N. 798 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 dicembre 2007

Ordinanza  del  18  aprile  2007  emessa  dal Tribunale di Napoli nel
procedimento   civile  promosso  da  Biscuola  Paolo  contro  Tizzano
Antonella ed altra

Societa   -  Controversie  in  materia  di  diritto  societario  e di
  intermediazione  finanziaria  - Procedimento di primo grado dinanzi
  al tribunale in composizione collegiale - Disciplina introdotta dal
  legislatore  delegante  -  Mancata  o  insufficiente indicazione di
  principi   e   criteri   direttivi  nella  legge  di  delegazione -
  Illegittimita' derivata della disciplina introdotta dal legislatore
  delegato.
- Legge  3  ottobre 2001, n. 366, art. 21; «per derivazione», decreto
  legislativo  17  gennaio  2003, n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9,
  10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17.
- Costituzione, art. 76.
(GU n.49 del 19-12-2007 )
                            IL TRIBUNALE
Riunito  in  camera  di  Consiglio  nella  causa  iscritta  al N.R.G.
18331/2006 letti gli atti osserva
                           I n  f a t t o
Vertendosi in tema di responsabilita' dell'intermediatore finanziario
correttamente  il  giudizio  e' stato instaurato nelle forme previste
dal d.lgs. n. 5 del 2003.
All'esito  della  richiesta  di  fissazione  dell'udienza  il giudice
relatore  designato  ha  fissato  l'udienza collegiale indicando alle
parti    la   questione   rilevabile   d'ufficio   in   ordine   alla
incostituzionalita' del decreto legislativo n. 5/2003, questione gia'
sollevata dal Tribunale di Brescia.
All'esito  della  successiva  udienza collegiale, sentite le parti in
ordine   alla  questione  di  costituzionalita'  il  collegio  si  e'
riservato  in  merito alla predetta questione e sulle altre richieste
istruttorie.
La  questione  di  costituzionalita' va affrontata in via preliminare
rispetto alle altre questioni.
                         I n  d i r i t t o
L'art. 12 della legge di delega n. 366/2001 prevede che:
     «1)  Il  Governo e' inoltre delegato ad emanare norme che, senza
modifiche  della  competenza  per  territorio  e  per  materia, siano
dirette  ad  assicurare  una  piu'  rapida ed efficace definizione di
procedimenti nelle seguenti materie:
      a)  diritto  societario,  comprese  le controversie relative al
trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali;
      b)  materie  disciplinate dal testo unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo
24  febbraio  1998,  n. 58,  e  successive modificazioni, e dal testo
unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto
legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
     2)  Per  il perseguimento delle finalita' e nelle materie di cui
al  comma 1, il Governo e' delegato a dettare regole processuali, che
in particolare possano prevedere:
      a)  la  concentrazione  del  procedimento  e  la  riduzione dei
termini processuali;
      b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie di cui
al  comma  1  al  tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi
eccezionali  di  giudizio  monocratico in considerazione della natura
degli interessi coinvolti;
      c)  la mera facoltativita' della successiva instaurazione della
causa   di  merito  dopo  l'emanazione  di  un  provvedimento  emesso
all'esito  di  un  procedimento  sommario cautelare in relazione alle
controversie  nelle  materie  di  cui  al comma 1, con la conseguente
definitivita'   degli   effetti   prodotti  da  detti  provvedimenti,
ancorche'  gli  stessi non acquistino efficacia di giudicato in altri
eventuali giudizi promossi per finalita' diverse;
      d) un giudizio sommario non cautelare, improntato a particolare
celerita'  ma  con il rispetto del principio del contraddittorio, che
conduca  alla emanazione di un provvedimento esecutivo anche se privo
di efficacia di giudicato;
      e)  la  possibilita'  per  il  giudice  di operare un tentativo
preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi
essenziali,  assegnando eventualmente un termine per la modificazione
o  la rinnovazione di atti negoziali su cui verte la causa e, in caso
di    mancata    conciliazione,    tenendo    successivamente   conto
dell'atteggiamento  al  riguardo  assunto  dalle  parti ai fini della
decisione sulle spese di lite;
      f) uno o piu' procedimenti camerali, anche mediante la modifica
degli  articoli  737  e seguenti del codice di procedura civile ed in
estensione    delle   ipotesi   attualmente   previste   che,   senza
compromettere  la  rapidita'  di  tali  procedimenti,  assicurino  il
rispetto dei principi del giusto processo;
      g)  forme  di  comunicazione periodica dei tempi medi di durata
dei  diversi  tipi  di  procedimento  di  cui alle lettere precedenti
trattati  dai  tribunali,  dalle  corti  di  appello e dalla Corte di
cassazione».
In  relazione  alla  struttura  che  il legislatore delegato e' stato
chiamato a delineare per il processo ordinario - e con esclusione del
riferimento  ai  principi dettati in tema di giudizio - cautelare che
concernono  profili  non  rilevanti  in  questo giudizio dal disposto
dell'art.  12  della  legge  n. 366  del  2001  sono  estrapolabili i
seguenti   principi:   1)   divieto   di  modifica  della  competenza
territoriale  e  per  materia;  2)  necessita' di assicurare una piu'
rapida  ed  efficace  definizione di procedimenti; 3) possibilita' di
dettare  regole processuali, che in particolare possano prevedere: a)
la  concentrazione  del  procedimento  e  la  riduzione  dei  termini
processuali; b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie
di  cui  al  comma  1  al tribunale in composizione collegiale, salvo
ipotesi  eccezionali  di giudizio monocratico in considerazione della
natura  degli  interessi coinvolti; c) la possibilita' per il giudice
di  operare  un  tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone
espressamente  gli  elementi  essenziali, assegnando eventualmente un
termine  per  la modificazione o la rinnovazione di atti negoziali su
cui  verte  la  causa  e,  in  caso di mancata conciliazione, tenendo
successivamente  conto  dell'atteggiamento  al riguardo assunto dalle
parti ai fini della decisione sulle spese di lite.
Nella  legge  n. 366/2001  il  legislatore, dunque, si e' limitato ad
indicare  le  materie  nelle  quali  il  governo  poteva intervenire,
l'obiettivo  di  rendere  piu'  rapida ed efficace la definizione dei
procedimenti, il divieto di modificare la competenza per territorio e
materia,   la   tendenziale   collegialita'   del   procedimento,  la
possibilita'  di  valutare  l'atteggiamento  delle  parti  in sede di
tentativo  di  conciliazione  e la possibilita' di dettare regole che
favorissero   la  riduzione  dei  termini  e  la  concentrazione  del
procedimento.
L'assoluta  genericita'  e parzialita' dell'indicazione relativa alle
modalita'  da seguire, per la realizzazione dell'obiettivo dichiarato
di'  voler  assicurare  una  piu'  rapida  ed efficace definizione di
procedimenti  nelle  materie individuate, ha di fatto lasciato libero
il  legislatore  delegato  di creare un nuovo modello processuale che
esula   completamente   dallo   schema   del  procedimento  ordinario
disciplinato dal codice di procedura civile.
A  fronte  della situazione di fatto venutasi a creare che vede da un
lato  una  legge  delega che nulla o quasi dice in ordine ai principi
direttivi  che  avrebbero  dovuto  ispirare il legislatore delegato e
dall'altro   un   decreto  legislativo  che  crea  un  nuovo  modello
processuale,  sovvertendo,  nelle  materie  indicate  dalla  legge di
delega,  i  tradizionali  canoni  che governano il processo civile, a
questo  collegio  si  pongono  due opzioni interpretative che in ogni
caso  conducono  ad  un  dubbio  di  costituzionalita'  in  relazione
all'art. 76 della Costituzione.
La  prima  opzione interpretativa, sia in ordine logico sia di scelta
che  questo  collegio  reputa piu' consona allo spirito del complesso
normativo costituito dalla legge delega e dal decreto legislativo, e'
quella  di  ritenere  che il legislatore delegante non abbia indicato
con  sufficiente  determinazione  i  principi e criteri normativi che
avrebbero  dovuto  guidare  l'operato  del legislatore delegato e che
quindi  l'art.  12  della  legge n. 366/2001 non soddisfi il precetto
dell'art. 76 della Costituzione che consente la delega dell'esercizio
della  funzione  legislativa al Governo solo previa determinazione di
principi e criteri direttivi.
Non  ignora  questo Tribunale come, per giurisprudenza costante della
Corte  costituzionale,  i  principi  direttivi  che  l'art.  76 Cost.
richiede  alla legge delega non escludono la possibilita' di lasciare
al   legislatore   delegato  un  ampio  margine  di  discrezionalita'
nell'individuazione  delle  modalita'  attraverso le quali realizzare
gli  obiettivi prefissati dalla legge delega. Il potere attribuito al
legislatore   delegato,   pero',  per  quanto  ampio,  non  puo'  mai
travalicare  il  limite della discrezionalita' nel senso che, come la
Corte  costituzionale  insegna, sin da risalenti pronunzie, «la legge
delegante   va   considerata   con   riferimento  all'art.  76  della
Costituzione,  per  accertare se sia stato rispettato il precetto che
ne  legittima  il processo formativo. L'art. 76 indica i limiti entro
cui  puo'  essere  conferito  al  Governo  l'esercizio della funzione
legislativa.  Per quanto la legge delegante sia a carattere normativo
generale, ma sempre vincolante per l'organo delegato, essa si pone in
funzione   di   limite   per  lo  sviluppo  dell'ulteriore  attivita'
legislativa  del  Governo. I limiti dei principi e criteri direttivi,
del  tempo  entro  il quale puo' essere emanata la legge delegata, di
oggetti  definiti,  servono da un lato a circoscrivere il campo della
delegazione  si'  da  evitare  che la delega venga esercitata in modo
divergente  dalle  finalita'  che la determinarono; devono dall'altro
consentire   al  potere  delegato  la  possibilita'  di  valutare  le
particolari  situazioni giuridiche della legislazione precedente, che
nella  legge  delegata deve trovare una nuova regolamentazione. Se la
legge  delegante  non  contiene, anche in parte, i cennati requisiti,
sorge  il  contrasto  tra  norma  dell'art.  76  e  norma  delegante,
denunciabile  al sindacato della Corte costituzionale, s'intende dopo
l'emanazione della legge delegata» (cfr. Corte cost. 26 gennaio 1957,
n. 3).
In particolare, per quel che rileva in questa sede, nulla ha detto la
legge  delega in ordine allo schema processuale da adottare, lasciato
non  piu'  alla scelta discrezionale, ma all'arbitrio del legislatore
delegato,   come   emerge   chiaramente  dal  contenuto  del  decreto
legislativo  che  ha  creato un nuovo modello di processo al di fuori
delle regole dettate dal codice di procedura civile.
Il  nuovo  rito  societario  previsto  per  il processo di cognizione
davanti  al tribunale costituisce infatti, come indicato dalla stessa
relazione  della  commissione  ministeriale,  un vero e proprio nuovo
modello  processuale,  che  si  distacca  volutamente sia dal modello
processuale  del 1942, sia da quello del processo del lavoro del 1973
ed  infine  anche  da  quello delineatosi con la riforma del 1990. Il
nuovo  rito  di  cognizione  di  primo  grado davanti al tribunale in
materia  societaria  prevede  tutta  la prima fase del processo senza
l'intervento del giudice; nell'atto di citazione ai sensi dell'art. 2
non  e'  piu'  indicata l'udienza avanti al giudice ed il termine che
l'attore  fissa  al  convenuto per la comunicazione della comparsa di
risposta  e'  stabilito  solo  nel  minimo,  cosi'  nella comparsa di
risposta  ai  sensi dell'art. 4 il convenuto puo' a sua volta fissare
all'attore  per  eventuale  replica  un  termine stabilito ancora una
volta solo nel minimo, e con lo stesso meccanismo l'art. 6 prevede la
possibilita'  di  una  replica  da  parte  dell'attore  e l'art. 7 la
possibilita' di una controreplica da parte del convenuto e poi ancora
ulteriori  repliche  e controrepliche. Solo a seguito dell'istanza di
fissazione  di udienza di cui all'art. 8 interviene il giudice, in un
momento  pero'  in cui sia il thema decidendum che il thema probandum
si sono gia' definitivamente formati, totalmente al di fuori, quindi,
del  controllo  del  giudice.  D'altra  parte  la  stessa  istanza di
fissazione  di  udienza,  con  gli  effetti preclusivi rilevantissimi
stabiliti  dall'art.  10,  e'  uno  strumento  lasciato  nella totale
disponibilita'  delle  parti  o  anche  di una sola di esse, che puo'
utilizzano  a  suo  piacimento,  nel momento ritenuto piu' opportuno.
Ancora   poi   va  segnalato  l'art.  13  in  tema  di  contumacia  o
costituzione   tardiva  del  convenuto,  che  introduce  l'innovativo
principio  (di  cui nella delega non vi e' traccia), per cui nel caso
in cui il convenuto non notifichi la comparsa di risposta nel termine
stabilito o anche solo si costituisca tardivamente «i fatti affermati
dall'attore...  si  intendono  non  contestati  e il tribunale decide
sulla domanda in base alla concludenza di questa».
Da  quanto  precede emerge con chiarezza che il legislatore delegato,
in  forza  di  una  delega  assolutamente  carente  sotto  il profilo
dell'indicazione   di   criteri   direttivi,  ha  potuto  creare  una
disciplina interamente nuova per il processo societario di cognizione
ordinaria,  anticipando  quel  rito  ordinario  prefigurato dal testo
redatto  dalla  commissione  ministeriale per la riforma del processo
civile.
Non  reputa  questo  tribunale  che  possa  andare esente da dubbi di
costituzionalita' una legge di delega che nel consentire la creazione
di  un  nuovo processo, seppur circoscritto a determinate materie, si
limiti  ad  indicare  un  obiettivo, quello di “assicurare una piu'
rapida  ed  efficace  definizione  di  procedimenti”,  tra  l'altro
nemmeno  particolarmente qualificante in quanto comune a qualsivoglia
progetto  di  riforma  del  processo  civile, un divieto di «modifica
della  competenza  territoriale e per materia», una preferenza per la
collegialita',  un  rilevante  ruolo del tentativo di conciliazione e
un'indicazione   di   massima  a  favore  della  «concentrazione  del
procedimento e riduzione dei termini processuali».
Di  conseguenza  ad avviso del Collegio, in quanto non manifestamente
infondata,  va rimessa la questione di costituzionalita' dell'art. 12
della   legge   n. 336/2001  nella  parte  relativa  al  procedimento
ordinario di primo grado e, per derivazione, degli articoli da 2 a 17
del decreto legislativo n. 5 del 2003.
La  questione  e'  altresi' rilevante in quanto vertendosi in tema di
responsabilita'  dell'intermediatore finanziario il giudizio e' stato
instaurato  nelle  forme previste dal d.lgs. n. 5 del 2003 emanato in
forza  della  predetta legge di delega, e dalla pronunzia della Corte
costituzionale  dipende l'applicabilita' dell'intera nuova disciplina
processuale  alla concreta fattispecie sottoposta al vaglio di questo
Tribunale.
Tanto  premesso  in  fatto  e diritto, va disposta la sospensione del
presente   giudizio   e   la   trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale  per  la  decisone  sulla  questione  pregiudiziale di
legittimita'  costituzionale,  siccome rilevante e non manifestamente
infondata.   Alla  cancelleria  vanno  affidati  gli  adempimenti  di
competenza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
                              P. Q. M.
Dichiara rilevante per il giudizio e non manifestamente infondata, in
relazione   all'art.   76   della   Costituzione,   la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  12  della  legge n. 366/2001
nella parte in cui, in relazione al giudizio ordinario di primo grado
in  materia societaria, non indica i principi e criteri direttivi che
avrebbero  dovuto  guidare  le scelte del legislatore delegato e, per
derivazione,  degli  articoli  da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5
del  2003. Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza
al   presidente   del   Consiglio  dei  ministri,  nonche'  di  darne
comunicazione  al  Presidente  del  Senato  della  Repubblica  ed  al
Presidente  della  Camera  dei  deputati  e  alle  parti del presente
giudizio;  Dispone  l'immediata  trasmissione degli atti, comprensivi
della  documentazione  attestante il perfezionamento delle prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. Sospende il
giudizio in corso. Si comunichi a cura della cancelleria.
   Cosi'  deciso  in  Napoli, nella Camera di consiglio del 18 aprile
2007.
                        Il Presidente: Bobbio