N. 408 ORDINANZA 21 - 30 novembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Persona offesa dal reato residente o domiciliata
  all'estero  (in  luogo  conosciuto)  -  Invito  a  dichiarare  o ad
  eleggere  domicilio  nel  territorio  dello  Stato  ai  fini  delle
  notificazioni - Contenuto - Enunciazione sommaria del «fatto-reato»
  e  degli articoli di legge violati - Mancata previsione - Lamentata
  violazione   del   diritto   di  difesa  e  dedotta  disparita'  di
  trattamento  rispetto  all'avviso  all'indagato  della  conclusione
  delle  indagini  -  Prospettazione  di  questione  con  motivazione
  insufficiente  ed  inidonea  sulla  rilevanza,  nonche',  per altro
  profilo  di  censura,  irrilevante  nel  giudizio a quo - Manifesta
  inammissibilita'.
- Cod. proc. pen., art. 154, comma 1.
- Costituzione, artt. 3 e 24, comma secondo.
(GU n.47 del 5-12-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 154, comma 1,
del  codice  di procedura penale, promosso con ordinanza del 3 maggio
2005 dal Tribunale di Velletri, sezione distaccata di Albano Laziale,
nel  procedimento  penale  a  carico  di G.A., iscritta al n. 472 del
registro  ordinanze  2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 40, 1ª serie speciale, dell'anno 2005;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  7  novembre 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick;
Ritenuto che, con l'ordinanza indicata in epigrafe, nell'ambito di un
processo  penale nei confronti di persona imputata del delitto di cui
all'art.  589  del  codice penale (omicidio colposo), il Tribunale di
Velletri,  sezione  distaccata  di  Albano  Laziale, ha sollevato, in
riferimento  agli  artt.  3  e 24, secondo comma, della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 154, comma 1, del
codice  di  procedura  penale,  nella  parte  in  cui non prevede che
l'invito,  rivolto  alla  persona  offesa dal reato di cui e' noto il
luogo  di  residenza  o di dimora all'estero, a dichiarare o eleggere
domicilio  nel  territorio  dello  Stato ai fini delle notificazioni,
debba contenere, a pena di nullita' - ove l'interessato sia straniero
-  l'enunciazione,  quanto  meno  sommaria, del «fatto-reato» e degli
articoli di legge che lo prevedono;
     che  il  giudice  a quo premette che le persone offese dal reato
per cui si procede si identificano in quattro soggetti di cui e' noto
il  luogo  di  residenza all'estero; e che, in applicazione dell'art.
154  cod.  proc.  pen.,  e'  stata  loro inviata una raccomandata con
avviso  di  ricevimento,  contenente  l'invito  in  lingua  rumena  a
dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato;
     che,   a   parere   del  rimettente,  l'atto  in  questione  non
permetterebbe  ai  destinatari di comprendere per quale «fatto-reato»
si  procede,  non  contenendo  alcuna indicazione circa l'oggetto del
procedimento  in corso, fatta eccezione per il mero richiamo all'art.
