N. 598 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 aprile 2007

Ordinanza  emessa  il  17 aprile  2007  dal  tribunale  di  Roma  nel
procedimento penale a carico di Pirrami Ettore

Reati  e  pene  -  Circostanze  del  reato  - Concorso di circostanze
  aggravanti  e  attenuanti - Divieto di prevalenza delle circostanze
  attenuanti  sulle  circostanze  inerenti alla persona del colpevole
  nel  caso  previsto dall'art. 99, quarto comma, cod. pen. (recidiva
  reiterata)  -  Contrasto  con  il  principio della proporzionalita'
  della  pena - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione dei
  principi  della  responsabilita'  penale personale e della funzione
  rieducativa della pena.
- Codice  penale,  art. 69, comma quarto, come modificato dall'art. 3
  della legge 5 dicembre 2005, n. 251.
- Costituzione, artt. 3 e 27.
(GU n.35 del 12-9-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Nel procedimento penale n. 8005/07 r.g. trib. a carico di Pirrami
Ettore,  imputato del reato di cui all'art. 73, comma 1 e comma 1-bis
del  d.P.R  9  ottobre  1990,  n. 309,  «perche',  in  esecuzione del
medesimo   disegno   criminoso,   senza   l'autorizzazione   di   cui
all'art. 17, vendeva e comunque cedeva a Casciotti Alberto gr. 0,9 di
sostanza  stupefacente  del tipo eroina ed illecitamente deteneva gr.
10,8  di  sostanza  stupefacente  del  tipo eroina che per quantita',
modalita'  di  confezionamento  (suddivisa  in 12 involucri) ed altre
circostanze dell'azione (v. verbale di arresto) appariva destinava ad
un uso non esclusivamente personale. Recidiva specifica reiterata. In
Roma 21 marzo 2007», all'udienza del 17 aprile 2007 ha pronunziato la
seguente ordinanza.
    Ritiene   il   tribunale  che  ricorrano  le  condizioni  di  cui
all'art. 23  della  legge  1  1  marzo 1953, n. 87, per sollevare, su
conforme   eccezione  della  difesa,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale   dell'art. 69,  quarto  comma,  codice  penale,  come
novellato  dall'art. 3  della  legge  5 dicembre  2005, n. 251, nella
parte  in  cui,  nei  casi previsti dall'art. 99, quarto comma, c.p.,
stabilisce  il  divieto  di  prevalenza  delle circostanze attenuanti
sulle ritenute circostanze aggravanti, per violazione degli artt. 3 e
27 della Costituzione.
    La  questione  appare  invero  rilevante, non potendo il giudizio
essere  definito  indipendentemente  dalla  questione di legittimita'
costituzionale   della  norma  in  questione,  e  non  manifestamente
infondata.
    Quanto alla rilevanza della questione, si osservi quanto segue.
    In  data  21 marzo  2007  Pirrami  Ettore aveva tratto in arresto
dinanzi  a questo tribunale per la convalida e il successivo giudizio
direttissimo in relazione al reato descritto in epigrafe. Convalidato
l'arresto,  all'udienza  successiva  l'imputato,  a messo del proprio
difensore, avanzava richiesta di definizione del giudizio con il rito
abbreviato,  subordinato  all'acquisizione  di  certificazione  della
A.S.L.  di  Roma,  e  il tribunale disponeva in conformita'. Indi, la
difesa  medesima sollevava questione di legittimita' costituzione del
menzionato  art. 69,  comma  4  c.p.p.  in relazione ai profili sopra
precisati.
    Ebbene,  va  premesso,  anzitutto, che, in ipotesi, l'episodio in
addebito  e'  suscettibile  di  essere  ricondotto  alla  fattispecie
attenuata  di  cui al comma 5 dell'art. 73, d.P.R. n. 309/1990. Cio',
in  particolare,  in  considerazione del modesto dato ponderale della
sostanza  rinvenuta  nella  disponibilita'  del  presunto  acquirente
Casciotti e del Pirrami - dall'analisi tossicologica e' risultato che
l'involucro sequestro al primo conteneva gr. 0,187 di sostanza con il
principio  attivo  dell'eroina nella misura del 14,7%, dalla quale e'
possibile   ricavare  una  singola  dose  media,  mentre  l'involucro
sequestro al secondo conteneva gr. 2,913 di sostanza con il principio
attivo  dell'eroina  nella misura del 15,0%, dalla quale e' possibile
ricavare  17  singole  dosi  medie -, dati, questi, che indubbiamente
evidenziano  la  contenuta  offensivita'  della condotta e consentono
agevolmente  di  ricondurre  l'episodio  ad  un  fenomeno  di piccolo
spaccio.  Conforta  tali conclusioni lo stato di tossicodipendenza in
cui  versa  da anni il Pirrami (secondo quanto risulta dall'acquisita
certificazione  del  SER.T.  in  data  29 marzo 2007), trattandosi di
circostanza  che  puo', in ipotesi, indurre a ritenere che quantomeno
una  parte  della  sostanza  detenuta  dallo stesso presso la propria
abitazione fosse destinata all'uso personale.
    Cio'  detto,  va sottolineato che non sussistono dubbi, ad avviso
di  questo tribunale, circa la natura di circostanza della cosiddetta
«ipotesi  lieve».  Al  riguardo,  la  suprema  Corte  di cassazione a
sezioni  unite ha gia' da tempo affermato che detta ipotesi normativa
configura  non  una fattispecie autonoma di reato, ma una circostanza
attenuante ad effetto speciale, essendo essa correlata ad elementi (i
mezzi,  le  modalita',  le  circostanze dell'azione, la qualita' e la
quantita'   delle   sostanze)   che  non  mutano,  nell'obbiettivita'
giuridica  e nella struttura, le fattispecie previste dai primi commi
dell'articolo,  ma - conformemente del resto a quanto sempre ritenuto
dal supremo Collegio in presenza di espressioni normative relative ai
«fatti  di  lieve entita» - attribuiscono ad esse solo minore valenza
offensiva e grado di pericolosita' (cfr., sul punto, Cass., sez. un.,
31 maggio 1991, Parisi; nonche' Cass. n. 38879 del 29 settembre 2005;
Cass.  n. 20556  del  24 febbraio  2005;  Cass.,  sez. un., n. 17 del
21 giugno   2000).   Detto  principio,  costantemente  seguito  dalla
successiva  giurisprudenza  di  legittimita', conserva intatta la sua
validita', non essendone mutati i presupposti argomentativi di fondo,
anche  a  seguito  dei  successivi interventi normativi incidenti sul
Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e
sostanze  psicotrope  (d.P.R.  n. 309  del  1990),  sino  all'ultimo,
costituito dalla legge 21  febbraio 2006, n. 29. Quest'ultima novella
rafforza,  anzi, il suddetto convincimento, laddove elimina in radice
l'argomento  letterale  utilizzato  dai fautori della tesi contraria,
desumibile  dal  disposto  del  previgente art. 90, d.P.R. n. 309 del
1990,  il  quale  stabiliva,  in  tema di sospensione dell'esecuzione
della  pena  detentiva,  che «la stessa disposizione si applica per i
reati  previsti  dall'art. 73,  comma  5...».  Ebbene,  il menzionato
art. 90,  nella sua nuova formulazione, non contiene piu' il predetto
equivoco  riferimento  ai «reati» di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R.
n. 309 del 1990; mentre, per altro verso, rimane fermo l'argomento di
segno opposto, desumibile dalla lettera dell'art. 380, secondo comma,
lett.  h),  c.p.p., come sostituito dall'art. 2, decreto-legge n. 247
del  1991,  convertito  in  legge n. 314 del 1991, il quale definisce
espressamente  come  «circostanza» la fattispecie prevista dal quinto
comma dell'art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990.
    Dal  fatto  che  trattasi  di circostanza attenuante discende che
essa  e'  soggetta  all'obbligatorio  giudizio di comparazione di cui
all'art. 69,  quarto  comma, c.p. con le circostanze di segno opposto
eventualmente   ritenute,  tra  le  quali  pacificamente  rientra  la
recidiva (circostanza inerente la persona del colpevole).
    Ora,  atteso  che  indubbiamente  ricorrono nel caso in esame gli
estremi   della   contestata  recidiva  specifica  reiterata  di  cui
all'art. 99, comma 4 c.p. - l'imputato risulta infatti gravato da sei
precedenti  penali,  di  cui  tre specifici, per i quali ha riportato
condanna con sentenze del pretore di Roma e del Tribunale di Roma - e
che  il  novellato  art. 69, comma quarto c.p. consente unicamente il
giudizio  di  comparazione tra circostanze attenuanti e aggravanti in
termini   di   equivalenza,   ne   consegue   dunque   che,  ritenuta
l'equivalenza  tra  la  recidiva contestata e la ritenuta circostanza
attenuante  di  cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, la pena
da  infliggersi  all'imputato  (salva  la  diminuente  del rito) puo'
essere  solo  quella  prevista  dal  comma 1 della medesima norma (ai
sensi  di quanto previsto dall'art. 69 comma 3 c.p.), determinata dal
legislatore,  nel  minimo, in anni sei di reclusione e 26.000,00 euro
di multa.
    Da  qui  la rilevanza della questione prospettata, consentendo il
giudizio  di  prevalenza  della  circostanza  attenuante del fatto di
lieve   entita'  sulla  recidiva  contestata  -  giudizio  consentito
dall'art. 69 c.p. anche per quanto riguarda le circostanze ad effetto
speciale - la comunicazione di una pena contenuta nei limiti edittali
previsti  dal  comma 5 in luogo di quella, assai piu' aspra, prevista
dal comma 1.
    Venendo   al  profilo  della  non  manifesta  infondatezza  della
questione  proposta,  ritiene il Tribunale che l'attuale formulazione
dell'art. 69  comma  4  c.p.,  nella  parte in cui, nei casi previsti
dall'art. 99, quarto comma, c.p., stabilisce il divieto di prevalenza
delle  circostanze  attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti,
dia luogo ad una violazione degli artt. 3 e 27 della Costituzione.
    Si osservi che tra i caratteri che la pena deve possedere secondo
la  Costituzione  vi  e'  quello della proporzionalita' rispetto alla
gravita'  del  fatto.  Tale  principio, cardine della moderna cultura
giuridica e limite logico del potere punitivo nello Stato di diritto,
e'   insito   nel  concetto  retributivo  di  pena  (il  male  subito
costituisce  il corrispettivo del male inflitto se ed in quanto sia a
questo  proporzionato)  ed e' costituzionalizzato dagli artt. 3 e 27,
commi  primo  e  terzo  Cost.,  che  impongono,  rispettivamente,  il
trattamento  differenziato  delle  situazioni diverse e l'ineludibile
giustizia  della  pena,  intrinseca  nel  carattere  personale  della
responsabilita'  e  presupposto  dell'azione rieducatrice della pena.
Concetto, quello della proporzionalita', che impone al legislatore la
previsione  di  pene  edittali  graduate in relazione ad una scala di
gravita'  dei  reati  (gravita'  determinata  dal rango dei beni, dal
grado  e  dalla quantita' dell'offesa, dal tipo di colpevolezza) e la
concreta  graduabilita'  da parte del giudice della misura della pena
edittale  in  relazione  ad  una  scala  di  gravita'  delle  ipotesi
ricomprese  nella  fattispecie  legale.  Solo  una pena proporzionata
all'offesa  e'  in  grado  di  assolvere  alla sua composita funzione
retributiva,  intimidatrice  e  rieducativa  e  di armonizzarsi con i
principi   costituzionali   di   eguaglianza,  della  responsabilita'
personale  e del finalismo rieducativo della pena, laddove invece una
pena  sproporzionata  lede  tanto il principio di eguaglianza (art. 3
Cost.),  che  implica  un  pari trattamento degli eguali ma anche una
diversificazione  dei distinti e che si traduce per il legislatore in
un  imperativo  di  ragionevolezza  in ordine alle differenziazioni e
alle  equiparazioni  operate,  quanto il principio della personalita'
della  pena  (art. 27,  primo comma, Cost.), che impone, tra l'altro,
che  la pena sia adeguata, nella specie e nella quantita', anche alle
condizioni  personali  dell'agente,  quanto  infine  il principio che
impone  (nel  triplice momento legislativo, giudiziario ed esecutivo)
l'individualizzazione   della   pena   in   funzione  delle  esigenze
specialpreventivo-risocializzative   del   soggetto  (art. 27,  terzo
comma, Cost.), sacrificando l'irragionevole durezza della sanzione il
singolo  a  supposte  superiori  esigenze  collettive di stabilita' e
difesa sociale.
    Il giudizio di comparazione fra circostanze e' uno degli istituti
finalizzati a consentire, nel momento della decisione giudiziaria, di
rendere  la  pena  adeguata,  nella  qualita'  e  nella  misura, alla
gravita'  del  fatto e alla personalita' del suo autore (la finalita'
e'  proprio  «quella di apprezzare la personalita' del colpevole e la
vera  entita' del fatto onde conseguire il perfetto adattamento della
pena  al  caso  concreto»,  Cass., sez. IV, 28 giugno 2005, n. 30432,
P.G.  Milano  in  proc.  Matti),  sicche' la negazione di un completo
giudizio di comparazione tra circostanze di segno opposto finisce per
omogeneizzare   il  trattamento  di  situazioni  anche  profondamente
diverse   e   per   pregiudicare,   oltre  che  la  stessa  efficacia
generalpreventiva   della   pena   (che   presuppone   a   sua  volta
l'adeguatezza della sanzione, poiche' la pena, se troppo severa, puo'
essere  addirittura  criminogena,  istigando  alla  ribellione e alla
solidarieta'  con  il reo, trasformato in vittima), anche la funzione
rieducativa  cui  essa  deve tendere, assolta solo calibrando la pena
sulla  personalita'  e i bisogni risocializzativi dell'autore. E cio'
in  modo particolare allorquando il divieto di prevalenza riguardi le
circostanze attenuanti ad effetto speciale, concepite dal legislatore
con  la  previsione  di  pene  assai  piu' miti proprio per conferire
speciale rilievo alla ridotta offensivita' del fatto.
    Nei  caso in esame, ritiene il tribunale che il novellato art. 69
c.p.,  nella parte in cui prevede che la circostanza soggettiva della
persona  del colpevole consistente nell'avere riportato piu' condanne
penali   non  consenta  il  giudizio  di  prevalenza  delle  ritenute
circostanze   attenuanti,  possa  dare  luogo  ad  una  irragionevole
sproporzione  tra  il  trattamento  sanzionatorio  applicabile  e  la
concreta  gravita'  del reato e della colpevolezza. Specie in ipotesi
di  reato  come quella di cui all'art. 73, d.P.R. n. 309/1990, in cui
assai  marcata  e'  la  differenza  nel  trattamento  tra fattispecie
ordinaria   e   attenuata,  il  divieto  di  prevalenza  finisce  per
neutralizzare  la  portata sanzionatoria della circostanza ad effetto
speciale  con  la  conseguenza  di  omogeneizzare  il  trattamento di
situazioni  profondamente  diverse  (il narcotrafficante di rilevanti
partite  di  stupefacente  contemplato  dal  comma  1 e l'occasionale
cedente  di  qualche  modesta  dose  del comma cinque). Precludere il
giudizio  di  prevalenza  conduce in effetti ad applicare la medesima
risposta  sanzionatoria a condotte di gravita' estrema e condotte di'
gravita'  modestissima  e  ad  autori  dalle  personalita'  del tutto
diverse.   Si   pensi,   a   quest'ultimo  riguardo,  all'uniformita'
sanzionatoria  che  si  produce  in forza della norma in commento con
riferimento  a  imputati  ritenuti  meritevoli  di  una pluralita' di
attenuanti  e imputati ai quali sia riconosciuta una sola circostanza
attenuante;  a  recidivi  per  reati c.d. «bagatellari» o comunque di
modesta  gravita'  e  recidivi  per  reati gravissimi; a recidivi per
reati  assai  risalenti  nel  tempo e recidivi per reati recentemente
consumati.
     Tali sono i motivi per cui appare rilevante e non manifestamente
infondato  il dubbio di costituzionalita' dell'art. 69, quarto comma,
codice  penale,  come  novellato  dall'art. 3  della legge 5 dicembre
2005, n. 251, nella parte in cui, nei casi previsti dall'articolo 99,
quarto   comma,   c.p.,   stabilisce   divieto  di  prevalenza  delle
circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 69,  quarto  comma,  codice
penale,  come  novellato  dall'art. 3  della  legge  5 dicembre 2005,
n. 251,  nella  parte  in  cui,  nei  casi previsti dall'articolo 99,
quarto   comma,   c.p.,   stabilisce   divieto  di  prevalenza  delle
circostanze  attenuanti  sulle  ritenute  circostanze aggravanti, per
violazione degli artt. 3 e 27 della Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza, di
cui  e'  data  lettura  in  udienza  alle  parti,  sia  notificata al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ed  altresi' comunicata al
Presidente  del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera
dei deputati.
        Roma, addi' 17 aprile 2007
                         Il giudice: Steidl
07C1086