N. 33 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 ottobre 2007

  Ordinanza  del  9 ottobre 2007 emessa  dalla Commissione tributaria
provinciale di Ancona sui ricorsi riuniti proposti da Latini Leone ed
altri contro Comune di Fabriano

  Imposte  e  tasse -  Imposta  comunale  sugli  immobili  (I.C.I.) -
  Nozione   di   area   fabbricabile   rilevante  per  l'applicazione
  dell'imposta - Sopravvenienza di norme di interpretazione autentica
  tese ad ampliare, a fini di recupero di base imponibile, la nozione
  di   area   fabbricabile   attraverso   la   ritenuta   irrilevanza
  dell'adozione   di  strumenti  urbanistici  attuativi -  Denunciata
  violazione  dei  principi  di  uguaglianza  e  di  ragionevolezza -
  Asserita   lesione   del   principio  di  capacita'  contributiva -
  Denunciata  violazione  del  canone di imparzialita' della pubblica
  amministrazione  -  Incidenza  sulle prerogative costituzionalmente
  tutelate  dell'ordine  giudiziario - Asserita lesione del principio
  di parita' delle parti processuali.
  -  Decreto-legge  30  settembre 2005, n. 203, art. 11-quaterdecies,
  comma  16,  convertito,  con  modificazioni, nella legge 2 dicembre
  2005,  n. 248;  decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma
  2,  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  4  agosto 2006,
  n. 248.
  - Costituzione, artt. 3, 53, 97, 102 e 111.
(GU n.10 del 27-2-2008 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha emesso la seguente ordinanza.
   Sul  ricorso n. 305/07, depositato il 2 marzo 2007, avverso avviso
di  accertamento  n. 107385  I.C.I.  2000, contro Comune di Fabriano,
proposto  dal  ricorrente  Latini  Leone,  loc.  Civita n. 21 - 60044
Fabriano (AN), difeso dal Miranda avv. Maurizio, via Palestro n. 46 -
60100 Ancona;
   Sul  ricorso n. 306/07, depositato il 2 marzo 2007, avverso avviso
di  accertamento  n. 107346  I.C.I.  2000, contro Comune di Fabriano,
proposto  dal  ricorrente Vitali Maria Francesca, loc. Civita n. 21 -
60044  Fabriano  (AN),  difesa da Miranda avv. Maurizio, via Palestro
n. 46 - 60100 Ancona;
   Sul  ricorso n. 307/07, depositato il 2 marzo 2007, avverso avviso
di  accertamento  n. 107349  I.C.I.  2000, contro Comune di Fabriano,
proposto dal ricorrente Vitali Carlo Maria, via La Spina n. 4 - 60044
Fabriano  (AN), difeso da Miranda avv. Maurizio, via Palestro n. 46 -
60100 Ancona;
   Sul  ricorso n. 308/07, depositato il 2 marzo 2007, avverso avviso
di  accertamento  n. 107348  I.C.I.  2000, contro Comune di Fabriano,
proposto  dal  ricorrente  Vitali  Alfredo  Maria, via Turati n. 45 -
60044  Fabriano  (AN),  difeso da Miranda avv. Maurizio, via Palestro
n. 46 - 60100 Ancona;
   Sul  ricorso n. 309/07, depositato il 2 marzo 2007, avverso avviso
di  accertamento  n. 107369  I.C.I.  2000, contro Comune di Fabriano,
proposto  dal  ricorrente  Correrella  Iolanda,  via La Spina n. 66 -
60044  Fabriano  (AN),  difesa da Miranda avv. Maurizio, via Palestro
n. 46 - 60100 Ancona;
   Sul  ricorso n. 310/07, depositato il 2 marzo 2007, avverso avviso
di  accertamento  n. 107340  I.C.I.  2000, contro Comune di Fabriano,
proposto  dal ricorrente Carloni Emanuela, via La Spina n. 66 - 60044
Fabriano  (AN), difesa da Miranda avv. Maurizio, via Palestro n. 46 -
60100 Ancona;
   Sul  ricorso n. 311/07, depositato il 2 marzo 2007, avverso avviso
di  accertamento  n. 107339  I.C.I.  2000, contro Comune di Fabriano,
proposto  dal ricorrente Carloni Giuseppe, via La Spina n. 66 - 60044
Fabriano  (AN), difeso da Miranda avv. Maurizio, via Palestro n. 46 -
60100 Ancona;
   Sul  ricorso n. 312/07, depositato il 2 marzo 2007, avverso avviso
di  accertamento  n. 107333  I.C.I.  2000, contro Comune di Fabriano,
proposto  dal  ricorrente  Carloni Corrado, via Colli della Farnesina
n. 66  -  00100  Roma,  difeso da Miranda avv. Maurizio, via Palestro
n. 46 - 60100 Ancona;
   Riuniti per evidente connessione obiettiva i due ricorsi nn. 639 e
640/2007;
   Premesso   che   i   ricorrenti,   nei   loro  ricorsi  avverso  i
provvedimenti di applicazione dell'imposta sulle aree fabbricabili di
loro  proprieta',  tali considerate per la loro ricomprensione in uno
strumento  urbanistico adottato dal comune, hanno sollevato questione
di   legittimita'   costituzionale  della  normativa  di  riferimento
(specificata nel seguente dispositivo);
   Rilevato   che  questo  giudice  e'  attualmente  investito  della
richiesta  di  sospensiva  dei  provvedimenti  comunali, ma che anche
semplicemente  a  tali fini (oltre che successivamente nel merito) la
questione   di   legittimita'   sollevata  appare  rilevante  per  la
valutazione pregiudiziale del fumus boni iuris;
   Quanto alla non manifesta infondatezza,
                            O s s e r v a
   I)  Vengono  prima di tutto in considerazione i grandi principi in
ordine  alla  giurisdizione, al giusto processo, al buon andamento ed
all'imparzialita' dell'amministrazione.
   Secondo  l'art.  102  alinea  Cost.  la  giurisdizione deve essere
esercitata  dai  giudici,  non da un Legislatore d'urgenza che faccia
pendere  la  bilancia della giustizia in proprio favore con una legge
pretesamente   interpretativa   di   quella  che  i  giudici  debbono
applicare.
   Secondo l'art. 111 alinea Cost. il processo - qualsiasi processo -
e  regolamentato  sulla  base  della  parita' delle parti in causa di
fronte alla legge e al giudice, con ovvia impossibilita' per ciascuna
delle  parti  di  intervenire in proprio favore sulla legge stessa da
applicare.  Neppure  la pubblica amministrazione puo' farsi giustizia
da  sola,  e meno che mai con questi mezzi (art. 97 Cost.). E' dunque
del tutto logico e giustificato il forte disappunto manifestato dalle
sezioni  unite  della Corte di cassazione per la sopravvenienza delle
norme  interpretative  qui impugnate, che hanno aggirato e caducato i
poteri  giurisdizionali  della  Corte  stessa;  la quale sostiene che
«l'intervento interpretativo, da parte del legislatore, piuttosto che
dare forza alla soluzione adottata... l'ha indebolita, in quanto puo'
apparire   inutilmente  e  dichiaratamente  di  parte».  Infatti,  il
legislatore  e'  intervenuto quando gia' le sezioni unite erano state
investite  del  contrasto  e,  quindi, era imminente la rimozione del
contrasto  stesso  da parte di un giudice terzo, nell'esercizio della
specifica    funzione    istituzionale   di   garante   dell'uniforme
interpretazione  della legge (artt. 65, comma 1, del regio decreto 30
gennaio 1941, n. 12, e 374, comma 2, del codice di procedura civile).
Si aggiunga, poi, che, com'e' accaduto nel caso di specie, in materia
fiscale  gli  interventi  interpretativi  sono  sempre  pro fisco, in
quanto  dettati  da  ragioni  di  cassa  (nell'intento  di realizzare
maggiori  entrate).  Non  sono  ispirati,  quindi,  alla  esigenza di
realizzare  la  certezza  del  diritto,  ma  soltanto a garantire gli
interessi di una delle parti in causa. Cio' non facilita l'istaurarsi
di  un rapporto di fiducia tra amministrazione e contribuente, basato
sul  principio della collaborazione e della buona fede, come vorrebbe
lo   statuto   del  contribuente  (art.  10,  comma  1,  della  legge
n.212/2000).  Nel  caso  di  specie,  poi,  non e' facile distinguere
l'amministrazione finanziaria, parte in causa, dal legislatore, posto
che  la norma interpretativa e' stata approvata con decreto-legge del
Governo,  convertito  in  una  legge,  la  cui  approvazione e' stata
condizionata  dal  voto  di  fiducia  al Governo. Tanto «che se fosse
stato  diverso  l'orientamento  del  Collegio  (rispetto  alla scelta
legislativa),  non  ci  si  sarebbe  potuto  esimere  dal valutare la
compatibilita' della procedure di approvazione dell'art. 36, comma 2,
del decreto-legge n. 223/2006, con il parametro costituzionale di cui
all'art.  111  della  Costituzione,  che  presuppone una posizione di
parita'   delle   parti   nel  processo,  posto  che,  nella  specie,
1'amministrazione  finanziaria ha avuto il privilegio di rivestire il
doppio  ruolo  di  parte  in  causa e di legislatore e che, in questa
seconda  veste,  nel  corso del giudizio, ha dettato al giudice quale
dovesse essere, pro domo sua, la corretta interpretazione della norma
sub  iudice.  L'intervento  e'  apparso  inopportuno anche perche' la
pubblica  amministrazione,  anche quando e' parte in causa, ha sempre
l'obbligo  di  essere e di apparire imparziale, in forza dell'art. 97
della  Costituzione». (Cass., sezioni unite, 16 aprile 2007 n. 8958).
Fin qui le sezioni unite.
   Ma  sembra tuttavia chiaro che l'illegittimita' costituzionale, se
esistente,  non  puo'  essere  esclusa  dal risultato dell'intervento
interpretativo  indebito  e dalla sua eventuale condivisione da parte
di  quel  particolare Collegio (in ogni caso, non di questo Collegio,
che interpreta il testo originario del decreto legislativo n. 504 del
1992   in   sensi   diametralmente  opposti,  unici  a  suo  giudizio
compatibili  con  la  Costituzione).  Per cui sembra che il vaglio di
costituzionalita' non possa e non debba essere evitato.
   II) Sul possibile contrasto delle due norme interpretative con gli
artt.  3 e 53 Cost. si e' particolarmente intrattenuta la Commissione
tributaria  provinciale  di  Piacenza  con  la sua ordinanza 16 marzo
2007, gia' pubblicata in Gazzetta Ufficiale, le cui ampie motivazioni
e  forti  argomentazioni  questa  Commissione  condivide, alle stesse
riportandosi.   In  particolare  del  tutto  esaurienti  appaiono  le
argomentazioni  portate a sostegno del possibile contrasto con l'art.
3   Cost.:   particolarmente   sotto  il  profilo  dell'insostenibile
parificazione  fiscale fra aree con edificabilita' concreta e reale e
aree  con  edificabilita'  «astratta»  e  meramente  virtuale. Quanto
all'art.   53  questa  Commissione  ritiene  di  dover  ulteriormente
sottolineare  come  il  necessario  presupposto di legittimita' di un
tributo  sia  una  capacita'  contributiva  non meramente ipotetica e
virtuale (spesso un flatus vocis amministrativo, cui nulla segue), ma
caratterizzata da una ragionevole certezza. Cio' tanto piu' in quanto
l'inesistenza  nel  nostro  ordinamento  di  un  negozio  unilaterale
abdicativo  della  proprieta' immobiliare rischierebbe di trasformare
la proprieta' di un'area che non divenga di fatto - per una qualsiasi
delle  molte  vicende  amministrative  che possono interferire - area
fabbricabile,  in  una condanna al pagamento, con cadenza annuale, di
un gravoso tributo, per tempi imprecisati.
   III)  In  ogni  caso  la Corte potrebbe forse trarre partito dalla
presente  materia  del  contendere per definitivamente chiarire quale
sia  il  senso preciso da dare alla riconosciuta (vedi, fra le molte,
Cass.  civ.,  sez. V, 14 aprile 2004, n. 7080) para-costituzionalita'
dei  principi  sanciti  nello  statuto  dei  diritti del contribuente
(legge  27 luglio 2000, n. 212): infatti la «normativita' rafforzata»
o  «superiore  efficacia»  detto  statuto,  pur affermata recisamente
nelle  dette  pronunce,  rischia di restare priva di precisi contorni
specie  nel  contrasto,  sempre  piu'  frequente, fra lo statuto e le
leggi tributarie successive.
   Il   contrasto   nella   fattispecie  si  pone  in  termini  quasi
emblematici per l'evidente rotta di collisione tra il principio della
irretroattivita'  delle  leggi  fiscali  (art.  3 dello statuto) e le
pretese   interpretazioni  «autentiche»  ovviamente  retroattive.  La
domanda  che  si  pone, infatti, e' se nella fattispecie normativa in
esame  si  configurasse  un  tale «caso eccezionale» da giustificare,
nell'arco   di   un   solo   anno,   ben   due  interventi  sedicenti
interpretativi  (vedi  art.  1, comma 2 dello statuto): solo la Corte
sembra   poter  rispondere  a  questa  domanda  di  conoscenza  e  di
giustizia.
                              P. Q. M.
   Visti  gli artt. 134 Cost. e 1, legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1,
23 e segg. della legge 11 marzo 1953 n. 87;
   Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 11-quaterdecies (comma 16) del
decreto  legislativo  n. 203/2005  (conv.  in  legge  n. 248/2005)  e
dell'art.  36 (comma 2) del decreto legge n. 223/2006 (conv. in legge
n. 248/2006) in relazione agli artt. 3, 53, 97, 102 e 111 Cost.;
   Conseguentemente  sospende sia il giudizio conseguente ai ricorsi,
sia   gli   atti   impugnati   fino   all'esito   del   giudizio   di
costituzionalita' promosso con la presente ordinanza.
   Ordina   la  notificazione  della  presente  ordinanza  nel  testo
integrale  alle  parti del giudizio e al Presidente del Consiglio dei
ministri  e  la  comunicazione della medesima ai Presidenti delle due
Camere  del  Parlamento  e  la  trasmissione  agli  atti  alla  Corte
costituzionale.
     Ancona, addi' 9 ottobre 2007
                      Il Presidente: Rosellini