N. 68 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 - 29 ottobre 2007

  Ordinanza
del  29  ottobre 2007 emessa dal Corte di cassazione nel procedimento
                       penale a carico di M.D.

  Processo  penale - Appello - Modifiche normative recate dalla legge
  n. 46/2006   -   Appello   dell'imputato   contro  le  sentenze  di
  proscioglimento  ex  art.  88  cod.  pen. (vizio totale di mente) -
  Preclusione - Asimmetria dei poteri tra imputato e parte pubblica a
  seguito   delle   sentenze  nn.  26/2007  e  320/2007  della  Corte
  costituzionale  -  Violazione del diritto di difesa e del principio
  di parita' delle parti.
  -  Codice  di  procedura penale, art. 593, comma 1, come sostituito
  dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46.
  - Costituzione, artt. 24, comma secondo, e 111, comma secondo.
(GU n.13 del 19-3-2008 )
                       LA CORTE DI CASSAZIONE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da M.D.,
nato  il  20  aprile  1968,  avverso  ordinanza  Corte  di appello di
Cagliari, emessa il 15 gennaio 2007;
   Sentita la relazione fatta dal consigliere dott. Mario Gentile;
   Letta  la  requisitoria  scritta, in data 24 aprile 2007, del P.G.
della  Cassazione  nella  persona  del  dott.  Antonio  Mura;  che ha
concluso:  dichiarare  rilevante  e  non  manifestamente infondata la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art.593, primo comma
c.p.p., sollevata dalla difesa.
   Udito il difensore avv.
                    O s s e r v a  i n  f a t t o
   Con  decreto  del  17  giugno  2004,  il  G.u.p.  del Tribunale di
Cagliari  disponeva  il  rinvio  a giudizio nei confronti di M.D. per
rispondere reati di cui agli artt. 81, 609-bis, 609-ter, ultimo comma
c.p.,  in  danno  delle  figlie  M. F. nata il... e M. F., nata il...
[capo a) della rubrica]; 609-quinquies c.p., in danno dei figli M. F,
M. F., M. R. [capo b)]; 572 c.p., in danno della moglie V. A. nonche'
dei figli M. F., M. F. e M. R. [capo c); ], fatti commessi in periodi
distinti dal 1996 sino al 5 aprile 2001 [capo d)].
   Il  Tribunale  di Cagliari, con sentenza emessa il 23 giugno 2006,
visti  gli  artt.  88  c.p.,  530  c.p.p.,  assolveva  M.D. dai reati
ascrittigli  perche'  trattasi  di  persona  non imputabile per vizio
totale di merito.
   Visti  gli  artt.  222  e  530, quarto comma c.p.p., applicava nei
confronti  di  M.  D. la misura di sicurezza del ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario per la durata di anni due.
   M.  D.  proponeva appello avverso la citata sentenza limitatamente
ai reati di cui ai citati capi a) e b) della rubrica.
   La  difesa  del  M.  nei  motivi  di  appello  sosteneva,  in  via
preliminare  ed  in riferimento alla modifica dell'art. 593 c.p.p., a
seguito della legge n. 46/2006, i seguenti assunti:
     1)  che  l'art.  593,  primo  comma  c.p.,  raggruppava sotto la
«denominazione   di   sentenze  di  condanna»  tutte  le  statuizioni
giudiziali  che  avessero  come  conseguenza  l'adozione di strumenti
privativi  della  liberta',  per cui era ammissibile proporre appello
senza  alcun  limite  e  secondo  il  disposto  degli  artt.  579  ed
eventualmente 680 c.p.p.;
     2)   che,   in  ipotesi  subordinata  ed  alternativa  a  quella
prospettata    sopra,   si   era   in   presenza   di   un   disposto
costituzionalmente  illegittimo  che entrava in totale collisione con
gli  artt.  3,  13, 24, secondo comma della Carta costituzionale, con
conseguente  ed  immediata eccezione di illegittimita' costituzionale
dell'art. 593 c.p.p.
   La  Corte di appello di Cagliari, con ordinanza in data 15 gennaio
2007,  dichiarava  inammissibile  l'appello  proposto  da  M.  D.  ed
ordinava trasmettersi gli atti al Tribunale di Cagliari per quanto di
competenza in ordine alla misura di sicurezza.
   La Corte di Appello nella sua sintetica motivazione esponeva:
     a)   che,   per  quanto  riguardava  il  gravame  relativo  alla
sussistenza  della  penale responsabilita' dell'imputato in ordine ai
capi a) e b) della rubrica, l'appello era inammissibile alla luce del
disposto  di  cui  all'art. 1, legge n. 46/2606 (che aveva modificato
l'art.  593  c.p.p.), che consentiva all'imputato di proporre appello
in  linea  generale  solo  contro  la sentenza di condanna. L'art. 10
della  citata  legge  n. 46/2006  prevedeva  che  detta  normativa si
applicasse anche ai procedimenti in corso;
     b)  che,  viceversa,  per  quanto  atteneva  alle  doglianze che
concernevano  la  specie  e  la  durata  della  misura  di sicurezza,
competente  a giudicare l'Appello era il Tribunale di Sorveglianza al
quale  gli  atti  dovevano  essere  trasmessi ai sensi dell'art. 568,
quinto comma c.p.p.
   La  Corte  di  appello  di Cagliari nulla osservava ed argomentava
sulla sollevata questione di costituzionalita' dell'art. 593 c.p.p.
   La  difesa  di  M.  D. proponeva ricorso per cassazione avverso la
citata  ordinanza  del 15 gennaio 2007 deducendo violazione dell'art.
606 lett. c) c.p.p.
   Il  M.  nei  motivi  del ricorso, riproponeva sostanzialmente, con
ulteriori  argomentazioni,  gli  assunti  difensivi gia' sostenuti in
sede di appello, ed ossia:
     a) l'ammissibilita' dell'appello;
     b)   in   via   subordinata   ed   alternativa,  l'eccezione  di
incostituzionalita' dell'art. 593 c.p.p., come modificato dalla legge
n. 46/2006,  in  relazione  agli artt. 3, 13, 24, secondo comma della
Carta costituzionale.
   Il  P.G.  della  Cassazione,  con  requisitoria scritta in data 24
aprile   2007,  chiedeva  che  la  Corte  di  cassazione  dichiarasse
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
dell'art. 593, primo comma c.p.p., sollevata dalla difesa.
                            D i r i t t o
   La  dedotta  questione  di  costituzionalita' dell'art. 593, primo
comma,  c.p.p.  come  modificato dall'art. 1, legge 20 febbraio 2006,
n. 46, e' rilevante e non manifestamente infondata nei termini di cui
in motivazione.
                                 [I]
   E' rilevante per le ragioni che seguono.
   L'art.  593,  primo  comma,  c.p.p.,  come modificato dall'art. 1,
legge n. 46/2006, prevede in via generale che il pubblico ministero e
l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna.
   L'art.  10,  citata  legge n. 46/2006, prevede che la normativa in
esame si applichi anche ai procedimenti in corso alla data di entrata
in vigore della medesima, come nella fattispecie de qua.
   Non  vi e' dubbio pertanto che la nuova disciplina legislativa, di
cui all'attuale 593 c.p.p., si applica alla sentenza del Tribunale di
Cagliari  in  data 23 giugno 2006, con la quale M.D. e' stato assolto
dai  reati ascrittigli perche' trattasi di persona non imputabile per
vizio  totale  di  mente. La sentenza di cui sopra - tenuto conto del
dettato  esplicito  espresso  nel  primo comma dell'art. 593 c.p.p. -
rientra  certamente nel novero delle sentenze di assoluzione, per cui
non  e'  consentito  sostenere  ed affermare - diversamente da quanto
argomentato  dalla  difesa del M. - che sostanzialmente, nell'ipotesi
di  assoluzione per vizio totale di mente (art. 88 c.p.), trattasi di
sentenza di condanna.
   Il peculiare contenuto della sentenza ex artt. 88 c.p., 530 c.p.p.
-  che,  da  un lato si fonda sull'accertamento della responsabilita'
dell'imputato  in  ordine ai fatti - reato contestatigli; dall'altro,
consente anche l'applicazione di misure di sicurezza limitative della
liberta'  personale  -  assume  rilevanza  giuridica  ai  fini  della
sollevata  questione di costituzionalita' della norma de qua, come si
esporra'   nel   prosieguo,  ma  non  e'  idoneo,  sotto  il  profilo
giuridico-processuale  a  mutare la natura e specie della sentenza in
esame,  si  da  trasformare  la stessa da pronuncia di assoluzione in
pronuncia di condanna.
   Ancora, nella fattispecie non si applica la previsione legislativa
di  cui all'art 593, secondo comma, c.p.p., che consente di appellare
le  sentenze  di  proscioglimento  nell'ipotesi  di cui all'art. 603,
secondo comma, c.p. se la nuova prova e' decisiva.
   Nei  motivi di appello, invero, la difesa del M. non ha chiesto la
rinnovazione   dell'istruttoria  dibattimentale  per  assumere  prove
sopravvenute  o  scoperte  dopo  il  giudizio di 1° grado. La difesa,
invece, con articolate argomentazioni, in via principale assumeva che
il   quadro   probatorio   acquisito  al  processo  e  posto  a  base
dell'accusa,  come recepito nella sentenza di 1°grado, non era idoneo
a suffragare una affermazione di responsabilita' del M., in ordine ai
fatti ed ai reati di cui ai capi a) e b) della rubrica.
   Parimenti  non  soccorre  -  ai  fini  della  non  rilevanza della
sollevata  questione  di costituzionalita' - la norma di cui all'art.
680,  secondo  comma,  c.p.p.,  la  quale prevede che il tribunale di
sorveglianza  -  fuori  dei casi previsti dall'art. 579, primo comma,
c.p.p.   -   giudica  anche  sulle  impugnazioni  di  condanna  o  di
proscioglimento, concernenti le disposizioni che riguardano le misure
di sicurezza.
   Detta  norma,  invero,  si  applica unicamente nell'ipotesi in cui
viene   proposta  impugnazione  contro  le  sole  disposizioni  delle
sentenze  che  riguardano  le  misure di sicurezza, come si ricava in
modo  certo  dall'esame  degli artt. 579, primo e secondo comma, 680,
secondo  comma  c.p.p.  [Giurisprudenza  consolidata:  Cass., sez. I,
sent. n. 6371 del 17 febbraio 2006, r.v. 233443; Cass., sez VI, sent.
n. 26096 del 9 giugno 2004, r.v. 229645; Cass., sez. I, sent. n. 3450
del  5  aprile 1996, r.v. 204334; Cass., sez. I, Sent. n. 4492 del 21
dicembre 1993, r.v. 195907].
   Nella  fattispecie,  invece,  la  difesa  del  M.  con i motivi di
appello,  ha esplicitamente impugnato anche il capo della sentenza di
primo  grado,  attinente alla statuizione di proscioglimento, ex art.
88 c.p., in relazione ai reati di cui ai capi a), b) della rubrica.
                                [II]
   La  questione  di  costituzionalita', sollevata dalla difesa e dal
P.G.  della cassazione nella requisitoria scritta del 24 aprile 2007,
non e' manifestamente infondata.
   In  primo luogo si osserva che la sentenza di assoluzione ai sensi
degli  artt.  530  c.p.p. e 88 c.p., si fonda sull'accertamento della
responsabilita',  soggettiva ed oggettiva, dell'imputato in ordine ai
fatti ed ai reati contestatigli.
   L'imputato  viene  assolto  unicamente  perche'  riconosciuto  non
punibile  perche'  affetto  da vizio totale di mente al momento della
commissione dei fatti.
   Ancora,  la  citata  sentenza  di  assoluzione,  ex  art. 88 c.p.,
consente  l'applicazione  delle  misure  di  sicurezza,  tra  cui  il
ricovero  in un ospedale psichiatrico giudiziario, come nella specie.
Trattasi  di  misura  invasiva  e limitativa della liberta' personale
dell'imputato.
   Questi, pertanto, e' portatore di un interesse giuridico rilevante
e   protetto,  ex  art.  24,  secondo  comma,  Corte  costituzionale,
affinche'  gli  sia  consentito  di proporre appello con doglianze di
merito   avverso   la   pronuncia   di   assoluzione,  fondata  pero'
sull'accertamento della responsabilita' dell'imputato medesimo.
   La  preclusione  dell'appello da parte dell'imputato, nell'ipotesi
in  esame, costituisce una evidente menomazione del diritto di difesa
-  con  conseguente  contrasto  con  l'art.  24,  secondo comma della
Costituzione - non compensata dall'ampliamento dei motivi del ricorso
per  cassazione  operata  dall'art. 8, legge n. 46/2006, poiche' tale
rimedio  non  coinvolge  comunque la pienezza del riesame del merito,
consentito  dall'appello  (vedi  sul punto sent. Corte costituzionale
n. 320   del   20   luglio   2007,   con   cui  e'  stata  dichiarata
l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 2, legge 20 febbraio 2006,
n. 46,  in relazione all'art. 443, primo comma, c.p.p. nella parte in
cui  escludeva  che  il  P.M. potesse appellare contro le sentenze di
proscioglimento emesse a seguito di rito abbreviato).
   Ancora,   la  preclusione  dell'appello  da  parte  dell'imputato,
nell'ipotesi di assoluzione ai sensi dell'art. 88 c.p., determina una
evidente  e  radicale  asimmetria  dei  poteri  fra  imputato e parte
pubblica,  posto  che  -  a  seguito delle pronunce di illegittimita'
costituzionale  dell'art.  1  e  2,  legge  n. 46/2006,  di  cui alle
sentenze  della  Corte  costituzionale  n. 26  e  320  del  2007 - e'
consentito  al  p.m.,  diversamente  da  quanto  previsto tuttora per
l'imputato, di proporre appello in via generale contro le sentenze di
proscioglimento,  pronunciate  sia  nel  giudizio  ordinario,  sia  a
seguito di rito abbreviato.
   Va,   peraltro,   aggiunto   che  sussiste  anche  una  intrinseca
incoerenza  della disciplina dell'impugnazione dell'imputato. Questi,
invero  - a seguito della modifica normativa de qua - resta privo del
potere  di  appellare le sentenze di proscioglimento ex art. 88 c.p.;
mentre  mantiene  il  potere  di  appellare,  fra  le altre, anche le
sentenze  di  condanna  alla  sola  pena  della  multa;  pronunce che
certamente   determinano   effetti   giuridici  meno  pregiudizievoli
rispetto  alla  sentenza di proscioglimento ex art. 88 c.p. (vedi sul
profilo de quo citata sent. n. 26, n. 320/07 Corte costituzionale).
   In  conclusione  ed  alla luce delle considerazioni finora svolte,
resta  il  ragionevole  dubbio che la disciplina di cui all'art. 593,
primo  comma,  c.p.p. come modificato dall'art. 1, legge n. 46/2006 -
nella  parte  in  cui  preclude  l'appello  dell'imputato  avverso la
sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 88 c.p. - costituisca,
violazione  sia  del  diritto di difesa, sia del principio di parita'
delle parti, non sorretta da adeguata ratio giustificativa, ponendosi
cosi'  (la  norma  censurata)  in contrasto con gli artt. 24, secondo
comma, 111, secondo comma, Costituzione.
                              P. Q. M.
   Dichiara  rilevante  e  non manifestamente infondata, in relazione
agli  artt.  24,  secondo comma e 111, secondo comma Costituzione, la
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 593, primo comma
c.p.p.  come  modificato dall'art. 1 legge n. 46/2006, nella parte in
cui  esclude  che  l'imputato  possa  appellare contro le sentenze di
proscioglimento ex art. 88 c.p. (vizio totale di mente).
   Dispone  la  sospensione  del  presente giudizio e la trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
   Dispone, ai sensi dell'art. 23, quarto comma, legge 11 marzo 2005,
n. 87,  che,  a  cura  della  cancelleria,  la presente ordinanza sia
notificata al ricorrente D.M. ed al P.G. della Cassazione, nonche' al
Presidente  del  Consiglio  dei ministri; sia comunicata, altresi' ai
Presidenti delle due camere del Parlamento.
     Cosi' deciso in Roma, il 2 ottobre 2007.
                        Il Presidente: Gassi
                                                 L'estensore: Gentile