N. 604 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 2006

Ordinanza  emessa  il  20  novembre 2006 dal tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio  sul ricorso proposto da Atzeni Manfredo contro
Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa ed altri

Consiglio di Stato - Aliquote percentuali di provvista dei magistrati
  -  Composizione  del  ruolo nelle medesime aliquote previste per il
  sistema  di  provvista  -  Mancata  previsione - Irragionevolezza -
  Lesione del principio di riserva di legge in materia di ordinamento
  giudiziario   -  Violazione  dei  principi  di  buon  funzionamento
  dell'organo  giurisdizionale,  di  indipendenza  del  giudice  e di
  soggezione dello stesso alle leggi.
- Legge 20 aprile 1982, n. 186, artt. 19 e 20.
- Costituzione, artt. 3, 97, 100, 101 e 108.
Consiglio di Stato - Concorso a consigliere di Stato - Previsione per
  i  vincitori  del  concorso  del  conseguimento  della  nomina  con
  decorrenza  dal 31 dicembre dell'anno precedente a quello in cui e'
  indetto  il  concorso  stesso  - Irragionevolezza ed ingiustificato
  piu'  favorevole  trattamento  dei consiglieri selezionati mediante
  concorso  rispetto  ai  consiglieri  reclutati tra i consiglieri di
  Tribunale    amministrativo    regionale,   pur   nell'ipotesi   di
  conferimento  di  funzioni  anteriore  a  quello  dei  vincitori di
  concorso.
- Legge 17 aprile 1982, n. 186, art. 19, comma 1, n. 3.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.35 del 12-9-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 5789/2006
proposto  da  Atzeni  Manfredo,  rappresentato  e difeso dagli avv.ti
Antonio  Campagnola  e  Maurizio  Nucci  ed elettivamente domiciliato
presso il loro studio in Roma, via Lutezia n. 8;
    contro il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa,
in  persona del legale rappresentante pro tempore e la Presidenza del
Consiglio  dei  Ministri,  in  persona  del suo Presidente in carica,
rappresentati  e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato,
presso  i  cui  uffici  sono  legalmente domiciliati in Roma, via dei
Portoghesi  n. 12;  e  nei  confronti  di  Tomassetti Alessandro, non
costituitosi  in  giudizio,  per  l'annullamento  previa  sospensione
cautelare:
        del  decreto in data 30 marzo 2006 (pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale  n. 26  del  4 aprile 2006), con il quale il Presidente del
Consiglio di Stato ha indetto un concorso, per titoli ed esami, a due
posti  di  consigliere  di  Stato;,  di  tutti gli atti preparatori e
presupposti,  ed  in  particolare,  della  delibera  del Consiglio di
Presidenza  della Giustizia amministrativa adottata il 23 marzo 2006,
nella parte in cui, dopo aver verificato la vacanza nell'organico dei
consiglieri  di Stato di n. 5 posti, assegna solo tre posti, in luogo
di  cinque,  al passaggio dei consiglieri di Tribunale amministrativo
regionale nel ruolo dei consiglieri di Stato.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti  gli  atti di costituzione in giudizio della Presidenza del
Consiglio  dei ministri e del Consiglio di Presidenza della Giustizia
amministrativa;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore  all'udienza pubblica del 10 ottobre 2006 il consigliere
Renzo Conti;
    Uditi,  l'avv.  M.  Nucci  per il ricorrente e l'avv. dello Stato
Aiello per le amministrazioni resistenti;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue.

                              F a t t o

    Con  il  ricorso  in  trattazione,  notificato il 5 giugno 2006 e
depositato  il  successivo 14 giugno, il dott. Manfredo Atzeni, nella
qualita'  di  magistrato  di  Tribunale  amministrativo regionale con
qualifica di consigliere, espone:
        che  con i provvedimenti indicati in epigrafe il Consiglio di
Presidenza  della  giustizia amministrativa, dopo aver verificato una
vacanza  di  cinque  posti  nel  ruolo  dei  consiglieri di Stato, ha
deliberato   di   ricoprirne  soltanto  tre  mediante  la  nomina  di
consiglieri  di Tribunale amministrativo regionale dichiarati idonei,
riservandone  gli  altri due ai vincitori di un concorso pubblico per
titoli ed esami;
        che tali atti, ed in particolare la delibera del Consiglio di
presidenza  della giustizia amministrativa, sono stati adottati sulla
base  di  una errata interpretazione ed applicazione degli artt. 19 e
20  della legge 27 aprile 1982, n. 186, apparentemente rispettosa del
dato letterale delle disposizioni, ma contrastante con la ratio della
legge e della sua effettiva disciplina sostanziale;
        che,  conseguentemente,  la  quota riservata al passaggio dei
magistrati  di  provenienza  Tribunale  amministrativo  regionale nel
ruolo  dei  Consiglieri  di  Stato  e'  stata ridotta da cinque a tre
posti,  con  evidente  e  grave  lesione  dei diritti e interessi del
ricorrente;
    Cio'   esposto,   quest'ultimo   ha  chiesto  l'annullamento  dei
provvedimenti  indicati in epigrafe per il seguente articolato motivo
di gravame, cosi' dallo stesso paragrafato:
        violazione  ed  errata interpretazione degli articoli 19 e 20
della  legge  n. 186 del 1982. Eccesso di potere per travisamento dei
fatti  ed  errore  nei  presupposti  di diritto; contraddittorieta' e
manifesta illogicita'.
