N. 435 ORDINANZA 10 - 14 dicembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale - Sentenza di proscioglimento - Appello del pubblico
  ministero  -  Preclusione  (salvo  nelle ipotesi previste dall'art.
  603,  comma  2, se la nuova prova e' decisiva) - Applicazione della
  nuova  disciplina  ai procedimenti in corso alla data di entrata in
  vigore  della  novella  -  Denunciato  contrasto  con i principi di
  uguaglianza   e  ragionevolezza,  nonche'  con  quelli  del  giusto
  processo  e  dell'obbligatorieta'  dell'azione  penale  e  del buon
  andamento della pubblica amministrazione - Lamentata violazione del
  diritto di difesa e del principio dell'irretroattivita' della legge
  penale  -  Inesatta  indicazione  della  norma oggetto di censura -
  Manifesta inammissibilita' della questione.
- Cod.  proc.  pen.,  art. 593, sostituito dall'art. 1 della legge 20
  febbraio 2006, n. 46; legge 20 febbraio 2006, n. 46, artt. 1 e 10.
- Costituzione,  artt.  3,  24,  25,  comma  secondo, 97, 111, primo,
  secondo, sesto e settimo comma, e 112.
(GU n.49 del 19-12-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice
di  procedura  penale,  come  sostituito  dall'art.  1 della legge 20
febbraio  2006  n. 46  (Modifiche  al  codice  di procedura penale in
materia  di  inappellabilita'  delle  sentenze di proscioglimento), e
degli  artt.  1  e  10  della  stessa legge, promossi, nell'ambito di
diversi  procedimenti  penali,  con  ordinanze  del  20 marzo e del 6
aprile  2006 dalla Corte d'appello di Torino, del 30 marzo 2006 dalla
Corte  di  assise d'appello di Caltanissetta, del 7 aprile 2006 dalla
Corte  d'appello  di Torino, del 28 aprile 2006 dalla Corte d'appello
di  Palermo,  del  21  marzo  2006 dalla Corte di assise d'appello di
Roma,  del  6  giugno  2006  dalla  Corte d'appello di Palermo, del 4
aprile  e  del 3 maggio 2006 dalla Corte d'appello di Brescia, del 10
maggio  dalla Corte d'appello di Torino, del 13 aprile e del 7 giugno
2006  dalla Corte d'appello di Brescia, del 3 maggio 2006 dalla Corte
d'appello  di Palermo, del 25 maggio e del 1° giugno 2006 dalla Corte
d'appello  di  Torino,  del  24  maggio 2006 dalla Corte d'appello di
Trento,  del  19  e  del  27  ottobre  2006  dalla Corte d'appello di
Palermo,  rispettivamente iscritte ai numeri 247, 248, 281, 343, 364,
389, 470, 495, 496, 568 e 672 del registro ordinanze 2006 e ai numeri
15,  21,  75,  76,  121,  385  e  386  del  registro ordinanze 2007 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, numeri 34, 36,
39,  40,  41, 45, 46 e 50, 1ª serie speciale, dell'anno 2006 e numeri
6, 7, 8, 10, 12 e 21, prima serie speciale, dell'anno 2007.
   Udito  nella  Camera  di consiglio del 21 novembre 2007 il Giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
   Ritenuto che, con numerose ordinanze, le Corti d'appello di Torino
(r.o.  nn. 248, 343 e 568 del 2006; nn. 75 e 76 del 2007), di Palermo
(r.o. nn. 364 e 470 del 2006; nn. 21, 385 e 386 del 2007), di Brescia
(r.o.  nn.  495,  496, 672 del 2006; n. 15 del 2007), di Trento (r.o.
n. 121 del 2007) e la Corte d'assise d'appello di Caltanissetta (r.o.
n. 281  del  2006)  hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24,
25,  secondo comma, 97, 111, primo, secondo, sesto e settimo comma, e
112  della  Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale
dell'art.  593  del  codice  di  procedura  penale,  come  sostituito
dall'art.  1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice
di  procedura penale in materia di inappellabilita' delle sentenze di
proscioglimento),  nella  parte  in  cui  non  consente  al  pubblico
ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento,
se  non  nel  caso  previsto dall'art. 603, comma 2, cod. proc. pen.,
quando cioe' sopravvengano o si scoprano nuove prove dopo il giudizio
di primo grado, e sempre che tali prove risultino decisive;
     che  la  Corte  d'appello  di Torino (r.o. n. 247 del 2006) e la
Corte  d'assise  d'appello  di  Roma  (r.o.  n. 389  del  2006) hanno
sollevato  identica questione di legittimita' costituzionale, sebbene
proposta  in  riferimento soltanto agli artt. 3, 111 e 112 Cost. e in
relazione  all'art.  1 della citata legge n. 46 del 2006, sostitutivo
dell'art. 593 cod. proc. pen.;
     che i rimettenti (con la sola eccezione della Corte d'appello di
Brescia, r.o. nn. 495, 496 del 2006 e n. 15 del 2007) censurano anche
l'art.  10  della  medesima  legge,  recante  la  relativa disciplina
transitoria;
     che,  sotto  il profilo della rilevanza, i rimettenti premettono
che in forza dell'art. 10 della legge n. 46 del 2006 - il cui art. 1,
sostituendo  l'art.  593  cod.  proc.  pen., ha sottratto al pubblico
ministero  il  potere di appellare le sentenze di proscioglimento - i
giudizi  dovrebbero  essere definiti con ordinanze non impugnabili di
inammissibilita';
     che    tutti    i   rimettenti   dubitano   della   legittimita'
costituzionale   della  disciplina  censurata  -  in  riferimento  al
principio di parita' fra le parti (art. 111, secondo comma, Cost.), a
quello  di  ragionevolezza e a quello di eguaglianza (art. 3 Cost.) -
avuto  riguardo  al  potere  di  impugnazione  che continua ad essere
riconosciuto alla parte civile;
     che  la  Corte  d'appello di Torino (r.o. n. 247 del 2006) - che
ritiene  violati  gli  artt.  3,  111 e 112 Cost. - nel censurare gli
artt.  1 e 10 della legge n. 46 del 2006, evidenzia che il giudizio a
quo  si  e'  instaurato  in  esito  all'appello proposto dal pubblico
ministero avverso una sentenza di assoluzione pronunciata dal Giudice
dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Pinerolo;
     che,  analogamente,  la  Corte  d'appello  di  Torino,  con  due
ordinanze  identiche  (r.o.  nn.  75  e 76 del 2007), riferisce che i
rispettivi giudizi a quibus
traggono   origine   da   appelli   del  pubblico  ministero  avverso
altrettante   sentenze   di   assoluzione   pronunziate  dai  Giudici
dell'udienza preliminare presso i Tribunali di Torino e di Ivrea;
     che,  in  altra  ordinanza  (r.o.  n. 343 del 2006), la medesima
autorita'  rimettente  -  a  fronte della qualificazione da parte del
pubblico  ministero della propria impugnazione, avverso l'assoluzione
di   uno   degli   imputati   pronunciata  dal  giudice  dell'udienza
preliminare,  come  appello  incidentale - preliminarmente ritiene di
dover  qualificare  l'atto  di impugnazione in questione come appello
principale,  ritenendolo  conseguentemente  ammissibile  e procedendo
alla denunzia di legittimita' costituzionale dell'art. 593 cod. proc.
pen.  nel  nuovo  testo  e dell'art. 10, commi 1, 2 e 3, della citata
legge  del  2006,  per  contrasto  con  gli  artt.  3 e 111 Cost.; in
particolare,  quanto  a  questo ultimo parametro, la Corte rimettente
adduce anche la violazione del principio della ragionevole durata del
processo;
     che  sempre  la  Corte  d'appello  di  Torino - con ordinanza di
rimessione  (r.o.  n. 568  del  2006)  pronunciata  nell'ambito di un
giudizio  originato  dall'impugnazione del pubblico ministero avverso
la sentenza di assoluzione emessa all'esito di un giudizio abbreviato
dal  Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Torino -
propone l'identica questione di costituzionalita';
     che,  infine,  la  stessa Corte d'appello di Torino (r.o. n. 248
del   2006),   nel   sollevare  identica  questione  di  legittimita'
costituzionale  in riferimento agli artt. 3, 111 e 112 Cost., precisa
in  fatto  che  l'imputato  e'  stato  assolto  a seguito di giudizio
abbreviato  dal  Tribunale  di  Torino  -  Sezione  Moncalieri, e che
avverso tale sentenza ha proposto appello il pubblico ministero;
     che, con tre ordinanze identiche (r.o. n. 364 del 2006; nn. 21 e
385  del  2007),  la Corte d'appello di Palermo - su appelli proposti
dal  pubblico  ministero  avverso  sentenze di assoluzione emesse dai
Giudici  dell'udienza  preliminare  dei  Tribunali  di  Palermo  e di
Agrigento  - ha censurato l'art. 593 cod. proc. pen. come sostituito,
in  riferimento, anche, all'art. 111, secondo, sesto e settimo comma,
Cost.,  sotto  il  profilo sia della lesione del principio di parita'
delle  parti  nel  processo  e  della ragionevole durata di esso, sia
della irragionevole estensione dell'area del giudizio “di merito”
della  Corte  di  cassazione, e all'art. 112 Cost. per violazione del
principio  di  obbligatorieta'  dell'azione  penale;  e  ha censurato
l'art. 10 della legge n. 46 del 2006, in riferimento anche agli artt.
3  e  97  Cost., poiche' l'immediata applicazione, ai procedimenti in
corso,   della   novella   processuale   in   tema   di  impugnazioni
comporterebbe il «collasso dell'intero sistema processuale»;
     che,  ad  avviso  della  rimettente  Corte d'appello di Palermo,
sarebbe  violato altresi' l'art. 111, settimo comma, Cost., in quanto
la  disciplina  transitoria  -  nel  prevedere che l'appello proposto
prima  dell'entrata in vigore della legge e' dichiarato inammissibile
con ordinanza non impugnabile - viola il principio secondo cui contro
le  sentenze  e'  sempre  ammesso  ricorso  per cassazione; e cio' in
considerazione  del rilievo che l'ordinanza in questione, per il «suo
contenuto definitorio», ha natura di sentenza;
     che  altra  ordinanza  di  rimessione  della  medesima autorita'
giudiziaria  (r.o.  n. 386  del  2007),  identica alle precedenti, e'
emessa nell'ambito di un giudizio d'appello conseguente ad un duplice
annullamento  con  rinvio, da parte della Corte di cassazione, di una
sentenza  di  assoluzione emessa dal Giudice dell'udienza preliminare
presso il Tribunale di Palermo del 20 dicembre 2000;
     che  anche  l'ordinanza di rimessione r.o. n. 470 del 2006 della
Corte  d'appello  di  Palermo  e'  resa  nell'ambito  di  un giudizio
originato   dall'impugnazione  del  pubblico  ministero  avverso  una
sentenza  di  assoluzione del Giudice dell'udienza preliminare presso
il Tribunale di Palermo: ed anche in questo caso l'ordinanza censura,
in  riferimento  agli artt. 3 e 111, secondo comma, Cost., l'art. 593
cod.  proc.  pen.,  come modificato dall'art. 1 della legge n. 46 del
2006, nonche' l'art. 10 della medesima legge;
     che  la  Corte  d'assise d'appello di Roma (r.o. 389 del 2006) -
investita dell'appello del pubblico ministero avverso una sentenza di
assoluzione  di  alcuni  imputati  dal  reato di cui all'art. 270 del
codice  penale, emessa dal Giudice dell'udienza preliminare presso il
Tribunale di Roma - si duole che la normativa censurata (artt. 1 e 10
della   legge   n. 46  del  2006)  violi  anche  il  principio  della
ragionevole durata del processo;
     che  la  Corte  d'appello  di  Brescia  -  con quattro ordinanze
identiche  (r.o.  nn.  495,  496,  672 del 2006 e 15 del 2007), tutte
emesse   nel  corso  di  giudizi  di  appello,  instaurati  in  esito
all'impugnazione   del   pubblico   ministero   avverso  sentenze  di
assoluzione  pronunciate  a seguito di giudizio abbreviato, una delle
quali (r.o. 672 del 2006) in sede dibattimentale - impugna l'art. 593
cod.  proc.  pen.,  come  modificato dalla novella del 2006, anche in
relazione  all'art.  24  Cost.,  sotto  il  profilo della lesione del
diritto  di  difesa garantito da tale norma costituzionale anche alle
parti offese, e all'art.112 Cost.;
     che  la Corte d'appello di Trento (r.o. n. 121 del 2007) solleva
l'incidente  di  costituzionalita'  dell'art. 593 cod. proc. pen. nel
nuovo testo e dell'art. 10 della legge n. 46 del 2006, per violazione
del  solo  parametro  di  cui  all'art.  111,  secondo  comma, Cost.,
nell'ambito  di  un  giudizio  di  appello  avverso  una  sentenza di
assoluzione  emessa  dal  Giudice dell'udienza preliminare del locale
Tribunale;
     che,  infine, la Corte d'assise d'appello di Caltanissetta (r.o.
n. 281  del  2006)  -  delibando  un  appello  proposto  dal pubblico
ministero  avverso  una  sentenza di assoluzione, emessa all'esito di
giudizio  abbreviato  -  ritiene  l'art.  593  cod.  proc. pen., come
modificato  dall'art. 1 della legge n. 46 del 2006, e l'art. 10 della
medesima  legge,  in  contrasto  anche con l'art. 111, primo, sesto e
settimo  comma, Cost., per violazione del principio della ragionevole
durata del processo e del principio «di motivazione dei provvedimenti
giurisdizionali»;  con  l'art.  25,  secondo  comma,  Cost., sotto il
profilo  della  discriminazione  dell'interesse  pubblico, «di cui e'
portatore  il  pubblico  ministero,  all'affermazione della legalita'
violata,  rispetto  al  diritto  dell'imputato  a  far  prevalere  la
presunzione   di   non   colpevolezza»;  con  l'art.  24  Cost.,  per
l'irragionevole  discriminazione  del diritto di difesa della persona
offesa; nonche' con l'art. 112 Cost.
   Considerato  che,  con  le  ordinanze  in  epigrafe,  i rimettenti
dubitano  della  legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice
di  procedura  penale,  come  sostituito  dall'art.  1 della legge 20
febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al  codice di procedura penale in
materia  di  inappellabilita'  delle  sentenze  di proscioglimento) -
quest'ultimo  direttamente  censurato dalla Corte d'appello di Torino
(r.o. n. 247 del 2006) e della Corte d'assise d'appello di Roma (r.o.
n. 389 del 2006) - e dell'art. 10 della medesima legge;
     che,  stante  l'identita'  delle  questioni proposte, i relativi
giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
     che  l'art.  593 cod. proc. pen. disciplina al comma 2 l'appello
del   pubblico   ministero   e   dell'imputato  avverso  le  sentenze
dibattimentali  di  proscioglimento,  stabilendo  - per effetto delle
modifiche  introdotte  dall'art.  1  della  legge  n. 46  del 2006 ed
immediatamente applicabili in forza dell'art. 10 della medesima legge
-  che l'appello e' consentito solo nell'ipotesi di cui all'art. 603,
comma 2, cod. proc. pen., se la nuova prova e' decisiva;
     che  dalle  stesse  ordinanze di rimessione risulta che le Corti
rimettenti  sono  in  realta'  investite  degli  appelli proposti dal
pubblico  ministero  avverso  sentenze pronunciate dal giudice per le
indagini   preliminari,   in   funzione   di   giudice   dell'udienza
preliminare,   o,   comunque,   rese  in  dibattimento  con  il  rito
abbreviato;
     che,  dunque,  le  Corti  rimettenti sottopongono a scrutinio di
costituzionalita' una norma (l'art. 593 cod. proc. pen.) - unitamente
alla  relativa  disciplina  transitoria  -  di  cui  non  devono fare
applicazione nei rispettivi giudizi a quibus;
     che  l'inesatta  indicazione  della  norma  oggetto  di  censura
(aberratio  ictus)  implica,  per  costante  giurisprudenza di questa
Corte,  la  manifesta  inammissibilita' della questione (ex plurimis,
ordinanze n. 384, n. 294, n. 187 e n. 42 del 2007).
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  593  del codice di procedura
penale,  come  sostituito  dall'art.  1 della legge 20 febbraio 2006,
n. 46  (Modifiche  al  codice  di  procedura  penale  in  materia  di
inappellabilita'  delle sentenze di proscioglimento), e degli artt. 1
e  10  della  medesima legge, sollevate, in riferimento agli artt. 3,
24,  25,  secondo  comma,  97,  111,  primo, secondo, sesto e settimo
comma,  e 112 della Costituzione, dalle Corti d'appello di Torino, di
Palermo,  di  Brescia,  di Trento e dalle Corti d'assise d'appello di
Roma e di Caltanissetta, con le ordinanze in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 14 dicembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola