N. 716 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 aprile 2007

Ordinanza  emessa  il 12 aprile 2007 dal giudice di pace di Benevento
nel procedimento penale a carico di Mussi Loretta

Reati e pene - Prescrizione - Reati di competenza del giudice di pace
  -  Reati  puniti  con  pena diversa da quella detentiva e da quella
  pecuniaria  -  Previsione del termine di prescrizione di tre anni -
  Contrasto  con  il  principio  di  ragionevolezza  - Violazione del
  principio di uguaglianza.
- Codice  penale, art. 157, comma quinto, come sostituito dall'art. 6
  della legge 5 dicembre 2005, n. 251.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.41 del 24-10-2007 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Letti gli atti del procedimento a carico di Mussi Loretta;
    Rilevato  che  la  questione  di legittimita' costituzionale puo'
essere rilevata d'ufficio dal giudice;
    Rilevato  che  nel presente giudizio risultano contestati i reati
di ingiurie e diffamazione ex art. 594, commi 1 e 4 e 595 c.p.;
    Rilevato  che  per  il  reato  di ingiurie aggravate ai sensi del
comma  4,  il  codice  penale prevedeva originariamente un aumento di
pena rispetto alla pena base della reclusione fino a sei mesi o della
multa  fino  a  tre  milioni,  mentre per il reato di diffamazione il
codice penale prevedeva originariamente la pena della reclusione fino
a un anno o della multa fino a lire due milioni; che, a seguito della
attribuzione  di  competenze  penali  ai  giudici  di  pace,  a norma
dell'art. 52,  lettera  a), del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, quando
il  reato  e'  punito  con la pena della reclusione o dell'arresto in
alternativa  a  quella  della multa o dell'ammenda si applica la pena
pecuniaria  della  specie corrispondente da lire cinquantamila a lire
cinque milioni, e se la pena detentiva e' superiore nel massimo a sei
mesi,  si  applica  la  predetta  pena  pecuniaria  o  la  pena della
permanenza  domiciliare da sei giorni a trenta giorni, ovvero la pena
del lavoro di pubblica utilita' per un periodo da giorni dieci a mesi
tre;
    Ritenuto  che,  pertanto,  a seguito dell'entrata in vigore della
legge  5 dicembre  2005,  n. 251,  in tema di prescrizione del reato,
dovrebbe trovare applicazione, il disposto dell'art 6 n. l in base al
quale  quando  per  il  reato  la  legge  stabilisce congiuntamente o
alternativamente   la  pena  detentiva  e  la  pena  pecuniaria,  per
determinare  il  tempo  necessario  a prescrivere si ha riguardo solo
alla  pena detentiva, ma quando per il reato la legge stabilisce pene
diverse  da  quella  detentiva  e da quella pecuniaria, si applica il
termine  di prescrizione di tre anni. Pertanto mentre per il reato di
ingiurie  aggravate  la  pena  detentiva  da  considerare non sarebbe
superiore a sei mesi (non potendosi calcolare l'aggravante ex comma 4
che  non e' ad effetto speciale) e la prescrizione maturerebbe in sei
anni,  per  il  reato  di diffamazione la pena detentiva da calcolare
sarebbe  comunque  superiore  a  sei  mesi,  ed  essendo  prevista la
possibilita'  di  pene  diverse  quali la permanenza domiciliare o il
lavoro  di  pubblica utilita', dovrebbe applicarsi la disposizione ex
comma  5  del citato art. 6 che prevede un termine di prescrizione di
tre anni.
    Rilevato  che e' gia' stata sollevata da altri giudici (Tribunale
di  Perugia,  ordinanza  20 marzo 2006; Cassazione penale, sez. fer.,
ordinanza  31 agosto  2006)  questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 157,  comma  5  del c.p., cosi' come sostituito dall'art. 6
della  citata  legge  n. 251/2005,  nella  parte  in cui prevede che,
quando  per  il  reato  la  legge  stabilisce  pene diverse da quella
detentiva   o   da  quella  pecuniaria,  si  applica  il  termine  di
prescrizione di tre anni;
    Considerato  che  nel  presente  giudizio  non  potrebbe  trovare
applicazione il disposto dell'art. 10 della stessa legge che prevede,
al  punto  3,  la esclusione della applicabilita' immediata dei nuovi
termini  di prescrizione ai processi gia' pendenti in primo grado ove
vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, posto che
tale  norma  e' stata recentemente dichiarata incostituzionale (Corte
costituzionale 23 ottobre 2006, n. 393).
    Rilevato  che  la  questione di applicabilita' o meno della norma
sui  nuovi termini ex art. 6, punto 1 comma 5 della legge n. 251/2005
appare   rilevante   ai   fini   del  presente  giudizio,  attesa  la
possibilita' di un'avvenuta prescrizione del reato di diffamazione di
cui all'atto di citazione a giudizio in data 25 febbraio 2002.
    Osservato che conformemente a quanto rilevato dagli altri giudici
che  hanno  gia'  rimesso  alla  Corte costituzionale la questione di
legittimita' costituzionale della norma in esame, la questione stessa
appare  non  manifestamente  infondata,  sul  rilevo  che  esiste una
evidente  e  irrazionale  differenziazione e sperequazione tra i casi
meno  gravi previsti dal comma 1 (per i quali la sanzione applicabile
e'  solo  la  pena pecuniaria e il termine di prescrizione resterebbe
quindi  quello  previsto dal detto comma, cioe' sei anni se si tratti
di delitto e quattro anni se si tratta di contravvenzione) mentre per
i  casi  piu'  gravi  previsti dal comma 5, per i quali sono previsti
anche  la  pena della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica
utilita',  il termine di prescrizione sarebbe inspiegabilmente minore
(tre anni).
    Ritenuto,  pertanto,  la non manifesta infondatezza della dedotta
incostituzionalita'  della  norma sopra esaminata in quanto contraria
ai  principi  di  ragionevolezza  e ai canoni di uguaglianza tutelati
dall'art. 3 della Costituzione.
                              P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata, per contrasto
con   l'art. 3  della  Costituzione,  la  questione  di  legittimita'
dell'art. 157, comma 5 c.p., cosi' come modificato dall'art. 6, legge
n. 251/2005  nella  parte  in  cui prevede che quando per il reato la
legge  stabilisce  pene  diverse  da  quella  detentiva  o  da quella
pecuniaria si applica il termine di prescrizione di tre anni.
    Dispone   la   immediata   trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale e la sospensione del giudizio in corso.
    Dispone  che  a cura della cancelleria l'ordinanza sia notificata
alle  parti non presenti e al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica.
    Omissis.
                    Il giudice di pace: Rammaglia
07C1225