589 cod. pen. e al luogo e alla data del fatto;
     che  l'art.  154  cod. proc. pen., d'altra parte, non stabilisce
alcunche'  riguardo  al  contenuto  minimo  dell'invito:  sicche',  a
rigore,   neppure   il   richiamo   all'art.  589  cod.  pen.  poteva
considerarsi «strettamente necessario»;
     che,  cio'  premesso, il giudice rimettente ritiene che la norma
denunciata  violi gli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., nella parte
in cui non prevede che l'invito in parola debba contenere - a pena di
nullita' - una sia pur sommaria enunciazione del «fatto-reato», oltre
all'indicazione  delle norme che lo contemplano: e cio' «quanto meno»
nel  caso  in  cui  la  persona  offesa  sia uno straniero, apparendo
«inesigibile» che uno straniero dichiari o elegga domicilio in Italia
per  un  procedimento penale, anche nel caso in cui ignori - o non vi
sia  prova  che sappia - per quale fatto reato egli e' stato ritenuto
persona offesa;
     che, piu' in particolare, l'art. 3 Cost. risulterebbe leso sotto
il  profilo  della  ingiustificata disparita' di trattamento rispetto
all'avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari,
di  cui  all'art.  415-bis  cod.  proc.  pen.: atto che - pur avendo,
secondo  il  rimettente,  una  funzione  analoga a quella dell'invito
previsto   dalla  norma  denunciata  -  deve  contenere  la  sommaria
enunciazione del fatto e delle norme che si assumono violate;
     che   l'art.   24,  secondo  comma,  Cost.  verrebbe,  altresi',
compromesso  giacche'  la  mancata  previsione di un contenuto minimo
dell'invito   in   questione,   relativamente  al  «fatto-reato»,  si
presterebbe a determinare una menomazione del diritto di difesa;
     che  la questione risulterebbe, infine, rilevante nel giudizio a
quo,  poiche',  «ove  la  norma  avesse previsto, a pena di nullita',
l'obbligo  di  enunciare,  sia  pure  sommariamente,  il fatto-reato,
l'invito  alle  persone  offese  potrebbe  dichiararsi  nullo e se ne
potrebbe e dovrebbe disporre la rinnovazione»;
     che   nel   giudizio  di  costituzionalita'  e'  intervenuto  il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  il  quale ha chiesto che la
questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata;
     che,  ad  avviso  della  difesa  erariale,  la questione sarebbe
inammissibile  per  difetto di rilevanza, giacche' - come risulta dal
verbale di udienza - le persone offese erano nella specie presenti al
dibattimento,  e  dunque  in condizione di conoscere il fatto oggetto
del procedimento penale;
     che,  nel  merito,  le  censure  di  costituzionalita' sarebbero
comunque infondate;
     che,  quanto  alla  dedotta  violazione  dell'art.  3  Cost., il
rimettente  non  avrebbe  infatti  considerato  che  all'invio  della
raccomandata,   previsto  dalla  norma  impugnata,  deve  seguire  la
notificazione  del  decreto  che  dispone  il  giudizio,  onde non vi
sarebbe  alcuna  diversita'  di  trattamento  fra  imputato e persona
offesa;
     che  con  riguardo,  poi, alla violazione dell'art. 24 Cost., la
raccomandata  ed  il  suo  contenuto  previsto  dal  codice  di  rito
sarebbero idonei a «richiamare l'attenzione» delle persone offese, le
quali  -  in  ogni  caso  -  riceveranno  poi  nel  domicilio da loro
liberamente eletto la copia del decreto che dispone il giudizio.
Considerato  che  il  Tribunale  di  Velletri,  sezione distaccata di
Albano  di  Laziale, denuncia la contrarieta' dell'art. 154, comma 1,
del  codice  di  procedura  penale  agli artt. 3 e 24, secondo comma,
della  Costituzione,  chiedendo  a questa Corte di stabilire - con il
presidio   della   sanzione  di  nullita'  -  un  «contenuto  minimo»
dell'invito  previsto  dalla  seconda  parte  della norma denunciata,
allorche'   la   persona  offesa  dal  reato  residente  o  dimorante
all'estero  si  identifichi  in uno straniero: «contenuto minimo» che
dovrebbe   essere   rappresentato  dalla  sommaria  enunciazione  del
«fatto-reato»  e  dalla  indicazione  degli  articoli di legge che si
assumono violati;
