N. 700 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 luglio 2007

Ordinanza  emessa  il  12  luglio  2007  dal  tribunale  di Lucca nei
procedimenti  civili riuniti promossi da Giomi Pietro ed altro contro
Associazione  Cassa  nazionale  previdenza  e assistenza ragionieri e
periti commerciali

Previdenza  -  Atti e deliberazioni adottati dagli enti previdenziali
  di  cui  all'art. 1,  comma 763,  della  legge finanziaria 2007, ed
  approvati  dai  Ministeri  vigilanti  prima  dell'entrata in vigore
  della  legge  stessa  -  Previsione  di  salvezza  degli  effetti -
  Incidenza  su  diritto  fondamentale della persona - Violazione del
  principio  di  uguaglianza, per disparita' di trattamento e lesione
  del  principio  di  affidamento  e  delle  legittime aspettative di
  lavoratori  gia'  in quiescenza per la sanatoria di atti ab origine
  illegittimi  -  Lesione  del  diritto  di  difesa  e della garanzia
  previdenziale.
- Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, secondo periodo.
- Costituzione, artt. 2, 3, 24 e 38.
(GU n.40 del 17-10-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Nella   causa  n. 1027/2006  (alla  quale  e'  riunita  la  causa
n. 1028/2006) promossa da Giomi Pietro e Landi Pierluigi, ricorrenti,
contro  Associazione  Cassa  nazionale  di previdenza ed assistenza a
favore  dei  ragionieri  e periti commerciali, convenuta, all'udienza
del 12 luglio 2007, ha pronunziato la seguente ordinanza.
    Premesso  che con distinti ricorsi depositati entrambi in data 14
settembre 2006 Giomi Pietro e Landi Pierluigi esponevano:
        di  essere  iscritti all'albo dei ragionieri di Lucca ed alla
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e
periti commerciali rispettivamente dal 1968 e dal 1969;
        di  aver  presentato  in data primo agosto 2005 ed in data 11
gennaio  2006  domanda  di  pensione di anzianita' con decorrenza dal
primo settembre 2005 e dal primo febbraio 2006;
        che  con  delibere  n. 150/2006 e 147/2006 entrambe in data 9
febbraio  2006 era stata comunicata la liquidazione provvisoria della
pensione;
        che  la  pensione  era  stata  liquidata facendo applicazione
dell'art. 49  del Regolamento di esecuzione dello Statuto della Cassa
nel  testo  successivo  alla delibera del 22 giugno 2002 del Comitato
dei  delegati,  divenuta  efficace  in  data  3  marzo 2003 a seguito
dell'approvazione ministeriale;
        che  tale  delibera  del  22  giugno  2002 era illegittima in
quanto  non rispettava il principio del «pro rata» di cui all'art. 3,
comma  12,  della  legge  8 agosto  1995,  n. 335,  determinando  una
decurtazione di circa il 20% dell'importo della pensione;
        che  i ricorrenti, deducendo la illegittimita' della delibera
di  modifica  dello  statuto della Cassa in relazione alla violazione
dell'art. 3,   legge   n. 335/1995,   chiedevano  quindi  che  l'ente
previdenziale   fosse   condannato   al   pagamento   della  pensione
determinata  nel  rispetto del principio del pro rata e quindi, con i
criteri  previgenti in relazione all'anzianita' gia' maturata sino al
22 giugno 2002;
        che  in  corso  di  causa e' intervenuta la legge 27 dicembre
2006,  n. 296  «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato  (legge finanziaria 2007)», che all'art. 1,
comma 763, testualmente dispone:
          «all'art. 3,  comma  12, della legge 8 agosto 1995, n. 335,
il  primo  e  il  secondo  periodo sono sostituiti dai seguenti: "Nel
rispetto  dei principi di autonomia affermati dal decreto legislativo
30  giugno  1994, n. 509, e dal decreto legislativo 10 febbraio 1996,
n. 103,  e  con  esclusione  delle  forme  di  previdenza sostitutive
dell'assicurazione  generale  obbligatoria,  allo scopo di assicurare
l'equilibrio   di   bilancio   in   attuazione   di  quanto  previsto
dall'articolo 2, comma 2, del suddetto decreto legislativo n. 509 del
1994,  la  stabilita' delle gestioni previdenziali di cui ai predetti
decreti  legislativi  e'  da  ricondursi  ad  un  arco  temporale non
inferiore  ai  trenta  anni.  Il  bilancio tecnico di cui al predetto
articolo  2,  comma  2,  e'  redatto  secondo criteri determinati con
decreto  del  Ministro  del  lavoro  e  della  previdenza  sociale di
concerto  con  il  Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le
associazioni   e   le   fondazioni   interessate,  sulla  base  delle
indicazioni  elaborate  dal Consiglio nazionale degli attuari nonche'
dal  Nucleo  di  valutazione della spesa previdenziale. In esito alle
risultanze  e  in attuazione di quanto disposto dal suddetto articolo
2,  comma  2,  sono  adottati  dagli  enti  medesimi, i provvedimenti
necessari  per  la  salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo
termine,  avendo presente il principio del pro rata in relazione alle
anzianita'  gia'  maturate rispetto alla introduzione delle modifiche
derivanti  dai  provvedimenti  suddetti  e  comunque tenuto conto dei
criteri  di  gradualita'  e  di  equita'  fra generazioni. Qualora le
esigenze  di  riequilibrio  non vengano affrontate, dopo aver sentito
l'ente  interessato  e la valutazione del Nucleo di valutazione della
spesa  previdenziale,  possono  essere  adottate  le  misure  di  cui
all'articolo  2,  comma  4,  del  decreto legislativo 30 giugno 1994,
n. 509".  Sono  fatti  salvi  gli  atti e le deliberazioni in materia
previdenziale  adottati  dagli  enti  di  cui  al  presente  comma ed
approvati  dai  Ministeri  vigilanti  prima  della data di entrata in
vigore della presente legge»;
        che  la  convenuta Associazione Cassa nazionale di previdenza
ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali ha chiesto
il  rigetto  della  domanda anche sulla base della sopravvenienza, in
corso di giudizio, dell'art. 1, comma 763 della legge finanziaria per
il 2007;
        che  le  due  cause sono state riunite e discusse all'odierna
udienza;
    ritenuto,   che   deve   sollevarsi,   d'ufficio,   questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 763, secondo periodo
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 («Sono fatti salvi gli atti e le
deliberazioni  in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al
presente  comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data
di  entrata  in  vigore  della  presente  legge»)  in  relazione agli
artt. 2, 3, 24, 38 Cost.;
    considerato,  circa  la  rilevanza, che, come esposto, la domanda
dei   ricorrenti   volta  alla  rideterminazione  dell'importo  della
pensione  si  fonda, in sostanza, sulla illegittimita' della delibera
del 22 giugno 2002 (approvata dai Ministeri vigilanti) per violazione
dell'art. 3, comma dodicesimo della legge 335/1995 e, in particolare,
per  il  mancato  rispetto  del principio del «pro rata» in relazione
all'anzianita'  gia'  maturata  alla  data  della  modifica;,  che in
effetti  l'art. 3,  comma  dodicesimo  della legge 335/1995 nel testo
vigente  al  momento  dell'adozione della delibera del 22 giugno 2002
(ed  al  momento  del  deposito  del  ricorso) prevedeva che gli enti
previdenziali   privatizzati  potessero  adottare  «provvedimenti  di
variazione  delle  aliquote  contributive,  di  riparametrazione  dei
coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione
del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata
in relazione alle anzianita' gia' maturate rispetto alla introduzione
delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti»;
        che  l'art. 1, comma 763 della legge 27 dicembre 2006, n. 296
da un lato, al primo periodo, modifica l'art. 3, comma 12 della legge
335/1995  ampliando  considerevolmente  l'autonomia ed i poteri degli
enti  previdenziali  privatizzati  (stabilendo  in  particolare,  per
quanto  rileva  in  questa  sede, che il principio del «pro rata» non
deve   piu'  essere  necessariamente  «rispettato»  ma  solo  «tenuto
presente»,  assieme  ad  altri  criteri,  tra  i quali «l'equita' tra
generazioni», al fine di garantire equilibri di bilancio piu' a lungo
termine);   dall'altro,   contestualmente,  al  secondo  periodo,  ha
espressamente fatto «salvi ... gli atti e le deliberazioni in materia
previdenziale  adottati  dagli  enti...  ed  approvati  dai Ministeri
vigilanti prima della data di entrata in vigore della presente legge»
(secondo periodo del comma 763);
        che  gli  atti  ed  i provvedimenti precedentemente emanati e
«fatti  salvi»  sono  quelli  gia'  sottoposti  ad  approvazione  dei
