N. 78 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 novembre - 6 dicembre 2007

  Ordinanza  del  6 dicembre 2007 emessa dal Tribunale amministrativo
regionale   del   Lazio  sui  ricorsi  riuniti  proposti  dall'Unione
Regionale  Sanita'  Privata  -  U.R.S.A.P.  ed altri contro Ministero
della salute ed altri

  Sanita'  pubblica  - Prestazioni specialistiche e di diagnostica di
  laboratorio   rese  da  strutture  private  accreditate  -  Obbligo
  dell'applicazione  di uno sconto tariffario rispettivamente del 2 e
  del 20 per cento sulle tariffe di cui al Decreto del Ministro della
  Sanita'  22  luglio  1996  -  Incidenza sul diritto di difesa e sui
  principi   di  tutela  della  salute,  di  liberta'  di  iniziativa
  economica privata, di buon andamento della pubblica amministrazione
  e  di tutela giurisdizionale - Violazione della sfera di competenza
  regionale  per  la  diretta  determinazione  delle tariffe in luogo
  della previsione di criteri per la determinazione delle stesse.
  - Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 796, lett. o).
  - Costituzione, artt. 24, 32, 41, 97, 113 e 117.
(GU n.14 del 26-3-2008 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti n. 1664 e
n. 6998  del  2007  proposti dalla Unione Regionale Sanita' Privata -
URSAP,  in persona del Presidente, legale rappresentante pro tempore,
unitamente  a  Laboratorio Analisi Cliniche De Santis Monaldi S.r.l.,
in  persona  dell'amministatore  unico  (per il ricorso 1664/2007) ed
unitamente  a  Unione  Regionale  Sanita'  Privata - URSAP, Unione di
categoria  di  Federlazio  (Associazione  piccole e medie imprese del
Lazio),  in  persona  del  presidente  e  legale  rappresentante  pro
tempore,  nonche'  da  Analisi  Cliniche Portuense S.r.l., Cinthianum
Labac  s.r.l.,  Biolab  S.r.l.,  Laboratorio  Facastoro S.r.l., T. De
Sanctis  Monaldi  S.r.l.; Laboratorio Analisi Cliniche «Igea» s.n.c.,
SA.FI.M.,   Ricerche  Cliniche  Clodio  s.n.c.,  Laboratorio  analisi
cliniche  Giordani, analisi cliniche OBios S.r.l., Centro diagnostico
Fleming  S.r.l.,  Polilab  S.r.l.,  Sermolab  S.r.l., Bioroma S.r.l.,
Centro  medico  di patologia clinica Redi S.r.l., Laboratorio analisi
cliniche  S. Anastasia Gigilioli, Studio medico specialistico Colombo
S.r.l.,  analitica Asklepeion S.r.l., laboratorio analisi cliniche S.
Anastasia  S.r.l.,  Caffaro  S.r.l.,  Marilab  S.r.l.  studio  medico
Somalia  Salus,  Laboratorio  Salus S.r.l., Gilar S.r.l., Laboratorio
Iris  S.r.l.,  Biomedical  s.r.l., laboratorio analisi cliniche delle
Valli  s.r.l.,  Laboratorio analisi cliniche iperiore S.r.l., Casa di
cura  Nuova Villa Claudia S.r.l., Laboratorio Tor Bella Monaca S.r.l.
(per  il  ricorso n. 6998/2007), rappresentati e difesi in entrambi i
giudizi dagli avvocati Angelo Clarizia e Stefano Tarullo, domiciliati
in Roma, via Principessa Clotilde n. 2, presso lo studio del primo;
   Contro  il  Ministero della salute ed il Ministero dell'economia e
delle  finanze  in  persona  dei  rispettivi  Ministri  pro  tempore,
rappresentati   e   difesi   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
domiciliataria  ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; la Regione
Lazio,   in   persona   del   legale   rappresentante   pro  tempore,
rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Teresa  Chieppa  dell'Avvocatura
regionale,  presso  la  quale e' domiciliata in Roma, via Marcantonio
Colonna  n. 27  (per  il ricorso n. 6998/2007); e nei confronti della
regione  Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non
costituita   in   giudizio   (per   il   ricorso  n  1664/2007);  per
l'annullamento:
     quanto al ricorso n 1664/2007:
      del  decreto  del  Ministro  della  salute  12  settembre 2006,
adottato  di  concerto  col  Ministro  dell'economia e delle finanze,
relativo  a «Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime
per la remunerazione delle prestazioni sanitarie»;
      di ogni atto connesso;
     quanto al ricorso n. 6998/2007:
      1)  della  delibera  della Giunta regionale Lazio n. 436 del 19
giugno  2007  di  approvazione  del  sistema  di  finanziamento  e di
remunerazione    delle   prestazioni   assistenziali   specialistiche
ambulatoriali  erogate  da  soggetti  pubblici,  equiparati e privati
accreditati, cosi' come descritto nell'allegato n. 3;
      2)  del  suddetto  allegato n. 3 «Sistema di finanziamento e di
remunerazione    delle   prestazioni   dell'attivita'   specialistica
ambulatoriale  per  l'anno  2007»,  criteri  utilizzati per il budget
2007);
      3)  del  Piano  di rientro approvato con delibera di G.R. n. 93
del 12 febbraio 2007, atto presupposto;
      4)
della  delibera  della  G.R.  6  marzo  2007  n. 149  di approvazione
dell'accordo sul Piano con il Ministero della salute;
      5)
di ogni altro atto connesso, in parte qua;
   Visti ricorsi con i relativi allegati;
   Visti  gli  atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni
resistenti;
   Viste le memorie prodotte dalle parti;
   Visti gli atti di causa;
   Uditi, alla pubblica udienza del 17 ottobre 2007, con designazione
del  cons. Carlo Taglienti relatore della causa, gli avvocati come da
verbale di udienza;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
                              F a t t o
   I) Con il primo dei ricorsi in epigrafe (n. 1664/07) notificato il
9  febbraio  2007  e  depositato il 23 successivo, l'Unione regionale
sanita'  privata  URSAP,  unitamente ad un laboratorio di analisi, ha
impugnato  il  decreto  del  Ministero della salute 12 settembre 2006
pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  del 13 dicembre 2006, n. 289,
recante «Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime per
la   remunerazione   delle   prestazioni  sanitarie»  contestando  in
particolare  l'art. 3 che richiama il d.m. sanita' 22 luglio 1996 per
individuare  il  limite massimo tariffario per la remunerazione delle
prestazioni  di assistenza specialistica e ambulatoriale a carico del
Servizio   sanitario  nazionale,  consentendo  tariffe  maggiori  con
relativo onere a carico delle regioni che intendano deliberarle.
   Ricostruito  il quadro normativo, a livello nazionale e regionali,
i ricorrenti avanzano i seguenti profili di censura:
     1) violazione dell'art. 8-sexies, comma 5 del d.lgs. 30 dicembre
1992,  n. 502;  dell'art.  1,  comma 170 della legge 30 dicembre 2004
n. 311; dell'art. 41 Cost; del «Patto per la salute» del 28 settembre
2006;  eccesso  di  potere  per  carenza  dei  presupposti,  errore e
travisamento di fatti, illogicita', contraddittorieta', disparita' di
trattamento,   ingiustizia   manifesta,   carenza  istruttoria  e  di
motivazione:  il d.m. del 1996 (c.d. decreto Bindi) risulta annullato
dal  Consiglio  di  Stato  con  decisione della sez. IV 29 marzo 2001
n. 1839 passata in giudicato che ha, tra l'altro censurato la mancata
valutazione dei costi nella determinazione delle tariffe e l'assoluta
carenza   istruttoria,   correlazione  resa  obbligatoria  per  legge
dall'art 8-sexies, comma 5 del d.lgs. n. 502/1992 introdotto dall'art
8  del  d.lgs. 19 giugno 1999, n 229, ed ora anche dall'art. 1, comma
170  della  finanziaria  2005 (legge n. 311/2004); la remunerazione a
tariffa  interessa  di  fatto  solo  le  strutture private; i decreti
ministeriali correttivi del d.m. 22 luglio 1996 risultano irrilevanti
ai  fini  della  presente vertenza, per la specificita' e parzialita'
degli  interventi;  la  Conferenza  permanente  Stato--regioni  aveva
espresso  parere contrario al d.m. qui impugnato, il quale nulla dice
a  tale  proposito  per  superare nel merito i rilievi effettuati dal
suddetto organo.
   Si   sono   costituite   le   amministrazioni   statali  intimate,
depositando  un  rapporto  del  Ministero  della salute, nel quale si
sostiene  che  il  decreto  impugnato  e'  atto  di  prima attuazione
dell'art.  1,  comma  170  della  legge n. 311/2004, la quale prevede
espressamente   che  gli  importi  tariffari  fissati  dalle  singole
regioni,  superiori  a  quelli  massimi stabiliti dal Ministero della
salute,  sono  a carico delle regioni stesse che determina i rapporti
economici  tra  Stato  e  regioni  e  si  inserisce nell'ambito delle
risorse  programmate per il Servizio sanitario nazionale; che il d.m.
del  1996  venne  annullato  solo  parzialmente;  che comunque quello
attuale  risponde  ad  una diversa logica, e cioe' quella del riparto
degli  oneri  tra  Stato  e  regioni; che il riferimento agli importi
numerici del 1996 scaturisce da un accertamento economico finanziario
dal  quale  risulta  che  in  molte  regioni  quei parametri appaiono
tutt'ora  congrui;  che  l'art.  1,  comma  796, lett. o) della legge
n. 296/2006  opera  una  riduzione percentuale delle tariffe indicate
nel d.m. del 1996.
   Con  memoria  i  ricorrenti evidenziano che, nei fatti, la regione
Lazio  non  ha adottato tariffe superiori a quelle di riferimento del
1996,   che   la  finanziaria  del  2007  ha  operato  una  ulteriore
decurtazione  tariffaria,  che non risulta depositato alcun documento
istruttorio  della  presunta  «ricognizione»; dagli atti parlamentari
relativi  alla  finanziaria  2007  risulta  che  e' stato respinto il
tentativo  di  reintrodurre  per  legge il tariffario «Bindi»; questo
risulta applicato solo nelle Regioni Emilia Romagna, Toscana e Umbria
ove  in pratica non vi sono strutture private; la non remunerativita'
delle  tariffe  del  96  deriva,  oltre  che dal lungo lasso di tempo
trascorso,  dalla  notoria  svalutazione conseguente all'introduzione
dell'euro nel nostro sistema monetario.
   II) Con il secondo dei ricorsi epigrafati (n. 6998/07), notificato
il  31  luglio  2007  e  depositato  il 1 agosto successivo, l'URSAP,
unitamente  ad altri laboratori, impugua gli atti della Regione Lazio
di  approvazione  delle  tariffe  massime:  ed  atti connessi, meglio
indicati  in  epigrafe, individuate, secondo i ricorrenti, tra quelle
piu'  basse  del  «decreto  Bindi»  e  quelle  del  precedente d.m. 7
novembre  1991, con applicazione dell'ulteriore sconto del 20 % sulle
prestazioni  di  laboratorio  di  analisi  e  del  2 % sulle restanti
prestazioni, in base alla finanziaria 2007.
   Premessa  anche  qui  una  ricostruzione  normativo-amministrativa
della vicenda, i ricorrenti deducono:
     a) sul nuovo tariffario regionale:
      illegittimita'   derivata   per   illegittimita'  del  d.m.  12
settembre  2006; violazione dell'art. 8-sexies, comma 5 del d.lgs. 30
dicembre  1992, n. 502; violazione dell'art. 1, comma 170 della legge
30  dicembre 2004, n. 311; violazione degli articoli 3, 7, 8, 9, 10 e
21-quinquies  della  legge  n. 241/1990;  violazione del principio di
buona  fede e dell'affidamento, dell'art. 41 Cost., del «Patto per la
salute»  del  28  settembre  2006;  eccesso di potere per carenza dei
presupposti, travisamento dei fatti, filogicita', contraddittorieta',
disparita'    di    trattamento,   ingiustizia   manifesta,   carenza
d'istruttoria, difetto di motivazione; violazione degli articoli 10 e
81 del Trattato CE: il d.m. 22 luglio 1996 (decreto «Bindi») e' stato
annullato  dal  Consiglio  di  Stato  che  aveva rilevato una carenza
istruttoria;  la  stessa  carenza  istruttoria inficia il decreto del
2006;   la   delibera   regionale  n. 436/2007  presenta  profili  di
contraddittorieta'  con  la  delibera di poco precedente n. 268/2007,
che  gia' realizzava un risparmio superiore a quello programmato; non
sono state sentite le associazioni di categoria; non e' stata seguita
la  procedura  per  gli  atti  di  revoca  (art.  21-quinquies, legge
n. 241/1990);   il  tentativo  di  reintrodurre  legislativamente  il
tariffario  «Bindi»  in  finanziaria  risulta  frustrato  dagli  atti
parlamentari;  non  e' stata effettuata la ricognizione delle tariffe
ex  art.  1,  comma  170,  legge n. 311/2004; la delibera n. 436/2007
dimostra   che  l'ipotesi  di  tariffe  regionali  piu'  elevate  era
meramente  teorica,  non  si e' tenuto minimamente conto del notevole
aumento  dei  costi nel decennio trascorso (risulterebbero tariffe ad
es. di euro 1 per le analisi delle urine ed euro 0,43 per un prelievo
venoso);  i  provvedimenti  violano gli artt. 10 e 81 del Trattato CE
sulla libera concorrenza.
     b) sulla rideterminazione dei tetti di spesa:
      invalidita'   derivata,  violazione  di  legge  violazione  del
principio  di buon andamento ex art. 97 Cost; violazione artt. 3 e 41
cost.  violazione  del  principio  del  giusto procedimento, anche in
relazione  alla violazione dell'art. 8-sexies del d.lgs. n. 502/1992;
violazione  della  legge regionale Lazio n. 4/2003, dell'art. 3 della
legge  n. 241/90;  eccesso  di  potere  per  errore  nei presupposti,
travisamento   dei   fatti,   difetto  d'istruttoria,  disparita'  di
trattamento, difetto di motivazione, contraddittorieta', illogicita',
violazione   del   principio   di   affidamento   e  del  divieto  di
retroattivita' delle determinazioni tariffarie: le delibere regionali
sono  illegittime  per  derivazione  dalla  illegittimita' del d.m 12
settembre  2006;  le tabelle 3-bis e 3-ter della delibera n. 436/2007
operano  una  applicazione  retroattiva  delle  tariffe, dimezzando i
budget  dell'anno precedente, in un primo tempo autorizzati anche per
l'anno  in  corso;  non  e'  stato  operato  nessun bilanciamento tra
privato affidamento ed esigenze finanziarie disparita' di trattamento
si verifica con le strutture pubbliche, solo formalmente remunerate a
tariffa, ma normalmente «ripianate» a pie' di lista con finanziamenti
regionali, non soggette a tetti di spesa ne' alla riduzione del 20 %;
viene compressa la liberta' di scelta del cittadino.
   Con  memoria  del  2  ottobre 2007 i ricorrenti ribadiscono tesi e
ragioni.
   Si e' costituita in giudizio la regione Lazio.
   Alla  pubblica  udienza  del  17  ottobre 2007 le cause sono state
chiamate unitariamente per la discussione e sono quindi state spedite
in decisione.
                            D i r i t t o
   Preliminarmente il Collegio dispone la riunione dei due ricorsi in
epigrafe  indicati,  per  evidenti ragioni di connessione oggettiva e
soggettiva, onde pervenire alla loro soluzione con unica decisione.
   1)  Con  il  primo si contesta la legittimita' del d.m. Sanita' 12
settembre  2006  recante  «Ricognizione  e  primo aggiornamento delle
tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie», ed
in particolare dell'art. 3 che richiama le tariffe approvate con d.m.
Sanita' 22 luglio 1996.
   In  primo  luogo  non  e'  seriamente  dubitabile  della lesivita'
dell'atto  impugnato,  anche  se  in  esso  si prevede che le regioni
possono  fissare tariffe piu' elevate di quelle a carico del Servizio
sanitario nazionale.
   A prescindere infatti dalla circostanza di fatto, verificabile col
secondo  dei ricorsi in epigrafe, che la Regione Lazio in particolare
non  si  e'  avvalsa  di  tale  facolta',  che comportava comunque la
necessita'  di  finanziarie  col  proprio  bilancio  tali  aumenti di
tariffe,   appare  evidente  come  i  parametri  tariffari  stabiliti
dall'Amministrazione  statale  costituiscano  un  punto  fermo  ed un
orientamento   preciso   per   le  regioni,  mentre  possibili  (solo
teoricamente)   tariffe  massime  piu'  elevate  costituiscono  nella
fattispecie  una  mera eventualita'; costituiscono altresi' un chiaro
condizionamento  del comportamento regionale in quanto a tariffe piu'
elevate   corrisponderebbe   una   minore   necessita'   di  adottare
provvedimenti con onere a carico delle regioni stesse.
   Il ricorso nel merito e' fondato e deve essere accolto.
   I ricorrenti contestano in primo luogo la determinazione contenuta
al  primo  comma,  lettera  a),  dell'art.  3  di  detto  decreto che
testualmente  recita:  «le tariffe massime per la remunerazione delle
prestazioni  di  assistenza  specialistica ambulatoriale a carico del
Servizio  sanitario nazionale sono quelle individuate dal decreto del
Ministro  della sanita' del 22 luglio 1996 «Prestazioni di assistenza
specialistica   ambulatoriale   erogabili  nell'ambito  del  servizio
sanitario nazionale e relative tariffe.».
   La  censura  di  difetto  d'istruttoria  e  di  motivazione  e  di
violazione  dell'art.  8-sexies, comma 5 del d.lgs. 30 dicembre 1992,
n. 502,  introdotto  dall'art.  8, comma 4 del d.lgs. 19 giugno 1999,
n. 229 e dell'art. 1, comma 170 della legge 30 dicembre 2004, n. 311,
appare fondata.
   In  primo  luogo  il  decreto  qui  impugnato richiama e rende ora
applicabili  le  tariffe  determinate con un decreto ministeriale che
risulta  annullato in sede giurisdizionale dal Consiglio di Stato con
sentenza  della  sez.  IV 29 marzo 2001, n. 1839; a prescindere dalla
questione,   peraltro   poco   comprensibile,   posta   dalla  difesa
dell'Amministrazione  sulla  possibilita'  di  far  rivivere  solo le
tariffe  e non il decreto in quanto caducato, il Collegio rileva come
il  principale  difetto  istruttorio  derivi  dal  fatto  che  l'atto
impugnato  non  da'  minimamente conto di tale questione; che l'abbia
ignorata  perche' non a conoscenza dell'annullamento giurisdizionale,
ovvero    perche'    riteneva    comunque    possibile,    nonostante
l'annullamento,  far rivivere dette tariffe, appare comunque evidente
il  difetto  di  istruttoria e di motivazione del provvedimento sotto
tale profilo.
   Peraltro   tale   circostanza  ha  condotto  l'amministrazione  ad
incorrere  negli stessi vizi rilevati dal Consiglio di Stato, che, in
buona  sostanza  aveva  evidenziato  un  difetto di istruttoria nella
determinazione  delle  tariffe  per  mancata applicazione dei precisi
criteri  dettati  dallo  stesso  Ministero  col  d.m. 15 aprile 1994,
all'art  3:  qui  si  dice espressamente che le tariffe devono essere
fissate  sulla  base  del  costo  standard  di produzione e dei costi
generali,   in  quota  percentuale  rispetto  ai  costi  standard  di
produzione.  Il  comma  2  detta  poi  criteri  assai dettagliati per
calcolare le componenti del costo standard.
   Premesso  che  gia'  il  Consiglio di Stato ritenne applicabili al
decreto  ministeriale  di fissazione delle tariffe allora impugnato i
criteri   contenuti  nel  d.m.  del  1994, il  dubbio  puo'  comunque
ritenersi non proponibile nella presente fattispecie, in quanto nelle
premesse  del decreto qui impugnato si richiama espressamente il d.m.
Sanita'   14  aprile  1994,  che  quindi  la  stessa  amministrazione
resistente ritiene ancora in vigore ed applicabile.
   Peraltro  la  necessita'  (logica)  di  fissare le tariffe massime
tenendo conto dei costi di produzione standard e delle quote standard
dei  costi  generali,  risulta  ora recepito in norma di legge chiara
quale  l'art.  8-sexies,  comma  5 del d.lgs. n. 502/1992, introdotto
dall'art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 229/1999.
   Sinteticamente il principio si trova anche nell'art. 1, comma 170,
della legge finanziaria 30 dicembre 2004 n. 311.
   Ora,  che l'amministtazione non abbia seguito i suddetti criteri e
non  abbia  quindi  effettuato una analitica istruttoria sui costi di
produzione,  prima  di  determinare  le tariffe massime da remunerare
tramite  Servizio  sanitario nazionale lo dimostra sia la circostanza
che  non e' stato prodotto in giudizio nessun atto istruttorio di tal
genere,  sia  soprattutto  il  fatto  che  il  provvedimento richiama
puramente  e  semplicemente  in  atto  di  dieci  anni  prima, la cui
istruttoria,  ammesso  che  potesse  considerarsi allora adeguata «in
disparte»  la  circostanza  che  detto  atto  e'  stato annullato dal
Giudice  amministrativo  proprio  per  difetto  istruttorio), avrebbe
sicuramente  avuto  necessita'  di  un  aggiornamento di verifica per
valutare  la  congruita' dei costi di dieci anni prima (basterebbe al
riguardo  richiamare il «fatto notorio» del cambiamento valutario che
ha comportato un significativo aumento generalizzato dei costi).
   I   ricorrenti   evidenziano  altresi'  un  ulteriore  profilo  di
illegittimita',  di  natura  procedurale, costituito dal fatto che il
provvedimento  impugnato  non reca alcuna motivazione per superare il
parere contrario della Conferenza Stato-regioni.
   E pur  vero  che l'originaria previsione, contenuta nel citato art
8-sexies,  comma 5, dell'obbligo di intesa del Ministro della Sanita'
con la Conferenza e' stata poi modificata in mero parere obbligatorio
dall'art. 1, comma 170 della finanziaria per il 2005, tuttavia appare
evidente  la necessita' comunque di motivare, seppure sinteticamente,
sulle   ragioni   che   hanno  condotto  l'amministrazione  agente  a
disattendere  il  parere  di un cosi' importante organo (col quale in
precedenza  era  necessaria l'intesa), anche se i profili attenevano,
almeno  secondo quanto affermato nell'atto dall'amministrazione, alla
opportunita'.
   Nei  termini  sopra indicati il d.m. salute 12 settembre 2006 deve
essere annullato in parte qua.
   2)  Col secondo ricorso viene in primo luogo impugnata la delibera
regionale che ha dato applicazione al suddetto d.m. salute.
   In  particolare  la  deliberazione  di  Giunta regionale 19 giugno
2007, n. 436, premessa la necessita' di adeguare le proprie tariffe a
quanto stabilito col d.m. salute 12 settembre 2006, prevede, al punto
7,  di approvare il sistema di finanziamento e di remunerazione delle
prestazioni  di  assistenza  specialistica  ambulatoriale  erogate da
soggetti  erogatori pubblici, equiparati e privati accreditati, cosi'
come descritto nell'allegato 3; nell'allegato 3 si stabilisce che per
il  triennio  2007-2009  «il tariffario applicato alle prestazioni di
specialistica  ambulatoriale e' quello previsto dal d.m. 12 settembre
2006  che,  per  le  prestazioni di diagnostica di laboratorio verra'
applicato   a   decorrere  dal  1˚  giugno  2007»;  «il  sistema  di
finanziamento  delle  prestazioni  viene  determinato  applicando  lo
sconto del 20 % sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2 %
sulle  restanti  branche»,  cio'  in  base  a  quanto disposto con la
finanziaria per il 2007 all'art. 1, comma 796, lett o) della legge 27
dicembre 2006, n. 296.
   Orbene,  considerato  che le tariffe regionali recepiscono e fanno
esplicito   riferimento  al  d.m.  Salute  12  settembre  2006,  deve
ritenersi   fondato   il  primo  profilo  di  gravame  relativo  alla
illegittimita'  derivata,  infatti,  come  rilevato in precedenza, il
suddetto  decreto  ministeriale  deve  considerarsi illegittimo per i
profili   sopra   evidenziati   al   punto  1,  riverberando  la  sua
illegittimita' sugli atti regionali che fanno diretta applicazione di
detto  decreto,  non  venendo  minimamente  qui in rilievo il d.m. 22
luglio 1996.
   2.1.)  La  delibera regionale n. 436/2007 reca al punto 2, all. 3,
una  ulteriore  disposizione,  come  detto,  del seguente tenore: «il
sistema   di   finanziamento   delle  prestazioni  viene  determinato
applicando  lo  sconto  del  20%  sulle prestazioni di laboratorio di
analisi e del 2% sulle restanti branche».
   Negli  allegati  3-bis  e  3-ter  applica  ai singoli laboratori i
criteri sopra detti, determinando il budget per l'anno 2007.
   Trattasi   all'evidenza   dell'applicazione  diretta  della  norma
contenuta nell'art. 1, comma 796, lett. o) della legge finanziaria 27
dicembre 2006, n. 296.
   La  contestazione  di  tale disposizione regionale non puo' quindi
che  passare  attraverso una eventuale questione di costituzionalita'
della suddetta disposizione di legge, ove ritenuta non manifestamente
infondata;  per  tale  motivo  essa  appare  rilevante  ai  fini  del
decidere,  infatti  al riguardo il Collegio, richiama l'ordinanza del
T.a.r.
   Puglia,  Lecce,  sez.  II,  19  ottobre 2007, n. 3631, che ha gia'
rimesso  alla  Corte  costituzionale  detta questione, Ritiene che la
succitata  norma  di  legge  presenta  profili di violazione di norme
costituzionali.
   Per  cio' che attiene quindi alla non manifesta infondatezza della
q.l.c., il Collegio Ritiene che le norme censurate siano confliggenti
con  gli  artt.  24  e  113,  32, 41, 97 e 117 Cost., per le seguenti
ragioni.
   2.1.1.)  In  primo  luogo  la  norma  rende applicabile un decreto
ministeriale,  quello del 22 luglio 1996 che era stato annullato, con
sentenza  coperta da giudicato, dal Consiglio di Stato, con decisione
della IV sezione, 29 marzo 2001, n. 1839.
   Appare  evidente  la  sovrapposizione  della legge ad un giudicato
formatosi  gia'  da tempo, con palese violazione degli artt. 24 e 113
della Costituzione.
   E'  noto  infatti  il  principio  piu' volte affermato dalla Corte
costituzionale  (cfr.  da  ultimo  ad  es.  sentenza  15 luglio 2005,
n. 282,) in base al quale l'emanazione di leggi incontra una serie di
limiti  che  attengono  alla  salvaguardia  di fondamentali valori di
civilta' giuridica posti a tutela dei destinatari delle norme e dello
stesso ordinamento, tra i quali il rispetto del principio generale di
ragionevolezza  e  di uguaglianza, l'affidamento legittimamente sorto
nei soggetti quale principio connaturato nello Stato di diritto ed il
rispetto   delle  funzioni  costituzionalmente  riservate  al  potere
giudiziario,  essendo comunque precluso al legislatore di intervenire
con  norme  aventi  portata  tale  da  annullare  gli  effetti  di un
giudicato.
   2.1.2.)  Nel  caso di specie, la tariffa viene fissata con legge e
la  relativa  norma si limita ad imporre uno sconto (oltretutto anche
del 20 %) sulle tariffe vigenti, senza dare conto delle ragioni della
misura  fissata:  risultano  quindi  violati  anche i principi di cui
all'art.  41 cost.  Tra l'altro, lo sconto viene applicato su tariffe
molto  risalenti  (quelle  statali  rimontano  al 1996) e cio' appare
irragionevole, non potendosi dubitare del fatto che, in dieci anni, i
costi dei fattori produttivi (si pensi, per tutti, alla remunerazione
del  personale)  siano  cresciuti  a volte anche sensibilmente. Ma in
ogni caso, anche se per ipotesi i costi di produzione fossero rimasti
costanti  o addirittura diminuiti nel periodo di tempo summenzionato,
cio' avrebbe dovuto risultare da una compiuta istruttoria, necessaria
anche  per  la  norma di legge quando essa si pone come provvedimento
amministrativo seppure a carattere generale.
   Ed  in  effetti,  tenuto  conto del fatto che il d.m. 12 settembre
2006  ha confermato le tariffe del 1996, con cio' volendo significare
che  quelle  tariffe  sono  da  ritenere ancora congrue a distanza di
dieci  anni  dalla  loro  determinazione, non si puo' non rilevare la
contraddittorieta' del legislatore statale, il quale, dopo appena tre
mesi  dall'approvazione  del  d.m. 12 settembre 2006 - pubblicato fra
l'altro  nella  Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 2006 - Ritiene non
piu' congrue le predette tariffe ed opera una ulteriore riduzione.
   2.1.3.)  Naturalmente,  le  difficolta' che alle strutture private
derivano dall'applicazione delle regole di cui all'art. 1, comma 796,
lett  o) della legge n. 296/2006 sono in grado di compromettere anche
la  piena esplicazione del diritto di cui all'art. 32 Cost, visto che
le  strutture private accreditate potrebbero incontrare difficolta' a
garantire  la  piena funzionalita' dei servizi, il che, in un sistema
che   vede   la   sanita'   pubblica   non  in  gaado  di  assicurare
tempestivamente   l'erogazione   delle  prestazioni  sanitarie,  puo'
compromettere  il  diritto  alla salute e il diritto di libera scelta
dei  cittadini-utenti.  A questo riguardo, si deve evidenziare che la
presenza significativa degli operatori privati nel S.S.N. risponde ad
esigenze  insopprimibili dell'Amministrazione sanitaria, la quale non
riesce,  con  le  proprie  strutture,  a garantire l'erogazione delle
prestazioni  sanitarie a favore degli utenti, per cui non si potrebbe
nemmeno   sostenere  che  le  strutture  private,  se  ritengono  non
convenienti  le  tariffe, possono «uscite» dal sistema. Spetta invece
all'amministrazione competente, previa adeguata istruttoria, decidere
se  rilasciare  o  meno  l'accreditamento  e stabilire annualmente il
volume di prestazioni che intende acquistare dai privati; nel momento
in  cui  rilascia  l'accreditamento e fissa i tetti di spesa annuali,
l'Amministrazione  sanitaria  riconosce  di aver bisogno dell'ausilio
degli   operatori   privati,   i   quali  vanno  pero'  adeguatamente
remunerati.
   2.1.4.)  La  mancanza  (o  comunque  la  non  allegazione)  di una
compiuta  istruttoria  da' luogo altresi' ad una violazione dell'art.
97   Cost.,  in  quanto  la  p.a.  (e  la  cosa  vale  anche  per  il
Legislatore-amministratore, ovviamente)  deve sempre porre a base del
proprio  operato  un'adeguata  conoscenza  dei fatti della quale deve
dare  conto  nella  motivazione del provvedimento terminale. Nel caso
della  legge,  naturalmente, la motivazione puo' anche consistere nel
richiamo, espresso o implicito, ai lavori preparatori o ad altri atti
(nella  specie,  pero',  l'istruttoria, che pure il legislatore della
legge    n. 296/2006    Ritiene   necessaria,   viene   espressamente
posticipata,   il   che  da'  luogo  ad  un'illogica  inversione  del
procedimento).
   2.1.5.)  Da  ultimo, il  sistema delineato dall'art. 1, comma 796,
lett.  o)  della  legge finanziaria per il 2007, si pone in contrasto
con  l'art.  117  Cost.,  nel momento in cui lo Stato non si limita a
dettare  i  criteri  per  la  fissazione delle tariffe da parte delle
regioni, ma le fissa direttamente.
   A  tal  proposito  pur  potendosi  astrattamente  ritenere  che le
esigenze di contenimento della spesa pubblica e il conseguente potere
dello  Stato di dettare norme di coordinamento della finanza pubblica
(art.  117,  terzo comma, Cost) militino nel senso della legittimita'
in  parte  qua  della  legge  n. 296/2006,  si  deve tenere conto dei
recenti arresti della Corte costituzionale in materia di limiti della
legislazione  statale in tema di individuazione dei settori in cui le
regioni debbono operare «tagli»: il riferimento e' alle note sentenze
della  Consulta  390  del 2004, 417 e 449 del 2005, 88 del 2006 e 157
del   2007,   in   cui   si  e'  ritenuto  non  spettare  allo  Stato
l'individuazione   dettagliata   delle  voci  di  costo  dei  bilanci
regionali da ridurre, potendo il legislatore statale stabilire solo i
principi  fondamentali  della  materia  e, al limite, la misura delle
riduzioni di spesa.
   Nel  caso  di  specie,  pero',  il  legislatore  statale non si e'
limitato  a  cio',  in  quanto  lo  sconto  del  2%  e del 20 % viene
applicato  al tariffario vigente nella sua globalita', il che e' come
dire  che  lo  Stato  ha  rideterminato  nel  dettaglio le tariffe in
questione.
   2.1.6.)   Per   tutto  quanto  detto,  non  appare  nemmeno  utile
l'invocazione- contenuta nell'incipit del comma 796 dell'art. 1 della
legge  finanziaria  per  il  2007  alle esigenze di «....garantire il
rispetto degli obbligli comunitari e la realizzazione degli obiettivi
di  finanza  pubblica  per  il  triennio 2007-2009, in attuazione del
protocollo  di  intesa  tra  il  Governo,  le  regioni  e le province
autonome  di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute
sul  quale  la  Conferenza  delle  regioni e delle province autonome,
nella  riunione  del  28 settembre 2006...», sia perche' tali ragioni
non  possono essere opposte, in assenza di adeguata istruttoria, agli
operatori   privati,   sia   perche'  non  appare  costituzionalmente
giustificata  l'incisione  di interessi privati in norme delle sempre
invocate ragioni di contenimento della spesa pubblica.
   3) Conclusivamente il Collegio:
     1)  accoglie  il  primo  ricorso e per l'effetto annulla il d.m.
Salute 12 settembre 2006 in parte qua;
     2)  accoglie in parte il secondo ricorso e per l'effetto annulla
la delibera della Giunta regionale Lazio 19 giugno 2007, n. 436, all.
3,  punto  1,  nella  parte  in  cui recepisce le tariffe del d.m. 12
settembre 2006;
     3)  per  il  resto  sospende  il  giudizio  e rimette alla Corte
costituzionale  la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
1,  comma  796,  lett.  o)  della  legge  27 dicembre 2006 n. 296 per
violazione  degli  articoli  24  e  -113,  32,  41,  97  e  117 della
Costituzione.
   Rinvia al definitivo la statuizione sulle spese di causa.
                              P. Q. M.
   1)  Accoglie  il  ricorso  n. 1664/2007 e per l'effetto annulla il
d.m. Salute 12 settembre 2006 in parte qua;
   2)  accoglie  in  parte  il  ricorso  n. 6998/2007 e per l'effetto
annulla la delibera della Giunta regionale Lazio n. 436 del 19 giugno
2007, all. 3, punto 1, nella parte in cui recepisce le tariffe di cui
al d.m. Salute 12 settembre 2006;
   3)  solleva  la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
1,  comma 796, lett. o) della legge n. 296/2006 per contrasto con gli
articoli 24 e 113, 32, 41, 97 e 117 della Costituzione.
   Sospende  il  giudizio  in  corso  e  dispone  che,  a  cura della
segreteria,   gli  atti  del  giudizio  siano  trasmessi  alla  Corte
costituzionale e che il presente atto sia notificato alle parti, alla
Presidenza  del Consiglio dei ministri e sia comunicato ai Presidenti
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
   Spese al definitivo.
   Ordina  che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall'Autorita'
amministrativa.
   Cosi'  deciso  in Roma, nelle Camere di consiglio del 17 ottobre e
del 14 novembre 2007.
                     Il Presidente: Di Giuseppe
                                     Il relatore estensore: Taglienti