N. 381 ORDINANZA 5 - 14 novembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento  civile - Esecuzione forzata - Pignoramento presso terzi
  -  Crediti  derivanti  da  rapporto di lavoro autonomo - Divieto di
  pignoramento,   salve   le   eccezioni   di   legge,  qualora  essi
  costituiscano  l'unica  fonte  di  reddito  -  Mancata previsione -
  Denunciata  ingiustificata  disparita'  di  trattamento rispetto ai
  lavoratori  dipendenti  e  lesione  del diritto alla retribuzione -
  Questione  riferita anche a norma di natura regolamentare, inidonea
  ad esser oggetto del giudizio di costituzionalita', senza precisare
  se  la  prospettata incostituzionalita' derivi soltanto dalla norma
  legislativa  -  Inidoneita'  del  tertium  comparationis  evocato -
  Richiesta  di  pronuncia  additiva  implicante l'introduzione di un
  elemento  estraneo  al  sistema, rimesso alla esclusiva valutazione
  del legislatore - Manifesta inammissibilita' delle questioni.
- D.P.R.  5 gennaio  1950,  n. 180,  art. 1;  d.P.R.  28 luglio 1950,
  n. 895, art. 1.
- Costituzione, artt. 3 e 36.
(GU n.45 del 21-11-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1 del d.P.R.
5 gennaio  1950,  n. 180  (Approvazione  del  testo unico delle leggi
concernenti  il  sequestro,  il  pignoramento  e  la  cessione  degli
stipendi,   salari   e   pensioni   dei  dipendenti  dalle  pubbliche
Amministrazioni),  e  dell'art. 1  del  d.P.R. 28 luglio 1950, n. 895
(Approvazione  del nuovo regolamento per l'esecuzione del nuovo testo
unico  delle  leggi  concernenti  il  sequestro, il pignoramento e la
cessione  degli  stipendi,  salari  e  pensioni  dei dipendenti dalle
pubbliche  Amministrazioni), promosso dal giudice dell'esecuzione del
Tribunale   di  Como,  nel  giudizio  di  opposizione  all'esecuzione
proposto  da  S.  M.  contro  la  Rileno  S.p.a.,  con  ordinanza del
20 novembre  2006,  iscritta  al n. 346 del registro ordinanze 2007 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, 1ª serie
speciale, dell'anno 2007.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  10 ottobre  il  giudice
relatore Francesco Amirante.
    Ritenuto   che   nel   corso   di   un  giudizio  di  opposizione
all'esecuzione  avverso il pignoramento effettuato dal concessionario
del  servizio di riscossione per la Provincia di Como sui crediti per
provvigioni di un agente di commercio, il giudice dell'esecuzione del
Tribunale  di Como, con ordinanza del 20 novembre 2006, ha sollevato,
in  riferimento  agli  artt. 3  e 36 della Costituzione, questioni di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1  del d.P.R. 5 gennaio 1950,
n. 180  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi concernenti il
sequestro,  il  pignoramento  e  la cessione degli stipendi, salari e
pensioni   dei   dipendenti   dalle   pubbliche  Amministrazioni),  e
dell'art. 1 del d.P.R. 28 luglio 1950, n. 895 (Approvazione del nuovo
regolamento  per  l'esecuzione  del  nuovo  testo  unico  delle leggi
concernenti  il  sequestro,  il  pignoramento  e  la  cessione  degli
stipendi,   salari   e   pensioni   dei  dipendenti  dalle  pubbliche
Amministrazioni),  nelle  parti  in  cui  tali norme non prevedono il
divieto  di  pignoramento  dei  compensi corrisposti ad un lavoratore
autonomo, qualora questi costituiscano la sua unica fonte di reddito;
        che  il  giudice  a  quo, premesso di aver raggiunto la prova
circa  la mancanza di altri redditi del debitore, agente di commercio
con  obbligo  di  non  trattare affari nell'interesse dei concorrenti
della  preponente,  osserva come i generi commercializzati, in quanto
destinati  ad  un  mercato  particolare,  richiedano  nell'agente una
preparazione  specialistica  per  poter  trattare  con  le  ditte del
settore,  cosi'  da  non  consentirgli  di  promuovere  la vendita di
prodotti  diversi, destinati a clienti differenti, e come, quindi, la
situazione  de  qua  sia  assimilabile  a  quella  di  un  lavoratore
dipendente;
        che  il  Tribunale  ricorda  come,  a  seguito della modifica
disposta   dall'art. 1,  comma 137,  della  legge  30 dicembre  2004,
n. 311,  anche ai lavoratori del settore privato si applichi l'art. 1
del  d.P.R.  n. 180  del  1950, che prevede il divieto di pignorare -
fatte  salve  le  eccezioni  stabilite  dalla  legge  (art. 2) - «gli
stipendi,  i  salari,  le  paghe,  [...]  ed  i compensi di qualsiasi
specie»  dovuti  a  chi svolga attivita' lavorativa, ma come, in base
all'art. 1 del regolamento di esecuzione, di cui al d.P.R. n. 895 del
1950,  il  divieto  della  pignorabilita' non si applichi «alle somme
[...]  dovute  in compenso di prestazioni eseguite in base a rapporti
che non implicano un vincolo di dipendenza»;
        che,  inoltre,  essendo  i  limiti  alla pignorabilita' della
retribuzione  e  degli  altri crediti derivanti dall'esecuzione di un
rapporto  di  lavoro  subordinato  di  natura  eccezionale, essi sono
insuscettibili  di  applicazione  analogica  ad  ipotesi  diverse, e,
quindi,  non  sono  estensibili  al pignoramento delle provvigioni in
argomento;
        che,  pertanto,  la  mancata previsione del limite del quinto
per  il  pignoramento  del compenso dovuto ad un lavoratore autonomo,
nel  caso  in  cui  questo costituisca la sua unica fonte di reddito,
sembra  al  remittente  costituire un trattamento ingiustificatamente
piu'  sfavorevole  rispetto  a  quanto  stabilito  per  i  lavoratori
dipendenti, in contrasto con l'art. 3 Cost.;
        che   inoltre   -  argomenta  il  Tribunale  -  tenuto  conto
dell'importo  del  credito  azionato, il pignoramento integrale delle
provvigioni  dovute  dal  terzo e quindi la conseguente assegnazione,
oltre  a  quelle  gia' maturate, anche di quelle maturande, fino alla
completa  estinzione  del  debito,  priverebbe  il debitore, anche in
futuro,  dei  mezzi  economici  necessari  per  condurre un'esistenza
libera e dignitosa, in contrasto con l'art. 36 Cost.;
        che,   infine,  quanto  alla  rilevanza,  il  giudice  a  quo
specifica di aver disposto provvisoriamente l'assegnazione del quinto
dei   compensi   dovuti   dal   terzo   pignorato,   con  sospensione
dell'eventuale  assegnazione  dei  residui  quattro quinti, fino alla
decisione delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
concludendo  per  l'inammissibilita'  e  comunque  per  la  manifesta
infondatezza  delle questioni, in quanto il remittente non ha tentato
di  interpretare  il  sistema  in modo da evitare qualsiasi dubbio di
costituzionalita',  non  ha  spiegato  perche'  l'agente di commercio
unimandatario non possa equipararsi al lavoratore subordinato per gli
effetti dell'art. 545, terzo comma, del codice di procedura civile, e
non ha individuato con esattezza la norma applicabile;
        che,  nel merito, le questioni sarebbero infondate, in quanto
l'art. 3  Cost. presuppone situazioni eguali, tali non essendo quella
del  lavoratore  subordinato e quella del lavoratore autonomo, mentre
l'art. 36 Cost. non potrebbe riguardare il pignoramento, da parte del
terzo, della retribuzione.
    Considerato che il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Como,
davanti al quale pende procedimento di esecuzione presso terzi avente
ad  oggetto  i  crediti  per  provvigioni  spettanti  ad un agente di
commercio da parte della preponente e per la soddisfazione di crediti
della  societa'  concessionaria  del  servizio  di riscossione per la
Provincia  di  Como,  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 36
della   Costituzione,   questioni   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 1 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (Approvazione del testo
unico  delle  leggi  concernenti  il  sequestro, il pignoramento e la
cessione  degli  stipendi,  salari  e  pedoni  dei  dipendenti  delle
pubbliche  Amministrazioni), e dell'art. 1 del d.P.R. 28 luglio 1950,
n. 895 (Approvazione del nuovo regolamento per l'esecuzione del nuovo
testo  unico  delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e
la  cessione  degli  stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle
pubbliche Amministrazioni);
        che, secondo il remittente, qualora, come nel caso specifico,
l'agente  non  abbia  altre fonti di reddito e per patto contrattuale
non  possa  assumere  altri  incarichi  per la commercializzazione di
prodotti  di  aziende  concorrenti della concedente, non vi e' alcuna
ragione  perche'  l'agente, riguardo alla pignorabilita' dei suddetti
propri  crediti,  abbia  un  trattamento  deteriore rispetto a quello
previsto   per  i  lavoratori  dipendenti  e  comunque  tale  da  non
consentire a lui e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa;
        che   le   questioni   non   sono  ammissibili  per  diverse,
concorrenti ragioni;
        che,  anzitutto,  il  d.P.R.  n. 895  del  1950  ha natura di
regolamento  e  non  di  norma  primaria,  sicche'  ad  esso non puo'
estendersi il sindacato di questa Corte;
        che il remittente non precisa, d'altro canto, se il contenuto
normativo  che  egli sospetta di illegittimita' derivi congiuntamente
dalle  disposizioni  censurate o anche soltanto da quella dell'art. 1
del d.P.R. n. 180 del 1950, avente efficacia di legge;
        che   il   Tribunale   censura   le   suddette  disposizioni,
concernenti   la   pignorabilita'   di   corrispettivi  di  lavoro  e
trattamenti  di  quiescenza  spettanti  ai  dipendenti  di  pubbliche
amministrazione,  ma adduce come tertium comparationis, riguardo alle
questioni  in  oggetto, il regime dei lavoratori subordinati privati,
regolato da altre disposizioni;
        che,    inoltre,   il   giudice   a   quo   fa   riferimento,
nell'ipotizzare  la  necessita'  di  una  pronuncia  additiva,  anche
all'assenza  di  fonti  di  reddito  diverse  da quelle per attivita'
lavorative  e  trattamenti  pensionistici  e in genere di quiescenza,
cosi'  postulando  l'introduzione di un elemento estraneo al sistema,
che eventualmente spetta soltanto al legislatore valutare.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1  del d.P.R. 5 gennaio 1950,
n. 180  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi concernenti il
sequestro,  il  pignoramento  e  la cessione degli stipendi, salari e
pensioni   dei   dipendenti   dalle   pubbliche  Amministrazioni),  e
dell'art. 1 del d.P.R. 28 luglio 1950, n. 895 (Approvazione del nuovo
regolamento  per  l'esecuzione  del  nuovo  testo  unico  delle leggi
concernenti  il  sequestro,  il  pignoramento  e  la  cessione  degli
stipendi,   salari   e   pensioni   dei  dipendenti  dalle  pubbliche
Amministrazioni),  sollevate,  in riferimento agli artt. 3 e 36 della
Costituzione,  dal  giudice dell'esecuzione del Tribunale di Como con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Amirante
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 novembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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