    In  via  subordinata,  l'interessato ha eccepito l'illegittimita'
costituzionale dei predetti artt. 19 e 20 della legge n. 186 del 1982
per contrasto con gli artt. 3, 97, 100, 101 e 108 della Costituzione.
    In  via  ancora  piu'  gradata,  nella  mera  eventualita' in cui
l'indizione  del  concorso  possa  ritenersi legittima, ha dedotto il
seguente ulteriore motivo di gravame.
    Illegittimita'  del  decreto  del  30  marzo  2006 derivata dalla
illegittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 1, n. 3 della legge
n. 186/1982  nella  parte in cui prevede che il vincitore di concorso
sia  immesso  nel  ruolo  dei Consiglieri di Stato con retrodatazione
della  nomina  al  31  dicembre  dell'anno  precedente  a  quello  di
indizione del concorso.
    Si  sono costituiti per resistere la Presidenza del Consiglio dei
ministri    ed   il   Consiglio   di   presidenza   della   giustizia
amministrativa,  i  quali,  con  successiva  memoria del 29 settembre
2006,  hanno  eccepito il difetto di legittimazione del ricorrente ed
hanno,  comunque,  contrastato le avverse tesi difensive, concludendo
con  la  richiesta di reiezione del ricorso, siccome inammissibile ed
infondato nel merito.
    Non  si e' costituito, invece, il dott. Alessandro Tomassetti, al
quale  il ricorso, si sostiene, e' stato notificato nella qualita' di
controinteressato,   sul  presupposto  che  egli  avrebbe  presentato
domanda di partecipazione al concorso de quo quale primo referendario
in servizio presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
    Con memoria di pari data il ricorrente ha replicato all'eccezione
di   inammissibilita'   formulata   dalla   difesa   erariale  ed  ha
ulteriormente   illustrato   le   proprie  argomentazioni  difensive,
soffermandosi    in    particolare   sulle   dedotte   eccezioni   di
illegittimita' costituzionale delle norme sopra richiamate.
    Con  ordinanza  collegiale n. 4707/06 la richiesta di sospensione
degli  atti impugnati e' stata respinta per l'assenza dell'attualita'
del  danno  grave  ed  irreparabile  anche  alla luce della imminente
trattazione del ricorso nel merito.
    La  causa  e'  stata  quindi  chiamata  e posta in decisione alla
udienza  pubblica del 10 ottobre 2006, nel corso della quale le parti
hanno insistito per l'accoglimento dell contrapposte tesi difensive.

                            D i r i t t o

    Il  ricorso  e' rivolto avverso: a) il decreto del 30 marzo 2006,
con il quale il Presidente del Consiglio di Stato ha indetto concorso
per  titoli  ed  esami  a  due  posti  di consigliere di Stato; b) la
delibera  del  Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa
adottata  il  23 marzo 2006, nella parte in cui, dopo aver verificato
la  vacanza  nell'organico dei consiglieri di Stato di n. 5 posti, ha
assegnato  solo  tre  posti,  in  luogo  di  cinque, al passaggio dei
consiglieri  di  Tribunale  amministrativo  regionale  nel  ruolo dei
consiglieri di Stato.
    In  via  subordinata  l'impugnativa  tende  all'annullamento  del
predetto  decreto  del 30 marzo 2006 nella sola parte in cui richiama
l'art. 19,  comma  1, n. 3 della legge 27 aprile 1982 n. 186 inteso a
prevedere  che  «I  vincitori  del  concorso conseguono la nomina con
decorrenza  dal  31  dicembre dell'anno precedente a quello in cui e'
indetto il concorso stesso».
    Tanto   premesso,   va   previamente   esaminata  l'eccezione  di
inammissibilita'  del  gravame, formulata dalla difesa erariale sotto
il profilo della carenza di interesse del ricorrente ovvero della sua
legittimazione ad agire.
    Si  sostiene,  in  particolare,  che l'istante sarebbe gia' stato
nominato   consigliere   di  Stato  con  delibera  del  Consiglio  di
presidenza  della  giustizia  amministrativa  del 19 maggio 2006, per
essersi  graduato  terzo  in  ordine  di  anzianita' tra i magistrati
Tribunale     amministrativo    regionale    che    hanno    concorso
nell'assegnazione  dei  tre  posti  di  consigliere  di Stato ad essi
riservati.  Ne'  il suo interesse potrebbe permanere in ragione della
rilevata  circostanza  che  i  vincitori del concorso sarebbero a lui
anteposti  in  ruolo  in  forza  della  retrodatazione  disposta  dal
menzionato  art. 19  della  legge 27 aprile 1982 n. 186, in quanto la
lesione  lamentata  dipenderebbe  non dal bando, ma dall'applicazione
della predetta disposizione che non sarebbe stata censurata.
    L'eccezione appare infondata.
    Deve,  infatti,  riconoscersi  la  legittimazione a ricorrere del
dott.  Atzeni,  il  quale,  pur essendo stato nominato consigliere di
Stato  con  deliberazione  del  19  maggio 2006 (successivamente alla
proposizione  del  ricorso) conserva l'interesse ad agire in giudizio
in  quanto,  contrariamente alla tesi della difesa erariale, contesta
il  bando in argomento siccome viziato in via derivata (cfr. punto 11
del    ricorso)    dalla    dedotta   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 19,  comma  1,  n. 3  della legge 27 aprile 1982 n. 186 che
prevede  per  i  vincitori  del  concorso  l'immissione nel ruolo dei
consiglieri  di  Stato con retrodatazione della nomina al 31 dicembre
dell'anno   precedente   a   quello   di  indizione  della  procedura
concorsuale.
    A   tale   stregua,   permane   il   suo  interesse  ad  ottenere
l'annullamento degli atti impugnati non soltanto nella parte relativa
alla  richiamata  retrodatazione  delle  nomine, ma anche nella parte
(sub  1 e 2) concernente la accertata disponibilita' e la conseguente
messa  concorso  di  due posti di consiglieri di Stato in luogo della
loro  assegnazione,  per  anzianita',  ai  consiglieri  di  Tribunale
amministrativo  regionale,  atteso che la caducazione del bando nella
sua   interezza   eliminerebbe  in  radice  la  possibilita'  per  il
ricorrente  di essere sopravanzato nel ruolo dei consiglieri di Stato
dai vincitori del concorso.
    Non  puo'  inoltre  condividersi  la  tesi  dell'Avvocatura dello
Stato,  secondo la quale l'interesse azionato acquisterebbe carattere
di attualita' soltanto con i provvedimenti di nomina.
    Osserva  al  riguardo  il  Collegio  che  la retrodatazione delle
nomine e' prevista dal bando con il richiamo al citato art. 19, comma
1,  n. 3  della  legge 27 aprile 1082, n. 186 e, conseguentemente, la
lesione  deve  ritenersi  concretizzata  gia' con l'emanazione ditale
atto,  rispetto  al  quale i provvedimenti di immissione in ruolo non
potranno che avere carattere meramente applicativo.
    Per quanto sopra l'eccezione sollevata dalla difesa erariale deve
essere disattesa.
    Puo'  ora  passarsi  all'esame  del  primo  articolato  motivo di
gravame  con  il  quale  il ricorrente contesta la legittimita' della
delibera   del   23  aprile  2006,  che  ha  individuato  n. 2  posti
disponibili  nel  ruolo  dei consiglieri di Stato e della conseguente
indizione del concorso con il bando del 30 marzo 2006 sotto i profili
della violazione ed errata interpretazione di legge.
    Si   sostiene  da  parte  dell'interessato  che  i  provvedimenti
impugnati  sarebbero  fondati  su una lettura meramente formale degli
artt. 19  e  20  della  legge  n. 186/1982,  la  quale  ha portato ad
affermare  che  tutti  i  posti  divenuti  vacanti  dovrebbero essere
ripartiti   fra  le  tre  categorie  indicate  nello  stesso  art. 19
(consiglieri   di   Tribunale   amministrativo   regionale,  soggetti
prescelti mediante nomina politica e vincitori di concorso pubblico),
prescindendo  dalla  categoria  cui  quei  posti  appartenevano.  Una
corretta  interpretazione  delle stesse disposizioni, in linea con la
finalita'  della  legge  che e' quella di aumentare la componente dei
consiglieri   di   Stato   di  provenienza  Tribunale  amministrativo
regionale,  invece,  indurrebbe  a ritenere che, il legislatore abbia
inteso disciplinare non soltanto il sistema di provvista, ma anche la
composizione  del  Consiglio  di  Stato  nelle  identiche percentuali
dettate  per  la  provvista,  con la conseguenza che i posti lasciati
liberi  dovrebbero  essere  assegnati  alla  categoria cui quei posti
appartenevano.
    A sostegno della suddetta prospettazione viene evidenziato che:
        aderendo  alla  tesi  interpretativa dell'amministrazione, la
composizione  del Consiglio di Stato, in relazione alle tre categorie
di  magistrati  che  ne  fanno parte, non soltanto non avrebbe alcuna
disciplina,  ma  sarebbe lasciata al caso, in violazione dei precetti
costituzionali di cui agli artt. 97, 100, 101 e 108 i quali viceversa
impongono   che   la   legge   sull'ordinamento  della  giurisdizione
amministrativa  non  possa  prescindere  dall'indicare  la  specifica
composizione  del  ruolo dei consiglieri di Stato, nelle tre distinte
componenti e nelle stesse percentuali indicate per la provvista;,
        sarebbe,    pertanto,   preferibile   l'interpretazione   del
ricorrente,  per  essere  l'unica  rispettosa dei richiamati precetti
costituzionali;
        dagli stessi lavori preparatori della legge e dalla specifica
previsione  dell'obbligo  del  riassorbimento  contenuta nell'art. 20
emergerebbe  che  il legislatore abbia fatto riferimento non soltanto
al  sistema  di  provvista,  ma anche a quello della composizione del
Consiglio di Stato.
    La  tesi  non  e'  condivisa  dal  Collegio ed il motivo risulta,
conseguentemente, infondato.
    Giova  al  riguardo  richiamare  il contenuto degli artt. 19 e 20
della legge n. 186/1982.
    L'art. 19  espressamente dispone: «I posti che si rendono vacanti
nella qualifica di consigliere di Stato sono conferiti: 1) in ragione
della  meta' ai consiglieri di tribunale amministrativo regionale...;
2)  in  ragione  di  un quarto, a professori universitari ordinari di
materie  giuridiche o ad avvocati che abbiano almeno quindici anni di
esercizio  professionale  e siano iscritti negli albi speciali per le
giurisdizioni  superiori,  o  a  dirigenti generali od equiparati dei
Ministeri,  degli organi costituzionali e della altre amministrazioni
pubbliche  nonche'  a magistrati con qualifica non inferiore a quella
di  magistrato  di Corte di appello o equiparata...; 3) in ragione di
un   quarto,   mediante   concorso   pubblico  per  titoli  ed  esami
teorico-pratici...».
    A sua volta l'art. 20 dispone che «I posti vacanti, che non siano
coperti mediante le quote previste dall'art. 19, possono essere posti
in  aumento  alle  altre  categorie, previa proposta del consiglio di
presidenza, salvo riassorbimento negli anni successivi.
    Orbene,  dal contenuto delle predette disposizioni emerge che sia
l'art. 19   che   il   successivo   art. 20  dettano  chiaramente  ed
univocamente una disciplina relativa al solo «conferimento» dei posti
di  consigliere  di  Stato e, quindi, al solo loro reclutamento (c.d.
sistema di provvista).
    In  particolare,  per  quanto  riguarda l'art. 19, e' sufficiente
rilevare  che le percentuali di cui sopra sono espressamente riferite
alla  copertura  dei posti di consigliere di Stato e non alla stabile
composizione   dell'organo  giurisdizionale,  non  considerata  dalla
disposizione  medesima. Il successivo art. 20 ha invece introdotto il
sistema del riassorbirnento tra le diverse componenti solo al fine di
apportare  correttivi al meccanismo sopra specificato, qualora non si
riesca  a  coprire  taluno  dei  posti  vacanti  in  quota a ciascuna
categoria.
    In  via  generale  puo'  affermarsi  che  nessuna  norma di legge
contempla espressamente una disciplina relativa alla composizione del
Consiglio  di  Stato  che abbia riguardo alle tre componenti previste
dal citato art.  19.
    Per  contro la stessa legge n. 186/1982, all'art. 1, primo comma,
nel  disciplinare  la  «composizione» del Consiglio di Stato, dispone
che  «Il Consiglio di Stato» e' composto dal Presidente del Consiglio
di Stato, da presidenti di sezione e da consiglieri di Stato, secondo
la  tabella  A  allegata alla presente legge», senza prevedere alcuna
suddivisione  dell'organico in relazione alle varie componenti in cui
e' ripartito il sistema di provvista dei consiglieri di Stato.
    Parimenti alcun cenno alla composizione del Consiglio di Stato e'
rinvenibile  nell'originario  art. 17,  primo  comma,  della  legge 6
dicembre  1971,  n. 1034  -  poi  abrogato, nella parte relativa alla
percentuale,  dalla menzionata legge n. 186/1982 - il quale disponeva
che  «un  quarto  dei  posti  che  si  rendano  vacanti nel ruolo dei
consiglieri  di  Stato  e'  riservato  ai  consiglieri amministrativi
regionali  con  almeno  quattro  anni  di  effettivo  servizio  nella
qualifica».
    Come e' possibile constatare, la previsione legislativa si limita
ad  individuare  una  nuova  modalita'  di  accesso alla qualifica di
consigliere  di  Stato  e non anche a determinare la composizione del
citato Consesso in misura corrispondente al sistema di provvista.
    E'  ben  vero  che  nella  menzionata disposizione si fa espresso
richiamo  al «ruolo dei consiglieri di Stato», ma il riferimento alla
pianta   organica  prescinde  da  qualsiasi  suddivisione  nelle  tre
categorie in argomento.
    Del  resto,  non  puo' trascurarsi che il legislatore, laddove ha
inteso  disciplinare la composizione di un organo giurisdizionale, lo
ha  fatto  espressamente,  come  nel  caso del Consiglio di giustizia
amministrativa  per  la  regione  siciliana,  i  cui  componenti sono
individuati  per  numero  e categorie dall'art. 2 del d.lgs. 6 maggio
1948,  n. 654,  norma  questa  successivamente abrogata dal d.lgs. 24
dicembre  2003,  n. 373,  che agli artt. 3 e 4 disciplina ancora piu'
minuziosamente la «composizione» dell'Organo con riferimento sia alla
sezione consultiva che a quella giurisdizionale.
    Analoghe  considerazioni  valgono  per  la  Corte costituzionale:
invero  l'art. 135, primo comma, della Costituzione stabilisce che la
stessa  «....  e'  composta da quindici giudici nominati per un terzo
dal  Presidente  della  Repubblica,  per  un  terzo dal Parlamento in
seduta  comune,  per  un terzo dalle supreme magistrature ordinaria e
amministrativa».
    Nessun  dubbio puo' esservi, quindi, sulla portata dei richiamati
artt. 19  e 20 della legge n. 186/1986 i quali con espressione chiara
e  univoca  si  limitano  a  disciplinare il sistema di provvista dei
magistrati  del  Consiglio  di  Stato  e  non  anche  la composizione
dell'organo giurisdizionale.
    Ferma restando, dunque, la chiarezza del precetto normativo nella
sua  formulazione  testuale  non vi e' alcuno spazio per ricorrere ai
criteri  ermeneutici,  diversi  da  quello  letterale, richiamati dal
ricorrente (cfr. Cons.St., IV, 27 aprile 2005, n. 1948; Cass.civ., I,
6 aprile 2001, n. 5128) atteso che nella specie trova applicazione il
principio    non    codificato,   ma   ripetutamente   affermato   in
giurisprudenza,  secondo  il  quale «in claris non fit interpretatio»
(cfr.  Cons.St.,  VI,  15  novembre  2005 n. 6353; id., V, 13 gennaio
2005, n. 82; Cass.civ, I, 2 novembre 1995, n. 11392).
    D'altro  canto,  per  confutare  la  tesi  di parte ricorrente e'
sufficiente rammentare che il ricorso all'interpretazione conforme ai
precetti  costituzionali  presuppone  che  il  dettato  normativo sia
incerto  nel  suo significato o, quanto meno, presenti una duplicita'
di  possibili  interpretazioni,  ipotesi questa che non ricorre nella
specie,  dal  momento  che,  come in precedenza evidenziato, le norme
censurate,   stante  la  inequivocabile  formulazione  letterale  non
possono intendersi che nel senso reso palese dal legislatore.
    Quanto  ai  lavori  parlamentari,  questi,  come ha avuto modo di
chiarire  la  giurisprudenza  amministrativa  (cfr.  Cons.St., IV, 26
gennaio  1987,  n. 47),  ancorche' di ausilio ai fini interpretativi,
non possono comunque sopperire a comandi o enunciazioni insussistenti
nella norma legislativa.
    In  conclusione,  e per quanto sopra argomentato, i provvedimenti
impugnati  risultano  immuni  dalle  dedotte  censure di violazione o
errata  interpretazione degli artt. 19 e 20 della legge n. 186/1982 e
di  eccesso  di  potere,  dovendo  i  medesimi pienamente conformi al
contenuto delle predette disposizioni, come sopra precisato.
    Puo'  ora  passarsi  alla  trattazione del secondo motivo, con il
quale  il  ricorrente  prospetta  l'illegittimita' costituzionale dei
ripetuti artt. 19 e 20 della legge suindicata, nella parte in cui non
prevedono  che la composizione del ruolo dei consiglieri di Stato sia
conforme al sistema di provvista sopra delineato.
    Premessa la rilevanza della questione, l'interessato sostiene, in
primo  luogo,  che  le  norme  denunciate  sarebbero  illegittime per
contrasto  con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della
Costituzione, in quanto il legislatore, da un lato avrebbe dettato un
sistema  di provvista che certamente indica la volonta' di assicurare
la presenza del 50% dei magistrati Tribunale amministrativo regionale
nel  ruolo  dei consiglieri di Stato, assicurandosi che tale aliquota
sia   garantita   mediante   la  regola  del  riassorbimento  di  cui
all'art. 20; dall'altro avrebbe instaurato, omettendo di disciplinare
esplicitamente  la  composizione  del  ruolo dei consiglieri di Stato
nelle  medesime  aliquote previste dalla citata legge, un sistema del
tutto irrazionale che porterebbe ad un risultato opposto ed aberrante
rispetto  al  manifestato  intento  di  aumentare la quota di riserva
originaria  del  25%  gia'  (fissata  dall'art. 17, primo comma della
legge  6 dicembre  1971 n. 1034. Infatti la componente di provenienza
Tribunale   amministrativo  regionale  risulterebbe  progressivamente
erosa  in  favore  della  componente  di  provenienza concorsuale, in
ragione  della  maggiore  eta'  alla  quale  i  consiglieri Tribunale
amministrativo regionale accedono di regola al ruolo del Consiglio di
Stato  rispetto  ai  vincitori di concorso, senza neppure la garanzia
che  i  posti rimasti vacanti a seguito del collocamento a riposo dei
primi  vengano  riassegnati  a  magistrati  in servizio nei Tribunale
amministrativo regionale
    In  secondo  luogo  si  assume  in  ricorso che le predette norme
sarebbero  in contrasto con i principi della riserva di legge in tema
di   ordinamento  giudiziario,  di  autonomia  e  buon  funzionamento
dell'organo  giurisdizionale  nonche'  di  indipendenza del giudice e
della sua soggezione solo alla legge fissati dagli artt. 97, 100, 101
e  108  della Costituzione, sul rilievo che uno dei piu' importanti e
decisivi  elementi  della  disciplina  dell'ordinamento  giudiziario,
costituito  dalla composizione dell'organo giurisdizionale di secondo
grado sarebbe lasciato totalmente al caso.
    In  proposito  osserva  il  Collegio  che  le  questioni  dedotte
appaiono  non  manifestamente  infondate  e  rilevanti  ai fini della
decisione  del  ricorso,  posto  che  dal loro eventuale accoglimento
discenderebbe  l'illegittimita'  ed  il  conseguente annullamento dei
provvedimenti  impugnati,  i  quali trovano il loro unico presupposto
nei piu' volte citati artt. 19 e 20 della legge n. 186/1982.
    Come  accennato  piu'  sopra,  con  l'art. 17, primo comma, della
legge   6   dicembre   1971,   n. 1034,   istitutiva   dei  Tribunali
amministrativi regionali, era stato disposto che «un quarto dei posti
che  si  rendano vacanti nel ruolo dei consiglieri di Stato riservato
ai  consiglieri  amministrativi  regionali con almeno quattro anni di
effettivo servizio nella qualifica».
    Con  la  successiva  legge 27 aprile 1982 n. 186, il legislatore,
all'art. 19, ha elevato l'indicata quota di riserva disponendo che «I
posti  che si rendono vacanti nella qualifica di consigliere di Stato
sono  conferiti:...  1)  in  ragione  della  meta', ai consiglieri di
tribunale amministrativo regionale».
    La  previsione  e' rafforzata dal successivo art. 20, secondo cui
«I  posti  vacanti,  che non siano coperti mediante le quote previste
dall'art. 19, possono essere posti in aumento alle altre categorie..,
salvo riassorbimento negli anni successivi.
    Si  e' gia' precisato che la chiarezza del precetto contenuto nei
citati  articoli  di  legge  non  consente  l'applicazione di criteri
interpretativi diversi da quello letterale, con la conseguenza che ad
avviso  del  Collegio non e' possibile l'interpretazione integratrice
proposta  dal  ricorrente  sicche'  deve  ritenersi che la disciplina
dettata  e'  relativa  al  sistema  di  provvista  dei magistrati del
Consiglio di Stato e non anche alla composizione di tale Consesso.
    Cio'  premesso,  sembra  logico  dedurre  dalla successione delle
richiamate disposizioni, l'intenzione del legislatore non soltanto di
aumentare   la   quota   di   presenza   dei   magistrati   Tribunale
amministrativo  regionale  nel  ruolo  dei  consiglieri  di Stato, ma
anchedi conservarla nel tempo, non potendosi ipotizzare alcuna valida
ragione  che  consigli  di  riservare  un  maggior numero di posti ai
magistrati  provenienti  dai Tribunale amministrativo regionale senza
che  la  stessa  proporzione si rifletta in maniera preordinata sulla
composizione della pianta organica del Consiglio di Stato.
    Peraltro la formulazione dei richiamati artt. 19 e 20 della legge
n. 186/1982 e la loro concreta applicazione invece, hanno determinato
e  determinano  un  sistema  completamente  opposto,  in  quanto, non
sussistendo  alcuna  norma  volta  a disciplinare la composizione del
Consiglio  di  Stato nelle stesse quote previste per la copertura dei
posti  vacanti,  la  presenza dei magistrati Tribunale amministrativo
regionale  nel  menzionato  Consesso  di  fatto viene costantemente a
ridursi in favore delle altre due componenti.
    E'   notorio   che   l'eta'   media   dei   magistrati  Tribunale
amministrativo  regionale che accedono al Consiglio di Stato e' al di
sopra  dei  50  anni,  mentre  quella dei vincitori di concorso e' di
circa  30  anni.  In conseguenza, ove i posti vacanti si ripartiscano
considerandoli un unico insieme, e cioe' prescindendo del tutto dalla
categoria  cui  ciascun  posto  vacante  apparteneva, il risultato al
quale  si  giunge  e' che la categoria che ha un ricambio piu' veloce
decresce  con  una  tendenza  costante  in favore della categoria che
permane piu' tempo in servizio.
    Quanto  sopra  trova  riscontro nei dati numerici evidenziati dal
ricorrente   e  non  contestati  da  controparte,  secondo  i  quali,
attualmente,  su  un  complessivo organico di consiglieri di Stato di
n. 105  unita',  39  sono  di  provenienza  Tribunale  amministrativo
regionale  (37,14%),  36 (34,28%) di concorso e 30 (28,57%) di nomina
governativa.
    In  sostanza,  attraverso  l'applicazione  delle  disposizioni in
esame  si  raggiungono  finalita'  opposte  rispetto all'obiettivo di
aumentare  la presenza nell'ambito del Consiglio di Stato della quota
di provenienza Tribunale amministrativo regionale, con la conseguenza
che  tali  norme  appaiono  irrazionalmente  formulate  e, quindi, in
contrasto  con  il  principio  di  ragionevolezza fissato dall'art. 3
della  Costituzione nella parte in cui non prevedono espressamente la
composizione del ruolo del Consiglio di Stato nelle medesime aliquote
previste per il sistema ideato di provvista dei magistrati.
    Come  si  e'  espressa  la  Corte  costituzionale con la sentenza
richiamata dal ricorrente (n. 54 del 9-29 maggio 1968), infatti, «nel
giudizio  sulla  razionalita'  di una disciplina non si deve guardare
soltanto alla,posizione formale di chi e' destinatario, ma anche alla
funzione od allo ovo cui essa e' preordinata».
    Le stesse disposizioni sembrano porsi altresi' in contrasto con i
principi   della   riserva   di   legge  in  materia  di  ordinamento
giudiziario,   di  buon  funzionamento  dell'organo  giurisdizionale,
nonche'  di  indipendenza del giudice e della sua soggezione soltanto
alla  legge fissati - rispettivamente - dagli artt. 108, 97, 100, 101
della Costituzione.
    Al riguardo va, infatti, rilevato che le richiamate disposizioni,
dettando  unicamente  la  disciplina  relativa  al conferimento delle
nomine  (c.d.  provvista) dei magistrati, lasciano nell'incertezza la
concreta composizione del Consiglio di Stato, che resta subordinata a
fattori  variabili  e  casuali,  idonei  a determinare la vacanza dei
posti  (raggiunti  limiti  di eta', dimissioni, decessi, collocamenti
fuori  ruolo  e  cosi'  di  seguito)  senza  alcuna  garanzia  che la
copertura  dei  posti  medesimi,  attraverso il meccanismo ideato dal
legislatore  sia  idonea  a  ricomporre l'organico in una proporzione
fissa e legislativamente determinata.
    Tutto  cio'  sembra confliggere con il principio della riserva di
legge  fissato dall'art. 108 in materia di «ordinamento giudiziario e
su  ogni  magistratura»,  atteso che l'elemento cardine su cui poggia
l'amministrazione  della  giustizia  e' costituito dalla composizione
dell'organo giurisdizionale.
    Si profila. altresi', ulteriore contrasto con gli artt. 97, 100 e
101   della  Costituzione,  poiche'  ai  fini  dell'indipendenza  dei
magistrati,  del buon funzionamento e della imparzialita' dell'Organo
giurisdizionale  e  della soggezione del giudice soltanto alla legge,
con  correlata garanzia da interferenze di altri poteri, il contenuto
minimo    della    legge    sull'ordinamento    della   giurisdizione
amministrativa  non  puo' prescindere dal prevedere, qualora distinte
componenti  siano  chiamate  a  formare  il  ruolo dei consiglieri di
Stato,  la  specifica  misura  della  loro partecipazione, atteso che
questa  si  riflette  inevitabilmente  sulla composizione dei collegi
giudicanti   e,   quindi,   sull'esercizio   stesso   della  funzione
giurisdizionale   e  sulla  tutela  dei  diritti  e  degli  interessi
legittimi dei soggetti che si rivolgono al giudice di secondo grado.
    Per  quanto  sopra  evidenziato, vanno dichiarate rilevanti e non
manifestamente    infondate    le    eccezioni    di   illegittimita'
costituzionale  degli  artt. 19  e  20 della legge n. 186/1982, nella
parte  in  cui  non prevedono espressamente la composizione del ruolo
del  Consiglio  di  Stato  nelle  medesime  aliquote  previste per il
sistema  di provvista dei magistrati, per contrasto con i principi di
razionalita' e ragionevolezza fissati dall'art. 3 della Costituzione,
con  i  principi  della  riserva  di  legge in materia di ordinamento
giudiziario,   di  buon  funzionamento  dell'organo  giurisdizionale,
nonche'  di  indipendenza del giudice e della sua soggezione soltanto
alla  legge  fissati,  rispettivamente, dagli artt. 108, 97, 100, 101
della Costituzione.
    In  via  subordinata, il ricorrente contesta il controverso bando
di  concorso  indetto  con  il  citato  decreto  del  Presidente  del
Consiglio  di Stato datato 30 marzo 2006, nella parte in cui richiama
l'art. 19,  comma 1, n. 3 della legge 27 aprile 1982 n. 186, il quale
prevede  che  «I  vincitori  del  concorso  conseguono  la nomina con
decorrenza  dal  31  dicembre dell'anno precedente a quello in cui e'
indetto il concorso stesso».
    Deduce  in  particolare  l'interessato  il  vizio  di invalidita'
derivata  dalla illegittimita' costituzionale del richiamato art. 19,
comma 1, n. 3 della legge 27 aprile 1982 n. 186.
    La  norma  in  argomento,  invero, si porrebbe in conflitto con i
principi  di ragionevolezza e di pari trattamento fissati dall'art. 3
della  Costituzione  in  quanto  da  un  lato, senza alcuna intuibile
ragione     deprimerebbe,    anziche'    valorizzare,    l'esperienza
professionale  specifica  dei magistrati dei Tribunale amministrativo
regionale;  dall'altro,  introdurrebbe tra costoro ed i vincitori del
concorso  una  palese  disparita' di trattamento priva di sostanziale
giustificazione.