Ministeri  vigilanti  e,  quindi,  a norma dell'art. 3, comma secondo
decreto  legislativo  30  giugno  1994,  n. 509:  «a)  lo statuto e i
regolamenti,  nonche' le relative integrazioni o modificazioni; b) le
delibere in materia di contributi e prestazioni»;
        che  la delibera del 22 giugno 2002 del Comitato dei delegati
della   Cassa   ragionieri   della   quale   i  ricorrenti  lamentano
illegittimita'  rientra  tra  «gli atti e le deliberazioni in materia
previdenziale  adottati  dagli  enti  ...  ed approvati dai Ministeri
vigilanti  prima  della  data  di  entrata  in  vigore»  della  legge
finanziaria  per  il  2007  e  quindi  tra quelli «fatti salvi» dalla
disposizione in esame;
        che  tra  le  parti  si  controverte  in  merito  alla esatta
interpretazione   di  tale  disposizione  di  «salvezza»  degli  atti
precedentemente adottati;
        che  secondo  parte ricorrente la disposizione non troverebbe
applicazione   al   presente  giudizio,  in  quanto  dovrebbe  essere
interpretata   o   come  meramente  «confermativa»  delle  precedenti
delibere  in  relazione  alla diversa disciplina introdotta, ma senza
alcuna  efficacia  «sanante» in relazione ad eventuali illegittimita'
pregresse   oppure,   in   ogni   caso,  come  disposizione,  pur  di
«sanatoria»,   ma  solo  «per  l'avvenire»,  dal  gennaio  2007,  non
trattandosi  di  una legge interpretativa e non essendo espressamente
prevista una efficacia retroattiva;
        che,    tuttavia,    non   possono   condividersi   le   tesi
interpretative  di parte ricorrente (pure accolte in alcune pronunzie
di merito), in quanto:
          A)  la  disposizione  non  puo'  essere  intesa  come  mera
«conferma  di  efficacia»  degli  atti e deliberazioni gia' legittimi
secondo  la  previgente  disciplina,  in quanto si tratterebbe di una
sostanziale  interpretatio  abrogans:  una  simile  norma non avrebbe
alcuna  ragion  d'essere,  posto che, secondo i principi generali, un
atto  ab  origine legittimo non diventa illegittimo o perde efficacia
in  relazione  ad una norma sopravvenuta che modifica (peraltro nella
sostanza  ampliandolo)  il  potere  e  l'autonomia dell'organo che ha
emesso l'atto;
          B)  la  disposizione  neppure puo' essere interpretata come
«sanatoria»  ma  con  effetti  limitati  al  solo  periodo successivo
all'entrata  in  vigore  della  legge,  posto che, testualmente, sono
fatti   salvi,   dal  punto  di  vista  oggettivo,  «gli  atti  ed  i
provvedimenti» gia' adottati prima dell'entrata in vigore della legge
e,  quindi  sono  resi, per disposizione di fonte primaria, valide le
deliberazioni  assunte  in  precedenza,  con  la  relativa decorrenza
temporale:  la  «salvezza»  dell'atto  (amministrativo o comunque non
legislativo)  disposta con la legge successiva comporta che tale atto
debba  essere  considerato  legittimo  ab origine, anche se contrario
alla   legge  previgente;  la  «salvezza»  comporta  la  validita'  e
legittimita'  sopravvenuta della regolamentazione contenuta nell'atto
«sanato»  con  la relativa efficacia temporale; la fonte primaria nel
momento  in  cui  «fa  salvo»  un atto precedente alla sua entrata in
vigore  ha  «naturalmente»  (e salva espressa disposizione contraria)
effetto  retroattivo,  coincidente con quello di decorrenza dell'atto
«sanato»;
        che  il  secondo periodo del comma 763 della finanziaria 2007
con la relativa disposizione di «salvezza» degli atti precedentemente
emanati  deve  poi  essere  ricollegato,  in  via  di interpretazione
sistematica,   con   quanto   stabilito   al  periodo  immediatamente
precedente   (ovvero:   ampliamento   dei   poteri   delle   gestioni
previdenziali autonome, per garantire la salvaguardia dell'equilibrio
finanziario  di  lungo  termine  e,  in particolare, soppressione del
vincolo  del  necessario  rispetto  del criterio «pro rata», che deve
essere  solo  tenuto  presente  e  contemperato  con  altri criteri e
principi,  tra  i  quali l'equita' tra generazioni): la ratio risulta
quindi  quella  di  salvaguardare  e  mantenere  ferme  le precedenti
regolamentazioni  gia'  approvate  in  sede ministeriale, anche se in
ipotesi  illegittime  secondo  la  legge  precedente, perche' gia' in
linea  con i nuovi criteri, ovvero «piu' rigorose» dal punto di vista
dell'arco  di  tempo di valutazione dell'equilibrio finanziario e del
mancato  rispetto  (almeno  in  termini  rigidi) del criterio del pro
rata, a vantaggio delle generazioni future;
        che,  pur  in assenza di significativi lavori preparatori (la
disposizione  non  figurava  nel  disegno  di  legge  originario e fu
introdotta con il «maxiemendamento» governativo sul quale fu posta la
fiducia), occorre considerare che l'intervento legislativo fu operato
quando  era  gia'  insorto  un  nutrito  contenzioso  in  merito alla
legittimita'  delle  deliberazioni  assunte  dagli enti previdenziali
privatizzati (e, in particolare, circa la delibera del 22 giugno 2002
del  Comitato dei delegati della Cassa ragionieri), delibere che, per
esigenze di equilibrio delle gestioni e di equita' intergenerazionale
avevano  introdotto  modifiche  nei parametri pensionistici anche non
nel  pieno  rispetto  del principio del pro rata (a riprova del vasto
contenzioso  determinato  dalla  delibera  del 22 giugno 2002 vedi le
numerose sentenze di merito prodotte dalle parti);
        che, quindi, questo giudice ritiene di non poter aderire alle
tesi   interpretative   di   parte   ricorrente   (che,  come  detto,
condurrebbero,  a  non  dare  applicazione  nel  presente giudizio al
secondo periodo dell'art. 1, comma 763 della legge finanziaria per il
2007)  sia  perche'  priverebbero di significato la disposizione, sia
perche'  il  «significato proprio delle parole secondo la connessione
di   esse»   («salvezza»   riferita   oggettivamente   «agli  atti  e
deliberazioni»  precedentemente emanati), la collocazione sistematica
(immediatamente  successiva  alla  introduzione della possibilita' di
prevedere  possibili  «deroghe»  al  principio  del  «pro  rata»), le
circostanze  storiche relative alla emanazione (contenzioso in merito
alla  legittimita'  delle  delibere  che  non avevano «rispettato» il
principio  del  «pro rata») inducono, univocamente ad attribuire alla
disposizione  il significato di una norma di «sanatoria» con la quale
sono  «fatti salvi» atti e provvedimenti precedentemente emanati (pur
se  in  ipotesi  illegittimi  per  la  legislazione  previgente), con
«naturale»   efficacia   retroattiva,  riferita  per  relazione  alla
decorrenza degli atti «sanati»;
        che,  pur  aderendo  al  principio  piu' volte ribadito dalla
giurisprudenza  costituzionale  secondo il quale «in linea di massima
le  leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e'
possibile  darne  interpretazioni  incostituzionali,  ma  perche'  e'
impossibile darne interpretazioni costituzionali», nel caso di specie
questo  giudice  ritiene  che  non  sia  possibile,  ragionevolmente,
accedere  alle  interpretazioni  proposte  da  parte ricorrente e che
l'unica  interpretazione  coerente con il dato testuale e sistematico
sia   quella   che   la   disposizione  oggetto  della  questione  di
costituzionalita' (sopravvenuta nel corso del giudizio) sia diretta a
far  «salva» e «valida» la delibera del 22 giugno 2002, della quale i
ricorrenti  assumono la illegittimita' in base alla legge previgente;
che  quindi  la  disposizione  deve  trovare applicazione da parte di
questo  giudice  e  dall'eventuale  accoglimento  della  questione di
costituzionalita'  discenderebbe un mutamento nel quadro normativo di
riferimento;
    considerato,  circa  la  non  manifesta infondatezza: che codesta
Corte  ha  piu'  volte  chiarito  che «le leggi di sanatoria non sono
costituzionalmente  precluse  in  via  di principio ma che, tuttavia,
trattandosi   di   ipotesi   eccezionali,   la  loro  giustificazione
dev'essere  sottoposta  a  uno  scrutinio  particolarmente  rigoroso,
aggiungendo  che  l'intervento  legislativo in sanatoria puo' "essere
ragionevolmente  giustificato soltanto dallo stretto collegamento con
le specifiche peculiarita' del caso" (sent. n. 94 del 1995), cosi' da
doversi  "escludere  che  possa  risultare arbitraria la sostituzione
della  disciplina generale - originariamente applicabile - con quella
eccezionale  successivamente  emanata"  (sent.  n. 100 del 1987; cfr.
anche  sent.  n. 402  del 1993, sent. n. 346 del 1991 e sent. 474 del
1988,  oltre  alla  gia'  citata  sent.  n. 94  del 1995)» (cosi', in
motivazione, la sentenza n. 14/1999);
        che,  in  particolare,  e'  stato precisato: lo «scrutinio di
costituzionalita'  estremamente rigoroso» deve essere condotto «tanto
sotto il profilo del rispetto del principio costituzionale di parita'
di  trattamento,  quanto  sotto  il  profilo  della  salvaguardia  da
indebite  interferenze  nei  confronti  dell'esercizio della funzione
giurisdizionale»   (sentenza   94/1995),   sottolineandosi  che  solo
pubblici interessi «possono giustificare sanatorie di atti ab origine
illegittimi  (sent.  n. 94  del  1995,  402  del 1993, 100 del 1987),
atteso  che  la  volonta'  di  sanatoria,  per  poter  legittimamente
superare,  alla  stregua  dell'art. 3  in  riferimento, nella specie,
all'art. 97 cost., una precedente valutazione dell'interesse pubblico
gia'  operata  dalla  legge, deve essere sostenuta dall'assunzione di
altro interesse pubblico, non irragionevolmente idoneo a giustificare
il  contrasto  che  viene a crearsi tra due diverse manifestazioni di
volonta'   legislativa   concorrenti   sulla   medesima  fattispecie»
(sentenza 141/1999);
        che,  inoltre,  la modifica dei criteri di determinazione del
trattamento  previdenziale  senza rispetto del principio del pro rata
e', nella specie, intervenuta quando il lavoratore era ormai prossimo
al   conseguimento   della  pensione,  sulla  base  di  una  delibera
inizialmente  illegittima  e  «sanata» solo successivamente con legge
ordinaria,  quando  il  lavoratore  era  gia'  in quiescenza ed aveva
proposto azione giudiziaria;
        che  la  Corte costituzionale in alcune pronunzie ha statuito
che «in materia di ordinamento pensionistico, sono costituzionalmente
illegittime quelle modificazioni legislative che, intervenendo in una
fase   avanzata  del  rapporto  di  lavoro  oppure  quando  sia  gia'
subentrato  lo stato di quiescenza, peggiorino, senza un'inderogabile
esigenza, in misura notevole ed in maniera definitiva, un trattamento
pensionistico   in   precedenza   spettante,   con   la   conseguente
irrimediabile  vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite
dal  lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria
attivita' lavorativa» (vedi Corte cost., 14 luglio 1988, n. 822);
        che,  essendosi  gia'  determinato  un  ampio  contenzioso in
merito  alla  legittimita'  della delibera (vedi le numerose sentenze
prodotte  dalle  parti), l'intervento della disposizione di sanatoria
(senza  peraltro  alcuna  specifica  previsione  in merito ai giudizi
pendenti)  rischia  di  ledere  «l'affidamento  del  cittadino  nella
sicurezza   giuridica,  quale  elemento  essenziale  dello  Stato  di
diritto» (Corte cost. 10 febbraio 1993 n. 39, 26 gennaio 1994 nn. 6 e
16, 28 febbraio 1997 n. 50, 23 dicembre 1997 n. 432, 22 novembre 2000
n. 525);
        che quindi la disposizione di «sanatoria» dei precedenti atti
e  provvedimenti  degli enti previdenziali privatizzati, pur ispirata
ad esigenze di equilibrio di bilancio delle gestioni previdenziali e,
soprattutto,   di  equita'  tra  generazioni,  si  pone  tuttavia  in
contrasto  con  l'affidamento  nella  sicurezza  giuridica  e  con le
legittime  aspettative  dei lavoratori gia' in quiescenza, sanando un
atto  ab  origine  illegittimo,  quando  sono gia' pendenti i giudizi
fondati su tale illegittimita' e cosi' peggiorando in misura notevole
ed  in  maniera definitiva il trattamento pensionistico in precedenza
spettante,  sulla  base  della  normativa  vigente  al  momento della
cessazione  dell'attivita'  lavorativa,  in  contrasto con i principi
desumibili dagli artt. 2, 3, 24, 38 della Costituzione;
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 763, secondo periodo
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 («Sono fatti salvi gli atti e le
deliberazioni  in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al
presente  comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data
di  entrata  in  vigore  della  presente  legge»)  in  relazione agli
artt. 2, 3, 24, 38 Cost.
    Sospende il giudizio in corso.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale.
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti.
        Lucca, addi' 12 luglio 2007
                       Il giudice: Nannipieri
07C1199