N. 38 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 maggio 2008

  Ordinanza  emessa dal Giudice di pace di Gragnano il 31 maggio 2007
nel  procedimento civile promosso da Sabbatino Vincenzo contro Comune
di Gragnano

  Acque  e  acquedotti - Servizio idrico integrato - Quota di tariffa
  riferita  al  servizio  di  pubblica  fognatura  e di depurazione -
  Debenza  da parte degli utenti anche se la fognatura sia sprovvista
  di   impianti   centralizzati   di   depurazione   o  questi  siano
  temporaneamente inattivi - Destinazione dei relativi proventi ad un
  fondo  vincolato  per  la realizzazione e gestione degli impianti -
  Incidenza   sul   diritto   inviolabile  dell'individuo  ad  essere
  considerato  soggetto  di  diritto -  Discriminazione  in danno dei
  cittadini  che  versano  il  canone  senza  fruire  del servizio di
  depurazione -  Lesione del diritto alla salute - Imposizione di una
  sorta di tassa sine titulo per finalita' generica ed astratta.
  - Legge 5 gennaio 1994, n. 36, art. 14, comma 1.
  - Costituzione, artt. 2, 3, 32 e 97.
(GU n.10 del 27-2-2008 )
                         IL GIUDICE DI PACE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza nella causa civile iscritta al
n. 5881/04  del  Ruolo  Generale  Affari  Civili  dell'anno 2004, tra
Sabbatino  Vincenzo,  rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore
Caligiuri   e   Alessandro  Indipendente,  presso  cui  elettivamente
domicilia  in  Gragnano,  alla  via  Vittorio  Veneto  n. 146, giusta
procura  alle  liti,  attore  e  Comune  di  Gragnano, in persona del
Sindaco  pro  tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo
Cirillo  e  Michele  di  Martino, elettivamente domiciliato presso la
Casa comunale, giusta procura alle liti, convenuto.
   Letti gli atti di causa;
   Considerato  che: con atto di citazione ritualmente notificato, il
signor  Sabbatino Vincenzo, quale titolare del contratto n. 11767 per
la  fornitura  d'acqua  potabile,  conveniva  in  giudizio, dinanzi a
questo  ufficio,  il  Comune  di Gragnano, in persona del Sindaco pro
tempore,  per  sentirlo  condannare  -  previa  dichiarazione  di non
debenza  -  alla  restituzione della somma pagata pari ad euro 36,00,
per  canone  di  depurazione  delle  acque  reflue  per  l'anno 2001,
maggiorata  degli  interessi  e rivalutazione monetaria, per mancanza
della prestazione e spese vinte.
   Sosteneva  in  diritto  l'attore che in base al disposto dell'art.
31,  comma  28,  legge  23  dicembre  1998, n. 448 a decorrere dal 1°
gennaio   1999   il  corrispettivo  dei  servizi  di  depurazione  (e
fognatura)  costituendo  «quota  tariffa»  ai  sensi degli artt. 13 e
segg.  legge  5  gennaio  1994,  n. 36,  aveva  perso la connotazione
tributaria   e   rappresentava   il  parziale  corrispettivo  di  una
prestazione   complessa   correlata   all'approviggionamento  idrico,
civilisticamente  ricollegabile  alla  disciplina  del  contratto  di
somministrazione;  aggiungeva  che  piu'  specificamente il canone di
depurazione  rappresentava  quota  tariffa  del  cosiddetto «servizio
idrico  integrato»  istituito dalla legge «Galli», ossia dell'insieme
dei  servizi  pubblici  di  captazione,  adduzione e distribuzione di
acque  ad  usi  civili,  di  fognatura  e  di depurazione delle acque
reflue;  tale  assunto  era  avvalorato  dall'art. 6, comma 13, legge
n. 133/1999,  in  quanto statuendo che «le somme dovute per i servizi
di fognatura e depurazione resi dai comuni fino al 31 dicembre 1998 e
riscosse   successivamente   alla  predetta  data  non  costituiscono
corrispettivo agli effetti dell'IVA», escludeva l'applicazione di una
imposta  che colpiva la cessione di beni e la prestazione di servizi,
stante  la natura tributaria che il canone aveva avuto fino alla data
del 31 dicembre 1998.
   Deduceva,   ancora   l'attore,   che   esisteva  la  giurisdizione
dell'autorita'   giudiziaria   ordinaria  in  quanto,  come  peraltro
confermato  da  diverse pronunce della Cassazione ss.uu. (ex plurimis
Cass.,  ss.uu.,  n. 8522/02)  a seguito della introduzione del d.lgs.
n. 258/2000  (di  correzione  ed  integrazione  del precedente d.lgs.
n. 152/1999)  e,  piu'  specificamente,  a  seguito dell'introduzione
dell'art.   24   del   cennato   d.lgs  n. 258/2000  di  modifica  ed
integrazione  dell'art.  62,  d.lgs.  n. 152/1999,  a  partire  dal 3
ottobre  2000  il canone di depurazione aveva perso la propria natura
tributaria,   sicche',   dalla   suddetta   data,   esso   aveva   la
giurisprudenza  del  giudice  ordinario,  confermata  dalla pronuncia
della  S.C.  a  ss.uu.  con  sentenza  n. 8522/02, aveva affermato il
principio  che a partire dal 3 ottobre 2000, il canone di depurazione
perdeva  la natura tributaria, sicche', dalla suddetta data, assumeva
valore di corrispettivo di diritto privato.
   Soggiungeva l'attore che il canone di depurazione presupponeva, in
forza  del vincolo sinallagmatrico che lega le parti nel contratto di
somministrazione, l'effettiva fruizione del servizio e che in assenza
di   tale   fruizione,   nella   chiara   configurazione  sia  di  un
inadempimento contrattuale che dei presupposti per la risoluzione per
inadempimento  limitatamente  a  singole  coppie  di  prestazioni, il
somministrato  aveva  diritto alla restituzione della somma pagata al
convenuto  per  il servizio di depurazione. Tale elementare principio
di diritto privatistico, proseguiva l'attore, era stato fatto proprio
anche   dalla  giurisprudenza  tributaria,  menzionando  all'uopo  la
sentenza  n. 319/2001  della  Commissione tributaria di Milano, nella
quale  veniva  statuito  che  «nessuno  e'  tenuto al pagamento di un
tributo quale corrispettivo di un. servizio non reso e non ha rilievo
sostenere  che  il  corrispettivo  sarebbe  comunque  dovuto  per  la
raccolta  di fondi per attirare detto servizio in futuro». E, secondo
l'attore,  per  quanto esposto, il versamento del canone in questione
rappresentava  un indebito pagamento, ripetibile ex art. 2033 e segg.
del codice civile.
   Chiedeva, pertanto, l'attore che la Giustizia adita accertasse per
l'anno 2001, la non debenza della quota del servizio idrico integrato
corrispondente al canone di depurazione delle acque reflue e che, per
l'effetto, il comune convenuto, nella qualita' di diretto gestore dei
servizi  idrici,  venisse  condannato  alla  restituzione delle somme
pagate a tale titolo.
   Costituitosi  tempestivamente  in  giudizio, il Comune di Gragnano
sollevava  in  via  preliminare, il proprio difetto di legittimazione
passiva,  asserendo  che  i  suoi  compiti  erano  limitati solo alla
riscossione del canone in questione per conto della Regione Campania,
alla  quale venivano versati i corrispettivi incassati. Sosteneva nel
merito  che,  a  norma  dell'art.  14, comma 1 della legge n. 36/1994
(legge  Galli),  il canone di depurazione era, comunque, dovuto anche
in  assenza dei relativi impianti. Concludeva, quindi, per il rigetto
della domanda attorea in quanto infondata.
   All'udienza del 1° febbraio 2005, il giudice di pace, si riservava
sul  difetto  di legittimazione del comune e sulla richiesta di parte
attrice    di    sollevazione   della   questione   di   legittimita'
costituzionale.  E  con  Ordinanza  emessa  il  22  marzo 2005, fuori
udienza,  sospendeva  il giudizio, in attesa della pronuncia da parte
della   Consulta   sulla  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  14, comma 1, legge n. 36/1994, sollevata da altro giudice,
facente parte dell'ufficio, in un giudizio analogo.
   Successivamente,   con  ordinanza  n. 262/2006,  pubblicata  nella
Gazzetta  Ufficiale  il  12  luglio  2006,  la  Corte  costituzionale
disattendeva  la  questione per manifesta infondatezza, a causa della
insufficiente   descrizione   della   fattispecie   posta   alla  sua
attenzione.
   Cessata  la  causa  della sospensione, su istanza, ex art. 297 del
codice  di  procedura  civile,  depositata  in cancelleria in data 30
gennaio  2007,  il giudice fissava l'udienza del 22 marzo 2007 per la
prosecuzione della causa.
   Nel  corso della predetta udienza, il giudice di pace si riservava
sul  difetto  di  legittimazione  passiva  e sulla richiesta di parte
attrice    di    sollevazione   della   questione   di   legittimita'
costituzionale   dell'art.   14,  comma  1,  legge  n. 36/1994,  come
modificato dall'art. 28, legge n. 179/2002.
   Con  il presente provvedimento, sciogliendo la riserva, il giudice
adito,  vagliate  approfonditamente  le  motivazioni  della richiesta
attorea nonche' le deduzioni del Comune,
   I)  Dichiara  la  competenza  del giudice ordinario in ordine alla
competenza per materia.
   Per  potere  individuare  il  giudice  competente  per  materia e'
necessario  rifarsi  ai principi generali. E secondo tali principi e'
funzionalmente  competente il giudice cui la legge, vigente all'epoca
dell'introduzione del processo, attribuisce tale potere.
   Cio'   premesso   questo   giudicante   ritiene   che  la  domanda
dell'attore,  -  riferita al canone di depurazione delle acque reflue
dell'anno  2001, - alla data del 22 dicembre 2004 (data di iscrizione
della  causa  nel  ruolo  generale)  e'  stata correttamente proposta
dinanzi  al  giudice di pace, in quanto in tale periodo sussisteva la
giurisdizione   del   AGO.   Infatti,   in  applicazione  del  d.lgs.
n. 258/2000,  la  S.C., con sentenza resa a sezioni unite n. 8522/02,
chiariva  che a partire dal 3 ottobre 2000, il canone di depurazione,
avendo  perso  la natura tributaria, assumeva valore di corrispettivo
di diritto privato.
   Tale  normativa  e'  rimasta  certamente vigente fino alla data di
entrata  in  vigore  della  legge n. 248/2005 del 2 dicembre 2005, di
conversione  del d.l. n. 203 del 30 settembre 2005, che ha nuovamente
attribuito  alla  Commissione tributaria la giurisdizione da decidere
le controversie relative ai canoni di fognatura e depurazione.
   Ne  consegue  che nel caso di specie - anno di riferimento: 2001 -
la materia rientra nella competenza del giudice ordinario.
   II)  Dichiara  la  legittimazione  passiva del Comune di Gragnano,
visto  che  esso  all'epoca  dei  fatti  di  causa (anno 2001) era il
diretto  gestore  del servizio idrico integrato. Dagli atti di causa,
inoltre, emerge che il comune convenuto ha proceduto, (fatto pacifico
tra  le parti) alla riscossione del canone di depurazione dall'attore
mediante emissione della fattura di pagamento, proprio in qualita' di
titolare della pretesa creditoria; nel contempo
   III) Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
14,   comma   1,  della  legge  n. 36/1994,  nella  sua  formulazione
originaria,  nella  parte  in cui stabilisce che «La quota di tariffa
riferita al servizio di pubblica fognatura e di depurazione e' dovuta
dagli  utenti  anche  nel  caso in cui la fognatura sia sprovvista di
impianti  centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente
inattivi.  I  relativi  proventi  affluiscono in un fondo vincolato e
sono  destinati  esclusivamente  alla  realizzazione  e alla gestione
delle opere e degli impianti centralizzati di depurazione».
                      Rilevanza della questione
   In  primis,  si  ribadisce  che  il  giudice rimettente ritiene di
essere   competente   a   sollevare   la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  14,  comma  1, legge n. 36/1994, nel testo
originario,   in   relazione  alla  sussistenza  della  giurisdizione
ordinaria nell'anno 2001 per la lite introdotta dall'attore nell'anno
2004.
   E  cio'  sia  per  i  principi  esposti  sub  capo  I)  e  sia per
l'ulteriore  principio  sancito  dalla  S.C. secondo cui «Sussiste la
giurisdizione   del   giudice  ordinario  e  non  piu'  quella  delle
commissioni  tributarie,  ogni  qualvolta  la  lite  giudiziaria  sia
relativa   alla  non  debenza  o  alla  restituzione  del  canone  di
depurazione  per  un  periodo successivo al 3 ottobre 2000, sino alla
quale  data  il  canone  ha conservato la natura di tributo». (Cass.,
sezioni unite, sent. n. 6418/2005).
   Ne  consegue  che la controversia sottoposta all'esame del giudice
di  pace  adito,  avendo  ad  oggetto la non debenza e la conseguente
restituzione del canone di depurazione pagato per l'anno 2001, questo
giudice  di  pace  e' competente ad invocare l'intervento della Corte
costituzionale.
   Cio'  precisato,  ritiene  questo  giudice  che la definizione del
giudizio di costituzionalita' dell'art. 14, legge n. 36/1994, nel suo
testo originario, e' assolutamente rilevante per la risoluzione della
controversia,   in  quanto  la  predetta  norma  rappresenta  sia  la
disposizione   che  dovra'  essere  applicata  in  giudizio,  sia  il
riferimento    normativo   indispensabile   per   il   merito   della
controversia.
   In  ordine  alla sua applicazione in giudizio, occorre dire che la
materia  del canone di depurazione era disciplinata fino al 2 ottobre
2000,  dagli  articoli  16  e  17 della legge 10 maggio 1976, n. 319,
mantenuti  in  vigore per tale periodo dall'art. 62, commi 5 e 6, del
decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152.
   Dal  3  ottobre del 2000 sino al 27 agosto del 2002, la disciplina
del  canone di depurazione e' stata regolamentata dall'art. 14, comma
1, legge n. 36/1994, nella sua formulazione originaria, mentre dal 28
agosto  2002  fino al 28 aprile del 2006, il canone di depurazione e'
stato  disciplinato  dall'art  14,  legge n. 36/1994, come modificato
dall'art.  28 della legge 31 luglio 2002, n. 179, poi successivamente
abrogato  con  decorrenza dal 29 aprile 2006, dall'art. 175, comma 1,
lettera  u), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, (v. Corte
cost. ord. 262/2006).
   Di  conseguenza,  visto  che  nel  caso di specie si chiede la non
debenza e la restituzione del canone di depurazione pagato per l'anno
2001, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma
1,  legge  n. 36/1994,  nel testo originario, e' oltremodo rilevante,
sia perche' e' la predetta disposizione normativa ad essere app1icata
nella  controversia,  attesa  la sua sfera di operativita' al periodo
intercorrente  tra  il  3 ottobre 2000 al 27 agosto 2002, sia perche'
nel  merito della lite, e' ad essa che occorre far riferimento per la
decisione della causa.
             Non manifesta infondatezza della questione
   La  presente  questione  di  legittimita'  costituzionale  non  e'
manifestamente  infondata,  visto che la disposizione di legge di cui
si  chiede  lo  scrutinio,  appare in evidente contrapposizione con i
dettami costituzionali, per tutti i motivi che appresso si elencano:
     1) Violazione dell'art. 2 della Costituzione.
   Una  disposizione  di  legge ordinaria che imponga il pagamento di
una prestazione anche in assenza dell'erogazione del servizio, per il
quale  essa e' chiesta, importa l'aggressione del diritto inviolabile
alla  qualificazione  dell'individuo come soggetto di diritto, dotato
in  quanto  tale,  ai  sensi  dell'art.  2 della Costituzione, di una
fascia  di diritti inalienabili e irriducibili nei riguardi sia della
pubblica amministrazione che dei soggetti privati.
   Orbene,  l'art.  14, comma 1, della legge n. 36/1994, statuendo il
pagamento  del canone di depurazione senza che ad esso sia sotteso il
relativo servizio, nonostante sia la stessa trasformazione del canone
da  tributo  in  tariffa  ad  esigere  una  prestazione economica dal
cittadino  solo  in cambio di una controprestazione, contrasta con la
garanzia  di  soggetto  di  diritto  che  l'art. 2 della Costituzione
riconosce ad ogni cittadino.
   La predetta norma costituzionale, difatti, affermando la posizione
giuridica  della  persona  umana  in  quanto  soggetto di diritto, ne
esclude   la   soggezione  ad  ogni  forma  di  potere  arbitrario  e
persecutorio, compreso quello che impone una prestazione patrimoniale
in assenza della relativa controprestazione.
   Pertanto,   come   formulato,  l'art.  14,  comma  1  della  legge
n. 36/1994 soppianta l'irrinunciabile dignita' di soggetto di diritto
in favore dell'impotenza del suddito, vessato dall'imposizione iniqua
di poteri autoritari.
   Ne'  puo'  dirsi in contrario che il testo originario dell'art. 14
della  legge  n. 36/1994,  stabilendo  che  i  proventi del canone di
depurazione  «affluiscono  in  un  fondo  vincolato  e sono destinati
esclusivamente alla realizzazione e alla gestione delle opere e degli
impianti  centralizzati di depurazione», contribuisca a far si che il
cittadino,  un  giorno!!!!,  possa  avere i servizi che gli competono
dietro pagamento del corrispettivo in denaro.
   Ragionare   in   tal   modo,   significa  differire  sine  die  la
realizzazione  della  qualita'  di  soggetto di diritto, in quanto il
testo originario dell'art. 14 della legge n. 36/1994, non prevedendo,
per  legge,  un  limite  temporale  oltre  il quale non sia possibile
procedere  alla  riscossione del canone di depurazione in assenza del
servizio,  rimette  al  mero  arbitrio  degli  amministratori locali,
deputati  all'applicazione  della  norma, la cessazione del pagamento
del canone in assenza del depuratore.
   Questo  perche'  l'art.  14  della  legge  n. 36/1994,  nel  testo
originario,  sottraendo  alla legge ogni controllo sul rispetto delle
garanzie  di  cui  all'art.  2  Cost.,  deferisce alle valutazioni di
«convenienza»   degli   amministratori  locali,  sia  la  durata  dei
sacrifici  dei  cittadini costretti a pagare il canone in assenza del
depuratore;  sia  il tempo di realizzazione del diritto dei cittadini
stessi  a  godere  dei  servizi  pubblici;  sia,  in  definitiva,  la
concretizzazione della garanzia costituzionale di soggetto di diritto
propria di ciascun cittadino.
   Quanto  prospettato,  si e' concretamente verificato nel Comune di
Gragnano  e  in  tanti  altri  ancora,  ove  dopo  quindici  anni  di
riscossione  del  canone  di depurazione, non si e' ancora provveduto
alla costruzione e/o costituzione del depuratore e all'erogazione del
relativo servizio.
   Conseguentemente,  il testo originario dell'art. 14, comma 1 della
legge  n. 36/1994  e'  in  contrasto con l'art. 2 della Costituzione,
visto  che  la  suddetta  norma, sia nel presente che nel futuro, non
garantisce  la dignita' di soggetto di diritto al cittadino, che, pur
pagando il canone di depurazione, non fruisce del relativo servizio.
     2) Violazione dell'art. 3 della Costituzione.
   L'art. 14, comma 1, legge n. 36/1994, nel prescrivere l'obbligo di
corresponsione  della  tariffa  per  la  depurazione nonostante siano
carenti  o non funzionanti, se non addirittura inesistenti i relativi
impianti,  attua  una  inaccettabile  discriminazione  tra coloro che
pagano  la tariffa in presenza di un impianto di depurazione e coloro
che,  pur  pagando,  non  godono  del  relativo  servizio perche' non
funzionante o inesistente.
   Risulta chiaro il contrasto della suddetta disposizione normativa,
sia con la posizione di uguaglianza dei cittadini innanzi alle legge,
sia  con il principio di pari dignita' sociale, sia con la necessita'
di  rimuovere  quegli  ostacoli  di  ordine  economico e sociale che,
limitando  di  fatto  la  liberta'  e  l'eguaglianza  dei  cittadini,
impediscono  il  pieno  sviluppo  della persona umana in quanto tale,
vale a dire come soggetto di diritto.
   Ne' vale argomentare che il principio di uguaglianza e' assicurato
dal  fatto  che  il pagamento della tariffa in assenza di un servizio
attuale, consentira' di reperire i fondi per la futura esecuzione dei
servizi  di  depurazione  in  favore di coloro che attualmente non ne
fruiscono, che cosi' risulteranno parificati a quelli che attualmente
godono del servizio del depuratore in cambio del canone corrisposto.
   Difatti,  i  cittadini  costretti  a pagare per avere in futuro il
servizio  di  depurazione,  inevitabilmente  verrebbero  trattati  in
maniera   diseguale   rispetto  agli  altri  cittadini  che  pagando,
fruiscono attualmente del corrispondente servizio.
   Inoltre,   l'art.   14,  comma  1,  legge  n. 36/1994,  nel  testo
originario, non prevedendo alcun limite temporale alla cessazione del
pagamento  della  tariffa  senza  il cornspondente servizio, non crea
nemmeno   per   il   futuro   le   garanzie  giuridiche  per  colmare
l'ineguaglianza  attuale.  E  cio'  perche'  l'eliminazione  di  ogni
sperequazione  tra  i cittadini che godono del servizio in cambio del
pagamento  del  canone (che potremmo definire di serie A), quelli che
pur  pagando,  (che  potremmo  definire  di  serie B) non ricevono il
servizio,  e'  rimessa  dalla legge Galli alla discrezionalita' degli
amministratori locali, deputati all'applicazione della norma, che, in
tal  modo, risultano gli unici arbitri sia della durata dei sacrifici
dei  cittadini  che  sono costretti a pagare il canone in assenza del
depuratore,  sia del tempo di realizzazione del diritto dei cittadini
stessi a godere dei servizi pubblici.
   Conseguentemente,  l'art. 14, comma 1, legge n. 36/1994, nel testo
originario,  e'  in  contrasto con l'art. 3 della Costituzione, visto
che  la  suddetta  norma,  sia  nel  presente  che  nel  futuro,  non
garantisce   la   realizzazione  del  principio  di  uguaglianza  dei
cittadini.
     3) Violazione dell'art. 32 della Costituzione.
   L'art.  14,  legge  n. 36/1994  viola  anche  il  disposto  di cui
all'art.   32   Cost.,   che   sancisce   il   diritto   alla  salute
dell'individuo.
   La  sua  formulazione  incoraggia  il lassismo degli Enti Locali a
spese   della   salute  dei  cittadini  e  delle  future  generazioni
danneggiate da1l'inquinamento che ne scaturisce.
     4) Violazione dell'art. 97 della Costituzione.
   Il  tenore  dell'art.  14, legge n. 36/1994, consente d'imporre ai
cittadini  una  sorta di «tassa sine titulo» la cui finalizzazione ad
una  futura  esecuzione  degli  impianti  appare generica ed astratta
(ancora  oggi, dopo 15 anni, si attende quantomeno la predisposizione
del servizio di depurazione).
                              P. Q. M.
   Sospende il presente procedimento;
   Ordina  l'immediata  trasmissione, a cura della cancelleria, degli
atti  alla  Corte costituzionale, per la decisione della questione di
legittimita' come sopra sollevata;
   Manda  alla  cancelleria  di notificare la presente ordinanza alle
parti ed al Presidente dei Consiglio dei ministri e di comunicarla ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Cosi' deciso in Gragnano, il 25 maggio 2007.
                    Il giudice di pace: Cavallaro