N. 72 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 novembre 2007
Ordinanza del 22 novembre 2007 emessa dal G.i.p. del Tribunale di Forli' nel procedimento penale a carico di Laghi Roberto ed altri Processo penale - Chiusura delle indagini preliminari - Obbligo per il pubblico ministero, al termine delle indagini, di formulare richiesta di archiviazione quando la Corte di cassazione si sia pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell'art. 273 cod. proc. pen., e non siano stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta a indagini - Violazione del principio di ragionevolezza, del principio della ragionevole durata del processo e del principio dell'obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale. - Codice di procedura penale, art. 405, comma 1-bis, aggiunto dall'art. 3 della legge 20 febbraio 2006, n. 46. - Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 112.(GU n.13 del 19-3-2008 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza di invio degli atti alla Corte costituzionale. Premesso in fatto Il presente procedimento costituisce stralcio del procedimento principale n. 4960/01 rg.nr. in relazione al quale la Corte di cassazione, fra le altre cose, ha respinto i ricorsi del p.m. avverso i provvedimenti di annullamento per mancanza e/o insussistenza di gravi indizi emessi dal Tribunale della liberta' di Bologna in data 25 settembre 2004, 28 settembre 2004 e 9 ottobre 2004, delle misure cautelari applicate dal G.i.p. del Tribunale di Forli' con ordinanza in data 6 settembre 2004, in ordine ai capi d'imputazione S (a carico di Sbaraglia Alceo, poi divenuto capo R nell'avviso ex art. 415-bis c.p.p.), V (a carico di Giunchi Tolmino, poi divenuto capo U nell'avviso ex art. 415-bis c.p.p.), W (a carico di Mugnai Milena (poi divenuto capo V nell'avviso ex art. 415-bis c.p.p.) e QQ (a carico di Laghi Roberto, Laghi Giacomo, Laghi Raffaele, Gorzanelli Deri e Gorzanelli Andrea in concorso, poi divenuto capo PP nell'avviso ex art. 415-bis c.p.p.). In particolare, qui rilevano le sentenze della suprema Corte n. 23235 del 21 giugno 2005 (in relazione al capo S, poi divenuto capo R), n. 23239/05 del 21 giugno 2205 (in relazione al capo W, poi divenuto capo V), n. 23465/05 del 22 giugno 2005 (in relazione al capo QQ, poi divenuto capo PP) e n. 27610/05 del 26 luglio 2005 (in relazione al capo V, poi divenuto capo U). Con la prima sentenza la Corte ha ritenuto il ricorso del p.m. «del tutto sfornito di adeguata dimostrazione logico-giuridica, ed altresi' basato su ââvalutazioni puramente di merito'', inammissibili in grado di legittimita', confermando cosi' il provvedimento del tribunale della liberta', che aveva ritenuto l'ââinsussistenza dei gravi indizi di colpevolezza''». Con la seconda sentenza la Corte ha ritenuto il ricorso del p.m. basato su valutazioni attinenti il merito, inammissibili in grado di legittimita', e su «osservazioni critiche rivolte a singoli frammenti della motivazione adottata dal tribunale, indebitamente avulsi dal loro contesto e, a volte, addirittura fraintesi», confermando cosi' il provvedimento del tribunale della liberta', che aveva ritenuto «insussistenti i gravi indizi di colpevolezza». Con la terza sentenza la Corte ha affermato (pag. 6) che il tribunale della liberta' ha «ampiamente giustificato la ritenuta insussistenza di gravi indizi di colpevolezza». Con la quarta sentenza la Corte non ha ravvisato «l'asserita contraddittorieta' fra la riconosciuta insufficienza dell'apparato indiziario e la ritenuta assenza di pericoli di inquinamento probatorio, posto che detta insufficienza non risulta correlata ad alcuna prospettazione di ulteriori, specifiche indagini potenzialmente suscettibili di colmarla», ed ha altresi' ritenuto il ricorso fondato su «valutazioni soggettive puramente di merito», inammissibili in sede di legittimita'. In tutti questi casi, quindi, la suprema Corte «si e' pronunciata in ordine alla insussistenza di gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell'art. 273 c.p.p.», come recita l'art. 405, comma 2 c.p.p. Per i capi in questione il p.m. ha quindi chiesto l'archiviazione, in ossequio a quanto ora prescritto dalla suddetta norma, peraltro rappresentando che, in assenza di tale norma, egli avrebbe chiesto il rinvio a giudizio e che tale norma viola il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione. Ritiene questo giudice pertanto di sollevare la seguente questione di legittimita' costituzionale. Premesso in diritto In effetti, l'art. 405, comma 1-bis c.p.p. si espone a censure non manifestamente infondate di illegittimita' costituzionale. Tale norma (introdotta dall'art. 3, legge 20 febbraio 2006, n. 46) comporta infatti un'indebita dilatazione erga omnes della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza effettuabile, in sede di legittimita', in punto di misure cautelari. Cio' urta con i principi, ribaditi di recente dalla Corte di cassazione, che, armonicamente, regolano il sistema penale in ordine alla valutazione degli indizi di colpevolezza. Si rinvia all'uopo a Cass. 5 gennaio 2005, n. 118 (rv. 232627), laddove si e' affermato: in tema di misure cautelari personali la valutazione del peso probatorio degli indizi e' compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimita', tale valutazione puo' essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicita' della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze gia' esaminate da detto giudice (ex pluribus, Cass., sez. 5ª, 4 dicembre 2002, Proc. Rep. Tribunale Bari in proc. Granata, nonche', Cass., sez. 2ª, 17 dicembre 2004, Scalese ed altro). Va altresi' ricordato che, nella subiecta materia, la nozione di «gravi indizi di colpevolezza» di cui all'art. 273 c.p.p. non si atteggia allo stesso modo del termine «indizi» inteso quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza, che sta ad indicare la «prova logica o indiretta», ossia quel fatto certo connotato da particolari caratteristiche (v. art. 192 c.p.p., comma 2), che consente di risalire ad un fatto incerto attraverso massime di comune esperienza. ...Per l'emissione di una misura cautelare, invece, e' quindi sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilita' sulla responsabilita' dell'indagato in ordine ai reati addebitatigli (di recente, Cass., sez. 2ª, 11 febbraio 2003, Panaro). E cio' deve affermarsi anche dopo le modifiche introdotte dalla legge 1° marzo 2001, n. 63: infatti, nella fase cautelare e' ancora sufficiente il requisito della sola gravita' (art. 273 c.p.p., comma 1), giacche' l'art. 273 c.p.p., comma 1-bis (introdotto, appunto, dalla suddetta legge) richiama espressamente i soli comma 3 e 4, ma non l'art. 192 c.p.p., comma 2, che prescrive la precisione e la concordanza accanto alla gravita' degli indizi: derivandone, quindi che gli indizi, ai fini delle misure cautelari, non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall'art. 192 c.p.p., comma 2, e cioe' con i requisiti della gravita', della precisione e della concordanza (ex pluribus, Cass., sez. 3», 27 marzo 2002, Parziale). .. In proposito, va ricordato che, secondo assunto non controverso, in tema di misure cautelari personali, la valutazione del peso probatorio degli indizi e' compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimita', tale valutazione puo' essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicita' della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze gia' esaminate da detto giudice (ex pluribus, Cass., sez. 5ª, 4 dicembre 2002, Proc. Rep. Tribunale Bari in proc. Granata, nonche', Cass., sez. 2ª, 17 dicembre 2004, Scalese ed altro). ...Va altresi' ricordato che, nella subiecta materia, la nozione di «gravi indizi di colpevolezza» di cui all'art. 273 c.p.p. non si atteggia allo stesso modo del termine «indizi» inteso quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza, che sta ad indicare la prova logica o indiretta «ossia quel fatto certo connotato da particolari caratteristiche (v. art. 192 c.p.p., comma 2), che consente di risalire ad un fatto incerto attraverso massime di comune esperienza. Per l'emissione di una misura cautelare, invece, e' quindi sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilita' sulla responsabilita' dell'indagato in ordine ai reati addebitatigli (di recente, Cass., sez. 2ª, 11 febbraio 2003, Panaro). E cio' deve affermarsi anche dopo le modifiche introdotte dalla legge 1° marzo 2001, n. 63: infatti, nella fase cautelare e' ancora sufficiente il requisito della sola gravita' (art. 273 c.p.p., comma 1), giacche' l'art. 273 c.p.p., comma 1-bis, (introdotto, appunto, dalla suddetta legge) richiama espressamente i soli comma 3 e 4, ma non l'art. 192 c.p.p., comma 2, che prescrive la precisione e la concordanza accanto alla gravita' degli indizi: derivandone, quindi, che gli indizi, ai fini delle misure cautelari, non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall'art. 192 c.p.p., comma 2, e cioe' con i requisiti della gravita', della precisione e della concordanza (ex pluribus, Cass., sez. 3ª, 27 marzo 2002, Parziale). Alcuni passaggi di tale motivazione sono stati successivamente riproposti dalla Corte proprio nella sentenza 7 giugno 2006, n. 19578 (rv. 233787) (con la quale si e' affermato che l'art. 405, comma 1-bis c.p.p. lascia comunque libero il g.i.p. di non accogliere la richiesta di archiviazione), ove si e' ulteriormente rilevato che: «esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e' riservata in via esclusiva al Giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente piu' adeguate (Cass., s.u. 2 luglio 1997, n. 6402, ud. 30 aprile 1997, rv. 207944, Dessimone)». Sintetizzando, quindi, la norma in esame non considera che la valutazione dei gravi indizi in sede di legittimita' (in particolare, in ordine a provvedimenti de libertae) e' sempre vincolata alle risultanze indiziarie ritenute dal giudice di merito e cosi' formalizzate nel provvedimento gravato, ma in astratto non abbraccia tutte le possibili risultanze investigative emerse nel procedimento, in quanto il giudice di merito potrebbe averne tralasciate alcune nel ragionamento da lui seguito. Non puo' peraltro essere il p.m. privato della opportunita' di far valere tali eventuali risultanze, non considerate, nel prosieguo del procedimento (in primis, attraverso la richiesta di rinvio a giudizio o la citazione a giudizio). Inoltre l'art. 405, comma 1-bis c.p.p. sembra confondere gli indizi legittimanti la richiesta di rinvio a giudizio o la citazione a giudizio con i gravi indizi che devono essere posti a fondamento di una misura cautelare, e che hanno pregnanza e dimensione piu' incisiva in considerazione della diversa fase processuale in cui le misure possono intervenire (e di fatto intervengono, ossia quella iniziale delle indagini preliminari), e della gravita' intrinseca delle stesse, che vengono applicate a prescindere del contraddittorio tipico del giudizio. Il fatto che questa norma non impedisca al g.i.p. di non accogliere la richiesta di archiviazione e quindi, ove il g.i.p. lo ritenga, di disporre l'imputazione coatta, non sminuisce la portata negativa della stessa, ne' implica un meccanismo sanante. Infatti la richiesta obbligata di archiviazione da parte del p.m. comporta eventuali passaggi processuali che non si giustificano (fissazione di udienza ex art. 409, comma 2 c.p.p., imputazione coatta, o indicazione di indagini suppletive, che peraltro sarebbero unicamente finalizzate a raccogliere «ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini», come recita la norma, cosi' in violazione del principio di terzieta' del giudice posto dall'art. 111, secondo comma Cost.). Tutto cio' contrasta con le esigenze di economia processuale e con il principio di ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, secondo comma della Costituzione.
P. Q. M. Non essendo pertanto manifestamente infondata la violazione del principio di ragionevolezza e quindi del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., del principio di obbligatorieta' dell'azione penale di cui all'art. 112 Cost.(per essere indebitamente limitata l'autonomia del p.m. nell'esercizio dell'azione penale), dell'art. 111, secondo comma Cost. (per le ragioni sopra dette), questo giudice solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 405, comma 1-bis c.p.p., per contrasto con gli artt. 3, 111, secondo comma e 112 della Costituzione; Dispone pertanto la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente procedimento penale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al p.m., agli indagati Laghi Roberto, Laghi Giacomo, Laghi Raffaele, Gorzanelli Deri e Gorzanelli Andrea, Giunchi Tolmino, Mugnai Milena e Sbaraglia Alceo), alle persone offese Amministrazione provinciale di Forli', Ministero dell'ambiente (presso Avvocatura dello Stato di Bologna), nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Forli', addi' 22 novembre 2007 Il giudice per le indagini preliminari: Leoni