     che,  con  riguardo a tale ultima indicazione - a prescindere da
ogni  rilievo  circa  la  possibilita'  di  desumerne  sin  d'ora  la
necessita'  in via di interpretazione, traendo argomento dall'omologa
disposizione  concernente  le  notificazioni  all'imputato all'estero
(art.  169,  comma 1, cod. proc. pen.) - la questione appare comunque
priva  di  rilevanza  nel  giudizio  a quo: giacche' - secondo quanto
riferito  dallo  stesso  rimettente  -  nel  caso  di specie l'invito
spedito  alle persone offese conteneva, di fatto, l'indicazione della
norma violata (art. 589 del codice penale);
     che,  con riferimento, poi, all'altro requisito dell'invito, che
il  giudice  a  quo  vorrebbe vedere introdotto - ossia alla sommaria
enunciazione del «fatto-reato» - la motivazione sulla rilevanza della
questione,  offerta  dall'ordinanza  di  rimessione,  si presenta del
tutto insufficiente e inidonea;
     che,  per  un  verso,  infatti,  il  giudice  a quo fornisce una
descrizione incompleta della vicenda oggetto del giudizio principale,
non   indicando   quale   pregiudizio  le  persone  offese  avrebbero
concretamente patito a fronte dell'asserita «oscurita» dell'invito de
quo:  in  particolare,  non  specificando se dette persone, dopo aver
ricevuto  l'invito,  abbiano o meno dichiarato o eletto domicilio nel
territorio  dello Stato per le notificazioni; se - in assenza di tale
dichiarazione  o  elezione  -  la  (eventuale)  notificazione di atti
presso  la  cancelleria  abbia  menomato,  in  qualche  modo, le loro
facolta'  di  partecipazione  al procedimento; se, infine, le persone
offese siano o meno comparse in dibattimento;
     che, per un altro verso, il rimettente non tiene conto del fatto
che  l'ipotetica  sanzione  di  nullita'  dell'invito  carente  della
sommaria  enunciazione  del  fatto  -  di  cui  e' chiesta alla Corte
l'introduzione  -  risulterebbe soggetta, in base all'art. 181, comma
1,  cod.  proc.  pen., al regime delle nullita' relative: sicche' non
potrebbe  essere  rilevata  dal  giudice  a quo d'ufficio, ma solo su
eccezione di parte (che non risulta esservi stata);
     che  -  anche  a  voler  supporre  (ma di cio' non vi e' traccia
nell'ordinanza  di  rimessione)  che  il  giudice  a  quo intenda far
discendere  dalla  nullita'  dell'invito  la  nullita' conseguenziale
della  citazione  a  giudizio  delle  persone offese, costituente una
nullita'  cosiddetta a regime intermedio (artt. 178, comma 1, lettera
c,  e  180  cod.  proc.  pen.)  -  resta  il  fatto  che  l'eventuale
comparizione  delle  persone  offese  (che  il rimettente non esclude
esservi  stata)  determinerebbe comunque la sanatoria della nullita',
ai   sensi   dell'art.  184  cod.  proc.  pen.:  rendendo,  altresi',
totalmente   inutile   l'ipotizzata   rinnovazione  della  spedizione
dell'invito,  giacche'  i  suoi  destinatari,  per il fatto stesso di
essere  presenti  in  dibattimento,  risulterebbero  gia'  pienamente
informati dell'oggetto del procedimento;
     che, pertanto, a prescindere da ogni rilievo in ordine al merito
delle  censure  -  il  giudice  a  quo evoca un tertium comparationis
(l'avviso  di conclusione delle indagini preliminari, di cui all'art.
415-bis  cod.  proc.  pen.)  chiaramente  eterogeneo,  per funzioni e
collocazione  temporale,  rispetto  all'invito  di cui si discute (il
quale   trova   piuttosto  il  suo  pendant,  rispetto  all'imputato,
nell'invito  previsto  dal  gia' citato art. 169 cod. proc. pen., che
peraltro  non  richiede  la sommaria descrizione del fatto per cui si
procede) - la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti  gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
e  9,  comma  2,  delle  norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  154,  comma 1, del codice di
procedura  penale,  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3 e 24,
secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Velletri, sezione
distaccata di Albano Laziale, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 novembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola