N. 59 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 ottobre 2008- 25 settembre 2007
Ordinanza del 25 ottobre 2007 emessa dal Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di Montalbano Raffaele Reati e pene - Reato di lesioni personali colpose commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale - Competenza del giudice di pace - Conseguente applicabilita' delle sanzioni previste dall'art. 52 del d.lgs. n. 274/2000 - Irragionevole diversificazione sanzionatoria rispetto ai reati di lesioni connesse a colpa professionale o commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale, attribuiti alla competenza del Tribunale - Inadeguatezza della sanzione - Lesione del diritto alla salute. - Decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, artt. 4, 52, 63 e 64. - Costituzione, artt. 3, 27, comma terzo, e 32.(GU n.12 del 12-3-2008 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha emesso la seguente ordinanza. R i t e n u t o 1. - Nella tarda serata del 15 maggio 2000 una moto di grossa cilindrata, una Honda Dominator, guidata da Montalbano Raffaele, procedendo a forte velocita' in posizione di «impennamento» ed invadendo l'opposta corsia di marcia, andava a collidere con il motoveicolo guidato da Trionfo Renato, che procedeva regolarmente nella propria corsia di marcia: in conseguenza dell'urto, il Trionfo riportava un trauma cranico facciale, un «fracasso facciale», un'ampia ferita lacero contusa con lesioni nervoso tendinee e vascolari al ginocchio sinistro, con frattura del condilo femorale allo stesso lato, una sospetta lesione ossea dell'emivitreo dell'occhio sinistro. 2. - Con sentenza del 13 novembre 2002 il giudice monocratico del Tribunale di Napoli riteneva il Montalbano colpevole del reato ascrittogli (lesioni personali colpose gravissime commesse con violazione della disciplina della circolazione stradale) e, in applicazione del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, istitutivo della competenza penale del giudice di pace in relazione a tale reato, applicava la sanzione, prevista al riguardo dall'art. 52 del citato decreto legislativo, di 30 giorni di permanenza domiciliare, nei giorni di sabato e domenica, con il diniego delle circostanze attenuanti generiche, oltre alla condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile, con il pagamento di una provvisionale nella misura di euro centomila. 3. - Avverso detta sentenza proponeva appello l'imputato, invocando l'assoluzione sull'asserito rilievo del mancato raggiungimento della prova in ordine all'effettiva dinamica dell'incidente, con richiesta subordiuata di riduzione della pena, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, con il beneficio della sospensione condizionale dell'esecuzione della pena. La sentenza veniva altresi' impugnata dal p.m. e dalla parte civile che sollevavano questione di legittimita' costituzionale del sistema sanzionatorio previsto dagli articoli 52, 53 e segg. del decreto legislativo n. 274/2000 per violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalita' della sanzione penale, per violazione del diritto comunitario e dei principi del giusto processo, con riferimento agli articoli 11, 27, terzo comma, 32, 102, secondo comma, 107, terzo comma e 111 della Costituzione; il difensore di parte civile denunciava altresi' violazione di legge per inesatta qualificazione giuridica del fatto, dovendo questo, a suo avviso, essere inquadrato come reato di lesioni personali dolose gravissime ex art. 582 c.p., con richiesta di rimessione degli atti al Tribunale di Napoli. 4. - La Corte d'appello di Napoli, con ordinanza del 14 aprile 2004, riteneva fondata la questione di costituzionalita' degli articoli 52, 63, 64, del decreto legislativo n. 274/2000, con riferimento agli articoli 3, 27 e 32 della Costituzione, per irragionevole disparita' di trattamento rispetto alle altre ipotesi di lesioni colpose per colpa professionale del medico e per violazioni di norme antinfortunistiche, parimenti a difesa del diritto alla salute, tenuto conto della pena prevista da ritenersi del tutto inadeguata rispetto alla gravita' del fatto. 5. - La Corte costituzionale, con ordinanza n. 187 del 4 maggio 2005, dichiarava la manifesta inammissibilita' della sollevata questione di legittimita' costituzionale degli articoli 52, 63 e 64, del decreto legislativo n. 274/2000, rilevando che la Corte rimettente aveva censurato soltanto gli articoli 52, 63 e 64, che definiscono le sanzioni applicabili dal giudice di pace e la relativa disciplina transitoria; aveva omesso, pero', di prendere in considerazione la norma di cui all'art. 4, comma 1, lett. a), del decreto legislativo medesimo e «l'avere omesso di prendere in considerazione tale norma avrebbe come conseguenza, ove la questione venisse accolta nei termini in cui e' stata formulata, di rendere privo di sanzione il reato, che rimarrebbe attribuito alla competenza del giudice di pace e non potrebbe quindi esser punito con sanzioni diverse da quelle stabilite dall'art. 52 del decreto legislativo n. 274 del 2000 - neppure ai sensi dell'art. 2, secondo comma, del codice penale - ove si tratti di fatti commessi precedentemente all'entrata in vigore di tale decreto» (per come testualmente si legge nell'ordinanza del Giudice delle leggi). La Corte costituzionale rilevava altresi' che «il rimettente, chiedendo per il reato in esame una pronuncia che consenta di ripristinare il meccanismo sanzionatorio applicabile prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 274 del 2000, invoca nella sostanza un intervento additivo e di sistema in malam partem, non consentito a questa Corte in forza del principio della riserva di legge in materia penale» (cosi' letteralmente nell'ordinanza in argomento). 6. - Ripreso il giudizio d'appello, veniva rinnovata la richiesta di proposizione della questione di legittimita' costituzionale, estesa questa volta anche all'art. 4 del decreto istitutivo della competenza del giudice di pace. La Corte territoriale disattendeva la proposta eccezione con le seguenti testuali argomentazioni: «data la stretta connessione della norma che definisce i reati rimessi alla competenza del giudice di pace con la successiva norma dell'art. 52 dello stesso decreto n. 274 del 2000, che definisce le sanzioni applicabili dal giudice di pace, costituendo, secondo il dettame della Corte costituzionale, l'art. 4 "il necessario presupposto dello specifico sistema sanzionatorio operante per i reati di competenza del giudice di pace", una eventuale riproposizione della questione di costituzionalita' coinvolgente tale norma si risolverebbe egualmente in una richiesta di intervento additivo, non consentito perche' in contrasto con il principio della riserva di legge in materia penale, per il ripristino in malam partem del sistema sanzionatorio preesistente, prima della introduzione della normativa sul giudice di pace. Il richiamo al principio costituzionale della riserva di legge in materia penale sancito dall'art. 25 della Costituzione rende superfluo l'esame in ordine agli altri profili di incostituzionalita', genericamente segnalati dalla difesa della parte civile con generico riferimento ai principi del diritto comunitario, espressi dalla indicata sentenza della Corte di giustizia europea del 21 settembre 1989, a conferma dei necessari caratteri di effettivita', proporzionalita', dissuasivita' delle sanzioni, ed ai principi del "giusto processo" deducibili rispettivamente dagli articoli 11 e 111 della Costituzione». 7. - La Corte distrettuale riteneva infondato l'appello dell'imputato e disattendeva anche la richiesta della difesa di parte civile di qualificare il reato come lesioni personali dolose: a tale ultimo riguardo, la Corte di merito evidenziava che non erano emersi elementi tali da indurre a ritenere che il Montalbano - per quanto sconsiderata, imprudente ed azzardata fosse stata la sua condotta di guida, posta in essere nella riprovevole indifferenza verso l'altrui incolumita - avesse voluto «scagliare la sua grossa moto contro qualcuno, cosi' accettando il rischio dell'incidente produttivo delle lesioni in danno del malcapitato trovatosi, suo malgrado, ad intralciarne il suo spericolato percorso» (cosi' letteralmente nell'ultima pagina della sentenza della Corte d'appello). 8. - Ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di' Napoli, deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla qualificazione del fatto, reiterando in proposito la tesi della configurabilita' del reato di cui all'art. 582 c. p. caratterizzato dal dolo eventuale e riproponendo la questione di legittimita' costituzionale nei termini gia' sottoposti al vaglio della Corte territoriale dopo l'ordinanza di manifesta inammissibilita' della questione stessa pronunciata dalla Corte costituzionale. Considerato 9. - Il Collegio, valutate le argomentazioni in diritto poste dal ricorrente p.g., ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione stessa. Appare opportuno in primo luogo delimitare il tema che si intende sottoporre all'attenzione della Corte costituzionale. Nella concreta fattispecie si' e' proceduto a carico del Montalbano per il reato di lesioni personali colpose gravissime commesso, secondo la contestazione, in Napoli il 15 maggio 2000, con violazione delle norme relative alla disciplina della circolazione stradale. Per tale fatto il Montalbano e' stato condannato alla pena della permanenza domiciliare - in applicazione del trattamento sanzionatorio previsto dal decreto legislativo n. 274 del 2000 istitutivo della competenza del giudice di pace - per la durata di giorni trenta (da scontare il sabato e la domenica) con sentenza del tribunale di Napoli confermata dalla Corte d'appello di quella citta' con la sentenza oggetto del presente ricorso. Nell'attribuire al giudice di pace la competenza a giudicare dei reati di lesioni personali colpose perseguibili a querela di parte (e quindi nel rendere applicabile il relativo sistema sanzionatorio), l'art. 4 del citato decreto legislativo esclude le fattispecie «connesse alla colpa professionale» ed i fatti commessi «con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, o relative all'igiene del lavoro, o che abbiano determinato una malattia professionale quando, nei casi anzidetti, derivi una malattia della durata superiore a venti giorni», e non anche i fatti commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. 9.1. - Cio' posto, va, anzi tutto, affermata la rilevanza della sollevata questione nel presente procedimento, per la concreta influenza della decisione del giudice delle leggi ai fini della sanzione applicabile nei confronti dell'imputato. Il procuratore generale nel suo ricorso ha sottolineato l'eccezionale gravita' della condotta del Montalbano - guida di moto ad elevata velocita', con invasione dell'opposta corsia di marcia, in posizione di «impennamento» (posizione, questa, non determinata da alcun imprevisto accidente, come precisato dalla Corte di merito nell'impugnata sentenza; e quindi volontariamente assunta e mantenuta) - sottoponendo, sul punto, al vaglio di questa Corte la tesi della configurabilita' del reato di lesioni personali volontarie (nella forma del dolo eventuale) non condivisa dalla Corte territoriale; ed ha altresi' evidenziato, per un verso, le devastanti conseguenze fisiche e psicologiche cagionate alla vittima, e, per altro verso, l'estrema mitezza della pena irrogabile per un evento dannoso di tale entita', in applicazione del trattamento sanzionatorio di cui alle disposizioni sospettate di incostituzionalita', nel caso in cui questa Corte ritenesse infondata la censura concernente l'elemento psicologico ravvisabile nella condotta del Montalbano. Donde, come detto, la rilevanza della dedotta questione, per l'evidente incidenza della decisione della Corte costituzionale nel presente giudizio. 9.2. - Ritiene poi il Collegio altresi' sussistente il presupposto della non manifesta infondatezza della questione, per le ragioni di seguito indicate. Avuto riguardo allo specifico sistema sanzionatorio stabilito per i reati attribuiti dall'art. 4 del decreto legislativo n. 274/2000 alla competenza del giudice di pace, si ravvisa la violazione degli artt. 3, 27, comma terzo, e 32 della Costituzione posto che: a) al reato di lesioni colpose commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale sono applicabili le sanzioni previste dall'art. 52 del decreto legislativo n. 274 del 2000 per i reati attribuiti alla competenza del giudice di pace, mentre ai reati di lesioni connesse a colpa professionale o commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale, che continuano ad essere attribuiti alla competenza del tribunale, sono applicabili le sanzioni previste dal codice penale; b) siffatta distinzione di competenza tra il giudice di pace ed il tribunale comporta, dunque, una diversificazione di trattamento sanzionatorio che appare del tutto irragionevole, trattandosi di condotte che offendono il medesimo bene (l'integrita' fisica) e che possono provocare danni quanto meno di pari gravita', e non assicura in egual misura la tutela del diritto alla salute (art. 32 della Costituzione) essendo stata prevista per le lesioni personali colpose commesse con violazione della normativa sulla disciplina della circolazione stradale, rispetto alle altre fattispecie di lesioni colpose sottratte alla competenza del giudice di pace, una pena che, in quanto non adeguata alla gravita' del fatto, viene anche meno alle sue funzioni di dissuasione e rieducazione; c) il legislatore, nel diversificare fattispecie criminose che hanno per oggetto la tutela dello stesso bene giuridico (quello della salute) determina dunque una disparita' di trattamento (violazione dell'art. 3 della Costituzione), quanto alla diversa entita' e qualita' della pena, nei confronti di eventi dannosi, per la persona, di pari gravita' e riconducibili a condotte poste in essere da soggetti parimenti titolari di una posizione di garanzia: ed invero, cosi' come il medico o il datore di lavoro, anche il conducente di un veicolo riveste una posizione di garanzia essendo tenuto ad osservare, oltreche' specifiche norme, anche i principi generali di prudenza, perizia e diligenza per la tutela del bene della pubblica incolumita', proprio in considerazione della intrinseca pericolosita' del mezzo da lui condotto. Detta sperequazione normativa tra fattispecie omogenee presenta all'evidenza aspetti e dimensioni tali da non potersi considerare sorretta da alcuna ragionevole giustificazione, posto che anche per le lesioni riconducibili a violazione della normativa sulla disciplina della circolazione stradale il bene tutelato e' pur sempre quello della salute, come negli altri due casi. In relazione a tale opzione normativa, puo' fondatamente affermarsi che la soglia della manifesta irragionevolezza, che costituisce il limite della discrezionalita' del legislatore, appare senz'altro superata. 9.3. - Alcune considerazioni si impongono ora in relazione alla natura ed alla portata dell'intervento della Corte costituzionale sollecitato dal Collegio con la presente ordinanza. La Corte stessa, invero, con la citata ordinanza di manifesta inammissibilita' della questione sollevata una prima volta dalla Corte di appello di Napoli, non ha mancato di accennare agli interventi additivi e di sistema in malam partem non consentiti al giudice costituzionale in forza del principio della riserva di legge in materia penale. Giova innanzi tutto sottolineare che la stessa Corte ha, in piu' occasioni, ammesso il sindacato di costituzionalita', anche in malam partem, delle c.d. norme penali di favore ossia di quelle norme che stabiliscono, per determinati soggetti o ipotesi, un trattamento penalistico piu' favorevole di quanto risulterebbe dall'applicazione di norme generali o comuni. E di tale orientamento - compiutamente enunciato per la prima volta nella sentenza n. 148 del 1983 - la Corte costituzionale ha fatto ripetute applicazioni (sentenze n. 167 e n. 194 del 1993; n. 124 del 1990; n. 826 del 1988), anche in rapporto a questioni di costituzionalita', del tutto analoghe a quella in argomento, dirette a conseguire una modifica peggiorativa del trattamento sanzionatorio di determinate figure di reato (sentenza n. 25 del 1994; v., altresi', le ordinanze n. 95 del 2004 e n. 433 del 1998, con le quali la Corte ha scrutinato direttamente nel merito questioni di tal fatta). In epoca recente, un intervento in tal senso si e' avuto con la sentenza (n. 394 del 2006) con la quale la Corte costituzionale, in materia di reati elettorali, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 100, terzo comma, del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati), come sostituito dall'art. 1 , comma 1, lettera a), della legge 2 marzo 2004, n. 61 (Norme in materia di reati elettorali) e dell'art. 90, terzo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), come sostituito dall'art. 1, comma 2, lettera a), numero 1), della citata legge n. 61 del 2004: nella circostanza e' stato precisato che dette disposizioni risultano caratterizzate dalle connotazioni tipiche delle norme penali di favore, posto che, per il tramite dell'applicazione del principio di specialita', di cui all'art. 15 c.p., sottraggono dall'ambito applicativo di norme piu' ampie, compresenti nell'ordinamento, talune fattispecie, allo scopo e con l'effetto di riservare loro un trattamento sanzionatorio (sensibilmente) piu' mite di quello altrimenti stabilito da tali norme. E nel rilevare i profili di incostituzionalita' delle disposizioni di legge censurate, il Giudice delle leggi ha significativamente sottolineato «l'ineludibile esigenza di evitare la creazione di "zone franche" dell'ordinamento (cosi' la sentenza n. 148 del 1983), sottratte al controllo di costituzionalita', entro le quali il legislatore potrebbe di fatto operare svincolato da ogni regola, stante l'assenza d'uno strumento che permetta alla Corte di riaffermare il primato della Costituzione sulla legislazione ordinaria»; ulteriormente precisando che «qualora alla preclusione dello scrutinio di costituzionalita' in malam partem fosse attribuito carattere assoluto, si determinerebbe, in effetti, una situazione palesemente incongrua: venendosi a riconoscere, in sostanza, che il legislatore e' tenuto a rispettare i precetti costituzionali se effettua scelte di aggravamento del trattamento penale, mentre puo' violarli senza conseguenze, quando dalle sue opzioni derivi un trattamento piu' favorevole». Ne' le argomentazioni poste da questo Collegio a sostegno della questione di costituzionalita' sollevata con la presente ordinanza sembrano trovare ostacolo nel principio della retroattivita' della legge piu' favorevole, valendo al riguardo le considerazioni svolte dalla stessa Corte costituzionale che, con la sentenza sopra richiamata, cosi' testualmente si e' espressa: «il principio di retroattivita' della norma penale piu' favorevole in tanto e' destinato a trovare applicazione, in quanto la norma sopravvenuta sia, di per se', costituzionalmente legittima. Il nuovo apprezzamento del disvalore del fatto, successivamente operato dal legislatore, puo' giustificare - in chiave di tutela del principio di eguaglianza - l'estensione a ritroso del trattamento piu' favorevole, a chi ha commesso il fatto violando scientemente la norma penale piu' severa, solo a condizione che quella nuova valutazione non contrasti essa stessa con i precetti della Costituzione. La lex mitior deve risultare in altre parole validamente emanata: non soltanto sul piano formale della regolarita' del procedimento dell'atto legislativo che l'ha introdotta, e, in generale, della disciplina delle fonti; ma anche sul piano sostanziale del rispetto dei valori espressi dalle norme costituzionali. Un sindacato sul merito delle scelte legislative e' possibile solo ove esse trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio, come avviene allorquando la sperequazione normativa tra fattispecie omogenee assuma aspetti e dimensioni tali da non potersi considerare sorretta da alcuna ragionevole giustificazione». Orbene, sulla scorta di tutto quanto fin qui detto, evidenti risultano le analogie tra la questione sollevata da questo Collegio, e quella esaminata, e decisa nei termini sopra ricordati, dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 394 del 2006 alle cui diffuse, lucide e penetranti argomentazioni si rimanda. 9.4. - Ricordando e ribadendo quanto gia' in precedenza precisato, in ordine alla non manifesta infondatezza della questione ed alla sua rilevanza nel presente procedimento, si ritiene opportuno, conclusivamente, sottolineare ancora una volta gli aspetti cronologici della vicenda, che ancor piu' giustificano e legittimano il richiamo alla pronuncia di incostituzionalita' di cui alla sentenza n. 394 del 2006. Nel caso di specie il fatto-reato e' avvenuto il 15 maggio 2000, mentre il decreto legislativo sulla competenza del giudice di pace e' del 28 agosto 2000 ed e' entrato in vigore il 2 gennaio 2002: dunque il fatto addebitato al Montalbano e' da considerarsi pregresso rispetto all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 274/2000 che, con la determinazione della competenza del giudice di pace, ha modificato la parte sanzionatoria di molteplici reati ivi compreso quello delle lesioni colpose commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale. Ne deriva che la declaratoria di incostituzionalita' degli articoli gia' all'inizio richiamati, e specificamente indicati in dispositivo, determinando l'applicazione della sanzione previgente alla legge, non costituirebbe una interpretazione additiva in malam partem della norma sulla competenza del giudice di pace, non violandosi ne' il principio di irretroattivita' ne' quello di colpevolezza. Ed anche al riguardo risulta illuminante, ed assolutamente pertinente alla concreta fattispecie, quanto e' dato leggere ancora nella sentenza n. 394/06: «... il principio di retroattivita' della norma piu' favorevole non ha alcun collegamento con la liberta' di autodeterminazione individuale, per l'ovvia ragione che, nel caso considerato, la lex mitior sopravviene alla commissione del fatto, al quale l'autore si era liberamente autodeterminato sulla base del pregresso (e per lui meno favorevole) panorama normativo».
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 4, 52, 63 e 64 del d.lgs. n. 274/2000, con riferimento agli articoli 3, 27, terzo comma, e 32 della Costituzione, nella parte in cui attribuiscono il reato di lesioni personali colpose commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale alla competenza del giudice di pace con la conseguente applicabilita' delle sanzioni previste dal predetto art. 52. Sospende il presente procedimento. Manda alla cancelleria per gli adempimenti previsti dall'art. 23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87. Cosi' deciso in Roma, il 25 settembre 2007. Il Presidente: Marini Il consigliere estensore: Romis