N. 410 ORDINANZA 21 - 30 novembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Contenzioso  tributario  -  Definizione  agevolata  di  lite  fiscale
  pendente  in  grado  di  appello - Impugnazione del diniego opposto
  dall'amministrazione    finanziaria    -   Competenza   dell'organo
  giurisdizionale  presso cui pende la lite - Lamentata irragionevole
  violazione  della  garanzia del doppio grado della giurisdizione di
  merito  e  asserita  lesione  del  principio  del  giusto  processo
  tributario  -  Censura  di  norma  concernente fattispecie estranea
  all'oggetto  del  giudizio a quo - Difetto di rilevanza - Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, comma 8.
- [Costituzione, art. 111].
(GU n.47 del 5-12-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco BILE ; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK  ,  Francesco  AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 8,
della  legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale e pluriennale dello Stato -  legge finanziaria
2003),  promosso  con  ordinanza  depositata  il 3 ottobre 2006 dalla
Commissione tributaria regionale del Lazio, nel giudizio vertente tra
l'Agenzia  delle  entrate  -  ufficio  di  Roma 6 e Cristina Fazione,
iscritta  al  n. 424  del  registro ordinanze 2007 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 23,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2007;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  7  novembre 2007 il giudice
relatore Franco Gallo;
Ritenuto   che,  con  ordinanza  pronunciata  il  25  maggio  2005  e
depositata il 3 ottobre 2006, la Commissione tributaria regionale del
Lazio  -  affermando  di  essere chiamata a pronunciarsi sull'appello
proposto dell'Agenzia delle entrate avverso una sentenza con la quale
la  Commissione  tributaria  provinciale  di  Roma  aveva  accolto il
ricorso  di  un  contribuente  per  l'impugnazione  di  una  cartella
esattoriale  -  ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  16,  comma 8, «del D.Lgs. 546/1992» [recte: della legge 27
dicembre  2002,  n. 289  (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003)];
     che  il  giudice  a  quo riferisce che: a) il contribuente aveva
impugnato, di fronte alla Commissione tributaria provinciale di Roma,
una  cartella  esattoriale emessa dall'Agenzia delle entrate, ufficio
di   Roma   6,   concernente   l'IVA   dell'anno   1989,   sostenendo
l'illegittimita' dell'atto impugnato «per difetto di motivazione, per
decadenza  e  prescrizione  della  pretesa  erariale»  e  chiedendone
l'annullamento; b) l'Agenzia delle entrate, costituitasi in giudizio,
aveva  chiesto il rigetto del ricorso, rilevando che non erano ancora
scaduti  i  termini per l'emissione della cartella esattoriale; c) la
Commissione  adita  aveva  accolto  il  ricorso;  d)  l'Agenzia delle
entrate  aveva  proposto  appello avverso la sentenza di primo grado,
sostenendo  che l'avviso di liquidazione era «perfettamente motivato»
e  che  non  erano intervenute la decadenza e la prescrizione dedotte
dalla contribuente;
     che  il giudice a quo riferisce, altresi', che «successivamente,
l'Agenzia,  avendo  appurato  che  il  contribuente  aveva presentato
istanza  per  la  definizione  di  cui  all'ex  art.  16  della legge
n. 289/2002,  procedeva  a notificare il provvedimento di diniego per
l'istanza   presentata»   e  che  il  «suddetto  provvedimento  venne
regolarmente  impugnato  dal  contribuente, con [...] ricorso diretto
alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio»;
     che  lo  stesso  rimettente  afferma  che  il contribuente si e'
costituito   nel   giudizio   di   appello,   «chiedendo  il  rigetto
dell'appello dell'Agenzia e la conferma della sentenza impugnata»;
     che  il  medesimo  giudice  a  quo  osserva  che  l'impugnazione
prevista  dal censurato art. 16 della legge n. 289 del 2002 in ordine
al  diniego  di  definizione della lite fiscale pendente «deve essere
effettuata   nel  termine  di  sessanta  giorni  dalla  notificazione
dell'atto dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la
lite»  e  che cio' comporterebbe una «netta differenziazione rispetto
all'impugnazione generale degli altri atti»;
     che,    secondo   il   rimettente,   «la   diretta   connessione
dell'impugnazione del diniego davanti al giudice ove pende la lite, e
non  davanti  alla  Commissione  tributaria provinciale, determina la
privazione  di  uno o piu' gradi di gravame a seconda dello stato del
giudizio pendente da svolgersi eventualmente anche in sede di appello
dinanzi  alla  Commissione Tributaria Regionale e, quindi, in sede di
legittimita' dinanzi alla Corte di Cassazione»;
     che, sempre per il rimettente, la norma censurata «non sembra in
linea  con  i  principi  del  giusto  processo  anche tributario, che
prevede  un generale diritto a tre gradi di impugnativa nei confronti
di  un atto accertativo di un obbligo tributario o sulla legittimita'
di una pretesa tributaria dell'ufficio»;
     che il rimettente aggiunge che «l'indicazione del giudice presso
il  quale  pende  l'originaria  controversia, quale giudice esclusivo
dell'impugnazione  dell'atto  di diniego comporta una mutazione della
tipicita'  degli  atti  di  gravame,  sia  per l'appello (art. 53 del
D.Lgs.  n. 546/1992)  che,  a  maggior  ragione,  per  il  ricorso in
Cassazione  (art.  360  del  Codice  di  Procedura  Civile)», perche'
«oggetto   del  processo,  e'  un  vizio  della  sentenza  e  mai  la
legittimita' di un atto accertativo dell'Amministrazione Finanziaria»
e  «ci  si  trova  quindi,  davanti  ad una forzatura processuale che
implica  l'adeguamento  dello  strumento  di  gravame  a  seconda del
giudice»;
     che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la Corte costituzionale dichiari inammissibile o
manifestamente infondata la questione proposta;
     che  la  difesa erariale rileva che il giudice rimettente non ha
indicato  i  parametri  alla  stregua  dei quali andrebbe condotto il
vaglio  di  costituzionalita'  richiesto  e  che,  in  ogni  caso, la
questione e' gia' stata esaminata e ritenuta manifestamente infondata
dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 107 del 2007.
Considerato  che la Commissione tributaria regionale del Lazio dubita
della  legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 8, della legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  -  legge finanziaria 2003), in
relazione  ai  «principi  del  giusto  processo anche tributario, che
prevede  un generale diritto a tre gradi di impugnativa nei confronti
di  un atto accertativo di un obbligo tributario o sulla legittimita'
di una pretesa tributaria dell'ufficio»;
     che la questione e' manifestamente inammissibile, per difetto di
rilevanza;
     che,  infatti, il rimettente, mentre da un lato riferisce che il
giudizio  a  quo consiste soltanto nell'appello proposto dall'Agenzia
delle  entrate  avverso  la  sentenza di accoglimento del ricorso del
contribuente  contro  una  cartella  esattoriale ed esclude cosi' che
tale   giudizio   abbia   ad   oggetto   l'impugnazione  del  diniego
dell'Agenzia   delle  entrate  alla  richiesta  del  contribuente  di
definire  detta  lite, dall'altro, invece, censura una norma - quella
che  disciplina  detta  impugnazione  -  la  quale,  per  sua  stessa
ammissione,  concerne  una  fattispecie diversa da quella oggetto del
giudizio a quo;
     che  pertanto,  in base alle stesse affermazioni del rimettente,
la norma denunciata non trova applicazione nel giudizio principale;
     che,  anche  a  voler  prescindere  dalla  riscontrata manifesta
inammissibilita',  la questione sollevata non potrebbe essere accolta
nel  merito:  questa  Corte  infatti,  sia  pure  con  riferimento al
parametro   dell'art.   3  Cost.,  ha  gia'  ritenuto  manifestamente
infondata  un'analoga  questione  avente ad oggetto il censurato art.
16,   comma   8,   della   legge  n. 289  del  2002,  affermando  che
«l'attribuzione  alla  cognizione  del  giudice  investito della lite
fiscale  pendente  della  competenza sull'impugnazione del diniego di
definizione   rientra   tra   le   scelte,   non   arbitrarie  o  non
manifestamente  irragionevoli,  del  legislatore» e che, per costante
giurisprudenza  (sentenza n. 288 del 1997, ordinanze n. 84 del 2003 e
n. 585  del  2000), non rientra fra i principi del giusto processo la
garanzia  del  doppio  grado  della giurisdizione di merito, la quale
«non ha copertura costituzionale generalizzata» (ordinanza n. 107 del
2007).
Visti  gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
e  9,  comma  2,  delle  norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  16,  comma 8, della legge 27
dicembre  2002,  n. 289  (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale   e   pluriennale  dello  Stato -  legge  finanziaria  2003),
sollevata,  in  riferimento  ai «principi del giusto processo», dalla
Commissione  tributaria  regionale del Lazio con l'ordinanza indicata
in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Gallo
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 novembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola