrizione  della  fattispecie  concreta,  per essersi il rimettente
limitato  ad  affermare  che  sussistevano  le  condizioni economiche
disagiate   del   ricorrente,   quale   presupposto   richiesto   per
l'ammissione   al  beneficio,  senza  tenere  presente  che  da  tale
affermazione  non  si desume se il cittadino extracomunitario fosse o
meno  in  possesso dei requisiti di reddito necessari per accedere al
patrocinio a spese dello Stato;
        che  il motivo di inammissibilita' della precedente ordinanza
e'  superato,  perche'  nella  ordinanza  all'odierno esame lo stesso
rimettente  riferisce con precisione il reddito dell'istante (4192,00
euro,  reddito che effettivamente e' inferiore alla soglia di reddito
necessaria  per  poter  usufruire del patrocinio a spese dello Stato,
che era pari a 9296,00 euro all'epoca dell'ordinanza di rimessione, e
che ora e' pari a 9723,00 euro);
        che  cio'  non  esclude  la sussistenza di analoga ragione di
inammissibilita', dal momento che, in presenza dell'art. 79, comma 2,
del  d.P.R.  n. 115  del  2002  -  a  norma  del quale «per i redditi
prodotti   all'estero,   il   cittadino  di  Stati  non  appartenenti
all'Unione   europea   correda   l'istanza   con  una  certificazione
dell'autorita'  consolare  competente,  che attesta la veridicita' di
quanto  in  essa indicato» -, il rimettente non fa menzione di questa
certificazione, necessaria al fine dell'accertamento delle condizioni
per  l'ammissione  al  patrocinio a spese dello Stato, limitandosi ad
affermare  che  l'istante  aveva  dichiarato  esclusivamente  di  non
possedere ne' immobili, ne' redditi di sorta in Marocco;
        che,  per costante giurisprudenza di questa Corte, il giudice
deve  rendere  esplicite  le  ragioni  che lo inducono a sollevare la
questione  di  costituzionalita' con una motivazione autosufficiente,
tale  da  permettere  la  verifica della valutazione sulla rilevanza:
cio'  che,  per la evidenziata lacuna, non risulta possibile nel caso
di specie;
        che  tale  insufficienza  della  motivazione, non consentendo
alla  Corte il controllo sulla rilevanza della questione nel giudizio
a  quo,  determina  la  manifesta  inammissibilita'  della  questione
sollevata (ex plurimis, ordinanze n. 220, n. 319 e n. 376 del 2006).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   degli  artt. 119  e  142  del  d.P.R.
30 maggio  2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia - Testo A), sollevata,
in  riferimento  agli  artt. 3,  24  e  113  della  Costituzione, dal
Tribunale  amministrativo  regionale  dell'Umbria, con l'ordinanza in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Finocchiaro
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 20 luglio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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