N. 64 SENTENZA 10 - 14 marzo 2008

  Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

  Giurisdizioni   speciali   -  Giurisdizione  dei  giudici  speciali
  tributari  preesistenti  alla Costituzione - Potere del legislatore
  di  modificarne  l'oggetto  -  Ammissibilita' nei limiti in cui non
  «snaturi»  la  materia  attribuita  alle  giurisdizioni  speciali e
  assicuri    la    conformita'   a   Costituzione   delle   medesime
  giurisdizioni.
  -   Costituzione,  artt.  102,  comma  secondo  e  VI  disposizione
  transitoria.
  Giurisdizioni  speciali  -  Giurisdizione  del giudice tributario -
  Natura tributaria della controversia - Necessita'.
  - Costituzione, art. 102, comma secondo.
  Entrate  erariali  -  Criteri  di qualificazione delle entrate come
  tributarie  -  Necessaria  presenza,  al  di  la'  del  nomen iuris
  utilizzato  dal  legislatore, della doverosita' della prestazione e
  del  collegamento di questa alla pubblica spesa, con riferimento ad
  un presupposto economicamente rilevante.
  Giurisdizioni speciali - Giurisdizione tributaria - Assoggettamento
  ad  essa delle controversie relative ai canoni per l'occupazione di
  spazi  ed  aeree  pubblici  (COSAP) - Natura non tributaria di tale
  canone,   in   conformita'   alla  giurisprudenza  della  Corte  di
  Cassazione  costituente  diritto vivente - Conseguente creazione di
  un  giudice  speciale  vietato  dalla Costituzione - Illegittimita'
  costituzionale  parziale  -  Assorbimento dell'ulteriore profilo di
  censura.
  -  D.Lgs.  31  dicembre  1992,  n. 546,  art.  2,  comma 2, secondo
  periodo,  come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del
  d.l.  30  settembre  2005,  n. 203,  convertito, con modificazioni,
  dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248.
  - Costituzione, artt. 102, comma secondo, (25, primo comma).
(GU n.13 del 19-3-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, del
decreto  legislativo  31  dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul
processo  tributario  in attuazione della delega al Governo contenuta
nell'art.  30  della legge 30 dicembre 1991, n. 413), come modificato
dall'art.  3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre
2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni
urgenti   in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,  con
modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1, della legge 2 dicembre 2005,
n. 248,  promosso  con  ordinanza  depositata  il 2 novembre 2006 dal
Tribunale  di Roma nel procedimento civile vertente tra il Condominio
di  Viale  Mazzini n. 119, il Comune di Roma ed altra parte, iscritta
al  n. 459  del  registro  ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 25, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di consiglio del 13 febbraio 2008 il giudice
relatore Franco Gallo.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  di un giudizio, nel quale un contribuente aveva
proposto opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 del codice
di  procedura  civile  nei confronti del Comune di Roma, il Tribunale
ordinario  di  Roma,  con ordinanza depositata il 2 novembre 2006, ha
sollevato,  in riferimento agli artt. 102, secondo comma, e 25, primo
comma,  della Costituzione, questioni di legittimita' dell'art. 2 del
decreto  legislativo  31  dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul
processo  tributario  in attuazione della delega al Governo contenuta
nell'art.  30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) - come modificato
dall'art.  3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre
2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni
urgenti   in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,  con
modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1, della legge 2 dicembre 2005,
n. 248  -,  nella  parte  in  cui stabilisce, nel secondo periodo del
comma  2,  che  appartengono  alla  giurisdizione tributaria anche le
controversie relative alla debenza del suddetto canone.
   2.  - Il Tribunale rimettente premette, in punto di fatto, che: a)
la controversia riguarda la contestazione, da parte del contribuente,
del diritto del Comune di Roma a procedere alla riscossione coattiva,
mediante cartella di pagamento, del canone per l'occupazione di spazi
ed  aree  pubblici  (COSAP)  relativo  all'anno 2000; b) il Comune ha
preliminarmente  eccepito  il  difetto  di  giurisdizione del giudice
adito,  essendo  la  controversia  devoluta  alla giurisdizione delle
commissioni  tributarie  in  forza  del  novellato art. 2 del decreto
legislativo n. 546 del 1992.
   3. - Il giudice a quo premette altresi', in punto di diritto, che:
a)  le commissioni tributarie sono organi giurisdizionali «pienamente
compatibili»  con  il  dettato  costituzionale,  essendo preesistenti
all'entrata  in  vigore  della  Costituzione  (Corte  costituzionale,
sentenze n. 196 del 1982; n. 215 del 1976; ordinanze n. 144 del 1998;
n. 351  del  1995);  b) la loro giurisdizione deve ritenersi limitata
alle   controversie   attinenti  alla  «materia  tributaria»  e  cio'
«costituisce garanzia di compatibilita' con il divieto di istituzione
di nuovi giudici speciali» (ordinanza n. 144 del 1998).
   4.  -  Quanto  alla non manifesta infondatezza delle questioni, il
rimettente  afferma,  sulla  base  delle  indicate  premesse,  che la
disposizione  censurata  -  nello  stabilire  che  «appartengono alla
giurisdizione  tributaria anche le controversie relative alla debenza
del  canone  per  l'occupazione  di  spazi ed aree pubbliche previsto
dall'art.  63  del  decreto  legislativo  15 dicembre 1997, n. 446, e
successive   modificazioni»   -  attribuisce  alla  cognizione  delle
commissioni  tributarie  prestazioni  che,  secondo la giurisprudenza
delle  sezioni  unite  della  Corte  di  cassazione, non hanno natura
tributaria  (sentenze  n. 14864  del 2006; n. 1239 del 2005; n. 12167
del  2003)  ed  ineriscono  a  diritti  soggettivi  rientranti  nella
giurisdizione    del   giudice   ordinario.   La   norma   denunciata
comporterebbe,   pertanto,   lo   snaturamento   della  giurisdizione
tributaria  e,  quindi, la violazione sia del divieto di costituzione
di  nuovi  giudici speciali (art. 102, secondo comma, Cost.), sia del
principio  del  giudice  naturale  precostituito  per legge (art. 25,
primo comma, Cost.).
   Ne',  per  il  giudice a quo, tali dubbi di costituzionalita' sono
superati  dalla  giurisprudenza  delle  sezioni  unite della Corte di
cassazione   (sent.   n. 4895   del   2006),   la   quale,  in  forza
dell'argomento  secondo  cui  «i  canoni  indicati nella disposizione
[...]  attengono  tutti  ad  entrate  che  in  precedenza rivestivano
indiscussa  natura  tributaria», ha ritenuto manifestamente infondata
un'analoga  questione  di  legittimita'  costituzionale  in  tema  di
giurisdizione tributaria sulla tariffa di igiene ambientale (TIA). Ad
avviso del rimettente, infatti, detta giurisprudenza non solo si pone
«in netto contrasto [...] con le pronunce specifiche in tema di COSAP
innanzi richiamate», ma non tiene neppure conto dell'alternativita' -
prevista dalla normativa vigente - tra TOSAP e COSAP.
   Quanto  alla  rilevanza,  infine, il Tribunale di Roma osserva che
«qualunque  decisione  [...] non potra' prescindere dall'eccezione di
difetto  di  giurisdizione sollevata dal convenuto», eccezione la cui
fondatezza  dipende  dall'applicabilita',  nel  giudizio  principale,
della disposizione censurata.
   5.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto nel
giudizio  di  legittimita'  costituzionale  ed ha chiesto dichiararsi
l'infondatezza delle sollevate questioni.
   Nel  merito,  la  difesa  erariale afferma che: a) «Un ampliamento
della   competenza  delle  Commissioni  Tributarie  non  equivale  ad
istituzione   di   un  nuovo  giudice  speciale»;  b)  «l'intervenuta
revisione  non  vincola il legislatore ordinario a mantenere immutati
nell'ordinamento  e  nel funzionamento le Commissioni Tributarie come
gia'  revisionate»; c) «Non puo' dirsi che la mera attribuzione della
competenza  a  conoscere  dei canoni di concessione per l'occupazione
dei   suoli   pubblici   snaturi   le   competenze  originarie  delle
Commissioni:  tale  competenza  si  aggiunge  a  quella relativa alla
materia  propriamente  tributaria,  in  una  logica  di  sistema  che
considera  la  natura  pubblicistica  dell'entrata  la quale, pur non
essendo   stricto   sensu   tributaria,   e'  certamente  fiscale  ed
altrettanto  certamente  non  e'  privatistica,  rett[a], come e', da
principi e regole non dissimili da quelli che presiedono la tassa».
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il  Tribunale  ordinario  di Roma dubita della legittimita'
costituzionale  dell'art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992,
n. 546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in attuazione della
delega  al  Governo  contenuta  nell'art.  30 della legge 30 dicembre
1991, n. 413) - come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b),
del  decreto-legge  30  settembre  2005,  n. 203 (Misure di contrasto
all'evasione  fiscale  e disposizioni urgenti in materia tributaria e
finanziaria),  convertito,  con  modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui stabilisce,
nel  secondo periodo del comma 2, che appartengono alla giurisdizione
tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per
l'occupazione di spazi ed aree pubblici (COSAP).
   In  particolare,  il  Tribunale  afferma  che  la norma denunciata
viola:  a)  l'art.  102,  secondo  comma, della Costituzione, perche'
snaturerebbe  la  giurisdizione  di cui sono investite le commissioni
tributarie,  creando  cosi'  un  nuovo giudice speciale vietato dalla
Costituzione;  b) l'art. 25, primo comma, Cost., perche', attribuendo
ai  giudici  tributari la cognizione delle controversie relative alla
debenza  del  COSAP,  distoglierebbe  dette controversie - relative a
prestazioni  che  non  hanno  natura tributaria - dal proprio giudice
naturale, e cioe' da quello civile.
   2.  -  La questione sollevata in riferimento all'art. 102, secondo
comma, Cost. e' fondata.
   Al  riguardo, va premesso che, come riconosciuto dalla consolidata
giurisprudenza  di  questa  Corte,  la  giurisdizione tributaria deve
essere  considerata  un organo speciale di giurisdizione preesistente
alla  Costituzione  (ex  plurimis: sentenza n. 50 del 1989; ordinanze
n. 144  del  1998,  n. 152 del 1997, n. 351 del 1995). Cio' posto, si
perviene alla conclusione della fondatezza della questione attraverso
i   seguenti   due   passaggi   argomentativi:  1)  la  modificazione
dell'oggetto   della   giurisdizione   degli   organi   speciali   di
giurisdizione  preesistenti  alla  Costituzione e' consentita solo se
non snaturi la materia originariamente attribuita alla cognizione del
giudice  speciale;  2) una volta che, conformemente a quanto asserito
dal  diritto  vivente,  sia  esclusa  la natura tributaria del COSAP,
l'attribuzione  alla  giurisdizione tributaria - ad opera della norma
censurata  -  delle  controversie  relative  a tale canone snatura la
materia   originariamente  attribuita  alla  cognizione  del  giudice
tributario  e,  conseguentemente,  viola  l'evocato art. 102, secondo
comma, Cost.
   2.1.  - Con riguardo al primo passaggio argomentativo, concernente
il  limite  entro  il  quale  la Costituzione consente al legislatore
ordinario   di   modificare,   senza   snaturarlo,   l'oggetto  della
giurisdizione  dei giudici speciali tributari, va ricordato che, come
affermato  in via generale da questa Corte (sentenze n. 196 del 1982,
n. 215  del  1976,  n. 41  del  1957;  ordinanza n. 144 del 1998): a)
l'evocato  art. 102, secondo comma, Cost. vieta l'istituzione ex novo
di  giudici  speciali  diversi  da  quelli  espressamente nominati in
Costituzione;  b) la VI disposizione transitoria della Costituzione -
ad  integrazione  della  disciplina posta dal citato art. 102 Cost. -
impone  l'obbligo di effettuare la revisione degli organi speciali di
giurisdizione preesistenti alla Costituzione («salvo le giurisdizioni
del  Consiglio  di  Stato,  della  Corte  dei  conti  e dei tribunali
militari»)  entro  il termine ordinatorio di cinque anni dall'entrata
in  vigore  della  Costituzione  medesima. Questa stessa Corte ha poi
precisato che, benche' l'indicata revisione non crei nell'ordinamento
«una   sorta   di   immodificabilita'   nella  configurazione  e  nel
funzionamento»   delle   giurisdizioni   revisionate,   tuttavia   il
legislatore  ordinario  - nel modificare la disciplina di tali organi
giurisdizionali  -  incontra il duplice limite costituzionale «di non
snaturare    (come   elemento   essenziale   e   caratterizzante   la
giurisprudenza speciale) le materie attribuite» a dette giurisdizioni
speciali  «e  di  assicurare  la  conformita'  a  Costituzione» delle
medesime   giurisdizioni   (ordinanza   n. 144  del  1998).  Da  tale
giurisprudenza  si  desume che il menzionato duplice limite opera con
riferimento  ad  ogni modificazione legislativa riguardante l'oggetto
delle  giurisdizioni  speciali preesistenti alla Costituzione (sia in
sede  di  prima  revisione,  che successivamente) e, altresi', che il
mancato   rispetto   del   limite   di  «non  snaturare»  le  materie
originariamente  attribuite  alle  indicate  giurisdizioni si traduce
nell'istituzione  di un nuovo giudice speciale, espressamente vietata
dall'art.  102  Cost.  L'identita' della natura delle materie oggetto
delle  suddette  giurisdizioni  costituisce,  cioe',  una  condizione
essenziale  perche'  le modifiche legislative di tale oggetto possano
qualificarsi  come  una consentita «revisione» dei giudici speciali e
non come una vietata introduzione di un nuovo giudice speciale.
   2.1.1.  -  In  coerenza  con  i  sopra  evidenziati principi e con
specifico  riferimento  alla  materia  devoluta  alla  cognizione dei
giudici  tributari,  questa  Corte ha rilevato, in numerose pronunce,
che   la   giurisdizione   del  giudice  tributario  «deve  ritenersi
imprescindibilmente  collegata» alla «natura tributaria del rapporto»
(ordinanze  n. 395  del 2007; n. 427, n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006).
In  particolare,  con  dette  pronunce,  la  Corte - in riferimento a
questioni   di  costituzionalita'  di  disposizioni  che,  secondo  i
rimettenti,   avrebbero   attribuito   alla  cognizione  dei  giudici
tributari  controversie  non  aventi  natura  tributaria e, pertanto,
avrebbero violato l'art. 102, secondo comma, Cost. - ha dichiarato la
manifesta  inammissibilita'  delle  sollevate  questioni,  perche'  i
giudici   a   quibus   non   avevano   neppure   tentato  di  fornire
un'interpretazione   costituzionalmente  orientata  delle  denunciate
disposizioni. Essi, infatti, non avevano esplorato la possibilita' di
interpretare  tali  disposizioni nel senso che esse mantenevano ferma
la  competenza  del  giudice  ordinario  in materie non tributarie e,
pertanto,  non  avevano  spezzato  il  nesso  di  inscindibilita' tra
giurisdizione  tributaria e materia tributaria richiesto dall'evocato
parametro costituzionale.
   2.1.2.   -  Da  quanto  precede  deriva  che  l'attribuzione  alla
giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria
comporta  la  violazione  del  divieto  costituzionale  di  istituire
giudici   speciali.  Tale  illegittima  attribuzione  puo'  derivare,
direttamente,  da  una espressa disposizione legislativa che ampli la
giurisdizione   tributaria   a   materie   non   tributarie   ovvero,
indirettamente,  dall'erronea  qualificazione  di tributaria data dal
legislatore  (o  dall'interprete)  ad  una  particolare materia (come
avviene,  ad  esempio,  allorche'  si  riconducano indebitamente alla
materia  tributaria  prestazioni  patrimoniali  imposte di natura non
tributaria).  Per valutare la sussistenza della denunciata violazione
dell'art.  102,  secondo comma, Cost., occorre accertare, percio', se
la  controversia  devoluta  ai giudici tributari abbia o no effettiva
natura tributaria. E, a tal fine, non si puo' prescindere dai criteri
elaborati  dalla  giurisprudenza di questa Corte per qualificare come
tributarie  le  entrate  erariali; criteri che, indipendentemente dal
nomen  iuris  utilizzato dalla normativa che disciplina tali entrate,
consistono  nella doverosita' della prestazione e nel collegamento di
questa  alla  pubblica  spesa,  con  riferimento  ad  un  presupposto
economicamente rilevante (ex multis: sentenze n. 334 del 2006 e n. 73
del 2005).
   Al  riguardo,  va  sottolineato  che,  ove  sia stata accertata la
natura  non  tributaria  della materia attribuita alla cognizione dei
giudici  tributari, si deve affermare l'illegittimita' costituzionale
di detta attribuzione, ne' possono addursi in contrario argomenti che
non trovano fondamento nell'art. 102, secondo comma, Cost. e nella VI
disposizione  transitoria della Costituzione. Ad esempio, non sarebbe
sufficiente,   al  fine  di  negare  lo  snaturamento  della  materia
attribuita   alla   giurisdizione   tributaria,   affermare   che  le
controversie  relative  ad  alcuni particolari canoni, pur non avendo
natura  tributaria,  sono  legittimamente  attribuite alla cognizione
delle  commissioni  tributarie  per  la  sola  ragione  che  il fatto
generatore  delle  suddette  prestazioni  patrimoniali  e'  simile al
presupposto  che,  in  passato, avevano avuto alcuni tributi. Neppure
sarebbe   sufficiente   addurre  mere  ragioni  di  opportunita'  per
giustificare,  sul  piano costituzionale, la cognizione, da parte dei
giudici   tributari,   di  controversie  non  tributarie  riguardanti
fattispecie   in   qualche   misura   simili  a  quelle  propriamente
tributarie. Al contrario, come gia' rilevato, il difetto della natura
tributaria  della  controversia  fa  necessariamente  venir  meno  il
fondamento costituzionale della giurisdizione del giudice tributario,
con la conseguenza che l'attribuzione a tale giudice della cognizione
della   suddetta   controversia   si  risolve  inevitabilmente  nella
creazione, costituzionalmente vietata, di un nuovo giudice speciale.
   2.2.   -  Con  riguardo  al  sopra  menzionato  secondo  passaggio
argomentativo, concernente la natura non tributaria del COSAP, questa
Corte   deve   preliminarmente  prendere  atto  che  la  disposizione
censurata  e'  stata  oggetto  di  numerose  pronunce  della Corte di
cassazione.  Tale  giurisprudenza,  dopo  aver inserito il denunciato
art.  3-bis,  comma  1, lettera b), del decreto-legge n. 203 del 2005
nell'ambito   di   una   tendenza   del   legislatore   ad   ampliare
progressivamente  l'oggetto  della  giurisdizione tributaria mediante
successive  modificazioni  dell'art. 2 del decreto legislativo n. 546
del  1992,  ha costantemente dichiarato che le controversie attinenti
al  COSAP non hanno natura tributaria (ex multis, Cassazione, sezioni
unite  civili,  nn.  25551,  13902, 1611 del 2007; n. 14864 del 2006;
n. 1239   del   2005;  n. 5462  del  2004;  n. 12167  del  2003).  In
particolare,  la  Cassazione,  dopo  aver  rilevato  che  il COSAP si
applica   in   via  alternativa  al  tributo  denominato  «tassa  per
l'occupazione  di  spazi ed aree pubbliche» (TOSAP), ha precisato che
detto canone, da un lato, «e' stato concepito dal legislatore come un
quid   ontologicamente   diverso,   sotto   il  profilo  strettamente
giuridico,  dal  tributo  (Tosap)  in  luogo  del  quale  puo' essere
applicato»  e,  dall'altro,  «risulta disegnato come corrispettivo di
una  concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva),
dell'uso esclusivo o speciale di beni pubblici».
   Tali decisioni circa la natura non tributaria del COSAP, che - per
il  numero  elevato,  la  sostanziale  identita'  di  contenuto  e la
funzione  nomofilattica dell'organo decidente - costituiscono diritto
vivente,  prospettano una ricostruzione plausibile dell'istituto, non
in   contrasto   con   i  sopra  ricordati  criteri  elaborati  dalla
giurisprudenza  costituzionale per individuare le entrate tributarie.
Non sussistono ragioni, pertanto, perche' questa Corte proceda ad una
autonoma valutazione circa la natura del COSAP.
   3.  -  Dalla  evidenziata  esclusione  della natura tributaria del
COSAP  discende,  dunque, l'illegittimita' costituzionale della norma
denunciata,  perche' questa attribuisce alla giurisdizione tributaria
la cognizione di controversie relative a prestazioni patrimoniali non
tributarie  e,  pertanto,  si  risolve  nella creazione di un giudice
speciale vietato dal secondo comma dell'art. 102 Cost.
   4. - Resta assorbita la questione sollevata dal giudice rimettente
con riferimento all'art. 25, primo comma, Cost.
              per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2, comma 2,
secondo  periodo,  del  decreto  legislativo 31 dicembre 1992, n. 546
(Disposizioni  sul  processo tributario in attuazione della delega al
Governo   contenuta  nell'art.  30  della  legge  30  dicembre  1991,
n. 413) -  come  modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del
decreto-legge   30   settembre  2005,  n. 203  (Misure  di  contrasto
all'evasione  fiscale  e disposizioni urgenti in materia tributaria e
finanziaria),  convertito,  con  modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della  legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui stabilisce
che «Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie
relative  alla  debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree
pubbliche  previsto  dall'articolo  63  del  decreto  legislativo  15
dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni».
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2008.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Gallo
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 14 marzo 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola