N. 9 SENTENZA 14 - 25 gennaio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Giudizio  di  legittimita' costituzionale in via principale - Ricorso
  delle  Regioni  Campania,  Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia -
  Impugnazione di numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2005,
  n. 266  -  Trattazione  delle  sole  questioni relative all'art. 1,
  comma 88, concernente il regime dei beni immobili di Ferrovie dello
  Stato  S.p.a. e delle societa' dalla stessa controllate - Decisione
  sulle altre questioni riservata a separate pronunce.
-  Legge  23  dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 88, aggiuntivo del
  comma  6-ter  all'art.  1  del  d.l.  25  settembre  2001,  n. 351,
  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  23  novembre  2001,
  n. 410.
- Costituzione,  artt.  3, 97, 114, 117, 118 e 119;  statuto speciale
  Regione Friuli-Venezia  Giulia, artt. 4, numero 12, e 8. Edilizia e
  urbanistica - Norme della legge finanziaria 2006 - Beni immobili di
  Ferrovie   dello   Stato  S.p.a.  e  delle  societa'  dalla  stessa
  controllate  -  Modifiche  all'art.  1 del decreto-legge n. 351 del
  2001,  convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001 -
  Speciale  procedura  per l'ottenimento di documentazione attestante
  la  regolarita'  urbanistico-edilizia di detti beni anche in deroga
  ai vigenti strumenti urbanistici - Ricorso della Regione Campania -
  Eccezione  di  inammissibilita' per omessa chiara indicazione delle
  disposizioni impugnate nonche' del parametro evocato - Reiezione.
- Legge  23  dicembre  2005, n. 266, art. 1, comma 88, aggiuntivo del
  comma  6-ter  all'art.  1  del  d.l.  25  settembre  2001,  n. 351,
  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  23  novembre  2001,
  n. 410.
- Costituzione,  artt. 114, 117 e 118. Edilizia e urbanistica - Norme
  della  legge  finanziaria  2006  -  Beni immobili di Ferrovie dello
  Stato  S.p.a. e delle societa' dalla stessa controllate - Modifiche
  all'art.  1  del  decreto-legge  n. 351  del  2001, convertito, con
  modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001 - Speciale procedura per
  l'ottenimento   di   documentazione   attestante   la   regolarita'
  urbanistico-edilizia  di  detti  beni  anche  in  deroga ai vigenti
  strumenti  urbanistici  - Ricorso della Regione Campania - Ritenuta
  violazione  dell'art.  114  Cost.  -  Omessa  argomentazione  della
  censura - Inammissibilita' della questione.
- Legge  23  dicembre  2005, n. 266, art. 1, comma 88, aggiuntivo del
  comma  6-ter  all'art.  1  del  d.l.  25  settembre  2001,  n. 351,
  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  23  novembre  2001,
  n. 410.
- Costituzione,  art. 114. Edilizia e urbanistica - Norme della legge
  finanziaria  2006  - Beni immobili di Ferrovie dello Stato S.p.a. e
  delle  societa' dalla stessa controllate - Modifiche all'art. 1 del
  decreto-legge n. 351 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla
  legge  n. 410  del  2001  - Speciale procedura per l'ottenimento di
  documentazione  attestante  la  regolarita' urbanistico-edilizia di
  detti  beni  anche  in  deroga  ai  vigenti strumenti urbanistici -
  Ricorso  della Regione Campania - Asserita violazione del principio
  di   ragionevolezza   -   Omessa   motivazione   della   censura  -
  Inammissibilita' della questione.
- Legge  23  dicembre  2005, n. 266, art. 1, comma 88, aggiuntivo del
  comma  6-ter  all'art.  1  del  d.l.  25  settembre  2001,  n. 351,
  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  23  novembre  2001,
  n. 410. Edilizia e urbanistica - Norme della legge finanziaria 2006
  -  Beni  immobili  di  Ferrovie dello Stato S.p.a. e delle societa'
  dalla  stessa  controllate - Modifiche all'art. 1 del decreto-legge
  n. 351  del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410
  del  2001  - Speciale procedura per l'ottenimento di documentazione
  attestante  la regolarita' urbanistico-edilizia di detti beni anche
  in  deroga ai vigenti strumenti urbanistici - Ricorso della Regione
  Campania   -   Denunciata   violazione   del   principio  di  leale
  collaborazione  -  Insussistenza  di  un  fondamento costituzionale
  dell'obbligo   di   prevedere  procedure  legislative  ispirate  al
  suddetto principio - Inammissibilita' delle questioni.
- Legge  23  dicembre  2005, n. 266, art. 1, comma 88, aggiuntivo del
  comma  6-ter  all'art.  1  del  d.l.  25  settembre  2001,  n. 351,
  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  23  novembre  2001,
  n. 410. Edilizia e urbanistica - Norme della legge finanziaria 2006
  -  Beni  immobili  di  Ferrovie dello Stato S.p.a. e delle societa'
  dalla  stessa  controllate - Modifiche all'art. 1 del decreto-legge
  n. 351  del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410
  del  2001  - Speciale procedura per l'ottenimento di documentazione
  attestante  la regolarita' urbanistico-edilizia di detti beni anche
  in   deroga   ai   vigenti   strumenti   urbanistici  -  Previsione
  dell'oblazione  in  misura ridotta rispetto a quella dovuta in base
  all'Allegato  1  del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con
  modificazioni,  dalla legge n. 326 del 2003 - Ricorso delle Regioni
  Emilia-Romagna   e  Friuli-Venezia  Giulia  -  Asserita  violazione
  dell'autonomia  finanziaria  dei  Comuni  e,  conseguentemente,  di
  quella   regionale   -   Incidenza   della  disposizione  impugnata
  esclusivamente su un'entrata derivante da «oblazione» e, quindi, di
  spettanza statale - Inammissibilita' delle questioni.
- Legge  23  dicembre  2005, n. 266, art. 1, comma 88, aggiuntivo del
  comma  6-ter  all'art.  1  del  d.l.  25  settembre  2001,  n. 351,
  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  23  novembre  2001,
  n. 410.
- Costituzione,  art. 119. Edilizia e urbanistica - Norme della legge
  finanziaria  2006  - Beni immobili di Ferrovie dello Stato S.p.a. e
  delle  societa' dalla stessa controllate - Modifiche all'art. 1 del
  decreto-legge n. 351 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla
  legge  n. 410  del  2001  - Speciale procedura per l'ottenimento di
  documentazione  attestante  la  regolarita' urbanistico-edilizia di
  detti  beni  anche  in  deroga  ai  vigenti strumenti urbanistici -
  Ricorso  delle  Regioni  Campania,  Emilia-Romagna e Friuli-Venezia
  Giulia  -  Assenza  di  esigenze  che  giustifichino  una sanatoria
  edilizia  straordinaria  - Violazione delle competenze regionali in
  materia   di   «governo   del   territorio»   e   (per  la  Regione
  Friuli-Venezia   Giulia)   in   materia   «urbanistica»  -  Lesione
  dell'autonomia  amministrativa  spettante  in  materia  a  Comuni e
  Regioni  - Illegittimita' costituzionale - Assorbimento dei profili
  ulteriori.
- Legge  23  dicembre  2005, n. 266, art. 1, comma 88, aggiuntivo del
  comma  6-ter  all'art.  1  del  d.l.  25  settembre  2001,  n. 351,
  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  23  novembre  2001,
  n. 410.
- Costituzione,  artt.  117,  comma  terzo,  e  118; statuto speciale
  Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, numero 12, e 8.
(GU n.5 del 30-1-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO, Paolo Maria
NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 88,
della  legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2006),  promossi con ricorso delle Regioni Campania, Emilia-Romagna e
Friuli-Venezia  Giulia  notificati il 27 febbraio 2006, depositati in
cancelleria il 3 e il 4 marzo 2006 ed iscritti ai nn. 36, 39 e 41 del
registro ricorsi 2006.
Visti  gli  atti  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito  nell'udienza pubblica del 20 novembre 2007 il giudice relatore
Ugo De Siervo;
Uditi   gli  avvocati  Vincenzo  Cocozza  per  la  Regione  Campania,
Giandomenico  Falcon  per  le Regioni Emilia-Romagna e Friuli-Venezia
Giulia,  e l'avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
1.  -  La  Regione  Campania  (reg. ric. n. 36 del 2006) ha sollevato
questioni   di   legittimita'  costituzionale  nei  riguardi  di  una
pluralita'  di  disposizioni  della  legge  23  dicembre 2005, n. 266
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria  2006), pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale  n. 302 del 29 dicembre 2005, suppl. ord. n. 211. In questa
sede  viene in rilievo la questione relativa al comma 88 dell'art. 1,
che aggiunge il comma 6-ter all'art. 1 del decreto-legge 25 settembre
2001,  n. 351,  convertito,  con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della legge 23 novembre 2001, n. 410 (Disposizioni urgenti in materia
di   privatizzazione  e  valorizzazione  del  patrimonio  immobiliare
pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare),
e  che,  secondo la ricorrente, confliggerebbe con gli articoli «114,
117,  118  Cost.»,  ledendo  «la sfera di competenza delle Regioni» e
violando i principi di leale collaborazione e di ragionevolezza.
La   disposizione   impugnata   stabilisce   che   «I  beni  immobili
appartenenti  a  Ferrovie  dello  Stato S.p.a. ed alle societa' dalla
stessa  direttamente  o  indirettamente  integralmente controllate si
presumono  costruiti  in  conformita'  alla  legge vigente al momento
della  loro edificazione. Indipendentemente dalle alienazioni di tali
beni,  Ferrovie  dello  Stato  S.p.a.  e  le  societa'  dalla  stessa
direttamente  o  indirettamente  integralmente controllate, entro tre
anni  dalla  data  di  entrata in vigore della presente disposizione,
possono  procedere  all'ottenimento di documentazione che tenga luogo
di quella attestante la regolarita' urbanistica ed edilizia mancante,
in  continuita'  d'uso,  anche  in  deroga agli strumenti urbanistici
vigenti.  Allo  scopo,  dette societa' possono proporre al comune nel
cui  territorio  si  trova  l'immobile  una dichiarazione sostitutiva
della   concessione   allegando:   a)  dichiarazione  resa  ai  sensi
dell'articolo  47  del  testo  unico di cui al decreto del Presidente
della   Repubblica   28   dicembre   2000,  n. 445,  corredata  dalla
documentazione  fotografica, nella quale risulti la descrizione delle
opere  per  le  quali  si  rende  la dichiarazione; b) quando l'opera
supera  i 450 metri cubi una perizia giurata sulle dimensioni e sullo
stato  delle  opere  e  una  certificazione  redatta  da  un  tecnico
abilitato  all'esercizio  della  professione  attestante  l'idoneita'
statica delle opere eseguite. Qualora l'opera sia stata in precedenza
collaudata,  tale  certificazione non e' necessaria se non e' oggetto
di  richiesta  motivata  da parte del sindaco; c) denuncia in catasto
dell'immobile   e   documentazione  relativa  all'attribuzione  della
rendita  catastale  e del relativo frazionamento; d) attestazione del
versamento  di  una  somma pari al 10 per cento di quella che sarebbe
stata  dovuta  in  base all'Allegato 1 del decreto-legge 30 settembre
2003,  n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre
2003,  n. 326,  per  le opere di cui all'articolo 3, comma 1, lettera
d), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica
6  giugno  2001,  n. 380.  La  dichiarazione  sostitutiva  produce  i
medesimi  effetti  di  una concessione in sanatoria, a meno che entro
sessanta  giorni dal suo deposito il comune non riscontri l'esistenza
di un abuso non sanabile ai sensi delle norme in materia di controllo
dell'attivita'  urbanistico-edilizia  e lo notifichi all'interessato.
In  nessun  caso  la dichiarazione sostitutiva potra' valere come una
regolarizzazione  degli  abusi  non  sanabili ai sensi delle norme in
materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia. Ai soggetti
che  acquistino detti immobili da Ferrovie dello Stato S.p.a. e dalle
societa'  dalla  stessa  direttamente  o indirettamente integralmente
controllate  e'  attribuita  la  stessa  facolta',  ma  la  somma  da
corrispondere e' pari al triplo di quella sopra indicata».
Secondo  la  ricorrente, la disposizione censurata avrebbe introdotto
«una   nuova  forma  di  condono  edilizio»,  anzitutto  tramite  «la
presunzione   de  iure  di  regolarita'  urbanistico-edilizia»  degli
immobili  dalla  stessa  previsti.  In particolare, tale disposizione
assegna  alla  dichiarazione  sostitutiva  gli  stessi effetti di una
concessione  in  sanatoria, a meno che, entro sessanta giorni dal suo
deposito,  il  comune  non  riscontri  l'esistenza  di  un  abuso non
sanabile  ai sensi delle norme in materia di controllo dell'attivita'
urbanistico-edilizia e lo notifichi all'interessato: si sarebbe cosi'
introdotto   un'ipotesi   di   silenzio-assenso  per  situazioni  che
espressamente  potrebbero  derogare  agli strumenti di programmazione
territoriale degli enti locali.
L'art.  1,  comma  88, della legge n. 266 del 2005 inoltre, individua
nel  dettaglio,  senza  alcun  rinvio  alla  disciplina regionale, la
documentazione  necessaria  per  l'ottenimento  della  sanatoria, con
ampio  ricorso  all'autocertificazione,  ed esclude, nelle ipotesi di
collaudo,  la  necessita'  di  una  certificazione redatta da tecnico
abilitato.
La  stessa disposizione, poi, limita l'oblazione ad una somma pari al
10  per  cento  dell'importo  dovuto  in  virtu'  dell'ultimo condono
edilizio.  Somma,  questa,  triplicata  in caso di sanatoria a favore
degli acquirenti dei predetti immobili.
La  censurata disposizione, «in quanto surrettizia ipotesi di condono
edilizio»,  violerebbe, pertanto, la competenza legislativa regionale
in  materia  di  «governo  del  territorio»,  «anche  alla luce della
sentenza n. 196 del 2004» della Corte costituzionale.
In particolare con tale sentenza, la Corte costituzionale ha ritenuto
ammissibile   il   condono   edilizio   solo  sulla  base  della  sua
straordinarieta':  condizione,  questa,  non  sussistente nel caso di
specie.   Infine,   i  contenuti  della  disposizione  impugnata  non
sarebbero  in  linea con quanto affermato nella richiamata pronuncia,
secondo  la  quale  spetta  al  legislatore  regionale determinare la
possibilita',  le  condizioni  e  le  modalita'  per  l'ammissione  a
sanatoria degli abusi edilizi.
1.1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  si e' costituito in
giudizio,  sostenendo  l'infondatezza  della  promossa  questione  di
legittimita'  costituzionale  (avente per oggetto l'art. 1, comma 88,
della legge n. 266 del 2005).
Per   la   difesa   erariale,   la   censurata  disposizione  intende
semplificare  la  documentazione  occorrente  per  le  operazioni  di
dismissione  di  edifici costruiti per solito da piu' decenni, «e non
certo  -  come  insinuato  nel  motivo del ricorso - consentire nuove
edificazioni».  A  sostegno  di tale asserzione l'Avvocatura generale
ricorda  come  piu'  volte  squadre  di  tecnici abbiano provveduto a
redigere  rilievi  degli  immobili  in  oggetto,  sovente  oggetto di
occupazioni  abusive,  per  i  quali non era stato possibile reperire
adeguata documentazione. Ed in effetti, il comma 88 censurato farebbe
riferimento alla documentazione «mancante».
Ne'  potrebbe  «ravvisarsi  ulteriore  condono  edilizio», poiche' la
potesta'  dell'autorita'  urbanistica  e  l'osservanza  delle norme e
degli  strumenti  urbanistici sarebbero garantite dall'inciso «a meno
che  [...]  il  comune  non  riscontri  l'esistenza  di  un abuso non
sanabile  ai sensi delle norme in materia di controllo dell'attivita'
urbanistico-edilizia»   e   dal   successivo   periodo.  Semmai,  una
condizione  di  favore  sarebbe  costituita  dalla  previsione  di un
termine  perentorio  di  60  giorni, «mirante a superare inerzie ed a
prevenire manovre».
2.  -  Anche la Regione Emilia-Romagna (reg. ric. n. 39 del 2006), ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale nei riguardi di una
pluralita'  di disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per
violazione  degli  artt.  3,  97,  117, 118, 119 Cost. e dei principi
costituzionali  di  leale collaborazione, nonche' di ragionevolezza e
di  proporzionalita'.  In  questa  sede  viene  in rilievo la censura
relativa al comma 88 dell'art. 1 di questa legge.
La  censurata  disposizione,  introducendo una «presunzione legale di
regolarita'  urbanistico-edilizia»  degli  immobili in questione «che
prescinde   dalla  situazione  reale»  ad  avviso  della  ricorrente,
configurerebbe  «una  singolare  forma  di sanatoria urbanistica». La
stessa disposizione definisce una procedura per consentire, entro tre
anni,  la  formazione  di  una  documentazione  attestante  la stessa
regolarita', anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.
La   ricorrente   sottolinea,   poi,   l'assimilazione,   sul   piano
dell'efficacia,  della  prevista  dichiarazione  sostitutiva  e della
concessione  in  sanatoria,  anche  a favore di eventuali acquirenti,
salvo  che  il  comune  non  riscontri  una  situazione  di abuso non
sanabile.
L'autonomia  legislativa  regionale  sarebbe  violata  sotto  diversi
profili.
La  disposizione  sospettata  d'incostituzionalita'  introdurrebbe un
altro  caso  di  condono  edilizio,  «che risulta, pero', ancora piu'
difforme   dalla   Costituzione  rispetto  alla  disciplina  generale
introdotta  nel  1985,  nel  1994 e nel 2003». Infatti: a) il condono
sarebbe circoscritto ad una specifica societa', alle societa' ad essa
collegate  ed  ai  loro  aventi causa; b) non essendo previsti limiti
temporali,  il  condono  potrebbe  essere  esteso anche agli immobili
edificati  nel triennio successivo all'entrata in vigore della legge;
c) l'oblazione risulterebbe ridotta al 10 per cento rispetto a quella
prevista   dal   decreto-legge   n. 269   del  2003,  ed  inoltre  si
applicherebbe  l'importo  previsto per le «ristrutturazioni edilizie,
anche  se  l'abuso e' piu' grave»; d) il silenzio-assenso e' soggetto
ad  un  termine  molto  piu' ristretto rispetto a quello previsto dal
decreto-legge n. 269 del 2003; e) non sarebbero fissati limiti quanto
alle  volumetrie  sanabili;  f)  non  sarebbero  previsti  ambiti  di
intervento  del legislatore regionale, diversamente da quelli, seppur
in misura ridotta, contemplati dal decreto-legge n. 269 del 2003.
Alla  luce  della  piu'  recente  giurisprudenza costituzionale (sono
citate le sentenze n. 49 del 2006, n. 71 del 2005 e n. 196 del 2004),
l'autonomia  legislativa  e  amministrativa  delle Regioni in materia
apparirebbe  violata  nella  misura  in  cui  il  comma 88 denunciato
«disciplina  dettagliatamente  i  (quasi  inesistenti)  limiti  e  la
procedura  di  condono,  senza  consentire  alle  Regioni di modulare
l'ampiezza  del  condono  edilizio in relazione alla quantita' e alla
tipologia degli abusi sanabili».
Ne'   la   stessa   sanatoria   straordinaria   troverebbe   comunque
giustificazione:  mentre i condoni «generali» miravano principalmente
alla  estinzione dei reati, con conseguente estinzione degli illeciti
amministrativi  e  acquisizione  di  nuove  risorse  finanziarie,  la
previsione   qui  in  discussione  avrebbe  «solamente  lo  scopo  di
facilitare la privatizzazione degli immobili pubblici».
Oltre  alla  lamentata  lesione  delle  attribuzioni,  legislative  e
amministrative,  delle  Regioni,  la  stessa  disposizione violerebbe
irragionevolmente    il   principio   di   eguaglianza,   in   quanto
configurerebbe  un «privilegio» per un gruppo specifico di societa' e
per i loro aventi causa.
Infine, la denunciata riduzione della misura della prevista oblazione
(misura  corrispondente,  peraltro,  a  quella delle ristrutturazioni
edilizie,  anche  se  l'abuso  e' piu' grave), violerebbe l'autonomia
finanziaria   dei   comuni   e   si   tradurrebbe   «in  una  lesione
dell'autonomia   finanziaria   regionale»,  come  riconosciuto  dalla
giurisprudenza della Corte costituzionale.
2.1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale dello Stato, si e' costituito anche
nel  presente  giudizio  sostenendo l'infondatezza della questione di
legittimita'  costituzionale  avente  per oggetto l'art. 1, comma 88,
della legge n. 266 del 2005.
La  difesa  erariale  sviluppa,  in  tale  atto  di  costituzione, le
medesime argomentazioni, di cui al punto 1.1.
3.  -  Anche  la  Regione  Friuli-Venezia Giulia (reg. ric. n. 41 del
2006),  impugna, unitamente ad una pluralita' di disposizioni, l'art.
1, comma 88, della legge n. 266 del 2005.
In  relazione  a questa disposizione, la ricorrente assume la lesione
della  potesta'  legislativa primaria e dell'autonomia amministrativa
in  materia  di  urbanistica,  previste  dall'art.  4,  numero  12, e
dall'art. 8 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto
speciale  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia).  La  stessa  parte
ritiene  «che tale potesta' e', dopo il 2001, soggetta solo ai limiti
di  cui  all'art.  117,  primo comma, per effetto dell'art. 10, legge
cost. n. 3 del 2001».
Per  il  resto,  la  Regione deduce le medesime censure e sviluppa il
medesimo  iter  argomentativo  del  ricorso  proposto  dalla  Regione
Emilia-Romagna.
3.1  -  Anche  in  tale  giudizio  si e' costituito il Presidente del
Consiglio  dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello
Stato,  sostenendo  l'infondatezza  del  ricorso  con  argomentazioni
analoghe  a  quelle svolte negli altri due giudizi aventi il medesimo
oggetto.
4.  -  In  prossimita'  dell'udienza  del  17  aprile 2007 la Regione
Campania  ha depositato una memoria con la quale ribadisce le proprie
censure.
In particolare, la ricorrente sostiene che la «conformita' alla legge
vigente»,  nella  quale  si  sostanzia la prevista presunzione legale
prevista  dalla  disposizione  impugnata, consentirebbe «la implicita
sanabilita'  anche  «in  deroga  agli  strumenti  urbanistici»»  ed a
prescindere  dalla  gravita'  dell'abuso. Particolarmente criticabile
sarebbe la mancata previsione di un limite alla volumetria sanabile e
la  mancata  predeterminazione  dell'ambito temporale di operativita'
del  condono. Di conseguenza tale ambito potrebbe riguardare anche le
future costruzioni, realizzando una sorta di «sanatoria anticipata».
Anche alla luce delle statuizioni rese dalla Corte costituzionale con
la  sentenza  n. 196  del  2004,  la  censurata  disposizione sarebbe
incostituzionale,  in  quanto  non  riconoscerebbe  alcun  ruolo alla
Regione,  titolare  di  potesta'  legislativa  in materia, ridurrebbe
radicalmente  i  poteri  del  comune,  non  prevedrebbe alcun tipo di
coordinamento idoneo ad evidenziare le esigenze territoriali.
5.   -   Anche  l'Avvocatura  generale  delle  Stato  ha  depositato,
relativamente  al  giudizio  promosso  dalla  Regione  Friuli-Venezia
Giulia   (reg.   ric.  n. 41  del  2006),  una  memoria  nella  quale
ricostruisce  l'evoluzione  della  speciale  disciplina relativa alla
costruzione  delle  opere  delle  Ferrovie  dello  Stato,  disciplina
prevista  dagli  artt.  29  e  31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150
(Legge  urbanistica),  dall'art. 9 della legge 14 agosto 1974, n. 377
(Programma  di  interventi  straordinari  per  l'ammodernamento  e il
potenziamento della rete delle ferrovie dello Stato e mutamento della
denominazione  del Ministero dei trasporti e della aviazione civile),
dall'art.  81  del  d.P.R.  24  luglio 1977, n. 616 (Attuazione della
delega  di  cui  all'art.  1  della  legge  22  luglio 1975, n. 382),
dall'art.   25  della  legge  17  maggio  1985,  n. 210  (Istituzione
dell'ente «Ferrovie dello Stato»).
Tali  disposizioni evidenzierebbero il peculiare regime giuridico cui
era  assoggettata  la realizzazione di questi immobili e spiegherebbe
che   il   comma  88  sarebbe  finalizzato  a  rendere  possibile  la
circolazione    giuridica    di   immobili   privi   della   relativa
documentazione  urbanistico-edilizia.  A tale scopo, infatti, sarebbe
risultata  insufficiente  la  previsione  contenuta  nel  comma 6-bis
dell'art. 1 del decreto-legge n. 351 del 2001 che esonera le Ferrovie
dello  Stato  dall'obbligo di presentare la documentazione attestante
la  proprieta'  e  la regolarita' urbanistica, edilizia e fiscale dei
beni  che  essa  intende  alienare,  poiche'  i  terzi acquirenti, in
assenza   di   tale  documentazione,  non  potrebbero  a  loro  volta
ritrasferire gli immobili acquistati.
Pertanto,  la  disposizione impugnata non avrebbe inteso sanare abusi
edilizi,  ma  soltanto  costituire  la  documentazione  necessaria  a
consentire   o  facilitare  la  circolazione  giuridica  di  immobili
«normalmente   gia'   regolari».   Ulteriore   finalita'  sarebbe  la
prevenzione  di futuri abusi, consentendosi ai comuni di identificare
gli  immobili  in  questione  e di verificare se dopo la vendita essi
subiscano ampliamenti o trasformazioni.
Infondata  sarebbe,  dunque,  la  prospettazione  secondo la quale il
censurato  comma  88  introdurrebbe  una  nuova  ipotesi  di  condono
edilizio,  e del pari, la opinione secondo la quale non esisterebbero
limiti  temporali  al  condono:  infatti tale comma 88 si riferirebbe
unicamente  agli  immobili  gia'  esistenti  e  non  potrebbe  essere
interpretato  nel  senso  di  consentire interventi edilizi in deroga
alle leggi statali e regionali vigenti.
Pertanto,  erroneamente la Regione Friuli-Venezia Giulia lamenterebbe
la  lesione della propria competenza primaria in materia urbanistica.
Peraltro,  osserva  l'Avvocatura  generale,  l'art.  26 del d.P.R. 26
agosto  1965,  n. 1116  (Norme  di  attuazione dello Statuto speciale
della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  in  materia  di agricoltura e
foreste,  industria  e  commercio,  turismo  e industria alberghiera,
istituzioni  ricreative  e sportive, lavori pubblici) qualificherebbe
la  costruzione  e  manutenzione  degli  immobili  ferroviari come di
interesse  statale  e  tale  materia  sarebbe  dunque  sottratta alla
competenza legislativa ed amministrativa della Regione.
La  difesa  erariale  contesta,  poi,  l'affermazione,  contenuta nel
ricorso  secondo  la  quale  la  potesta' primaria regionale, dopo la
riforma  del titolo V della parte seconda della Costituzione, sarebbe
soggetta  solo  ai  limiti  di  cui all'art. 117, primo comma, Cost.,
poiche' ove si invochino le norme costituzionali introdotte nel 2001,
verrebbe in gioco tutto il sistema di riparto delle competenze di cui
al  nuovo  titolo  V  della  Costituzione  e,  dunque,  i limiti alla
potesta'  legislativa  regionale andrebbero rinvenuti anche nell'art.
117, secondo e terzo comma, Cost.
La  competenza  dello  Stato  ad  emanare  la  disposizione impugnata
andrebbe  ravvisata  nel  «congiunto disposto» dell'art. 117, secondo
comma,  lettera  l),  Cost.  «ordinamento civile», dal momento che il
comma 88 denunciato riguarderebbe l'acquisizione della documentazione
richiesta  per  la  stipulazione dei contratti di compravendita degli
immobili; dell'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., poiche' la
documentazione    concernerebbe    interventi    edilizi   realizzati
anteriormente  alla  trasformazione  delle  Ferrovie  dello  Stato in
societa'  commerciale  e,  per  tale  ragione,  non  corredati  dalla
documentazione  urbanistico-edilizia; e dell'art. 117, secondo comma,
lettera r), Cost. in quanto il comma 88 censurato disciplinerebbe «la
raccolta e la documentazione di dati fattuali».
6.  -  L'Avvocatura  dello  Stato  ha  depositato  una  memoria anche
relativamente  al giudizio promosso dalla Regione Campania (reg. ric.
n. 36  del  2006).  Oltre  a  richiamare le argomentazioni svolte nel
giudizio  promosso  dalla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia, la difesa
dello  Stato  sostiene  che  questo  ricorso sarebbe inammissibile in
quanto   ometterebbe  di  indicare  in  modo  chiaro  «le  specifiche
disposizioni  oggetto  del  ricorso  ed  il  parametro costituzionale
invocato».
Nel  merito,  l'Avvocatura  esclude  che  la  disposizione  censurata
consenta  la realizzazione di nuovi interventi edilizi in deroga, dal
momento che l'espressione «anche in deroga agli strumenti urbanistici
vigenti»    si    riferirebbe    soltanto    «all'ottenimento   della
documentazione».
7.  -  La  Regione  Friuli-Venezia Giulia e la Regione Emilia-Romagna
hanno   depositato  memorie,  di  identico  contenuto,  nelle  quali,
replicando  alle  difese  svolte dall'Avvocatura generale, sostengono
che  la  disciplina  introdotta  dal  comma 88 censurato non potrebbe
essere  ricondotta  all'istituto  dell'accertamento di conformita' di
cui  all'art.  36  del d.P.R. n. 380 del 2001, il quale presuppone la
conformita'  degli  immobili alla disciplina urbanistica vigente, sia
al  momento  della  realizzazione  dei medesimi, sia al momento della
presentazione  della  domanda.  Diversamente,  il  significato  della
disposizione  impugnata sarebbe proprio quello di consentire comunque
di  ottenere  la documentazione attestante la regolarita' urbanistica
ed  edilizia  mancante,  anche  nel  caso di interventi realizzati in
deroga agli strumenti urbanistici.
La  riconducibilita'  della  disciplina  censurata  ad  un'ipotesi di
condono  edilizio  straordinario  sarebbe confermata dalla previsione
del  versamento  di una somma pari al 10 per cento di quella prevista
dal  decreto-legge n. 269 del 2003, nonche' dalla espressa previsione
che  «la  dichiarazione sostitutiva produce i medesimi effetti di una
concessione in sanatoria».
La  Regione Friuli-Venezia Giulia, in una memoria successiva, osserva
come la tesi dell'Avvocatura erariale, relativa alla riconducibilita'
della  disciplina  in  esame  alla  competenza  esclusiva  statale in
materia  di lavori pubblici concernenti la costruzione e manutenzione
di  opere  ferroviarie,  ai sensi dell'art. 26 del d.P.R. n. 1116 del
1965,  sarebbe «fuorviante ed arbitraria»: il comma 88 denunciato non
riguarderebbe,  infatti, opere ferroviarie e non regolerebbe i lavori
pubblici,  ma  disciplinerebbe  la  regolarizzazione  urbanistica  di
taluni immobili.
Arbitraria  sarebbe  l'individuazione del fondamento della disciplina
censurata  nella materia dell'ordinamento civile di cui all'art. 117,
secondo comma, lettera l), Cost.; infatti, la disposizione denunciata
disciplinerebbe      un      procedimento     di     regolarizzazione
urbanistico-edilizia e quindi non potrebbe che essere ricondotto alla
materia    urbanistica.    Quanto   al   riferimento   alla   materia
dell'ordinamento ed organizzazione amministrativa degli enti pubblici
nazionali  di  cui all'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., la
Regione   rileva  come  la  disposizione  impugnata  non  inciderebbe
sull'ordinamento  e  sull'organizzazione  dell'ente, «ma sullo status
urbanistico  dei suoi immobili». Del tutto inconferente sarebbe, poi,
il richiamo all'art. 117, secondo comma, lettera r), Cost.
8.  -  In  prossimita'  dell'udienza  pubblica  del 20 novembre 2007,
l'Avvocatura  dello  Stato ha depositato un'ulteriore memoria, con la
quale  ha  ribadito  l'infondatezza  della  questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  1,  comma 88, della legge n. 266 del 2005.
L'impugnata   disposizione,   lungi  dal  «condonare,  ossia  sanare»
eventuali  infrazioni  edilizie, mirerebbe semplicemente a consentire
la ricostruzione documentale della situazione urbanistica ed edilizia
degli   immobili   in  questione  attraverso  la  previsione  di  una
presunzione  di  costruzione  in  conformita' alle leggi vigenti e la
disciplina di una procedura amministrativa per il conseguimento della
documentazione  mancante.  Il  riferimento alla eventuale deroga agli
strumenti  urbanistici  si spiegherebbe alla luce della possibilita',
«da  sempre  prevista»,  di  edificazioni  in deroga consentite dalla
legge.
Il  resistente sottolinea, in particolare, che, analogamente a quanto
previsto  da  risalenti  discipline  (cfr.  r.d.l.  n. 2071 del 1925,
Disposizioni  eccezionali per la ricostruzione degli atti e documenti
distrutti  in  occasione  di  terremoti, inondazioni, altre pubbliche
calamita'   o   tumulti   popolari.;   d.lgs.lgt.  n. 272  del  1946,
Disposizioni  per  la  ricostruzione  degli  atti  e  documenti degli
archivi  dei  municipi  distrutti  a  seguito  di eventi bellici o di
tumulti  popolari  o  di  incendi,  inondazioni,  terremoti  ed altre
pubbliche calamita'; art. 2720 codice civile), la prevista operazione
di  ricostruzione  documentale  non  sarebbe  unilaterale,  in quanto
coinvolge  l'amministrazione  comunale.  Il  contributo parametrato a
quelli dovuti per il condono - che per l'Avvocatura dello Stato «puo'
aver  ingenerato l'equivoco in cui e' caduta la ricorrente» - sarebbe
un  contributo  non  dissimile  da  quelli  versati  al comune per la
richiesta di un servizio.
La   difesa   erariale   riafferma,  dunque,  l'ascrivibilita'  della
disposizione   oggetto  di  censura  alle  materie  dell'«ordinamento
civile»,  dell'«ordinamento  e  organizzazione  amministrativa  dello
Stato   e   degli  enti  pubblici  nazionali»  e  del  «coordinamento
informativo»,  di  cui  all'art. 117, secondo comma, lettere e), g) e
r), della Costituzione.
9. - La Regione Campania, in prossimita' dell'udienza pubblica del 20
novembre  2007,  ha  depositato  una  ulteriore memoria, con la quale
insiste  nel  chiedere che sia dichiarata l'incostituzionalita' della
disposizione impugnata.
La  stessa  normativa  anteriore alla riforma costituzionale del 2001
riconosceva  un  ruolo  decisivo  agli  enti  locali  in  relazione a
molteplici  profili  della  materia:  accertamento  della conformita'
urbanistica  delle  opere  statali  (art.  29 della legge n. 1150 del
1942);  parere  obbligatorio  sui  progetti  esecutivi di costruzioni
edilizie da realizzare nell'ambito dei comprensori ferroviari (art. 9
della  legge  n. 377 del 1974); intesa con le Regioni interessate per
la  realizzazione  delle  opere in oggetto (art. 81 del d.P.R. n. 616
del  1977).  L'accertamento  della  conformita'  di  tali  opere alle
prescrizioni   urbanistiche   ed   il  coinvolgimento  diretto  delle
istituzioni   locali   sono   state   confermate   dalla   successiva
legislazione  (art.  10  della legge 12 febbraio 1981, n. 17, recante
«Finanziamento  per  l'esecuzione  di  un  programma  integrativo  di
interventi  di  riclassamento,  potenziamento ed ammodernamento delle
linee,  dei  mezzi  e  degli  impianti  e  per  il  proseguimento del
programma  di  ammodernamento e potenziamento del parco del materiale
rotabile  della  rete  ferroviaria  dello Stato»; art. 25 della legge
n. 210  del  1985). Sicche', la censurata disposizione determinerebbe
un  «arretramento  rispetto  al  ruolo  riconosciuto  alla Regione in
materia».
Contrariamente  a quanto sostenuto dalla controparte, la disposizione
impugnata  non  si limiterebbe a colmare una carenza documentale, dal
momento  che  la  dichiarazione  unilaterale  avrebbe  in realta' una
efficacia sanante nei confronti degli immobili in questione. Pertanto
-  conclude la difesa regionale - la prevista presunzione assoluta di
conformita',   la  possibilita'  di  derogare  ai  vigenti  strumenti
urbanistici e l'assenza di limiti temporali, volumetrici e tipologici
delle  opere  «presuntivamente  conformi»  darebbero vita ad un nuovo
condono edilizio.
                       Considerato in diritto
1.  - La Regione Campania e la Regione Emilia-Romagna hanno sollevato
questioni  di  legittimita'  costituzionale  nei riguardi di numerose
disposizioni  della  legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2006).  Oggetto  del  presente  giudizio  sono  le  sole
questioni di costituzionalita' che riguardano il comma 88 dell'art. 1
impugnato  dalle  suddette ricorrenti per contrasto con gli artt. 114
(evocato  dalla sola Regione Campania), 117, terzo comma, e 118 della
Costituzione.
Anche  la Regione Friuli-Venezia Giulia ha impugnato - tra le altre -
l'art.  1,  comma  88  della  legge  n. 266  del 2005, denunciando la
violazione  dell'art.  4,  numero  12,  e  dell'art.  8  della  legge
costituzionale  31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia Giulia).
Tutte   le   ricorrenti  lamentano  la  violazione  delle  rispettive
competenze  in  materia di governo del territorio o di urbanistica ad
opera  della  disposizione  impugnata, che prevedrebbe un eccezionale
procedimento  di sanatoria edilizia per i beni immobili «appartenenti
a   Ferrovie  dello  Stato  S.p.a.  ed  alle  societa'  dalla  stessa
direttamente  o  indirettamente integralmente controllate» o a coloro
che  li  abbiano  acquistati  da  tali  societa'.  Cio',  tramite  la
presunzione  che detti immobili siano stati «costruiti in conformita'
alla  legge  vigente  al  momento  della  loro  edificazione»  ed uno
speciale  procedimento,  da  avviare  entro un triennio dalla data di
entrata  in  vigore  della legge, per ottenere la «documentazione che
tenga  luogo  di  quella  attestante  la  regolarita'  urbanistica ed
edilizia  mancante,  in  continuita'  d'uso,  anche  in  deroga  agli
strumenti  urbanistici  vigenti».  In  particolare,  vengono indicati
dalle  ricorrenti,  come  sintomi  evidenti della natura di sanatoria
edilizia  straordinaria,  la previsione, contenuta nella disposizione
impugnata,   secondo   cui   la   «dichiarazione   sostitutiva  della
concessione»  produce  «i  medesimi  effetti  di  una  concessione in
sanatoria,  a  meno  che  entro  sessanta  giorni dal suo deposito il
comune  non  riscontri  l'esistenza di un abuso non sanabile ai sensi
delle     norme    in    materia    di    controllo    dell'attivita'
urbanistico-edilizia»,  e  la  previsione  per  la  quale deve essere
versata  al  comune  una somma pari al 10 o al 30 per cento di quella
che  sarebbe  stata  dovuta  per  il  condono  edilizio  previsto dal
decreto-legge  30  settembre  2003,  n. 269 (Disposizioni urgenti per
favorire  lo  sviluppo  e  per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici),  convertito,  con modificazioni dall'art.1, comma 1, della
legge 24 novembre 2003, n. 326.
La  Regione  Campania denuncia, altresi', la violazione del principio
di leale cooperazione e del principio di ragionevolezza.
Le Regioni Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia lamentano, inoltre,
il  contrasto  della  disposizione  impugnata  con l'art. 3 Cost. per
violazione   al   principio   di  uguaglianza,  sostenendo  che  tale
disposizione  introdurrebbe  un privilegio per un gruppo di societa',
consistente,  appunto,  nella  previsione  di  un condono il quale si
ripercuoterebbe   sulle  prerogative  delle  Regioni,  in  violazione
dell'art. 119 Cost.
Le  medesime  ricorrenti  sostengono, infine, che l'art. 1, comma 88,
della   legge   n. 266  del  2005,  nel  prevedere  il  pagamento  di
un'oblazione  in  misura  ridotta  rispetto  a  quella  prevista  dal
decreto-legge  n. 269 del 2003, lederebbe l'autonomia finanziaria dei
comuni e, conseguentemente, quella delle Regioni.
2.  -  In considerazione dell'identita' della disposizione impugnata,
nonche' degli analoghi profili di illegittimita' costituzionale fatti
valere, i ricorsi per la parte relativa al comma 88 dell'art. 1 della
legge  n. 266  del 2005, possono essere riuniti per essere decisi con
un'unica pronuncia.
3.  - In via preliminare, va considerata l'eccezione della Avvocatura
generale  dello  Stato  secondo  la  quale  il  ricorso della Regione
Campania  sarebbe inammissibile, in quanto ometterebbe di indicare in
modo  chiaro  «le  specifiche  disposizioni oggetto del ricorso ed il
parametro costituzionale invocato».
In  questi  termini  generali  la eccezione deve essere respinta, dal
momento  che  -  al  contrario  di  quanto  sostenuto dall'Avvocatura
erariale  -  il  ricorso  regionale,  da  una parte, si riferisce con
chiarezza  alle  varie  fasi  della  procedura prevista nel comma 88,
considerata   dalla   ricorrente   «surrettizia  ipotesi  di  condono
edilizio», e, dall'altra, elenca come parametri asseritamente violati
gli  articoli  «114,  117,  118  Cost.»,  nonche' i principi di leale
collaborazione e di ragionevolezza.
Piuttosto,  deve  essere  dichiarata inammissibile la censura fondata
sull'art. 114 Cost., perche' la relativa censura non e' suffragata da
alcun contributo argomentativo (analogamente si veda gia' la sentenza
n. 196 del 2004).
Quanto alla censura con cui viene dedotta la violazione del principio
di ragionevolezza, benche' la costante giurisprudenza di questa Corte
ritenga  ammissibile  tale  doglianza  allorche'  con essa le Regioni
deducano  la  (almeno)  potenziale lesione delle proprie attribuzioni
costituzionali,  nel  caso  di  specie,  essa  deve essere dichiarata
inammissibile in quanto non sorretta da alcuna motivazione.
Per le medesime ragioni, anche la questione concernente la denunciata
lesione  del principio di leale collaborazione deve essere dichiarata
inammissibile:  cio'  tanto  piu'  in  quanto  proprio nella sentenza
n. 196  del  2004  si  e'  affermato  che  «non  e'  individuabile un
fondamento   costituzionale  dell'obbligo  di  procedure  legislative
ispirate  alla  leale collaborazione tra Stato e Regioni (ne' risulta
sufficiente   il   sommario   riferimento  all'art.  11  della  legge
costituzionale  n. 3  del 2001)» (analogamente, da ultimo, si veda la
sentenza n. 401 del 2007).
4.  -  Inammissibile  e',  inoltre,  la  censura  con  cui le Regioni
Emilia-Romagna   e   Friuli-Venezia  Giulia  deducono  la  violazione
dell'art.   119  Cost.,  sostenendo  che  la  lesione  dell'autonomia
finanziaria  dei  comuni si tradurrebbe in una lesione dell'autonomia
finanziaria  regionale:  pur  non  negandosi che cio' possa avvenire,
come  questa  Corte ha riconosciuto (sentenze n. 417 del 2005, n. 196
del  2004  e  n. 533  del  2002),  nel  caso  di specie le ricorrenti
argomentano  la  dedotta compressione della finanza locale in ragione
della  riduzione della misura della somma che deve essere corrisposta
per   il   conseguimento   della   «dichiarazione  sostitutiva  della
concessione»,  rispetto all'importo previsto dal decreto-legge n. 269
del  2003. Tuttavia, le ricorrenti lamentano la lesione della propria
autonomia  finanziaria  con  riguardo  ad  un'entrata che esse stesse
qualificano  come  «oblazione»  e  che  dunque, per sua natura, e' di
spettanza dello Stato.
5.  -  Venendo  al merito della questione, in via preliminare occorre
considerare  il  fondamento  dell'intervento  legislativo  statale in
oggetto.
L'Avvocatura  dello  Stato  ha  sostenuto piu' volte che il censurato
comma   88   avrebbe  inteso  solo  «semplificare  la  documentazione
occorrente   per   le   operazioni  di  dismissione»  degli  immobili
«appartenenti  a  Ferrovie  dello Stato S.p.a. ed alle societa' dalla
stessa  direttamente o indirettamente integralmente controllate», dal
momento  che, per molteplici motivi, non si riusciva a ricostruire la
documentazione  relativa alla situazione di tipo urbanistico-edilizio
di molti di questi beni. Non ci si troverebbe, quindi, dinanzi ad una
ipotesi  di  condono  edilizio  ma,  semmai,  solo  ad  una  speciale
procedura  per  ottenere,  entro  brevi termini perentori, dai comuni
interessati  la documentazione urbanistico-edilizia necessaria per la
commercializzazione   di   questi   beni  anche  da  parte  dei  loro
acquirenti.
La  disciplina  in  esame  sarebbe  dunque riconducibile a materie di
esclusiva   competenza   statale,   e   precisamente:   alla  materia
dell'ordinamento  civile, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera
l),  Cost.,  dal momento che il comma 88 riguarderebbe l'acquisizione
della  documentazione  richiesta per la stipulazione dei contratti di
compravendita  degli  immobili;  alla  materia dell'ordinamento degli
enti  pubblici nazionali, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera
g),  Cost.,  poiche'  la  disciplina,  concernendo interventi edilizi
realizzati  anteriormente  alla  trasformazione  delle Ferrovie dello
Stato  in  societa'  commerciale,  riguarderebbe un ente pubblico; al
coordinamento  dei  dati relativi all'amministrazione statale, di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera r), Cost., in quanto il comma 88
concernerebbe «la raccolta e la documentazione di dati fattuali».
La ricostruzione proposta dall'Avvocatura non puo' essere condivisa.
La  necessita' di speciali disposizioni per facilitare la vendita dei
beni  immobili  delle  Ferrovie  dello  Stato,  pur in mancanza della
documentazione      attestante      la      relativa      conformita'
urbanistico-edilizia,  e'  gia'  stata soddisfatta con il comma 6-bis
dell'art. 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351 (Disposizioni
urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio
immobiliare  pubblico  e di sviluppo dei fondi comuni di investimento
immobiliare),  convertito,  con  modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della  legge  23  novembre  2001,  n. 410, il quale prevede che detti
immobili  possano  essere  alienati  «con  esonero dalla consegna dei
documenti   relativi  alla  proprieta'  e  di  quelli  attestanti  la
regolarita' urbanistica, edilizia e fiscale».
Piu'  in  generale,  per  la  alienazione  degli  immobili degli enti
pubblici trasformati in societa' per azioni l'art. 43, comma 6, della
legge  23  dicembre  2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001),
prevede che gli atti aventi ad oggetto i suddetti beni possano essere
validamente  compiuti  «senza l'osservanza delle norme previste nella
citata  legge  n. 47  del  1985, con il rilascio di una dichiarazione
resa  ai  sensi  della  legge  4  gennaio  1968,  n. 15, e successive
modificazioni,   attestante,   per   i   fabbricati,  la  regolarita'
urbanistico-edilizia  con  riferimento alla data delle costruzioni e,
per  i terreni la destinazione urbanistica, senza obbligo di allegare
qualsiasi documento probatorio».
Attraverso   le   disposizioni   ora  richiamate  il  legislatore  ha
affrontato    e    disciplinato    il    problema    concernente   la
commercializzazione di immobili privi della necessaria documentazione
urbanistico-edilizia, stabilendo eccezionalmente la non necessita' di
tale documentazione ovvero la possibilita' della sua sostituzione.
Diverso  e'  invece  il contenuto della disposizione impugnata. Essa,
anzitutto,  pone  una presunzione assoluta di «conformita' alla legge
vigente  al  momento  della  loro  edificazione»  per  tutti  «i beni
immobili  appartenenti a Ferrovie dello Stato S.p.a. ed alle societa'
dalla    stessa    direttamente    o   indirettamente   integralmente
controllate». La norma non si riferisce, quindi, alle sole fasi della
costruzione del bene o della sua successiva trasformazione sulla base
delle  speciali normative che disciplinavano questi beni immobili, ma
genericamente   anche   a   tutte   le   successive   innovazioni   e
trasformazioni che fossero comunque intervenute.
In  secondo  luogo,  si  prevede che Ferrovie dello Stato S.p.a. e le
societa'  dalla  stessa  direttamente  o  indirettamente  controllate
integralmente,  nonche'  gli  acquirenti  dei relativi beni immobili,
possono,  entro  il termine di tre anni dalla entrata in vigore della
disposizione  impugnata, ottenere una documentazione «che tenga luogo
di quella attestante la regolarita' urbanistica ed edilizia mancante,
in  continuita'  d'uso,  anche  in  deroga agli strumenti urbanistici
vigenti».   D'altra   parte,  questa  derogabilita'  alla  disciplina
urbanistica  ed  edilizia  vigente  e'  confermata  dalla  previsione
contenuta  nella  stessa disposizione impugnata, secondo la quale «la
dichiarazione  sostitutiva  produce»  effetti sostanziali, e cioe' «i
medesimi effetti di una concessione in sanatoria».
In  terzo  luogo, la disposizione impugnata stabilisce che «in nessun
caso   la   dichiarazione   sostitutiva   potra'   valere   come  una
regolarizzazione  degli  abusi  non  sanabili ai sensi delle norme in
materia   di   controllo   dell'attivita'  urbanistico-edilizia».  Il
riferimento  agli  «abusi  non  sanabili»  richiama  evidentemente la
categoria  delle opere abusive «non suscettibili di sanatoria» di cui
all'art.  33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di
controllo  dell'attivita'  urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
sanatoria  delle opere edilizie), e (da ultimo) al comma 27 dell'art.
32  del  decreto-legge  n. 269  del  2003, e cioe' il limite assoluto
posto   alle   ipotesi   di   condono  edilizio  straordinario.  Tale
riferimento  attesta  che il legislatore, da un lato, ha richiamato i
medesimi limiti previsti per la sanatoria edilizia straordinaria, con
cio' ritenendo analoga la natura dell'intervento in esame; dall'altro
lato,  ha  ritenuto ammissibile la sanatoria sostanziale di tutti gli
altri interventi abusivi.
In quarto luogo, la previsione della necessita' del versamento di una
somma pari al 10 o al 30 per cento di quella che sarebbe stata dovuta
in  base  all'Allegato  1 del decreto-legge n. 269 del 2003, il quale
individua   la  tipologia  delle  opere  abusive  suscettibili  della
sanatoria   edilizia   straordinaria   del  2003,  nonche'  l'entita'
dell'oblazione  da  corrispondere  a tal fine, conferma che l'art. 1,
comma 88, della legge n. 266 del 2005 si riferisce ad un fenomeno del
tutto analogo.
Si  aggiunga,  infine,  che il meccanismo previsto dalla disposizione
impugnata,   e'   destinato  ad  operare,  per  espressa  previsione,
«indipendentemente dalle alienazioni di tali beni».
In  conclusione,  la  disposizione  impugnata  si caratterizza per la
netta  prevalenza  di  elementi  caratteristici  di  una procedura di
sanatoria   edilizia   di   tipo   straordinario,  mentre  i  profili
documentativi,  finalizzati  alla  commercializzazione  dei  beni  in
parola  da  parte  degli  acquirenti,  si  configurano come meramente
conseguenti ed accessori.
D'altra   parte,   durante   i   lavori  parlamentari  relativi  alla
disposizione  impugnata,  appariva pacificamente condivisa l'opinione
che si trattasse di una nuova ipotesi di condono straordinario.
6.  - La giurisprudenza di questa Corte successiva alla modificazione
del  Titolo  V  della seconda parte della Costituzione e formatasi in
relazione  al  recente  condono  edilizio  previsto dal decreto-legge
n. 269  del 2003 (si vedano le sentenze n. 49 del 2006; n. 304, n. 71
e n. 70 del 2005 e n. 196 del 2004), e' caratterizzata in primo luogo
dalla  affermazione secondo cui il legislatore statale puo' prevedere
una  sanatoria  edilizia  straordinaria  solo  in  presenza  di gravi
situazioni   di   interesse   generale;   in   secondo  luogo,  dalla
riconduzione della competenza legislativa in tema di condono, salvi i
soli  profili  di  ordine  penale  che  sono  di esclusiva competenza
statale, essenzialmente alla materia «governo del territorio», di cui
all'art.  117,  comma  terzo, Cost. ovvero alla materia «urbanistica»
per le Regioni a statuto speciale che hanno tale competenza.
La   disposizione   censurata   nel   presente  giudizio  non  supera
evidentemente  quello  «stretto esame di costituzionalita» che questa
Corte  ha ritenuto indispensabile per legittimare un condono edilizio
straordinario:  anzitutto,  perche' non sono ravvisabili esigenze che
costituiscano  un  «ragionevole  fondamento»  alla reiterazione di un
istituto  «a carattere contingente e del tutto eccezionale» (sentenze
n. 196  del 2004 e n. 427 del 1995), che determina la compressione di
valori come «quelli del paesaggio, della cultura, della salute, della
conformita'  dell'iniziativa  economica privata all'utilita' sociale,
della  funzione  sociale della proprieta» (sentenza n. 427 del 1995),
tanto  piu'  che  la  disposizione  impugnata  segue  -  quasi  senza
soluzione  di  continuita'  -  una sanatoria straordinaria di portata
generale  appena  conclusa.  In  secondo luogo, la sua disciplina del
tutto  analitica  contrasta  con la natura della potesta' legislativa
delle  Regioni  ad  autonomia  ordinaria  in  tema  di  «governo  del
territorio»  ed,  a  maggior  ragione,  con  quella di una Regione ad
autonomia  speciale, come il Friuli-Venezia Giulia, dotata in materia
di  potesta'  legislativa  di  tipo  primario,  e  con il conseguente
«doveroso  riconoscimento  alla  legislazione  regionale  di un ruolo
specificativo  -  all'interno  delle  scelte riservate al legislatore
nazionale  -  delle  norme  in  tema di condono» (sentenza n. 196 del
2004 - punto 23 del diritto).
Infine,  viene  del  tutto  negata  l'autonomia amministrativa in una
materia del genere dei comuni e delle Regioni.
La  censura  di  costituzionalita' e' pertanto fondata in riferimento
agli  artt. 117 e 118 della Costituzione e agli artt. 4, numero 12, e
8 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia.
Resta assorbito l'esame degli altri profili di censura prospettati.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riservata  a  separate  pronunce  la  decisione sulle questioni di
legittimita'   costituzionale,   sollevate  nei  confronti  di  altre
disposizioni  della  legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -- legge
finanziaria 2006) con i ricorsi indicati in epigrafe;
   Riuniti i giudizi,
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 88,
della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
   Dichiara inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  1,  comma  88,  della legge n. 266 del 2005, sollevate, in
riferimento  all'art.  114 Cost., al principio di ragionevolezza e al
principio  di  leale  cooperazione,  dalla  Regione  Campania  con il
ricorso indicato in epigrafe;
   Dichiara inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  1,  comma  88,  della legge n. 266 del 2005, sollevata, in
riferimento  all'art. 119 Cost., dalla Regione Emilia-Romagna e dalla
Regione Friuli-Venezia Giulia, con il ricorso in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: De Siervo
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 25 gennaio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di paola