    La    dedotta   questione   appare   rilevante   nella   presente
controversia,  atteso  che,  nell'ipotesi  in cui non venisse accolta
l'eccezione  sopra  esaminata,  idonea  a travolgere integralmente il
bando  di  concorso  -  compresa la previsione da ultimo contestata -
comporterebbe   la   caducazione   della  disposizione  censurata  e,
conseguentemente,  il  soddisfacimento dell'interesse del ricorrente,
che  nelle  more  del giudizio e' stato nominato consigliere di Stato
nella   quota   riservata   ai  magistrati  Tribunale  amministrativo
regionale,  a non essere posposto nel ruolo ai vincitori del concorso
de quo.
    Inoltre,  della  costituzionalita'  dell'art. 19,  comma  1, n. 3
della  legge  n. 182/1986  il  Collegio  ha motivo di dubitare per le
seguenti considerazioni.
    La   norma   in   questione,   nella  parte  in  cui  prevede  la
retrodatazione  della nomina dei vincitori del concorso a consigliere
di  Stato  al  31  dicembre  dell'anno  precedente a quello in cui e'
indetto   il   concorso   sembra  confliggere  con  il  principio  di
uguaglianza  e ragionevolezza fissato dall'art. 3 della Costituzione,
atteso  che  riconosce, senza una comprensibile ragione, ai vincitori
di  concorso  una  decorrenza  giuridica  della nomina diversa e piu'
favorevole  rispetto  a  quella  riconosciuta ai magistrati Tribunale
amministrativo  regionale,  il cui ingresso nel ruolo dei consiglieri
di  Stato  decorre  dalla  data  del  provvedimento di nomina, con la
conseguenza  che  questi  ultimi vengono ad essere posposti ai primi,
anche  nell'ipotesi in cui la data di conferimento delle funzioni sia
anteriore a quella dei vincitori del concorso.
    Ne'  la  ragione  di tale piu' favorevole decorrenza della nomina
potrebbe  individuarsi  nella  preferenza fissata dal Costituente con
l'art. 97  della  costituzione,  secondo  il  quale  l'accesso  «agli
impieghi  nelle pubbliche amministrazioni» avviene di norma «mediante
concorso»,  atteso che, nella specie, non e' in discussione l'accesso
all'ufficio  di  consigliere  di Stato secondo le quote fissate dallo
stesso  art. 19  della  legge n. 186/192, ma la decorrenza giuridica,
anteriore  persino  alla data del bando, stabilita dal legislatore in
favore dei vincitori di concorso.
    Detta  decorrenza  e'  dovuta  ad una fictio juris che non sembra
giustificata  allorche'  si  consideri  che  il  Consiglio  di  Stato
costituisce  il  massimo  organo della giustizia amministrativa, dove
l'apporto  dell'esperienza  dei  giudici  di  primo  grado  e'  stato
ritenuto  essenziale  dal  legislatore, tanto da indurlo a prevedere,
con  lo  stesso  art. 19,  un  aumento  fino  al  50%  della quota di
provvista di tali magistrati.
    Per  quanto  sopra  argomentato  va  dichiarata  rilevante  e non
manifestamente   infondata   anche   la   questione  di  legittimita'
costituzionale  riguardante l'art. art. 19, comma 1, n. 3 della legge
27  aprile  1982  n. 186, nella parte in cui dispone che «I vincitori
del concorso conseguono la nomina con decorrenza dal 31 dicembre dell
`anno  precedente a quello in cui e' indetto il concorso stesso», per
contrasto  con  il  principio di uguaglianza e ragionevolezza fissato
dall'art. 3 della Costituzione.
    Pertanto  il  giudizio  deve  essere  sospeso  e  gli  atti vanno
trasmessi alla Corte Costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visti  gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
1953, n. 87;
    Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di
legittimita' costituzionale:
        degli artt. 19 e 20 della legge 27 aprile 1982, n. 186, nella
parte  in  cui  non prevedono espressamente la composizione del ruolo
del  Consiglio  di  Stato  nelle  medesime  aliquote  previste per il
sistema  di provvista dei magistrati, per contrasto, nei sensi di cui
in   motivazione,   con  gli  artt. 3,  97,  100,  101  e  108  della
Costituzione;
        dell'art. 19 comma 1, n. 3 della legge 27 aprile 1982 n. 186,
nella  parte  in  cui  si  dispone  che  «I  vincitori  del  concorso
conseguono  la  nomina  con  decorrenza  dal  31  dicembre  dell'anno
precedente  a  quello  n  cui  e'  indetto  il  concorso stesso», per
contrasto,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione,  con l'art. 3 della
Costituzione.
    Sospende  il  giudizio in corso e ordina l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte Costituzionale.
    Dispone  che la presente ordinanza, a cura della Segreteria della
Sezione,  sia  notificata al Presidente del Consiglio dei ministri ed
alle   parti  in  causa,  nonche'  ai  Presidenti  del  Senato  della
Repubblica e della Camera dei deputati.
    Cosi' deciso in Roma, il 10 ottobre 2006, in Camera di Consiglio
                        Il Presidente: Riggio
Il consigliere estensore: Conti
07C1092