N. 649 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 marzo 2007

Ordinanza  emessa  il 30 marzo 2007 dal G.U.P. del Tribunale di Trani
nel procedimento penale a carico di Cianci Michele

Processo  penale - Prova testimoniale - Dichiarazioni del coimputato,
  o  dell'imputato in procedimento connesso o di reato collegato, nei
  cui  confronti sia stata pronunciata sentenza di assoluzione con la
  formula  «perche'  il  fatto  non sussiste» - Obbligo di assistenza
  difensiva  e  applicazione  della disposizione di cui all'art. 192,
  comma 3,  cod.  proc.  pen.  (necessita' che le dichiarazioni siano
  corroborate    da   riscontri   esterni)   -   Irragionevolezza   -
  Ingiustificata  disparita'  di  trattamento  rispetto  ai testimoni
  ordinari  -  Ingiustificata  equiparazione  ai  dichiaranti  di cui
  all'art. 210  cod.  proc. pen. - Richiamo alla sentenza della Corte
  costituzionale n. 381/2006.
- Codice di procedura penale, art. 197-bis, commi 3 e 6.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.38 del 3-10-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha emesso la seguente ordinanza.
    Premesso  che  questo  giudice  sta celebrando in rito abbreviato
processo   iscritto   a   reg.  Mod.  21  6879/2002  reg.  g.i.p  con
n. 3961/2006  (proveniente  da  proc. n. 2215/2003) a carico, tra gli
altri,  di  Michele  Cianci  imputato dei reati di cui agli artt. 483
c.p. e 12, comma 5, d.lgs. n. 286/1998 in concorso con altre persone,
(Vitale Antonio, Cinquepalmi Rodolfo, Vino Giuseppina, Mamadou Gueye,
Mor  Diene)  perseguite  in  separati  processi,  ex art. 12 lett. a)
c.p.p.,  previa separazione degli atti dal presente processo (in data
28 giugno 2004 per Vitale, Vino, Mamadou Gueye, Mor Diene).
    Nel  rito abbreviato e in corso di discussione finale, conclusasi
ad  udienza  del  9 marzo  2007 con riserva di replica del p.m., sono
state  sollevate dalla difesa dell'imputato Cianci questioni relative
alla  utilizzabilita'  delle  dichiarazioni  rese  da Vitale Antonio,
Mamadou  Gueye, Mor Diene assunte nel corso delle indagini in assenza
di   assistenza  difensiva  e  quindi  affette  da  inutilizzabilita'
patologica  ex  artt. 63  c.p.p.  tali  da rendere le stesse prive di
valore  probatorio  erga omnes, in data 14 novembre 2002 (Mor Diene e
Vitale Antonio).
    Dette  dichiarazioni sostanziano la prova di accusa nei confronti
dell'imputato Cianci.
    In   proposito   deve   preliminarmente   osservare   che   e  le
dichiarazioni di Mamadou Gueye sono state raccolte nella immediatezza
dei  fatti,  vale a dire nel corso del primo controllo di p.g. che le
ha  assunte  esplicitamente «da persona indagata dei fatti e ai sensi
dell'art. 350,  settimo  comma  c.p.p.»,  come  si  evince  sia dalla
lettura  dell'atto  che  dalla  intestazione,  e  pertanto pienamente
utilizzabili anche in rito abbreviato mentre le altre dichiarazioni e
quelle  assunte  anche  successivamente  da  Cinquepalmi Rodolfo sono
state   raccolte   a  sommarie  informazioni  testimoniali  ai  sensi
dell'art. 351  c.p.p.  senza assistenza difensiva pur se senza alcuna
ammonizione  circa obbligo di dire la verita' ne' avviso esplicito ad
avvalersi  della  facolta'  di  non  rispondere (ma con una sibillina
dichiarazione  relativa  alla volonta' di rispondere) in ogni caso da
persone  che  non  erano  gia' sottoponibili ad indagini in quanto ad
esse  veniva  semplicemente  verificato  il  titolo  del  permesso di
soggiorno esibito dal diretto interessato.
    Trattasi di soggetti che successivamente sono stati sottoposti ad
indagini,  e quindi imputati degli stessi reati ascritti all'imputato
Michele  Cianci  ma citati dal p.m. per il giudizio dianzi al giudice
monocratico  di  Barletta  dal p.m. previa separazione degli atti dal
fascicolo  processuale  successivamente  pervenuto  dinanzi  a questo
giudice.
    Vino  Giuseppina  invece  non  e'  mai  stata  sentita a sommarie
informazioni  o con dichiarazioni spontanee, ma in interrogatorio con
assistenza  difensiva  dal  p.m. in cui si avvaleva della facolta' di
non rispondere.
    Diene Omar non risulta mai ascoltato in alcuna veste processuale,
ma   ha   solo   riferito   direttamente   alla  p.g.,  senza  alcuna
verbalizzazione  circa  il permesso in suo possesso che sarebbe stato
rilasciato  da Vino Giuseppina e consegnatogli direttamente dall'avv.
Cianci.
    Queste ultime «dichiarazioni», che tali nemmeno sono in sostanza,
sono  del  tutto  inutilizzabili Vino e Diene costituiscono «fonti di
prova» esclusive relativamente ad uno degli episodi ascritti all'avv.
Michele Cianci.
    Nel  corso  dell'  indagine  che  ha dato luogo alla richiesta di
rinvio  a  giudizio  e  quindi  al  rito  abbreviato dinanzi a questo
giudice,  Vitale  Antonio  quale indagato nello stesso reato e' stato
sottoposto  ad  esame  in  data  7 maggio 2004 nel corso di incidente
probatorio  sollecitato  dal  p.m., e si e' avvalso della facolta' di
non rispondere.
    L'incidente  probatorio  era  stato  richiesto dal p.m. anche per
l'assunzione  dell'esame,  quali coindagati ex art. 197-bis c.p.p. di
Mor  Diene, Mamadou Gueye e quale indagato in reato connesso di Diene
Omar.
    Da  questo  giudice  venivano  convocati  gli  unici due indagati
raggiunti  da  notifiche  e  cioe'  Vitale  e  Mamadou il quale pero'
risultava assente e non veniva ascoltato.
    Solo  successivamente  ad esibizione dell'intero fascicolo, si e'
appurato  che  il  Mamadou  Gueye era stato arrestato proprio in data
7 maggio 2004 perche' inottemperante all'ordine di espulsione.

                            O s s e r v a

    Le  dichiarazioni  rese  da  Cinquepalmi  e  da  Mor  Diene  sono
contrastanti  tra  loro  e non sono state seguite da alcun altro atto
con  garanzia  difensiva; mentre le dichiarazioni rese da Vitale e da
Vino  sono  state  rese  in  esame  ed  interrogatorio assistiti, con
semplice   esercizio   della   facolta'  di  non  rispondere  che  ha
paralizzato   ogni   possibilita'  di  contestazione,  fosse  o  meno
ammissibile la stessa.
    Prescindendo  per  il  momento  dal  motivo  per  cui  potrebbero
ritenersi  perfettamente  utilizzabili  le  dichiarazioni  di Mamadou
Gueye,  Vitale  Antonio,  Mor  Diene,  deve  riflettersi invece sulla
necessita'  che  questo  giudice  ha all'esito del rito abbreviato di
procedere ad integrazione probatoria ex art. 441, quinto comma c.p.p.
quanto  meno  relativamente  a  Vino,  Cinquepalmi,  Mor  Diene, (con
eventuale successivo confronto tra loro) Diene Omar.
    Una   volta   riconosciuta   o  la  inutilizzabilita'  cosiddetta
patologica   delle  prove  (cfr.  Corte  di  cassazione,  sez.  unite
20 giugno  2006,  n. 16,  che ha risolto le divergenze in ordine alla
utilizzabilita'   di  atti  distinguendo  come  o  inutilizzabili  in
assoluto    quelli   affetti   dalla   cosiddetta   inutilizzabilita'
patologica, e cioe' «agli atti probatori assunti contra legem, il cui
impiego  e'  vietato in modo assoluto non solo nel dibattimento ma in
qualsiasi  altra  fase  del  procedimento,  ivi  comprese le indagini
preliminari,   l'udienza   preliminare,   le   procedure  incidentali
cautelari  e quelle negoziali di merito») o comunque la necessita' di
procedere  ad integrazione probatoria, il potere officioso e per vero
sollecitato  anche  dal  p.m.  nel caso in esame, sia di rinnovare le
prove  inutilizzabili  che  di  assumerne  di  nuove,  deve  comunque
riconoscersi  al  giudice,  ove non si voglia seriamente svalutare la
giurisdizione  esercitata  nel  rito «allo stato degli atti», che non
puo'  essere confuso con un rito che da' diritto alla assoluzione per
carenza  di atti, circa le modalita' e il ruolo processuale con cui i
mezzi  di  prova  andrebbero  assunti,  questo  giudice rileva quanto
segue.
    Nei confronti ditali soggetti diversi dall'odierno imputato e pur
con  esso  concorrenti  negli stessi reati il processo si e' concluso
con   sentenza   di   assoluzione  perche'  il  fatto  non  sussiste,
pronunciata  in rito abbreviato dal giudice monocratico del Tribunale
di  Trani,  sezione  Barletta,  con numero 349 in data 5 ottobre 2006
irrevocabile   il   27 gennaio  2007  nei  confronti  di  Vitale,  il
7 febbraio  2007  per  Cinquepalmi, il 28 gennaio 2007 per Vino e con
sentenza  numero  347  del  5 ottobre  2006  in  data  5 ottobre 2006
irrevocabile il 20 febbraio 2007 nei confronti di Mor Diene.
    La  formula  assolutoria  peraltro  non e' ostativa a una diversa
valutazione di questo giudice chiamato a conoscere della posizione di
altro  imputato,  (cfr.  in  proposito  Cass. pen., sez. II, 3 maggio
2005,  n. 21998  Tringali  e altri CED Cassazione, 2005 e Cass. pen.,
sez.  I, 16 novembre 1998, n. 12595 Priebke e altri Cass. pen., 1999,
2229  secondo  cui  e'  possibile anche sottoporre a rivalutazione il
comportamento  dell'assolto  all'unico fine - fermo il divieto del ne
bis  in  idem  a  tutela  della posizione di costui - di accertare la
sussistenza   ed   il   grado  di  responsabilita'  dell'imputato  da
giudicare)  anche perche' sentenza e' stata emessa in rito abbreviato
con    tale   formula   in   forza   sia   della   dichiarazione   di
inutilizzabilita'  delle  dichiarazioni dei predetti contra se sia in
forza  della constatazione della carenza nel fascicolo di taluni atti
essenziali (quali gli stessi permessi di soggiorno e dichiarazioni di
emersione  dalla  irregolarita)  sia  in  forza  di valutazioni sulla
utilizzabilita'  delle  prove  che  questo  giudice  ritiene  di  non
condividere.
    Ritiene di conseguenza che l'espletamento di detti mezzi di prova
diviene  necessario solo nella misura in cui i soggetti possano esser
chiamati  a testimoniare sotto vincolo di giuramento e con obbligo di
dire  la verita' liberamente, e con successiva libera valutazione dei
contenuti delle dichiarazioni, e non allorche' siano chiamati dinanzi
al  giudice  con  assistenza  difensiva  ovvero  allorquando  le loro
dichiarazioni  debbano  essere  corroborate  da  riscontri  ai  sensi
dell'art. 192, terzo comma c.p.p.
    In  tal  caso  oltretutto  non si otterrebbe che una duplicazione
della  attivita'  gia'  svolta  nel  corso  delle  indagini ovvero un
ulteriore  onere  del  giudice  terzo della inquisizione su eventuali
riscontri non esistenti in atti.
    Osta  invece al concreto ed efficace esercizio di tale potere del
giudice  la  norma  sub art. 197-bis terzo e sesto comma c.p.p. nella
parte in cui prevede che detti soggetti, pur potendo esser chiamati a
testimoniare  perche'  assolti  dallo  stesso  reato  con  la formula
«perche' il fatto non sussiste» debbano essere assistiti da difensore
e   alle   loro   dichiarazioni  dovrebbe  applicarsi  la  regola  di
valutazione sub art. 192, terzo comma c.p.p., che di fatto rischia di
vanificare le dichiarazioni stesse e in concreto le vanificherebbe.
    Di  qui  la  rilevanza  della  questione, gia' in questa fase, in
quanto,  poiche' ciascuna di dette dichiarazioni rese da Cinquepalmi,
Vino,  Mor  Diene,  Diene Omar si riferisce alla «singola» pratica di
falsificazione  del  permesso, tanto che nel diverso processo dinanzi
al  giudice  monocratico sono state rubricati distinti reati a carico
di  ciascuno degli imputati, ne consegue che la singola dichiarazione
«testimoniale»,  anche  se  resa  con  obbligo di dire la verita' ove
sottoposta alla regola di valutazione ex art. 192, terzo comma c.p.p.
di  fatto  sarebbe  vanificata;  potrebbe  non  aver  alcun riscontro
ottenibile  dagli  atti,  -  salvo  concepire  un incongruente potere
inquisitorio del giudice del rito abbreviato.
    Inoltre  appare  del  tutto  incongruo  l'obbligo di nomina di un
difensore  poiche'  non si comprende da cosa il testimone che pure il
legislatore  considera  tale  -  dovrebbe  essere tutelato, posto che
giammai  nei  suoi  confronti  potrebbe  intraprendersi  nuova azione
penale.
    La  questione appare rilevante in questa fase poiche' a fronte di
regole  di valutazione gia' precostituite, e del materiale probatorio
gia'  in atti, non ritenendo questo giudice che possa cercare aliunde
riscontri alle dichiarazioni ove mai queste siano rese poiche' in due
casi  proverrebbero  da  soggetti  extracomunitari sui quali pende un
ordine  di  espulsione benche' sospeso dal p.m., anche ove esse siano
confermative   di   quelle  rese  in  prima  battuta,  la  assunzione
testimoniale   sarebbe   inutile  quindi  inutilmente  inficiante  il
principio di economia processuale.
    Inoltre   questo   giudice  dovrebbe  predisporre  la  assistenza
difensiva  per  diversi  dichiaranti con quello che consegue anche in
ordine  ad  obbligo  di  retribuzione  del  difensore  da parte di un
soggetto che non ne avrebbe alcun bisogno.
    Le  norme  suddette  si  pongono quindi in contrasto con l'art. 3
della  costituzione  sul  principio  di  uguaglianza tra cittadini in
questo caso tra cittadini chiamati a testimoniare.
    Ed  invero se appare significativa la graduazione contenuta nelle
norme  ex  art. 197-bis  c.p.p.  in  ragione  dei  diversi  «stati di
relazione»   del   teste-imputato   rispetto  ai  fatti  oggetto  del
procedimento  che  partono da una condizione di assoluta indifferenza
propria  del  teste  ordinario, e giungono fino alla forma del totale
coinvolgimento   propria  del  concorrente  nel  medesimo  reato  (il
riferimento  esplicito  e'  a  Corte  cost. ordinanza 22 luglio 2004,
n. 265  su  Sito  ufficiale  Corte  cost.)  nel caso in esame nessuna
tutela sarebbe piu' ammissibile.
    Si  e' dinanzi, infatti, a soggetti che sono stati assolti con la
formula  «perche'  il  fatto  non  sussiste», sia pure nell'ambito di
altro  rito,  e  con altre valutazioni probatorie indi con esclusione
nei  loro  confronti  di  qualunque  profilo  di riprovevolezza delle
condotte ed anzi con esclusione della stessa condotta.
    Non   risponde   a   principi   di  razionalita'  ed  uguaglianza
l'assimilare  a detto soggetto il dichiarante sub art. 210 c.p.p. che
invece e' ancora coinvolto nel processo, e continuare a differenziare
la sua figura di testimone da altri testimoni, in virtu' di una sorta
di  stigma  costituito dall'avere subito una azione penale rivelatasi
infondata  di  un  sospetto  di  una  diuturna  contiguita' con altro
imputato,  pur  se gia' dichiarata infondata; non risponde a principi
di  razionalita'  ed  uguaglianza l'escludere in via di principio che
tale  testimone possa essere un testimone «pieno» terzo, privo quindi
di   assistenza  difensiva  le  cui  dichiarazioni  sono  liberamente
valutabili dal giudice anche in assenza di riscontri.
    Puo'    argomentarsi    la    estensione   della   illegittimita'
costituzionale anche al soggetto che sia stato assolto con la formula
il   fatto   non   sussiste  da  altra  pronuncia  di  illegittimita'
costituzionale  su  analoga questione, in sentenza della ecc.ma Corte
n. 381 del 21 novembre 2006 che ha ritenuto che:
        «L'assoggettamento  delle  dichiarazioni della persona - che,
gia'  coimputata  o imputata di reato connesso o collegato, sia stata
assolta  "per  non  aver  commesso  il fatto" - alla regola legale di
valutazione  enunciata  nell'art. 192, comma 3, cod. proc. pen. vale,
in   realta',   a  rendere  perenne  una  compromissione  del  valore
probatorio  delle  relative  dichiarazioni  testimoniali, la quale si
appalesa   in  se'  priva  di  qualsiasi  giustificazione  sul  piano
razionale:   e   cio'   perche',   nei  confronti  di  tale  persona,
l'ordinamento  ha gia' acclarato, in via definitiva, l'inesistenza di
qualunque   correlazione   con   il   fatto  oggetto  della  verifica
processuale, significativa agli effetti della responsabilita' penale.
    ...  Se,  infatti, l'effetto preclusivo del giudicato assolutorio
produce  la  conseguenza  di  dissolvere, pro futuro, qualsiasi nesso
giuridicamente  rilevante  tra  la  persona ed il fatto oggetto della
originaria   imputazione   -   tale   essendo  lo  stesso  etimo  che
contraddistingue  la  absolutio dalla istanza punitiva - e' postulato
indefettibile   di  tale  restituito  in  integrum  per  l'innocente,
riconosciuto  formalmente  tale, anche il totale ripristino della sua
terzieta' rispetto a quel fatto.
    In  caso  contrario, l'efficacia di un giudicato di assoluzione -
che  pure espressamente esclude, per il dichiarante, qualsiasi legame
con  l'oggetto  del  giudizio,  consolidando  tale  esito al punto da
renderlo  irreversibile  -  risulta  sostanzialmente  svilita proprio
dalla   perdurante   limitazione  del  valore  probatorio  delle  sue
dichiarazioni.
    ...  L'assistenza  difensiva  necessaria,  infatti,  oltre  a non
essere  presidiata da alcuna giustificazione normativa apprezzabile -
ed,  anzi,  apparendo  in  logico  contrasto  con  la neutralita' del
dichiarante  rispetto  al  giudizio,  gia' affermata dal giudicato di
assoluzione   -   configura   un  indubbio  vulnus  al  principio  di
eguaglianza  sostanziale, atteso che, proprio in forza della presenza
del   difensore,  la  categoria  dei  dichiaranti  in  esame  risulta
soggetta,  quanto  alle  modalita'  di  assunzione della prova, ad un
trattamento irragionevolmente diverso rispetto alla generalita' degli
altri testi».
    In  forza  quindi della predetta declaratoria di l'illegittimita'
costituzionale,  per  contrasto  con l'art. 3 della Costituzione, dei
commi  3  e 6 dell'art. 197-bis del codice di procedura penale, nella
parte in cui prevedono, rispettivamente, l'assistenza di un difensore
e l'applicazione della disposizione di cui all'art. 192, comma 3, del
medesimo  codice  di  rito  anche  per  le  dichiarazioni  rese dalle
persone,  indicate  al  comma  1 del medesimo art. 197-bis cod. proc.
pen., nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di assoluzione
«per  non  aver  commesso  il  fatto»,  divenuta irrevocabile, questo
giudice   ritiene   che   analoga   ratio   debba   presiedere   alla
considerazione  della norma a fronte del teste, gia' imputato assolto
con  la  formula  «perche'  il fatto non sussiste» poiche' vi sarebbe
violazione  del  principio  di  uguaglianza  nella  norma che dispone
trattamento    differenziato   senza   che   sussista   ragione   per
giustificarlo.
                              P. Q. M.
    Chiede  alla ecc.ma Corte costituzionale che voglia dichiarare la
illegittimita'   costituzionale  per  contrasto  con  l'art. 3  della
Costituzione  dei  commi  3  e  6  dell'art. 197-bis  del  codice  di
procedura  penale,  nella  parte  in  cui prevedono, rispettivamente,
l'assistenza  di  un difensore e l'applicazione della disposizione di
cui  all'art. 192,  comma 3, del medesimo codice di rito anche per le
dichiarazioni  rese  dalle  persone, indicate al comma 1 del medesimo
art. 197-bis cod. proc. pen., nei cui confronti sia stata pronunciata
sentenza  di  assoluzione  con  la  formula  «perche'  il  fatto  non
sussiste».
    Manda  affinche'  ai  sensi  della  legge  n. 87/1953 la presente
ordinanza  venga  inviata  alla  Corte costituzionale e comunicata ai
Presidenti delle Camere, alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
    Sospende il processo in corso, ai sensi dell'art. 3 c.p.p.
    La   presente   ordinanza  viene  pronunciata  nella  udienza  di
celebrazione del rito abbreviato dinanzi alle parti.
        Trani, addi' 30 marzo 2007
                       Il giudice: Giancaspro
07C1139