N. 440 ORDINANZA 12 - 20 dicembre 2007

  Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

  Ordinamento  penitenziario  -  Reclami  dei  detenuti in materia di
  lavoro  -  Competenza  esclusiva  del  magistrato di sorveglianza -
  Mancata   previsione   della   partecipazione  dell'amministrazione
  all'udienza, della facolta' per la stessa di impugnare la decisione
  e  della  possibilita'  per  il  giudice  di  emettere decisioni di
  condanna aventi natura di titolo esecutivo - Sopravvenuto mutamento
  del quadro normativo per intervenuta declaratoria di illegittimita'
  costituzionale della norma censurata - Necessita' di un nuovo esame
  della  rilevanza  delle  questioni  -  Restituzione  degli  atti ai
  giudici rimettenti.
  - Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 69, comma 6.
  - Costituzione, artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111.
(GU n.50 del 27-12-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nei  giudizi legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 6, della
legge  26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e
sull'esecuzione  delle  misure privative e limitative della liberta),
promossi  con  ordinanze  del  20  febbraio 2006 (n. 4 ordinanze) dal
Magistrato di sorveglianza di Macerata, del 21 marzo e del 16 ottobre
2006  dal  Magistrato  di  sorveglianza  di  Ancona,  rispettivamente
iscritte  ai  nn.  da  187  a 190 ed ai numeri 260 e 261 del registro
ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 15,   1ª   serie   speciale,   dell'anno  2007  e  nella  edizione
straordinaria del 26 aprile 2007.
Visti  gli atti di costituzione di C.V. ed altri, nonche' gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  7  novembre 2007 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.
Ritenuto  che  il Magistrato di sorveglianza di Macerata, con quattro
ordinanze di identico tenore deliberate, in altrettanti procedimenti,
il  20  febbraio  2006  (r.o.  numeri  da  187  a  190  del 2007), ha
sollevato -  con riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma,
e  111  della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  69,  comma  6,  della  legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme
sull'ordinamento   penitenziario   e   sull'esecuzione  delle  misure
privative  e limitative della liberta), nella parte in cui prevede la
competenza  del magistrato di sorveglianza sui reclami dei detenuti e
degli  internati  concernenti  l'osservanza  delle  norme riguardanti
l'attribuzione   della   qualifica   lavorativa,   la  mercede  e  la
remunerazione,  nonche' lo svolgimento delle attivita' di tirocinio e
di lavoro e le assicurazioni sociali;
     che il rimettente, in ciascuno dei giudizi a quibus
,  e'  investito dell'azione proposta da lavoratori detenuti, secondo
le  forme  previste dall'art. 14-ter della legge n. 354 del 1975, con
riguardo  a crediti asseritamente maturati per prestazioni effettuate
in  ambito penitenziario, ed in qualche caso anche ad aspetti diversi
del rapporto di lavoro;
     che  lo  stesso  rimettente  premette  come,  secondo un diritto
vivente  affermatosi attraverso ripetute pronunce della suprema Corte
di cassazione, anche a sezioni unite, la competenza a conoscere delle
controversie  concernenti  il  lavoro  dei detenuti appartenga in via
esclusiva al magistrato di sorveglianza;
     che, peraltro, la «procedura ex
art.  14-ter»  dell'Ordinamento penitenziario, a parere del giudice a
quo, non assicura alle parti della controversia di lavoro un'adeguata
tutela  dei  rispettivi  diritti,  poiche'  la  relativa  udienza  e'
sottratta al regime di pubblicita', non prevede la partecipazione del
datore  di  lavoro  (identificato nell'Amministrazione penitenziaria)
ne'  la  presenza del lavoratore, il quale, comunque, non puo' essere
sentito  personalmente;  l'azione,  inoltre, e' soggetta agli stretti
limiti   previsti  per  il  reclamo,  e  non  puo'  condurre  ad  una
deliberazione  di  condanna,  la  quale  del  resto - a differenza di
quanto  avviene  nel  rito  del  lavoro -  sarebbe  priva  di  valore
immediatamente  esecutivo;  manca  infine, nella procedura, un doppio
grado di giudizio sul merito della controversia;
     che  una  siffatta  disciplina, secondo il rimettente, determina
anzitutto  la  violazione  dell'art.  3 Cost., per la discriminazione
ingiustificata  introdotta  tra i lavoratori, a seconda che si tratti
di  detenuti  o  di persone non sottoposte a restrizione di liberta',
sul piano della tutela dei rispettivi diritti;
     che  nella  procedura prescritta dalla norma censurata, inoltre,
sarebbe violato il diritto delle parti alla difesa (art. 24 Cost.) ed
al  contraddittorio,  poiche' il lavoratore potrebbe esercitarlo solo
in  forma  cartolare,  ed  il  datore  di  lavoro sarebbe addirittura
escluso  da ogni forma di interlocuzione e privo della legittimazione
ad   impugnare   il   provvedimento   adottato   dal   magistrato  di
sorveglianza, anche nella sola forma del ricorso di legittimita' (con
specifica violazione, sotto questo profilo, dell'art. 111 Cost.);
     che  dunque,  secondo  il  giudice  a  quo,  la  norma censurata
dovrebbe  essere  dichiarata  illegittima  nella parte in cui sottrae
alla  cognizione  del  giudice del lavoro le controversie riguardanti
detenuti, o, in subordine, nella parte in cui esclude la facolta' per
il  lavoratore detenuto di avvalersi, in via alternativa, del ricorso
«interno»   all'organizzazione   carceraria   ovvero  di  una  azione
ordinaria proposta secondo il rito del lavoro;
     che  il  Magistrato di sorveglianza di Ancona, con ordinanza del
21  marzo 2006 (r.o. n. 260 del 2007), ha sollevato - con riferimento
agli  artt.  3, 24, primo e secondo comma, e 111 Cost. - questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 6, della legge n. 354
del  1975, nella parte in cui prevede la competenza del magistrato di
sorveglianza  sui  reclami dei detenuti e degli internati concernenti
l'osservanza  delle  norme riguardanti l'attribuzione della qualifica
lavorativa,  la  mercede  e  la remunerazione, nonche' lo svolgimento
delle attivita' di tirocinio e di lavoro e le assicurazioni sociali;
     che  il  rimettente  e' stato investito, con le forme prescritte
dall'art.  14-ter  della legge n. 354 del 1975, delle azioni proposte
da   cinque  lavoratori  detenuti,  aventi  ad  oggetto  crediti  per
prestazioni effettuate in ambito penitenziario e presunti trattamenti
discriminatori subiti nello svolgimento del rapporto di lavoro;
     che  lo  stesso  rimettente,  pur  dando  conto del fatto che la
giurisprudenza  ha  episodicamente  prospettato  per  il  lavoro  dei
detenuti   due   sedi  concorrenti  di  tutela,  quella  cioe'  della
giurisdizione  ordinaria  e  quella del procedimento di sorveglianza,
rileva  come,  alla stregua del diritto vivente (formatosi attraverso
ripetute  pronunce  della  suprema  Corte, anche a sezioni unite), la
competenza   a   conoscere  delle  relative  controversie  appartenga
esclusivamente al magistrato di sorveglianza;
     che  il giudice a quo assume la piena ragionevolezza di una tale
attribuzione,  data  la peculiare condizione personale dei lavoratori
interessati e considerato, soprattutto, che le prestazioni effettuate
in  favore  dell'Amministrazione  penitenziaria  presentano finalita'
particolari,  di  natura rieducativa e trattamentale, e sono regolate
da   disposizioni  e  prassi  particolari  (ad  esempio,  turnazione,
relativa pregnanza del criterio economico, forte incidenza del potere
disciplinare);
     che  tuttavia,  sempre  secondo  il  giudice rimettente, risulta
censurabile  sotto  vari  aspetti  la  procedura che il magistrato di
sorveglianza  deve  seguire  (anche)  per definire le controversie di
lavoro,  giacche'  non  e'  prevista  la partecipazione del datore di
lavoro   (identificato  nell'Amministrazione  penitenziaria)  ne'  la
presenza  del  lavoratore, che non puo' essere sentito personalmente;
inoltre  l'azione  e'  soggetta  agli  stretti limiti previsti per il
reclamo,  e  non  puo'  condurre ad una deliberazione di condanna, la
quale  per  altro -  a  differenza  di  quanto  avviene  nel rito del
lavoro -  non  potrebbe  assumere valore immediatamente esecutivo; il
giudice  procedente,  infine,  sarebbe  privo  dei  poteri istruttori
necessari  per  la  ricostruzione dei fatti pertinenti al rapporto di
lavoro;
     che  una  disciplina  siffatta,  a  parere  del  giudice  a quo,
determina   anzitutto   la  violazione  dell'art.  3  Cost.,  per  la
discriminazione  introdotta tra i lavoratori, a seconda che si tratti
di  detenuti  o  di persone non sottoposte a restrizione di liberta',
sul   piano  della  tutela  dei  rispettivi  diritti,  posto  che  la
condizione   detentiva,   pur   idonea  a  giustificare  una  diversa
identificazione del giudice competente, non varrebbe a legittimare il
grave   affievolimento   della   tutela  dei  diritti  riferibili  ai
lavoratori interessati;
     che  sarebbe violato anche il diritto delle parti alla difesa ed
al  contraddittorio,  poiche' il lavoratore potrebbe esercitarlo solo
in  forma  cartolare,  ed  il  datore  di  lavoro sarebbe addirittura
escluso  da  ogni  forma  di  interlocuzione, restandogli inibita, in
specifica violazione dell'art. 111 Cost., finanche la possibilita' di
impugnare  il  provvedimento  adottato dal magistrato di sorveglianza
mediante un ricorso di legittimita';
     che  tre  dei  lavoratori  i  cui  reclami  sono  confluiti  nel
procedimento  a  quo  si  sono  costituiti  nel  giudizio,  con  atto
depositato  il  15  maggio  2007, rilevando che la norma censurata e'
gia' stata dichiarata illegittima con sentenza di questa Corte n. 341
del  2006,  e  chiedendo  che la questione sia dichiarata «superata»,
«con ogni consequenziale provvedimento»;
     che  il  Magistrato di sorveglianza di Ancona, con ordinanza del
16 ottobre 2006 (r.o. n. 261 del 2007), ha sollevato, con riferimento
agli  artt.  3,  24, primo e secondo comma, e 111 Cost., questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 6, della legge n. 354
del 1975, nella parte in cui - regolando la competenza del magistrato
di   sorveglianza   sui   reclami  dei  detenuti  e  degli  internati
concernenti l'osservanza delle norme riguardanti l'attribuzione della
qualifica  lavorativa,  la  mercede  e  la  remunerazione, nonche' lo
svolgimento   delle   attivita'   di  tirocinio  e  di  lavoro  e  le
assicurazioni  sociali -  non  prevede  la partecipazione all'udienza
(anche     mediante     difensore     o     funzionario     delegato)
dell'Amministrazione  penitenziaria,  la  facolta'  per  la stessa di
impugnare  la  decisione,  la  possibilita'  di emettere decisioni di
condanna aventi natura di titolo esecutivo;
     che  il  rimettente  e' stato investito, con le forme prescritte
dall'art.  14-ter  della legge n. 354 del 1975, delle azioni proposte
da   undici  lavoratori  detenuti,  aventi  ad  oggetto  crediti  per
prestazioni effettuate in ambito penitenziario e presunti trattamenti
discriminatori subiti nello svolgimento del rapporto di lavoro;
     che  il  rimettente,  dopo  aver premesso che il diritto vivente
riferisce  al  magistrato  di  sorveglianza la competenza esclusiva a
conoscere  delle  cause  di  lavoro  dei  detenuti,  assume  la piena
ragionevolezza   di  tale  attribuzione,  in  forza  della  peculiare
condizione  personale  dei  lavoratori  interessati e del particolare
finalismo  sotteso  all'attivita'  lavorativa  dispiegata  in  ambito
penitenziario;
     che  la  procedura  di sorveglianza sarebbe tuttavia censurabile
quando  riferita alle controversie di lavoro, giacche' non prevede la
partecipazione del datore di lavoro ne' la presenza del lavoratore, e
l'azione  risulta  assoggettata  agli  stretti limiti previsti per il
reclamo,  senza  possibilita'  di  condurre  ad  una deliberazione di
condanna con immediata efficacia esecutiva;
     che  una  disciplina  siffatta,  a  parere  del  giudice  a quo,
determina   anzitutto   la  violazione  dell'art.  3  Cost.,  per  la
discriminazione  introdotta tra i lavoratori, a seconda che si tratti
di  detenuti  o  di persone non sottoposte a restrizione di liberta',
sul   piano  della  tutela  dei  rispettivi  diritti,  posto  che  la
condizione   detentiva,   pur   idonea  a  giustificare  una  diversa
identificazione del giudice competente, non varrebbe a legittimare il
grave   affievolimento   della   tutela  dei  diritti  riferibili  ai
lavoratori interessati;
     che  sarebbe violato anche il diritto delle parti alla difesa ed
al  contraddittorio,  poiche' il lavoratore potrebbe esercitarlo solo
in forma cartolare ed il datore di lavoro sarebbe addirittura escluso
da  ogni  forma  di interlocuzione, restandogli inibita, in specifica
violazione dell'art. 111 Cost., finanche la possibilita' di impugnare
il  provvedimento adottato dal magistrato di sorveglianza mediante un
ricorso di legittimita';
     che  gli  undici  lavoratori  i  cui  reclami sono confluiti nel
procedimento  a  quo  si  sono  costituiti  nel  giudizio,  con  atto
depositato  il  15  maggio  2007, rilevando che la norma censurata e'
gia' stata dichiarata illegittima con sentenza di questa Corte n. 341
del  2006,  e  chiedendo  che la questione sia dichiarata «superata»,
«con ogni consequenziale provvedimento»;
     che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto in tutti
i  giudizi -  con atti depositati nelle date del 30 aprile 2007 (r.o.
numeri da 187 a 190 del 2007) e del 15 maggio 2007 (r.o. numeri 260 e
261  del  2007) -  rilevando  come  la norma censurata sia gia' stata
dichiarata  illegittima  con  la  sentenza di questa Corte n. 341 del
2006,  e  sollecitando  di conseguenza una dichiarazione di manifesta
inammissibilita' delle questioni proposte.
Considerato  che  il  Magistrato di sorveglianza di Macerata solleva,
con riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111 Cost.,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 6, della
legge  26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e
sull'esecuzione  delle  misure privative e limitative della liberta),
nella   parte   in  cui  prevede  la  competenza  del  magistrato  di
sorveglianza  sui  reclami dei detenuti e degli internati concernenti
l'osservanza  delle  norme riguardanti l'attribuzione della qualifica
lavorativa,  la  mercede  e  la remunerazione, nonche' lo svolgimento
delle attivita' di tirocinio e di lavoro e le assicurazioni sociali;
     che   analoga   questione   e'   sollevata   dal  Magistrato  di
sorveglianza  di  Ancona con ordinanza del 21 marzo 2006 (r.o. n. 260
del 2007);
     che  lo  stesso  Magistrato  di  sorveglianza di Ancona, con una
ulteriore  ordinanza,  depositata il 16 ottobre 2006 (r.o. n. 261 del
2007),  solleva,  con  riferimento  agli artt. 3, 24, primo e secondo
comma,   e   111  Cost.,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  69,  comma  6, della legge n. 354 del 1975, nella parte in
cui -  regolando  la  competenza del magistrato di sorveglianza sulle
controversie  concernenti  il  lavoro  dei  detenuti - non prevede la
partecipazione  all'udienza  (anche  mediante difensore o funzionario
delegato)  dell'Amministrazione  penitenziaria,  la  facolta'  per la
stessa  di  impugnare  la  decisione,  la  possibilita'  di  emettere
decisioni di condanna aventi natura di titolo esecutivo;
     che  questa  Corte,  con la sentenza n. 341 del 2006, successiva
alle  ordinanze  indicate in epigrafe, ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale della norma censurata dai giudici a quibus
, ravvisandone il contrasto con gli artt. 3, primo comma, 24, secondo
comma, e 111, secondo comma, Cost.;
     che  il  sopravvenuto  mutamento  del quadro normativo impone la
restituzione  degli atti ai rimettenti, perche' procedano ad un nuovo
esame della rilevanza delle questioni sollevate (ex multis
, ordinanze nn. 328, 324, 266 e 120 del 2007).
              per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
Ordina  la  restituzione  degli atti ai Magistrati di sorveglianza di
Ancona e Macerata.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 20 dicembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola