N. 41 ORDINANZA 25 - 27 febbraio 2008

  Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

  Imposte  e  tasse  -  Imposta  comunale  sugli  immobili (I.C.I.) -
  Nozione   di   area   fabbricabile   rilevante  per  l'applicazione
  dell'imposta - Questioni aventi ad oggetto norma di interpretazione
  autentica   retroattivamente   sostituita   da   successiva   norma
  interpretativa - Difetto di rilevanza - Manifesta inammissibilita'.
  -  D.L.  30  settembre 2005, n. 203 (convertito, con modificazioni,
  dalla  legge  2 dicembre 2005, n. 248), art. 11-quaterdecies, comma
  16.
  -  Costituzione,  artt.  3 e 53. Imposte e tasse - Imposta comunale
  sugli   immobili   (I.C.I.)   -  Area  fabbricabile  rilevante  per
  l'applicazione  dell'imposta  -  Norma di interpretazione autentica
  intesa  ad  estendere  la  relativa  nozione  anche  all'ipotesi di
  mancata  adozione  dei  necessari  strumenti  attuativi  del  piano
  regolatore generale - Eccezione di inammissibilita' delle questioni
  per carente descrizione della fattispecie - Reiezione.
  -  D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla
  legge 4 agosto 2006, n. 248), art. 36, comma 2.
  -  Costituzione,  artt.  3 e 53. Imposte e tasse - Imposta comunale
  sugli   immobili   (I.C.I.)   -  Area  fabbricabile  rilevante  per
  l'applicazione  dell'imposta  -  Norma di interpretazione autentica
  intesa  ad  estendere  la  relativa  nozione  anche  all'ipotesi di
  mancata  adozione  dei  necessari  strumenti  attuativi  del  piano
  regolatore  generale  -  Ritenuta  incompatibilita' del significato
  attribuito   alla   disciplina   interpretata   rispetto  a  quello
  desumibile  dal  testo originario - Conseguente asserita violazione
  dei principi di ragionevolezza, non contraddittorieta', logicita' e
  affidamento    dei    cittadini    nella   certezza   giuridica   -
  Riconducibilita'    della   disposizione   denunciata   nell'ambito
  dell'area  semantica  della  disposizione  interpretata - Manifesta
  infondatezza della questione.
  -  D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla
  legge 4 agosto 2006), n. 248, art. 36, comma 2.
  -  Costituzione,  art.  3. Imposte e tasse - Imposta comunale sugli
  immobili  (I.C.I.) - Area fabbricabile rilevante per l'applicazione
  dell'imposta   -  Norma  di  interpretazione  autentica  intesa  ad
  estendere la relativa nozione anche all'ipotesi di mancata adozione
  dei  necessari  strumenti attuativi del piano regolatore generale -
  Ritenuta   assimilazione,  per  la  determinazione  dell'imponibile
  I.C.I.,  delle aree edificabili in astratto (in base agli strumenti
  urbanistici  generali)  a quelle edificabili in concreto (a seguito
  dell'adozione  dei  necessari  strumenti  attuativi)  -  Denunciata
  violazione  dei  principi  di  capacita' contributiva, uguaglianza,
  ragionevolezza,  razionalita'  e  non contraddizione - Esclusione -
  Idoneita'  anche  della sola potenziale edificabilita' dell'area ad
  influire  sul  valore  di  mercato  del terreno ed a rappresentare,
  quindi,  adeguato  indice  di  capacita'  contributiva  - Manifesta
  infondatezza della questione.
  -  D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla
  legge 4 agosto 2006, n. 248), art. 36, comma 2.
  - Costituzione, artt. 3 e 53.
(GU n.11 del 5-3-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nei    giudizi    di    legittimita'   costituzionale   degli   artt.
11-quaterdecies,  comma  16,  del  decreto-legge  30  settembre 2005,
n. 203  (Misure  di  contrasto  all'evasione  fiscale  e disposizioni
urgenti   in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1 della legge 2 dicembre 2005, n. 248, e 36,
comma  2,  del  decreto-legge  4  luglio  2006,  n. 223 (Disposizioni
urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di  entrate  e  di  contrasto  all'evasione fiscale), convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  4  agosto  2006,  n. 248,  promossi con
ordinanza  depositata  il 30 agosto 2006 dalla Commissione tributaria
regionale del Lazio, nel giudizio vertente tra il Comune di Ladispoli
e  la  s.r.l. Valcannuta 1990, e con ordinanza depositata il 16 marzo
2007  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di  Piacenza,  nel
giudizio   vertente   tra   la   s.r.l.   Ecuba   ed   il  Comune  di
Castell'Arquato,  rispettivamente iscritte al n. 313 ed al n. 613 del
registro  ordinanze  2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 18 e n. 36, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio del 30 gennaio 2008 il giudice
relatore Franco Gallo.
   Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  giudizio  di appello avente ad
oggetto la sentenza con cui il giudice di primo grado aveva rigettato
il  ricorso  proposto  da  una  societa'  a  responsabilita' limitata
avverso  due  avvisi  di  liquidazione  e  accertamento  in rettifica
dell'ICI  relativa  agli  anni 1993 e 1994, la Commissione tributaria
regionale  del  Lazio, con ordinanza pronunciata il 17 gennaio 2006 e
depositata  il  30 agosto 2006 (r.o. n. 313 del 2007), ha sollevato -
in  riferimento  agli  artt.  53  e 3 della Costituzione, «nonche» ai
principi  di  ragionevolezza,  razionalita'  e  non  contraddizione -
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 11-quaterdecies,
comma  16,  del  decreto-legge  30  settembre 2005, n. 203 (Misure di
contrasto  all'evasione  fiscale  e  disposizioni  urgenti in materia
tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1
della legge 2 dicembre 2005, n. 248, e 36, comma 2, del decreto-legge
4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico
e  sociale,  per  il  contenimento e la razionalizzazione della spesa
pubblica,  nonche'  interventi  in  materia di entrate e di contrasto
all'evasione  fiscale),  convertito, con modificazioni, dalla legge 4
agosto 2006, n. 248;
     che,  secondo  quanto  premesso  in  punto  di fatto dal giudice
rimettente: a) con gli avvisi impugnati, il Comune di Ladispoli aveva
rettificato,  ai  fini dell'imposta comunale sugli immobili (ICI), il
valore   di   «alcuni  terreni  agricoli»  della  suddetta  societa',
stimandoli  in base al loro valore venale in comune commercio, invece
che  in  base  alle  rendite  agricole  risultanti  dal catasto; b) i
terreni  erano inseriti in una zona (M2) qualificata come edificabile
dal piano regolatore generale, ma per la quale non erano rilasciabili
permessi di costruire, perche' non assistita da strumenti urbanistici
attuativi   del   piano   generale;   c)  la  Commissione  tributaria
provinciale  di  Roma  aveva  rigettato  il  ricorso  proposto  dalla
societa' avverso la menzionata rettifica di valore ed aveva affermato
nella sua decisione che la ricorrente non aveva dimostrato la dedotta
inedificabilita'  dei terreni; d) con l'appello proposto, la medesima
societa'  aveva  ribadito, deducendolo quale motivo di gravame, che i
terreni non erano edificabili;
     che,  secondo  quanto  premesso in punto di diritto dal medesimo
giudice   rimettente:   a)   in  forza  dell'originaria  formulazione
dell'art. 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma
dell'articolo  4  della  legge  23  ottobre  1992, n. 421), per «area
fabbricabile»,  ai  fini  dell'ICI, «si intende l'area utilizzabile a
scopo  edificatorio  in  base  agli  strumenti urbanistici generali o
attuativi  ovvero in base alle possibilita' effettive di edificazione
determinate  secondo  i criteri previsti agli effetti dell'indennita'
di  espropriazione  per pubblica utilita»; b) sull'interpretazione di
detta  disposizione  era insorto un contrasto giurisprudenziale circa
l'assoggettabilita'  all'ICI  come  fabbricabili  delle aree che, pur
essendo  considerate  utilizzabili  a  scopo  edificatorio  dal piano
regolatore   generale,   non   sono  effettivamente  suscettibili  di
edificazione  a  causa della mancata approvazione dei necessari piani
attuativi  ovvero  dell'esistenza  di misure di salvaguardia adottate
dal  Comune;  c) le due denunciate disposizioni di legge - introdotte
dal  legislatore, nelle more del giudizio di appello, proprio al fine
di  dirimere  detto  contrasto  giurisprudenziale  -  hanno natura di
interpretazione autentica del citato art. 2, comma 1, lettera b), del
decreto  legislativo  n. 504  del  1992  e, pertanto, hanno efficacia
retroattiva;  d)  la  piu'  recente  delle  due  citate  disposizioni
interpretative  ha  comportato «l'abrogazione implicita» della prima,
stabilendo   -   con  norma  ritenuta  dal  rimettente  di  «identico
significato»   rispetto  a  quella  abrogata  -  che  un'area  e'  da
considerare  fabbricabile,  ai fini dell'ICI (oltre che ai fini delle
imposte  sui  redditi  e  di  registro),  «se  utilizzabile  a  scopo
edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal
comune,   indipendentemente   dall'approvazione   della   regione   e
dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo»;
     che,  quanto  alla  non  manifesta  infondatezza delle sollevate
questioni,  il  giudice a quo afferma che il censurato art. 36, comma
2,  del  decreto-legge  n. 223  del  2006,  nell'equiparare  ai  fini
fiscali,  quanto alla potenzialita' edificatoria, un'area qualificata
come  edificabile  dal piano regolatore generale, ma per la quale non
e'  concedibile  il  permesso  di  costruire, ad un'area per la quale
detto  permesso  e',  invece,  concedibile, viola: a) l'art. 3 Cost.,
perche'  irragionevolmente  sottopone al medesimo trattamento fiscale
situazioni  che  l'ordinamento  giuridico  considera  diverse ai fini
dell'edificabilita';  b)  l'art.  53  Cost., perche' «prescinde dalla
capacita'  contributiva  reale  che  e' necessariamente mediata dalle
norme  imperative  relative  allo ius aedificandi»; c) i «principi di
ragionevolezza,   razionalita'  e  non  contraddizione»,  perche'  il
legislatore,   ai   soli   fini  fiscali,  sovrappone  alla  concreta
inedificabilita'  dell'area  la  qualifica  di area fabbricabile, con
cio'  assumendo  un «atteggiamento sicuramente vessatorio, proprio di
regimi ben diversi dalla democrazia»;
     che,  in ordine alla rilevanza delle questioni, il giudice a quo
afferma   che   la   natura  interpretativa  e,  quindi,  la  valenza
retroattiva  delle disposizioni denunciate le rende applicabili anche
ai periodi d'imposta oggetto del giudizio principale, con conseguente
necessita'  di rigettare l'appello nel caso in cui esse non venissero
dichiarate costituzionalmente illegittime;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha  chiesto  che le questioni siano dichiarate infondate, perche': a)
le  censurate  disposizioni  -  come gia' sottolineato dalla sentenza
delle  sezioni unite della Corte di cassazione n. 25506 del 2006, con
cui  e'  stato composto il contrasto giurisprudenziale menzionato dal
rimettente   -  hanno  delineato  un  coerente  e  razionale  sistema
normativo  introducendo  nell'ordinamento  la ragionevole distinzione
tra finalita' fiscali (per le quali rileva l'effettivo maggior valore
di mercato acquisito da un terreno agricolo a seguito della qualifica
di  area  edificabile  attribuitagli  dal  piano regolatore, anche se
privo  di strumenti attuativi) e finalita' urbanistiche (per le quali
rileva,  invece,  l'effettiva  possibilita'  di edificare, secondo il
corretto  uso del territorio urbano, indipendentemente dal valore del
terreno);  b)  la valutazione come terreno agricolo, ai fini fiscali,
di  un'area  qualificata  come  edificabile  da  un  piano regolatore
generale  privo  di  strumenti attuativi creerebbe una ingiustificata
disparita' di trattamento rispetto alla valutazione in base al valore
venale  di  un'area  qualificata  come  edificabile  da uno strumento
attuativo, in quanto in entrambi i casi il valore di mercato del bene
e' superiore a quello risultante dalle rendite catastali agricole;
     che,  nel  corso  di  un  giudizio  di primo grado nel quale una
societa'  a  responsabilita'  limitata  aveva impugnato due avvisi di
accertamento  dell'ICI  relativi  agli  anni  2003 e 2004, emessi dal
Comune  di  Castell'Arquato, la Commissione tributaria provinciale di
Piacenza,  con  ordinanza  pronunciata  e depositata il 16 marzo 2007
(r.o.  n. 613 del 2007), ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e
53  della  Costituzione,  nonche'  al  principio  di  affidamento dei
cittadini  nella  certezza  giuridica  -  questioni  di  legittimita'
costituzionale   dell'art.  2,  comma  1,  lettera  b),  del  decreto
legislativo   n. 504   del   1992,  quale  interpretato  dagli  artt.
11-quaterdecies,   comma  16,  del  decreto-legge  n. 203  del  2005,
convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1 della legge n. 248 del
2005,  e  36, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006;
     che,  secondo  quanto  premesso  in  punto  di fatto dal giudice
rimettente,   gli  avvisi  impugnati  riguardano  «aree  in  concreto
edificabili  solo  a seguito dell'approvazione di strumenti attuativi
(piano particolareggiato e piano comunale)»;
     che,  secondo  quanto  premesso  in  punto  diritto dal medesimo
giudice  rimettente:  a) l'originaria formulazione dell'art. 2, comma
1, lettera b), del decreto legislativo n. 504 del 1992 stabiliva che,
ai   fini   dell'ICI,   «per  area  fabbricabile  si  intende  l'area
utilizzabile  a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici
generali  o  attuativi  ovvero in base alle possibilita' effettive di
edificazione  determinate  secondo  i  criteri  previsti agli effetti
dell'indennita'  di espropriazione per pubblica utilita»; b) ai sensi
dei  commi 3 e 4 dell'art. 37 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo
unico  delle  disposizioni  legislative e regolamentari in materia di
espropriazione  per  pubblica  utilita),  testo A, ai soli fini della
determinazione  dell'indennita' di esproprio di un'area edificabile o
legittimamente  edificata,  si  considerano le possibilita' legali ed
effettive  di  edificazione;  c)  in base al combinato disposto delle
citate disposizioni non potevano, pertanto, qualificarsi edificabili,
ai  fini  dell'ICI,  le aree qualificate come edificabili soltanto in
forza  di  uno strumento urbanistico generale ancora non approvato od
attuato;   d)  i  censurati  artt.  11-quaterdecies,  comma  16,  del
decreto-legge  n. 203  del 2005, convertito, con modificazioni, dalla
legge  n. 248  del  2005, e 36, comma 2, del decreto-legge n. 223 del
2006,  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge n. 248 del 2006,
hanno,  pero',  successivamente  stabilito,  con norme considerate di
natura  interpretativa  dalle sezioni unite della Corte di cassazione
(sentenza  n. 25506  del 2006), che, ai fini dell'ICI, e' considerata
edificabile  ogni area che sia classificata come tale dallo strumento
urbanistico  generale, anche se manchi la pianificazione attuativa o,
addirittura,  se  detto strumento urbanistico generale sia stato solo
adottato;
     che,  quanto  alla  non  manifesta  infondatezza delle sollevate
questioni,  il  giudice  a  quo afferma che le disposizioni censurate
violano  gli  evocati  parametri  costituzionali sotto i tre seguenti
profili;
     che  in primo luogo, ad avviso del rimettente, i censurati artt.
11-quaterdecies,  comma  16,  del decreto-legge n. 203 del 2005 e 36,
comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, nell'intento di fornire -
ai  fini  dell'applicazione  dell'ICI  -  l'interpretazione autentica
della  nozione  di  area  fabbricabile  di  cui  all'art. 2, comma 1,
lettera  b),  del  decreto legislativo n. 504 del 1992, attribuiscono
alla  disposizione  interpretata  (in  violazione dei principi sia di
«ragionevolezza, non contraddittorieta' e logicita» sanciti dall'art.
3 Cost., sia dell'affidamento dei cittadini nella certezza giuridica)
significati   incompatibili  con  quelli  desumibili  dal  suo  testo
originario,  il  quale,  richiamando  i criteri previsti agli effetti
dell'indennita'  di espropriazione per pubblica utilita', esclude che
un'area  possa  essere  qualificata  come edificabile in forza di uno
strumento  urbanistico  generale  ancora in itinere o in mancanza dei
necessari piani attuativi;
     che  in  secondo  luogo,  per  il  medesimo rimettente, le norme
denunciate,  qualificando  edificabili (ai soli fini fiscali) aree in
relazione  alle  quali  non  e'  possibile  ottenere  il  permesso di
costruire,  creano  una  ingiustificata disparita' di trattamento tra
proprietari di aree egualmente inedificabili (in violazione dell'art.
3  Cost.) e non fanno gravare l'ICI su un «sintomo» di ricchezza o di
capacita'  economica  (in  violazione dell'art. 53 Cost.); e cio' sia
perche'  la  vendita di un'area non ancora in concreto edificabile e'
normalmente  condizionata  alla  futura  effettiva edificabilita' del
suolo,  cosi' che l'aspettativa di tale edificabilita' non si traduce
in  alcun  vantaggio  economico  immediato  per  il proprietario, sia
perche',  comunque, l'art. 59, comma 1, lettera f), del citato d.lgs.
n. 504  del  1992  lascia  all'iniziativa  sporadica,  e comunque non
doverosa,  dei  Comuni la previsione del rimborso dell'ICI pagata per
le  aree  successivamente  divenute  inedificabili,  cosi'  che  tale
rimborso  e'  «foriero  di  disparita' di trattamento tra proprietari
egualmente  colpiti dall'impossibilita' di edificare concretamente, a
seconda del comune di appartenenza e delle situazioni»;
     che  in  terzo  luogo, per il giudice a quo, le norme censurate,
con  riguardo  ai  suoli  per  i  quali  non e' possibile ottenere il
permesso   di   edificare,  discriminerebbero  irragionevolmente  (in
violazione dell'art. 3 Cost.) le aree qualificate come edificabili da
piani  urbanistici  ancora in itinere o comunque privi di attuazione,
perche'  solo  per  tale  tipo  di  aree  l'imponibile dell'ICI viene
commisurato  al  valore  venale, pur essendo previsto dalla legge, in
caso  di  esproprio,  un  indennizzo  calcolato  in  base alla natura
agricola del terreno.
     che  infine, in ordine alla rilevanza, la Commissione tributaria
provinciale  di  Piacenza  afferma  che  le questioni sono rilevanti,
perche'   in   giudizio   si   controverte   sulla  debenza  dell'ICI
relativamente  ad  aree  che sarebbero in concreto edificabili solo a
seguito dell'approvazione di strumenti attuativi del piano regolatore
generale;
     che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto anche in
questo  giudizio  di  legittimita'  costituzionale,  chiedendo che le
questioni siano dichiarate inammissibili o infondate;
     che,    in    particolare,    la   difesa   erariale   eccepisce
l'inammissibilita'  delle  questioni  sia  per la mancata descrizione
della   fattispecie   sia   perche',  comunque,  il  denunciato  art.
11-quaterdecies,   comma  16,  del  decreto-legge  n. 203  del  2005,
convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1 della legge n. 248 del
2005,  anche  ove  avesse  natura  innovativa  -  come  affermato dal
rimettente  - e non interpretativa, si applicherebbe quantomeno dalla
data  della  sua entrata in vigore e, quindi, anteriormente alla data
di inizio del giudizio a quo («iniziato [...] il 3 marzo 2006»);
     che  la  medesima  difesa  erariale  afferma, nel merito, che le
questioni  sono  infondate,  sia  perche'  le denunciate disposizioni
intervenute   nel   2005  e  nel  2006  hanno  natura  autenticamente
interpretativa,  in  quanto  rendono obbligatorio uno dei significati
gia'  attribuibile alle disposizioni interpretate; sia perche' non e'
dubbio che uno strumento urbanistico in itinere conferisce al terreno
da esso qualificato come edificabile un valore ben superiore a quello
precedente  e  comunque  correttamente  valutabile sul mercato, fermo
restando  -  nel  caso  di  successivo «ritiro del piano» attributivo
della   qualifica   di   area  fabbricabile  -  l'eventuale  rimborso
dell'imposta pagata.
   Considerato che la Commissione tributaria regionale del Lazio - in
riferimento  agli  artt.  3  e  53  della  Costituzione,  «nonche» ai
principi  di ragionevolezza, razionalita' e non contraddizione - e la
Commissione  tributaria provinciale di Piacenza - in riferimento agli
artt.  3 e 53 della Costituzione, nonche' al principio di affidamento
dei  cittadini nella certezza giuridica - dubitano della legittimita'
degli artt. 11-quaterdecies, comma 16, del decreto-legge 30 settembre
2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni
urgenti   in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1 della legge 2 dicembre 2005, n. 248, e 36,
comma  2,  del  decreto-legge  4  luglio  2006,  n. 223 (Disposizioni
urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di  entrate  e  di  contrasto  all'evasione fiscale), convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
     che  i  giudici  rimettenti muovono dalla comune premessa che le
disposizioni   censurate   -   nello  stabilire  che  un'area  e'  da
considerare  fabbricabile,  ai fini dell'ICI (oltre che ai fini delle
imposte  sui  redditi  e  di  registro),  «se  utilizzabile  a  scopo
edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal
comune,   indipendentemente   dall'approvazione   della   regione   e
dall'adozione  di  strumenti attuativi del medesimo» - sono dotate di
efficacia   retroattiva   ed  incidono,  pertanto,  sulla  precedente
definizione  di  area  fabbricabile  rilevante  ai  fini  dell'ICI  e
contenuta  nell'art.  2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo
30   dicembre   1992,  n. 504  (Riordino  della  finanza  degli  enti
territoriali,  a  norma  dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992,
n. 421),  in forza del quale «per area fabbricabile si intende l'area
utilizzabile  a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici
generali  o  attuativi  ovvero in base alle possibilita' effettive di
edificazione  determinate  secondo  i  criteri  previsti agli effetti
dell'indennita' di espropriazione per pubblica utilita»;
     che,  ad  avviso  dei giudici a quibus, le suddette disposizioni
censurate  violano  gli evocati parametri costituzionali, perche': a)
in    contrasto    con    i    principi   di   «ragionevolezza,   non
contraddittorieta'   e  logicita»  di  cui  all'art.  3  Cost.  e  di
affidamento  dei cittadini nella certezza giuridica, attribuiscono al
citato  art.  2,  comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 504
del 1992 un significato incompatibile con quello desumibile dal testo
di  detto  articolo,  il quale, richiamando i criteri previsti per la
determinazione   dell'indennita'   di   espropriazione  per  pubblica
utilita'  - indicati dai commi 3 e 4 dell'art. 37 del d.P.R. 8 giugno
2001,   n. 327   (Testo   unico   delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari  in  materia  di  espropriazione per pubblica utilita),
testo  A - esclude che un'area agricola possa essere qualificata come
edificabile  in forza di uno strumento urbanistico generale ancora in
itinere  o  privo  dei necessari piani attuativi (questione sollevata
dalla   Commissione   tributaria  provinciale  di  Piacenza);  b)  in
contrasto   con   l'art.  3  Cost.,  da  un  lato,  irragionevolmente
equiparano   situazioni   del   tutto   diverse   sotto   il  profilo
dell'edificabilita',  assimilando  a  suoli edificabili aree agricole
per  le  quali  non  e'  possibile  ottenere il permesso di costruire
(questione  sollevata  dalla  Commissione  tributaria  regionale  del
Lazio),  e  dall'altro,  altrettanto  irragionevolmente, stabiliscono
che,  diversamente  dagli  altri  terreni  agricoli, soltanto le aree
definite come edificabili da piani urbanistici non ancora approvati o
attuati  sono  soggette  ad una doppia valutazione: in base al valore
venale,  ai  fini  del  pagamento  dell'ICI,  e  in  base  al reddito
dominicale   catastale,   ai   fini   del   calcolo   dell'indennizzo
espropriativo   (questione  sollevata  dalla  Commissione  tributaria
provinciale  di  Piacenza);  c)  in  contrasto  con  l'art. 53 Cost.,
qualificano  edificabili,  ai  fini  fiscali,  aree in relazione alle
quali  non  e'  possibile  ottenere  il permesso di costruire, con la
conseguenza  che,  con riferimento a tali aree, l'ICI prescinde dalla
capacita'  contributiva  reale,  in  quanto non grava su un effettivo
«sintomo»  di  ricchezza  o  di  capacita' economica del contribuente
(questione sollevata da entrambi i rimettenti);
     che,  in  ragione  dell'identita' delle norme denunciate e della
parziale   coincidenza   delle   censure   proposte,   i  giudizi  di
legittimita'   costituzionale   debbono  essere  riuniti  per  essere
congiuntamente decisi;
     che  le  questioni sono in parte manifestamente inammissibili ed
in parte manifestamente infondate;
     che,   in   via  preliminare,  vanno  dichiarate  manifestamente
inammissibili,  per  difetto  di  rilevanza, le questioni concernenti
l'art.  11-quaterdecies, comma 16, del decreto-legge n. 203 del 2005,
convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1 della legge n. 248 del
2005,  perche' di tale disposizione i rimettenti, in base alla stessa
prospettazione  delle loro censure, non debbono fare applicazione nei
giudizi a quibus;
     che,  infatti,  l'art. 36, comma 2, del decreto-legge n. 223 del
2006,  convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, in
forza  dell'efficacia  retroattiva  riconosciutagli  da  entrambe  le
ordinanze   di   rimessione,  ha  sostituito  con  effetto  ex  tunc,
abrogandola,  la  disciplina dettata dal citato art. 11-quaterdecies,
comma  16, del decreto-legge n. 203 del 2005, con la conseguenza (tra
l'altro  espressamente ammessa dalla Commissione tributaria regionale
del Lazio) che detto art. 36, comma 2, e' l'unica disposizione, delle
due denunciate, a trovare applicazione nei giudizi principali;
     che  la  difesa  erariale ha eccepito l'inammissibilita', per la
mancata  descrizione  della  fattispecie,  delle  questioni sollevate
dalla  Commissione tributaria provinciale di Piacenza con riguardo al
menzionato art. 36, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006;
     che tale eccezione deve essere respinta, perche', contrariamente
a  quanto affermato dall'Avvocatura generale dello Stato, il suddetto
rimettente ha descritto in modo sufficiente la fattispecie sottoposta
al  suo  esame,  avendo  egli  precisato che gli avvisi impugnati nel
giudizio  principale  riguardano «aree in concreto edificabili solo a
seguito    dell'approvazione    di    strumenti    attuativi   (piano
particolareggiato  e  piano  comunale)»  ed  avendo  quindi  data per
presupposta,  nella  specie,  l'inedificabilita'  del  suolo  per  la
mancanza di detti strumenti attuativi;
     che,  nel  merito,  le  questioni  sollevate  dai rimettenti con
riguardo al menzionato art. 36, comma 2, del decreto-legge n. 223 del
2006 debbono essere dichiarate manifestamente infondate;
     che, al riguardo, va preliminarmente osservato che, diversamente
da   quanto  dedotto  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di
Piacenza,   la  disposizione  censurata  costituisce  interpretazione
autentica  dell'art.  2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo
n. 504  del  1992, perche' attribuisce alla disposizione interpretata
un significato compatibile con la sua formulazione letterale;
     che,  in  particolare,  detta  disposizione prevede testualmente
che, per «area fabbricabile» ai fini dell'ICI, deve intendersi l'area
utilizzabile a scopo edificatorio «in base agli strumenti urbanistici
generali   o  attuativi  ovvero»,  alternativamente,  «in  base  alle
possibilita'  effettive di edificazione determinate secondo i criteri
previsti  agli effetti dell'indennita' di espropriazione per pubblica
utilita»;
     che  la  disgiunzione  «ovvero»  consente  di  annoverare tra le
possibili  interpretazioni  dell'art.  2,  comma  1,  lettera b), del
decreto  legislativo  n. 504  del  1992  anche  quella secondo cui il
richiamo   ai   criteri  previsti  agli  effetti  dell'indennita'  di
espropriazione  per  pubblica  utilita'  si  riferisce esclusivamente
all'utilizzabilita' edificatoria dell'area «in base alle possibilita'
effettive di edificazione»;
     che  pertanto,  secondo tale interpretazione, la nozione di area
fabbricabile  «in base agli strumenti urbanistici», ai fini dell'ICI,
non  e'  influenzata  dal  disposto  dei commi 3 e 4 dell'art. 37 del
d.P.R.   8  giugno  2001,  n. 327  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica
utilita),  testo  A,  per  i  quali  -  ai  fini della determinazione
dell'indennita'  di esproprio di un'area edificabile o legittimamente
edificata  -  «si  considerano le possibilita' legali ed effettive di
edificazione»  (comma  3) e «non sussistono le possibilita' legali di
edificazione   quando   l'area   e'   sottoposta  ad  un  vincolo  di
inedificabilita'  assoluta in base alla normativa statale o regionale
o   alle   previsioni  di  qualsiasi  atto  di  programmazione  o  di
pianificazione  del  territorio, ivi compresi il piano paesistico, il
piano del parco, il piano di bacino, il piano regolatore generale, il
programma di fabbricazione, il piano attuativo di iniziativa pubblica
o  privata  anche  per una parte limitata del territorio comunale per
finalita'  di  edilizia  residenziale  o  di investimenti produttivi,
ovvero  in base ad un qualsiasi altro piano o provvedimento che abbia
precluso  il rilascio di atti, comunque denominati, abilitativi della
realizzazione di edifici o manufatti di natura privata» (comma 4);
     che, alla stregua delle indicate premesse ermeneutiche, il testo
dell'art.  2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 504 del
1992  puo'  essere  interpretato  nel senso che, ai fini dell'ICI, si
considera fabbricabile anche l'area utilizzabile a scopo edificatorio
in base allo strumento urbanistico generale, ancorche' questo non sia
stato  approvato dalla regione o non siano stati adottati i necessari
strumenti attuativi del medesimo;
     che la suddetta interpretazione e' stata successivamente imposta
dal censurato art. 36, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, il
quale  ha  fatto  venir  meno  l'obiettiva incertezza sul significato
dell'art.  2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 504 del
1992;
     che  a  tale  conclusione  non  osta  il  disposto  del  comma 2
dell'art.  1  della  legge  27  luglio  2000, n. 212 (Disposizioni in
materia  di  statuto  dei  diritti  dei  contribuenti),  secondo  cui
«L'adozione di norme interpretative in materia tributaria puo' essere
disposta   soltanto  in  casi  eccezionali  e  con  legge  ordinaria,
qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica»;
     che  la disposizione denunciata, infatti, in quanto dotata della
stessa forza della legge n. 212 del 2000 (che non ha valore superiore
a quello della legge ordinaria, come sottolineato da questa Corte con
le  ordinanze n. 180 del 2007, n. 428 del 2006 e n. 216 del 2004), e'
idonea  ad  abrogare implicitamente quest'ultima e, conseguentemente,
ad  introdurre  nell'ordinamento  una valida norma di interpretazione
autentica,  ancorche' priva di una espressa autoqualificazione in tal
senso;
     che   dalla  riscontrata  natura  di  interpretazione  autentica
propria  della  disposizione  censurata - natura non riconosciuta dal
giudice  rimettente,  ma ammessa dal diritto vivente (in particolare,
dalla  sentenza  n. 25506 del 2006 delle sezioni unite della Corte di
cassazione)  -  deriva  l'insussistenza  della dedotta violazione dei
principi  di  ragionevolezza  e  di  affidamento  dei cittadini nella
certezza  giuridica,  in  quanto  la  norma  denunciata  si limita ad
attribuire  alla  disposizione  interpretata uno dei significati gia'
ricompresi nell'area semantica della disposizione stessa e, pertanto,
sotto  tale  profilo,  non puo' ritenersi irragionevole (ex plurimis,
sentenze  n. 400  e n. 234 del 2007; n. 274, n. 135 e n. 39 del 2006;
n. 291 del 2003; n. 374 del 2002);
     che,  quanto  alle  altre censure concernenti il citato art. 36,
comma  2, del decreto-legge n. 223 del 2006, e' del tutto ragionevole
che  il  legislatore: a) attribuisca alla nozione di area edificabile
significati  diversi  a  seconda  del  settore normativo in cui detta
nozione  deve  operare  e, pertanto, distingua tra normativa fiscale,
per  la quale rileva la corretta determinazione del valore imponibile
del  suolo,  e  normativa  urbanistica,  per  la  quale invece rileva
l'effettiva  possibilita'  di  edificare, secondo il corretto uso del
territorio,  indipendentemente  dal valore venale del suolo; b) muova
dal  presupposto  fattuale che un'area in relazione alla quale non e'
ancora  ottenibile  il  permesso  di  costruire,  ma  che tuttavia e'
qualificata  come  edificabile  da uno strumento urbanistico generale
non  approvato o attuato, ha un valore venale tendenzialmente diverso
da  quello  di  un  terreno agricolo privo di tale qualificazione; c)
conseguentemente    distingua,    ai    fini   della   determinazione
dell'imponibile  dell'ICI,  le aree qualificate edificabili in base a
strumenti  urbanistici  non  approvati  o  non attuati (e, quindi, in
concreto  non  ancora  edificabili), per le quali applica il criterio
del valore venale, dalle aree agricole prive di detta qualificazione,
per  le  quali  applica  il diverso criterio della valutazione basata
sulle rendite catastali;
     che,  infatti, la potenzialita' edificatoria dell'area, anche se
prevista da strumenti urbanistici solo in itinere o ancora inattuati,
costituisce  notoriamente un elemento oggettivo idoneo ad influenzare
il valore del terreno e, pertanto, rappresenta un indice di capacita'
contributiva  adeguato,  ai  sensi  dell'art.  53  Cost.,  in  quanto
espressivo  di  una  specifica  posizione di vantaggio economicamente
rilevante;  e  cio'  indipendentemente  dalla  eventualita'  che, nei
contratti  di  compravendita,  il  compratore,  in considerazione dei
motivi  dell'acquisto,  si  cauteli  condizionando  il  negozio  alla
concreta  edificabilita'  del  suolo,  trattandosi  di  una ipotetica
circostanza  di  mero  fatto,  come  tale irrilevante nel giudizio di
legittimita'  costituzionale  (ex plurimis, sentenza n. 155 del 2005;
ordinanze n. 173 del 2003; n. 481 e n. 311 del 2002);
     che, inoltre, il criterio del valore venale non comporta affatto
-  come,  invece,  sembrano  ritenere  i rimettenti - una valutazione
fissa  ed  astratta  del  bene,  ma consente di attribuire al terreno
(gia'   qualificato  come  edificabile  dallo  strumento  urbanistico
generale)  il  suo  valore  di mercato, adeguando la valutazione alle
specifiche  condizioni di fatto del bene e, quindi, anche alle piu' o
meno  rilevanti  probabilita'  di  rendere  attuali  le potenzialita'
edificatorie dell'area;
     che,  del  resto,  la  giurisprudenza  delle sezioni unite della
Corte  di  cassazione  (con  la  citata  sentenza  n. 25506 del 2006,
menzionata,  seppur criticamente, dagli stessi rimettenti) si e' gia'
espressa  nello  stesso  senso, affermando che l'edificabilita' di un
terreno in base al solo piano regolatore, anche se privo di strumenti
attuativi,  e'  sufficiente,  di  norma, a far lievitare il valore di
mercato  di  detto  terreno  e  che  e', pertanto, ragionevole che la
normativa    censurata   consideri   edificabile,   ai   fini   della
determinazione  dell'imponibile,  un'area che, invece, e' considerata
in concreto ancora non edificabile dalla normativa urbanistica;
     che  pertanto  i  giudici  a  quibus  errano  -  ai  fini  della
determinazione dell'imponibile dell'ICI - sia nel distinguere le aree
edificabili  in  concreto  da  quelle  edificabili in astratto (cioe'
considerate  edificabili da strumenti urbanistici non approvati o non
attuati), sia nell'equiparare queste ultime alle altre aree agricole;
e  cio'  perche' - sempre ai fini fiscali - l'astratta edificabilita'
del  suolo giustifica di per se', come gia' osservato, la valutazione
del  terreno  secondo il suo valore venale e differenzia radicalmente
tale tipo di suoli da quelli agricoli non edificabili;
     che,  dunque,  non sussistono le dedotte violazioni dei principi
di capacita' contributiva, di ragionevolezza e di uguaglianza.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma  2, delle norme integrative per i giudizi avanti
alla Corte costituzionale.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 11-quaterdecies, comma 16, del
decreto-legge   30   settembre  2005,  n. 203  (Misure  di  contrasto
all'evasione  fiscale  e disposizioni urgenti in materia tributaria e
finanziaria),  convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge
2  dicembre  2005,  n. 248,  sollevate  dalla  Commissione tributaria
regionale  del  Lazio  -  in  riferimento  agli  artt.  3  e 53 della
Costituzione,  «nonche» ai principi di ragionevolezza, razionalita' e
non  contraddizione  -  e dalla Commissione tributaria provinciale di
Piacenza  -  in  riferimento  agli  artt.  3 e 53 della Costituzione,
nonche'  al  principio  di  affidamento  dei cittadini nella certezza
giuridica - con le ordinanze indicate in epigrafe;
   Dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimita'
costituzionale  dell'art.  36,  comma  2,  del decreto-legge 4 luglio
2006,  n. 223  (Disposizioni  urgenti  per  il  rilancio  economico e
sociale,  per  il  contenimento  e  la  razionalizzazione della spesa
pubblica,  nonche'  interventi  in  materia di entrate e di contrasto
all'evasione  fiscale),  convertito, con modificazioni, dalla legge 4
agosto 2006, n. 248, sollevate dalla Commissione tributaria regionale
del  Lazio  -  in  riferimento  agli artt. 3 e 53 della Costituzione,
«nonche»   ai   principi   di   ragionevolezza,  razionalita'  e  non
contraddizione  -  e  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di
Piacenza  -  in  riferimento  agli  artt.  3 e 53 della Costituzione,
nonche'  al  principio  di  affidamento  dei cittadini nella certezza
giuridica - con le ordinanze indicate in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Gallo
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 27 febbraio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola