N. 15 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 settembre 2008
Ordinanza del 20 settembre 2007 emessa dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia sui ricorsi riuniti proposti da Alnizami Bachchar ed altri contro Comune di Mariano Comense ed altri Telecomunicazioni - Regione Lombardia - Norme per l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa - Riconduzione della normativa stessa «nel quadro delle competenze della Regione e dei comuni in materia di commercio» (rientranti nella legislazione residuale regionale ex art. 117, comma quarto, Costituzione), anziche' alla materia delle comunicazioni (rientrante nella legislazione concorrente, ex art. 117, comma terzo, Costituzione), alla tutela della concorrenza (art. 117, comma secondo, lett. e), Costituzione) e alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (art. 117, comma secondo, lett. m), Costituzione) - Violazione dei principi stabiliti dalla legislazione statale in materia - Violazione della normativa comunitaria in materia di concorrenza, dei principi di uguaglianza, di liberta' di comunicazione e di liberta' di iniziativa economica privata. - Legge della Regione Lombardia 3 marzo 2006, n. 6, art. 1. - Costituzione, artt. 3, 15, 41 e 117. Telecomunicazioni - Regione Lombardia - Norme per l'insediamento e la gestione dei centri di telefonia in sede fissa - Introduzione di un sistema generalizzato di autorizzazione comunale per l'esercizio dell'attivita' - Violazione dei principi stabiliti dalla legislazione statale in materia - Violazione della normativa comunitaria in materia di concorrenza, dei principi di uguaglianza, di liberta' di comunicazione, di liberta' di iniziativa economica privata. - Legge della Regione Lombardia 3 marzo 2006, n. 6, art. 4. - Costituzione, artt. 3, 15, 41 e 117. Telecomunicazioni - Regione Lombardia - Norme per l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa - Requisiti e prescrizioni igienico-sanitari - Applicabilita' retroattiva - Incidenza sui principi di affidamento, di liberta' d'iniziativa economica privata, di liberta' di comunicazione e di liberta' di iniziativa economica privata - Violazione della normativa comunitaria in materia di concorrenza. - Legge della Regione Lombardia 3 marzo 2006, n. 6, art. 8, comma 1, lett. e), f), h) e i). - Costituzione, artt. 3, 15, 41 e 117. Telecomunicazioni - Regione Lombardia - Norme per l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa - Inosservanza, da parte del titolare dell'autorizzazione del centro di telefonia fisso, degli obblighi, prescrizioni e autorizzazioni in materia di edilizia, urbanistica ed igienico-sanitaria, nonche' delle disposizioni sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici, prevenzione incendi e sicurezza, preventivamente all'avvio dell'attivita', o entro un anno dall'entrata in vigore della legge censurata - Prevista revoca dell'autorizzazione e sospensione dell'attivita' - Incidenza sui principi di affidamento, di liberta' di comunicazione e di liberta' di iniziativa economica privata - Violazione della normativa comunitaria in materia di concorrenza. - Legge della Regione Lombardia 3 marzo 2006, n. 6, art. 9, commi 1, lett. c), e 2. - Costituzione, artt. 3, 15, 41 e 117. Telecomunicazioni - Regione Lombardia - Norme per l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa - Requisiti e prescrizioni igienico-sanitari - Obbligo per i titolari dei centri di telefonia gia' attivi alla data di entrata in vigore della legge censurata di porsi in regola con le vigenti norme e con le prescrizioni e autorizzazioni in materia di edilizia, urbanistica ed igienico-sanitaria, previsti dalla legge medesima entro un anno da detta data - Incidenza sui principi di affidamento, di liberta' di comunicazione e di liberta' di iniziativa economica privata - Violazione della normativa comunitaria in materia di concorrenza. - Legge della Regione Lombardia 3 marzo 2006, n. 6, art. 12. - Costituzione, artt. 3, 15, 41 e 117.(GU n.8 del 13-2-2008 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunziato la seguente ordinanza. Su1 ricorso iscritto al RG. 1371/2007, proposto da Alnizami Bachchar, titolare della ditta individuale «Rosi Phone Center», rappresentato e difeso dall'avv. Beatrice De Simone e Flavio Cermola ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Nemni in Milano, via S. Marco n. 23, contro il Comune di Mariano Comense, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Franco Ferrari, presso il cui studio in Milano, c.so Vittorio Emanuele II n. 15, e' elettivamente domiciliato per l'annullamento dell'ordinanza di cessazione dell'attivita' di phone center sito in Mariano Comense alla via Montebello n. 68, emessa ai sensi e per gli effetti dell'art 10 legge regionale n. 6/2006 dal responsabile del procedimento area sportello unico attivita' produttive del comune di Mariano Comense; della comunicazione dell'avvio di procedimento notificato in data 27 aprile 2007 nei confronti del sig. Alnizani Bachchar da parte del responsabile del procedimento; Sul ricorso iscritto al R.G. 1380/2007, proposto da Selouma Mohamed Omar, in qualita' dell'omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dagli avv. Sergio Pezzucchi e Manlio Vicini, ed elettivamente domiciliato in Milano: via Visconti Venosta 2 presso lo studio dell'avv. Giorgio Massa; contro il Comune di Muggio', in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Brambilla Pisoni, presso il cui studio e' selettivamente domiciliato in Milano, via Visconti di Modrone n. 6, per l'annullamento dell'ordinanza n. 1/2007 (prot. 13970) di chiusura dell'attivita' di centro di telefonia in sede fissa (phone center) di cui e' titolare il ricorrente in Muggio', piazza Garibaldi, 23, emesso in data 10 maggio 2007 dal Responsabile del Settore Patrimonio-Commercio-Ecologia del Comune di Muggio'; Sul ricorso iscritto al R.G. 1381/2007, proposto dalla societa' General Store Market di Ulhaq Ahtasham & C. S.a.s. in qualita' del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dagli avv. Sergio Pezzucchi e Manlio Vicini, ed elettivamente domiciliata in Milano, via Visconti Venosta n. 2 presso lo studio dell'avv. Giorgio Bonamassa, contro il Comune di Limbiate, in persona del sindaco pro tempore, per l'annullamento dell'ordinanza di cessazione dell'attivita' di centro di telefonia in sede fissa (phone center) di cui e' titolare la societa' ricorrente in Limbiate, viale Dei Mille, 136, emesso in data 15 maggio 2007 dal dirigente del settore Finanziario del Comune di Limbiate; Sul ricorso iscritto al R.G. 1425/2007, proposto dalla soc. 2K NET srl in persona del legale rappresentante sig. Paolo Columbo, rappresentata e difesa dagli avv. Leonardo Bardi, Ettore Marinelli e Claudio Casiraghi, presso lo studio dei quali e' elettivamente domiciliata in Milano, corso di Porta Romana 78, contro il Comune di Milano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Rita Surano, Antonella Fraschini, Ruggero Meroni, Elena Ferradini, Irma Marinelli, Ariberto Limongelli, Anna Maria Pavin, Maria Sorrenti e Donatella Silvia, presso i quali e' elettivamente domiciliato in Milano, via della Guastalla n. 8, negli uffici dell'avvocatura comunale; l'Asl di Milano, in persona del direttore pro tempore per 1'annullamento del provvedimento n. prot. 441136/2007, adottato dal comune di Milano, attivita' produttive in data 10 maggio 2007, e di tutti gli atti presupposti ivi compreso il parere reso in fase endoprocedimentale dalla Asl Citta' di Milano; Sul ricorso iscritto al R.G. 1426/2007, proposto da Chen Rongmei, in qualita' dell'omonima ditta individuale, rappresentata e difesa dagli avv. Leonardo Bardi, Ettore Marinelli e Claudio Casiraghi, presso lo studio dei quali e' elettivamente domiciliato in Milano, corso di Porta Romana n. 78, contro il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Rita Surano, Antonella Fraschini, Ruggero Meroni, Elena Ferradini, Irma Marinelli, Ariberto Limongelli, Anna Maria Pavin, Maria Sorrenti e Donatella Silvia, presso i quali e' elettivamente domiciliato in Milano, via della Guastalla n. 8, negli uffici dell'avvocatura comunale; l'Asl di Milano, in persona del direttore pro tempore e per l'annullamento del provvedimento n. prot. 464360/2007, adottato dal Comune di Milano, attivita' produttive in data 14 maggio 2007; Sul ricorso iscritto al R.G. 1519/2007, proposto da Naveed Mohammad, rappresentato e difeso dagli avv. Gianluca Mura e Rosalia Bennato, presso lo studio dei quali e' elettivamente domiciliata in Milano, viale Monte Nero n. 53: contro il Comune di Milano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Rita Surano, Antonella Fraschini, Ruggero Meroni, Elena Ferradini, Irma Marinelli, Ariberto Limongelli, Anna Maria Pavin, Maria Sorrenti e Donatella Silvia, presso i quali e' elettivamente domiciliato in Milano, via della Guastalla n. 8, negli uffici dell'avvocatura comunale, per l'annullamento del provvedimento n. 464340 del 21 maggio 2007, adottato dal Comune di Milano, con il quale e' stata disposta «la cessazione immediata della sola attivita' di «Phone Center» (Centro di telefonia in sede fissa) nei locali siti in Milano via Cenisio n. 37,(...)»; Sul ricorso iscritto al R.G. 1526/2007, proposto dalla ditta Mukta Phone & Video Center s.a.s. di Rahaman Mizmur & C., in persona del legale rappresentante sig. Rahaman Mizanur, rappresentata e difesa dagli avv. Gianluca Mura e Rosalia Bennato, presso lo studio dei quali e' elettivamente domiciliata in Milano, viale Monte Nero n. 53, contro il comune di Milano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Rita Surano, Antonella Fraschini, Ruggero Meroni, Elena Ferradini, Irma Marinelli, Ariberto Limongelli, Anna Maria Pavin, Maria Sorrenti e Donatella Silvia, presso i quali e' elettivamente domiciliato in Milano, via della Guastalla n. 8, negli uffici dell'avvocatura comunale; per 1'annullamento del provvedimento n. prot. 441132/2007 del 14 maggio 2007, adottato dal Comune di Milano, con il quale e' stata disposta «la cessazione immediata della sola attivita' di «Phone Center» (Centro di telefonia in sede fissa) nei locali siti in Milano via Gaffurio n. 5, (...)». Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni civiche intimate; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Viste le domande di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti impugnati; Viste le ordinanze cautelari di accoglimento a termine, relative a tutti i ricorsi in epigrafe, deliberate dalla Sezione alla medesima Camera di consiglio in riferimento alla presente questione costituzionalita'; Visto l'articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Visti gli atti tutti delle cause; Uditi alla Camera di consiglio del 10 luglio 2007 (relatore dott. Paolo Passoni), i procuratori delle parti presenti come da verbale; F a t t o I ricorrenti sono titolari di phone center preesistenti all'entrata in vigore della legge della regione Lombardia 3 marzo 2006 n. 6, con la quale sono state emanate apposite nome «per l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa». Con i provvedimenti impugnati (adottati dai comuni di Milano, Muggio', Limbiate e Mariano Comense) gli enti civici competenti hanno adottato, per ciascuno dei ricorrenti, ordinanze di chiusura dell'attivita' di phone center dagli stessi gestiti, per mancata conformazione ai nuovi requisiti (in prevalenza igienico-sanitari e di sicurezza dei locali) disposti dalla predetta legge regionale; quanto sopra, in vincolata applicazione di quest'ultima, la quale - nel disporre per gli esercizi preesistenti un termine di adeguamento annuale - ha altresi' previsto nei casi di infruttuosa scadenza di tale termine la cessazione definitiva dell'attivita' senza possibilita' di proroghe, come da combinato disposto dell'art. 9 primo comma lettera c) e secondo comma, con l'art. 12. In particolare, fra le piu' significative e restrittive novita' in tema di requisiti igienico-sanitari e di sicurezza dei locali che il Collegio Ritiene sospette sul piano costituzionale, si segnalano le seguenti testuali prescrizioni dell'articolo 8, primo comma: un servizio igienico in uso esclusivo del personale dipendente (lett. e); un servizio igienico riservato al pubblico, anche prossimo al locale nel caso di esercizi gia' attivi all'entrata in vigore della presente legge, ma ad uso esclusivo dello stesso per il locale con superficie fino a 60 metri quadrati (. . .); un ulteriore servizio igienico per il locale di dimensioni superiori (lett. t); spazio di attesa all'interno del locale di almeno 9 metri quadrati, fino a 4 postazioni telefoniche, provvisto di idonei sedili posizionati in modo da non ostruire le vie di esodo, la sala di attesa dovra' essere aumentata di 2 metri quadrati ogni postazione, aggiuntiva (lett. h); ogni postazione deve avere una superficie minima di 1 metro quadrato ed essere dislocata in modo da garantire un percorso di esodo, libero da qualsiasi ingombro ed avere una larghezza minima di 1,20 metri (lett. i). Alla Camera di consiglio del 10 luglio 2007 la Sezione ha accolto - a termine, sino alla pronuncia della Corte costituzionale sulla questione oggetto della presente ordinanza le istanze incidentali di sospensiva, ritenendo non manifestamente infondate (nei sensi che verranno specificati con la presente ordinanza) le questioni di costituzionalita' prospettate dai ricorrenti, nei confronti della citata legge regionale n. 6/2006. D i r i t t o Oggetto della presente questione di costituzionalita' sono alcune disposizioni della legge della regione Lombardia n. 6/2006 (gia' indicate in narrativa) che ha regolato l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa, con disposizioni applicabili anche agli esercizi (come nel caso degli odierni ricorrenti) preesistenti all'entrata in vigore della legge stessa. Si dispone in primo luogo la riunione dei ricorsi in epigrafe, per evidenti ragioni di connessione oggettiva. Le norme sospettate di incostituzionalita', che assumono rilevanza nelle vertenze in esame, riguardano: l'articolo 1 nella parte in cui riporta la materia oggetto di trattazione alla legislazione residuale regionale sul commercio; l'articolo 4 che introduce un sistema generalizzato di autorizzazione civica per l'esercizio dell'attivita'; l'articolo 8 nella parte (comma 1, lett. e, f, h ed i e comma 2), in cui introduce con immediata modifica dei regolamenti vigenti i nuovi requisiti igienico-sanitari e di sicurezza dei locali, in connessione agli artt. 9, primo comma, lett. c) e secondo comma, nonche' 12, disposizioni queste ultime che regolano il regime transitorio per i vecchi esercizi; cio' in quanto tutte le ordinanze civiche impugnate - pur con formule differenziate - hanno intimato ai preesistenti titolari degli esercizi di phone center la cessazione dell'attivita' per mancato tempestivo adeguamento ai nuovi requisiti di cui sopra, il quale e' a sua volta di impedimento al rilascio della specifica autorizzazione richiesta dall'art. 3 gia' citato, giusta il disposto dell'art. 4, terzo comma, lett. c), con riguardo al rilascio del certificato igienico sanitario di cui al successivo art. 8. Le norme costituzionali di cui si sospetta la violazione riguardano l'articolo 117, in relazione ai vincoli dell'ordinamento comunitario ed al sistema di riparto delle competenze legislative Stato-Regione; gli art. 3 e 41 in relazione, in particolare, ai rilevanti ostacoli che le restrittive prescrizioni in materia igienico-sanitaria - introdotte dalla legge regionale di che trattasi, da applicare anche retroattivamente alle preesistenti gestioni di phone center, determinano sulla liberta' di iniziativa economica di questi ultimi; nonche' l'art. 15 sulla liberta' di comunicazione. Dalle esposte premesse emerge, sotto il profilo della rilevanza della questione di costituzionalita', un contesto legislativo che - in relazione ai presupposti delle impugnate ordinanze - ha direttamente determinato in modo cogente il contenuto lesivo di queste ultime, senza lasciare o consentire alcuna mediazione discrezionale in capo alle procedenti autorita' amministrative; le quali, come peraltro ribadito nella circolare di chiarimenti emanata dalla regione Lombardia (prot. H1.2006.0027733 del 5 giugno 2006, punto 8), hanno dovuto emettere i provvedimenti (in tutto vincolati nel contenuto) di cessazione immediata dell'attivita' alla scadenza del perentorio termine annuale fissato, senza possibilita' di alcuna proroga come dal gia' citato art. 9 secondo comma, che non annovera tra le ipotesi di proroga quelle della lettera c) del primo comma. Donde ai fini del sindacato giurisdizionale sui provvedimenti impugnati, finalizzato al loro annullamento, appare imprescindibile la rimozione dall'ordinamento giuridico delle predette disposizioni della legge regionale da parte della Corte costituzionale. Sul piano, ancora, della rilevanza, va detto nuovamente che in relazione alla valutazione di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' delle indicate disposizioni della predetta legge regionale, la Sezione ha adottato ordinanze cautelari di sospensione dei provvedimenti di cessazione dell'attivita' di phone center con efficacia limitata al periodo di tempo necessario a che la Corte costituzionale si pronunci sulla questione stessa. Chiarita la rilevanza della questione, il Collegio intende in primis evidenziare a carico della l.r. n. 6/2006 - quanto all'ulteriore profilo della non manifesta infondatezza - la sospetta violazione dell'art. 117 commi primo, secondo, terzo e quarto della Costituzione. L'articolo 1 della legge riconduce la deliberata normativa «nel quadro delle competenze della regione e dei comuni in materia di commercio», tuttavia il riferimento a siffatta materia (che rientra nella legislazione residuale regionale ex art. 117, quarto comma Cost.) sembra al Collegio del tutto estranea all'ambito applicativo della legge stessa, che ai sensi dell'articolo 2, comma primo, consiste nell'attivita' di «. . . cessione al pubblico di servizi di telefonia in sede fissa in locali aperti al pubblico», secondo le ulteriori specificazioni illustrate nei successivi commi. Invero, tale attivita' non rientra nella vendita di merci all'ingrosso o al dettaglio secondo quanto previsto dall'art. 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114 («Riforma della disciplina relativa al settore del commercio (. . .)», ne' rientra nei settori del commercio definiti dall'art. 39 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Va detto piuttosto che una delle novita' della legge e' proprio quella di impedire che all'interno delle strutture di «phone center» possano affiancarsi - come in passato - attivita' commerciali di supporto, secondo un principio di esclusivita' non condiviso invece - almeno dalla legislazione statale- nella situazione inversa, in cui la cessione dei servizi telefonici e telematici puo' ben avvenire in modo complementare rispetto ad altre attivita' principali (cfr. art. 7 del d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito in legge, con modificazioni, dall'art.1 della legge 31 luglio 2005, n. 155, che nel quadro di una disposta «integrazione della disciplina amministrativa degli esercizi pubblici di telefonia ed internet», prevede la licenza del questore per «chiunque intende aprire un pubblico esercizio o un circolo privato di qualsiasi specie, nel quale sono posti a disposizione del pubblico, clienti o dei soci apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni anche telematiche») Le uniche attivita' commerciali consentite dalla legge regionale 6/2006, che riguardano la vendita di schede telefoniche e l'installazione di distributori automatici di bevande ed alimenti (cfr. art. 2 comma secondo, lettera b e comma 3) all'interno dei phone center, non sono oggetto della specifica autorizzazione richiesta dalla legge e rivestono carattere apertamente occasionale o eventuale e quindi del tutto marginale. L'attivita' terziaria in esame sembra, invece, piu' propriamente riportabile alla materia dell'ordinamento delle comunicazioni (art. 117, terzo comma, Cost. con legislazione concorrente Stato-regione), ascrivendosi piu' specificamente al «servizio di comunicazione elettronica», categoria introdotta dall'art. 2 par. 1, lett. c) della dir. 7 marzo 2002 n. 2002/21/CE, con conseguente applicazione della disciplina di derivazione comunitaria (comprensiva altresi' delle direttive 2202/19/CE, 2002/20/CE e 2002/22 CE), complessivamente recepita con il cd. codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259. Di particolare pertinenza ai casi di specie appaiono del resto le definizioni mirate a delimitare il campo di applicazione del decreto medesimo ai sensi dell'articolo 1 comma 1, con peculiare riguardo alla lettera bb) («rete telefonica pubblica: una rete di comunicazione elettronica utilizzata per fornire servizi telefonici accessibili al pubblico») ed alla lettera oo) («telefono pubblico a pagamento: qualsiasi apparecchio telefonico accessibile al pubblico, utilizzabile con mezzi di pagamento che possono includere monete o carte di credito o di addebito o schede prepagate, comprese le schede con codice di accesso»). La rilevata derivazione europea di tale normativa comporta poi che la materia ivi trattata (ordinamento delle comunicazioni) vincola, anche con riguardo al rispetto del principio di proporzionalita', la regione, non solo ai sensi dell'articolo 117 terzo comma entro i limiti della legislazione statale di principio, ma piu' in radice ai sensi dell'articolo 117, primo comma, secondo cui ogni legge della Repubblica deve conformarsi ai «vincoli derivanti dagli obblighi comunitari». In via strettamente consequenziale, il rispetto di tali disposizioni finisce poi per impingere su profili trasversali di legislazione esclusiva statale ex art. 117, secondo comma Cost., con specifico riguardo alla tutela della concorrenza (lett. e) nonche' alla determinazione (e salvaguardia) dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (lett. m), anche in conformita' all'interesse generale che connota tali servizi ai sensi dell'art. 3 del citato decreto. In proposito, va altresi' evidenziato il disposto del primo comma dell'art. 3, il quale garantisce i «diritti inderogabili di liberta' delle persone nell'uso dei mezzi di comunicazione elettronica» con espresso richiamo a quel regime di (libera) concorrenza che rinforza il legame dell'attivita' in questione alla «materia funzione» devoluta alla legislazione esclusiva statale. Inoltre, i principi di derivazione comunitaria e costituzionale risultano espressamente ribaditi dall'art. 4 del medesimo decreto legislativo, il quale prevede al primo comma che la disciplina delle reti e dei servizi e' volta a salvaguardare i diritti costituzionalmente garantiti di «liberta' di comunicazione», nonche' di «liberta' di iniziativa economica e suo esercizio in regime di concorrenza, garantendo un accesso al mercato delle reti e servizi di comunicazione elettronica secondo criteri di obiettivita', trasparenza, non discriminazione e proporzionalita» (sul punto, Corte costituzionale 236/2005). Il terzo comma dello stesso art. 4 dispone, tra l'altro, che la suddetta disciplina e' volta anche a «promuovere la semplificazione dei procedimenti amministrativi e . la partecipazione ad essi dei soggetti interessati, attraverso l'adozione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti nei confronti delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica». Puntualizzato quanto sopra, va poi affermato che la norma regionale - nella sua unilaterale iniziativa di regolazione del settore (erroneamente riportato al commercio) - ha introdotto un regime autorizzativo ulteriore e duplicativo rispetto al sistema delineato in sede comunitaria e recepito con il decreto legislativo n. 259/2003. Ed invero, tornando al comma 2 dell'articolo 3 di tale decreto, ivi si prevede che «la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, che e' di preminente interesse generale, e' libera e ad esse si applicano le disposizioni del Codice», fatte salve al successivo comma «le limitazioni derivanti da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato, della protezione civile, della salute pubblica e della tutela dell'ambiente e della riservatezza e protezione dei dati personali, poste da specifiche disposizioni di legge o da disposizioni regolamentari di attuazione» (testuali concetti sono poi ribaditi nell'articolo 25 comma primo dello stesso decreto). A fronte della conclamata liberta' di fornitura dei servizi di comunicazioni elettronica (ivi compresi - come sopra visto - quelli connessi all'esercizio di un phone center), il decreto legislativo 259/2003 prevede poi che l'espletamento di tali servizi venga subordinato ad una (sola) «autorizzazione generale», in rigoroso e vincolato recepimento della normativa europea. In particolare tale autorizzazione viene definita dall'art. 1, comma 1, lettera g) come «il regime giuridico che disciplina la fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica... » e consegue alla presentazione di una dichiarazione dell'interessato (a seguito della quale e' possibile iniziare l'attivita) contenente l'intenzione di procedere alla fornitura (art. 25, comma 3); il potere del Ministero competente di vietare il prosieguo dell'attivita' medesima puo' essere esercitato «entro e non oltre» sessanta giorni secondo il modulo procedimentale della dichiarazione di' inizio attivita' ex art. 19, legge 241/1990, espressamente richiamato dalla norma in esame (art. 25, comma 4, cfr. anche delibera n. 467/00/CONS con cui l'Autorita' per le Garanzie nelle comunicazioni ha disciplinato il rilascio di tali autorizzazioni generali per uniformarne il contenuto). Pur a fronte di tali vincolanti previsioni - che la legislazione regionale non e' legittimata ad alterare, ai sensi dei primi 3 commi dell'art. 117 Cost - la legge lombarda ora in esame ha invece introdotto un ulteriore titolo abilitativi, disponendo in particolare all'art. 3, comma 1 che «l'esercizio della attivita' di cessione al pubblico del servizio di telefonia in sede fissa e' assoggettato all'autorizzazione di cui all'articolo 4», al cui rilascio provvede il comune competente per territorio. Trattasi dunque di una previsione che sembra al Collegio comunque alterare il regime di sostanziale liberta' di fornitura de quibus cosi' come delineato in via primaria dall'ordinamento comunitario in via attuativa dalla norma statale di recepimento, con conseguenti aggravamenti procedimentali vietati dai citati articoli 3 e 4 del decreto n. 259/2003. Quanto sopra viene peraltro a determinare una sospetta lesione dei principi di libera concorrenza e di salvaguardia dei livelli essenziali di prestazioni di interesse generale connesse ai diritti inderogabili dell'individuo, ivi compresa la liberta' di comunicazione garantita dall'art. 15 cost., proprio ai sensi delle citate definizioni legislative ex art. 3 del decreto legislativo n. 259/2003 (sul cui ruolo di garanzia rispetto a tali principi si e' espressa la Corte con la segnalata pronuncia n. 336/2005). Inoltre, anche nel caso in cui la funzione autorizzatoria introdotta dall'art. 4 della legge regionale n. 6/2006 dovesse intendersi riferita (solo) agli interessi pubblici strumentali all'attivita' di comunicazione elettronica (nel quadro delle citate «limitazioni» a tale attivita' previste e consentite dagli artt. 3 e 25 del decreto legislativo n. 259/2003), resta il fatto che anche siffatte limitazioni sembrano afferire a materie comunque (tutte) estranee a quella potesta' legislativa residuale ex art. 117, quarto comma Cost. che la Regione Lombardia ha invece inteso nella specie esercitare. Basti pensare: alle esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato ed alla tutela dell'ambiente (legislazione esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera d); alle esigenze di protezione civile e di salute pubblica (legislazione concorrente ex art. 117, terzo comma). Va poi precisato che anche le limitazioni di tipo edilizio od urbanistico (peraltro non espressamente comprese nella citata elencazione di cui agli artt. 3 e 25 del decreto legislativo n. 259/2003) sono subordinate alla concorrenza legislativa di poteri Stato-Regioni sotto la voce del «governo del territorio» ai sensi del citato terzo comma dell'art. 117 Cost. Inoltre, le problematiche connesse alla riservatezza e protezione dei dati personali (queste ultime invece espressamente previste fra le limitazioni di cui sopra) sono state gia' considerate e regolate dal legislatore statale nel quadro delle esigenze di sicurezza pubblica con il citato decreto-legge 27 luglio 2005 recante «nuove disposizioni antiterrorismo per gli internet point ed i pubblici esercizi che mettano a disposizioni del pubblico postazioni per comunicazioni telematiche», convertito nella legge n. 155/2005. Sulla illegittimita' costituzionale di quelle legislazioni regionali che - nella presente materia delle comunicazioni elettroniche - aggiungono fasi autorizzatorie comunque denominate rispetto alle procedure abilitative gia' contemplate nel decreto legislativo n. 259/2003, si richiama al riguardo la recente pronuncia della Consulta n. 129/2006, che - seppure in relazione alla diversa problematica delle installazioni di torri e tralicci - ha comunque censurato l'art. 27, comma 1, lettera e) della l.r. Lombardia n. 12/2005, per aver previsto la necessita' di un titolo edilizio ritenuto ulteriore e superfluo rispetto alle procedure delineate nell'articolo 87 del decreto legislativo; cio' in quanto - ha Osservato testualmente la Corte con esternazioni di principio applicabili al caso di specie - «... la tutela del territorio e la programmazione urbanistica sono salvaguardate dalle norme statali in vigore ed affidate proprio agli enti locali competenti, i quali, al pari delle regioni (sentenza n. 336 del 2005), non vengono percio' spogliati delle loro attribuzioni in materia, ma sono semplicemente tenuti ad esercitarle all'interno dell'unico procedimento previsto dalla normativa nazionale, anziche' porre in essere un distinto procedimento» (con conseguente violazione dei principi generali di semplificazione della legislazione statale in materia di governo del territorio). La violazione dell'articolo 117 Cost. sembra peraltro assumere connotati sostanziali, anche al di la' dell'erronea qualificazione formale della materia trattata, e cio' non solo in relazione ai settori regolati dalla legge regionale, ma di appartenenza alla legislazione statale esclusiva (ove il contrasto «sostanziale» con il precetto costituzionale si manifesta in re ipsa con il semplice intervento legislativo della Regione). Anche nel caso delle fattispecie concorrenti, infatti, la normativa in esame non pare essersi correttamente inserita nei principi generali di una legislazione statale che - dopo aver garantito all'attivita' in se' considerata un trattamento semplificato improntato alla liberta' di comunicazione voluta anche dall'unione europea - si e' limitata a prevedere per i soli «internet point» disposizioni speciali per la sicurezza dello Stato, senza l'introduzione di altri regimi ad hoc (igienico-sanitari ed urbanistici) diversi e piu' restrittivi rispetto a quelli gia' in vigore per gli altri esercizi connessi alle attivita' terziarie. In relazione ai requisiti igienico sanitari e di sicurezza dei locali, va poi rammentato che la legge regionale dispone contenuti di dettaglio che integrano in modo automatico e simultaneo tutti i regolamenti di igiene delle autorita' sanitarie e dei comuni in territorio lombardo (art. 8, comma 2), e cio' senza che la legislazione statale di riferimento consenta, all'interno di tale regolamentazione locale, l'inserimento eteronomo di contenuti dispositivi e di dettaglio direttamente prestabiliti da leggi regionali (cfr. art. 344 TULS). Va ancora osservato sul punto che le prescrizioni previste dall'ordinamento statale, si limitano a stabilire una disciplina generale quanto ai requisiti di agibilita' dei locali destinati ad attivita' economiche, la quale rimanda alle norme edilizie e igienico sanitarie contenute in prevalenza in fonti normative secondarie, e non contiene comunque prescrizioni cosi' restrittive per gli indici igienico-sanitari regolati specificamente dalla legge regionale de qua, neanche per i locali ove vi e' maggiore concentrazione di persone per un tempo di permanenza maggiore (come teatri, cinema o nei locali ove viene svolta attivita' di somministrazione di alimenti e bevande). Donde la necessita' che la competenza legislativa concorrente delle Regioni venga esercitata nel rispetto dei principi fondamentali di cui all'art. 3 (con particolare riguardo alla rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale limitativi di fatto della liberta' e l'uguaglianza dei cittadini) e 41 della Carta fondamentale, nonche' di quello, di derivazione comunitaria, della proporzionalita' (insito, come gia' detto, nel riferimento ai vincoli derivanti dall'ordinamento europeo contenuto nell'art. 117, primo comma), secondo il quale, com'e' noto, una misura e' conforme a tale principio soltanto allorche' il mezzo adoperato si rilevi non tanto e non solo «idoneo» a consentire il raggiungimento dell'obiettivo desiderato, ma anche «necessario» nel senso dell'indisponibilita' di altra misura egualmente efficace e tale da incidere il meno negativamente possibile nella sfera del destinatario, ossia da non essere «intollerabile». In sostanza un giudizio di proporzionalita' basato ex ante sulla valutazione comparativa tra mezzo e fine. Infine, sempre in relazione ai requisiti igienico-sanitari e di sicurezza dei locali ex art. 8 della legge (sempre con specifico riguardo alle voci ivi rubricate alle lettere e, f, h, i, meglio descritte in narrativa), il Collegio Ritiene che la questione presenti profili di non manifesta infondatezza anche nella parte in cui la stessa l.r. n. 6/2006 dispone l'applicazione retroattiva delle rigorose nuove disposizioni, senza delineare la possibilita' di proroghe (pur non automatiche, ma discrezionali e da valutare caso per caso) per consentire agli esercizi preesistenti di continuare l'attivita', nonostante la vana scadenza del termine annuale di adeguamento. Secondo consolidata giurisprudenza costituzionale (da. ultimo Corte cost. sent. n. 156/2007), la possibilita' del legislatore di incidere con norme retroattive su situazioni sostanziali ormai radicate da leggi precedenti, resta subordinata al rigoroso vaglio di razionalita' del nuovo regolamento di interessi che modifica ex post quello preesistente. Ritiene il Collegio che nella specie non sussista (a parte quanto gia' evidenziato sotto il profilo della proporzionalita) una sicura rispondenza dello ius superveniens a sufficienti criteri di ragionevolezza, in relazione alle modalita' con cui la nuova normativa incide sui giustificati affidamenti dei titolari dei preesistenti esercizi di phone center, e cio' in sospetta violazione dei principi di parita' di trattamento ex art. 3 Cost. La prescrizione infatti di un cosi' nuovo e piu' impegnativo assetto strutturale e funzionale dei locali strumentali allo svolgimento dell'attivita' determina, in capo a coloro che gia' gestivano quest'ultima in regime di regolarita' amministrativa, una serie di obblighi conformativi razionalmente inesigibili durante il (breve) periodo annuale concesso dalla legge, anche in considerazione della necessita' di procedere a lavori strutturali ed edilizi dal costo elevato e spesso non realizzabili per l'inidoneita' oggettiva derivante dall'area disponibile dei locali e quindi anche laddove l'esercente l'attivita' voglia adeguarvisi. La stessa rilocalizzazione ipotizzata dalla norma - oltre a non esser subito praticabile in assenza della formalizzazione di nuovi strumenti urbanistici chiamati ad individuare le relative aree (cfr. terzo comma, art. 98-bis della l.r. 12 del 2005, introdotto dall'art. 7 della l.r. n. 6 del 2006) - non sembra certo rappresentare un rimedio semplice ed efficace all'abbandono - spesso obbligato - dei locali di origine, in considerazione delle difficolta' di reperimento, in adiacenza o prossimita' allo stesso edificio, di nuovi locali e comunque della perdita di avviamento che deriverebbe dalla necessita' di un trasferimento dell'attivita' stessa una volta possibile, con l'approvazione del previsto piano urbanistico, riallocare l'esercizio. Quanto sopra, in aggiunta (donde un autonomo profilo di non manifesta infondatezza valutabile in base ai canoni del comma primo dell'art. 3 Cost.), al non indifferente maggiore onere economico, che potrebbe risultare insostenibile per i soggetti privi di adeguati mezzi economici; quanto sopra potrebbe facilmente determinare l'abbandono delle relative attivita' a tutto vantaggio di nuovi operatori aventi maggiori disponibilita' d'investimento che - potendo organizzare ex ante l'attivita' secondo le regole vigenti - verrebbero a trovarsi in una situazione concorrenziale (ingiustamente) privilegiata da abbandoni di massa delle preesistenti gestioni, con riverberi dannosi per gli utenti privi di una piu' ampia scelta, con forte rischio di tariffe meno vantaggiose. Le delineate - e non improbabili - conseguenze fattuali delle citate disposizioni finirebbero pertanto per incidere, oltre che sulla rilevata disparita' di trattamento ex art. 3 Cost., anche sulla liberta' di' iniziativa economica privata garantita dall'art. 41 Cost., con riverberi lesivi sotto altro profilo della tutela della concorrenza garantita dall'ordinamento europeo. Sulla base delle esposte considerazioni si Ritiene rilevante e non manifestamente infondata e si solleva, pertanto, ai sensi dell'articolo 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, questione costituzionalita' degli artt. 1, 4, 8 (comma 1, lett. e, f, h ed i e comma 2), 9 (comma 1, lett. c e comma 2), nonche' 12, della l.r. 3 marzo 2006 n. 6, in relazione agli artt. 3, 15, 41 e 117 della Costituzione.
P. Q. M. Previa riunione dei ricorsi in epigrafe, visto l'art 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara, nei sensi di cui in motivazione, rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt 3, 15, 41 e 117 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt 1, 4, 8 (comma 1, lett e, f, h ed i e comma 2), 9 (comma 1, lett. e) e comma 2, nonche' 12 della l.r. 3 marzo 2006 n. 6. Sospende, per l'effetto, i presenti giudizi ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone inoltre la notifica della presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente della regione Lombardia, nonche' la comunicazione della medesima al Presidente del Consiglio regionale della Lombardia. Cosi' deciso in Milano, alla Camera di consiglio del 10 luglio 2007. Il Presidente: Nicolosi Il consigliere estensore: Passoni