N. 777 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 maggio 2007

Ordinanza  del 18 maggio 2007 emessa dal Giudice di pace di Cuneo nei
procedimenti penali riuniti a carico di Prisco Ennio ed altri

Reati e pene - Prescrizione - Reati di competenza del giudice di pace
  -  Reati  puniti  con  pena diversa da quella detentiva e da quella
  pecuniaria  -  Termine  di  prescrizione  di  tre  anni  -  Mancata
  previsione  dell'applicazione  di  tale  termine  a tutti gli altri
  reati  di competenza del giudice di pace - Irragionevole disparita'
  di trattamento.
- Codice  penale, art. 157, comma quinto, come sostituito dall'art. 6
  della legge 5 dicembre 2005, n. 251.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.47 del 5-12-2007 )
                         IL GIUDICE DI PACE
Letti gli atti dei procedimenti penali nn. 150/2003+285/2004+150/2003
r.g.  g.d.p.  a  carico dei signori Ennio Prisco, Daniela Pinto, Rosa
Dalmasso e Enrico Lauria, meglio generalizzati in atti;
Rilevato  che  i  reati  per  cui e' processo, sono di competenza del
giudice  di  pace  e  che,  dunque, essi sono soggetti al trattamento
sanzionatorio dettato dall'art. 52, d.lgs. 274/2000;
Ritenuto a tale stregua che in relazione al tipo di sanzione per essi
prevista  risulta  corrispondentemente  applicabile  nuovo termine di
prescrizione;
Rilevato  che nel caso di specie deve aversi riguardo al disposto del
nuovo  art. 157, quinto comma c.p., in forza del quale, allorche' per
il  reato  la  legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da
quella  pecuniaria, si applica il termine di tre anni, che in caso di
interruzione  della prescrizione, puo' essere aumentato di un quarto,
fino a tre anni e nove mesi;
Atteso  infatti  che  la previsione di cui all'art. 157, quinto comma
c.p.  si  ritiene debba essere riferita ad alcune ipotesi di reato di
competenza  del  giudice di pace, per le quali ai sensi dell'art. 52,
d.lgs.  274/2000  puo'  essere  irrogata  nei  casi di cui al secondo
comma,  lettere  a)  seconda  parte,  b)  e  c),  la  sanzione  della
permanenza  domiciliare  o del lavoro sostitutivo in alternativa alla
pena pecuniaria;
Ritenuto  che  la  riferibilita'  all'art.  157,  quinto  comma  c.p.
novellato di cui in sopra consegue alla considerazione che, se e' pur
vero  che  nel  previgente  sistema la giurisprudenza di legittimita'
aveva chiarito che, ai fini della determinazione del tempo necessario
per  la  prescrizione  delle  ipotesi  di reato attribuite al g.d.p.,
doveva  tenersi  presente  che  la  disposizione  di cui all'art. 58,
d.lgs.  28  agosto  2000,  n. 274,  statuisce  che  per  ogni effetto
giuridico  la pena dell'obbligo di permanenza domiciliare e il lavoro
di  pubblica utilita' si considerano come pena detentiva della specie
corrispondente a quella della pena originaria (ex multis: Cass. pen.,
Sez.  IV,  16  gennaio  2004,  n. 18640);  ma  che tuttavia, il nuovo
dettato  dell'art.  157, quinto comma c.p. dispone in particolare per
quanto  attiene  le  «pene  diverse  da  quella detentiva e da quella
pecuniaria», e che, diversamente intesa, la norma citata risulterebbe
priva  di  significato e di qualsivoglia concreto riferimento, atteso
che  si  riferisce  espressamente  alle  «pene», e non alle misure di
sicurezza  (come  alcuni interpreti hanno invece ipotizzato); a nulla
rileva  che  l'art.  52,  d.lgs.  n. 274/2000 contempli un meccanismo
sanzionatorio  a  griglia,  prevedendo  al secondo comma, lettera a),
seconda  parte,  lettera  b) e lettera c), in alternativa alle altre,
anche  1a  mera  pena pecuniaria: deve infatti escludersi che, per il
solo  fatto della possibilita' di irrogare quest'ultima, debba aversi
riguardo al termine dettato dall'art. 157, primo comma c.p., in forza
del  quale  la prescrizione matura in almeno sei anni per i delitti e
in almeno quattro anni per le contravvenzioni, anche se puniti con la
sola pena pecuniaria.
Valutando  il sistema delineato dal nuovo art. 157 c.p., commi 1 e 5,
deve  necessariamente  concludersi che i reati oggi di competenza del
giudice  di  pace  sono soggetti a termini di prescrizione diversi, a
seconda  che  siano puniti con la sola pena pecuniaria, nel qual caso
il  termine  e'  di  anni  sei per i delitti e di anni quattro per le
contravvenzioni,   ovvero,   in   alternativa,   con   la  permanenza
domiciliare  o  il lavoro sostitutivo, nel qual caso il termine e' di
anni tre.
Ma  un  siffatto  meccanismo  risulta  irragionevole,  in  quanto  si
contempla   un   termine   prescrizionale   piu'   lungo   per  reati
oggettivamente  meno  gravi in quanto implicanti una minore offesa ad
uno stesso bene ovvero lesivi di un bene di rango inferiore.
Si  consideri  in  proposito  a  titolo esemplificativo che se taluno
minaccia  di aggredire un altro individuo o lo percuote, i delitti di
cui  agli  artt.  612  e  581  c.p., puniti con pena pecuniaria, sono
soggetti  al  termine prescrizionale di anni sei, mentre se lo stesso
individuo  passa  effettivamente  a  vie di fatto, procurando lesioni
lievi,  il  reato,  punito  anche con permanenza domiciliare o lavoro
sostitutivo, e' soggetto al termine di prescrizione di anni tre.
A  questo  punto  si  determina  una disparita' di trattamento che si
traduce   in  un  regime  piu'  favorevole  per  l'autore  dei  reati
attribuiti alla competenza del g.d.p. piu' gravi, rispetto all'autore
dei  reati  meno gravi per i quali non e' possibile applicare la pena
della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilita'.
Ed,  infatti,  per  questi  ultimi,  potendosi applicare la sola pena
pecuniaria, il termine di prescrizione breve e' di 6 anni, in caso di
delitto, e di 4, in caso di contravvenzione (art. 157, comma 1 c.p.).
E'  palese  la  disparita'  di  trattamento  derivante  da  un regime
prescrizionale  che  penalizza proprio coloro che, per la ratio della
stessa  legge  n. 251/2005,  dovrebbero godere di effetti applicativi
piu'  favorevoli,  cosi'  da  rendere  del  tutto  ingiustificata  ed
irragionevole la disparita' stessa.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono si appalesa rilevante
e   non   manifestamente   infondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  157,  quinto  comma  c.p.,  come novellato
dall'art.  6,  legge  n. 251/2005,  per violazione dell'art. 3 Cost.,
nella  parte  in  cui,  senza tener conto dell'effettiva gravita' dei
reati,  ma anzi in contrasto con la pena edittale prevista, contempla
irragionevolmente  termini di prescrizione diversi, a seconda che per
il   reato   siano  o  meno  irrogabili,  in  alternativa  alla  pena
pecuniaria, la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo.
La  questione e' rilevante nella specie, in quanto agli imputati sono
contestati  sia  il  reato  di cui all'art. 582 c.p., per il quale e'
applicabile  il  termine  di  prescrizione  piu'  breve  e che dunque
potrebbe  considerarsi  gia'  prescritto,  e  i  reati  di ingiurie e
minaccia semplice, per i quali e' teoricamente applicabile il termine
di prescrizione ordinaria di anni sei aumentabile di un quarto fino a
anni sette e mesi sei, o, che e' lo stesso, il termine di anni cinque
aumentabile  fino  ad  anni  sette e mesi sei, previsto dall'art. 157
c.p.  nella  formulazione  anteriore  alle modifiche introdotte dalla
legge   n. 251/2005,   ma   che   potrebbero  parimenti  considerarsi
prescritti   in  caso  di  ritenuta  fondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale.
Solleva  pertanto  la  questione di illegittimita' costituzionale, in
relazione  all'art. 3 Cost., dell'art. 157, in combinato disposto con
i  commi 1 e 5 c.p., nella parte in cui non prevede che, con riguardo
ai reati attribuiti alla competenza del giudice di pace penale, anche
per  i  reati  puniti  con  la  sola  pena pecuniaria la prescrizione
estingua il reato decorso il termine di tre anni.
                              P. Q. M.
   Visto l'art. 23, legge n. 87/1953,
   Dichiara  rilevante  e  non manifestamente infondata per contrasto
con  l'art.  3  Cost.  la  questione  di  legittimita' costituzionale
dell'art.  157,  quinto comma c.p., come novellato dall'art. 6, legge
n. 251/2005,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il termine di
prescrizione  di  anni tre si applichi, oltre che ai reati puniti con
pena  diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria, a tutti gli
altri reati di competenza del giudice di pace;
   Sospende  il  processo  e  ordina  la trasmissione degli atti alla
Corte costituzionale.
   Dispone  che  l'ordinanza,  di cui e' data lettura in udienza alle
parti,  sia  notificata agli imputati al Presidente del Consiglio dei
ministri  e  comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato della
Repubblica.
    Cuneo, addi' 18 maggio 2007
                   Il giudice di pace: Franceschi