N. 11 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 20 marzo 2008- 7 maggio 2007
Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello stato (merito) depositato in cancelleria il 20 marzo 2008 (del Tribunale di Milano) Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale a carico del senatore Raffaele Iannuzzi per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa nei confronti di Giancarlo Caselli, gia' Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, e di altri magistrati anche essi, all'epoca dei fatti, assegnati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo - Deliberazione di insindacabilita' del Senato della Repubblica - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano - Denunciata mancanza di nesso funzionale tra i fatti contestati e l'esercizio dell'attivita' parlamentare. - Deliberazione del Senato della Repubblica 30 gennaio 2007. - Costituzione, art. 68, primo comma(GU n.15 del 2-4-2008 )
Il Giudice per le indagini preliminari, dott. Giuseppe Gennari, letti gli atti del procedimento a carico di Iannuzzi Raffaele, nato il 20 febbraio 1928 a Grottolella (AV), con domicilio eletto in data 28 marzo 2006 (come da comunicazione dei C.C. - Stazione Roma, piazza Farnese del 28 marzo 2006) presso lo studio del difensore di fiducia avv. Lo Giudice in Milano, Corso Italia n. 6, gia' contumace, difeso di fiducia dall'avvocato Salvatore Lo Giudice, del foro di Milano imputato in relazione al seguente reato: A) delitto p. e p. dagli articoli 595 c.p., 13, legge 8 febbraio 1948, n. 47, 61 n. 10, 99, comma 4, c.p., perche', quale autore dell'articolo intitolato «Travolto dai veleni di Palermo e dalle profezie sulla mafia: ma anche i DS isolano Violante» pubblicato sul quotidiano «Il Giornale» in data 23 ottobre 2003 ed il cui contenuto deve intendersi qui integralmente richiamato, offendeva la reputazione di Caselli Giancarlo, gia' Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo. Lo Forte Guido, Procuratore della Repubblica Aggiunto presso il Tribunale di Palermo, Scarpinato Roberto, Procuratore della Repubblica Aggiunto presso il Tribunale di Palermo, e Natoli Givacchino, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Palermo, in particolare affermando: « ... Che cosa succede a Palermo? Per capirlo, bisogna riandare indietro di dieci anni, a quando Violante, da presidente della commissione Antimafia, nell'imbastire il processo ad Andreotti, mise le mani sulla procura di Palermo e vi insedio' il suo compagno di cultura giacobina e di ventura progressista Giancarlo Caselli. A quel punto, a Palermo a reggere la Procura c'e' Giammanco, e toccherebbe a lui gestire le indagini, sia per l'assassinio di Salvo Lima, gia' avvenuto, sia per il processo ad Andreotti, che sta per venire. Ma improvvisamente una congiura di palazzo, capeggiata dai sostituti Roberto Scarpinato e Gioacchino Natali, costringe Giammanco alle dimissioni e libera, proprio al momento giusto, la poltrona per Caselli. Violante ha sempre negato di avere avuto a che fare con la congiura di Palermo e di essersi adoperato affinche', fatto fuori Giammanco, vi si insediasse Caselli... Non e' vero. Per la congiura di Palermo, a tacere dell'affinita' elettiva tra i congiurati e Caselli e Violante, e' almeno sospetta la straordinaria coincidenza: e che dire dell'episodio lettera (ricordato recentemente dallo stesso Andreotti) che Violante spedisce a Scarpinato, e proprio a lui, con le in formazioni che avrebbe ricevuto, a suo dire, da una telefonata anonima, circa l'assassinio di Mina Pecorelli, e gliela spedisce quando ancora non si sa (o meglio nessuno sa tranne Violante) che Andreotti sara' processato a Palermo, e che gli sara' fatto carico anche del delitto Pecorelli? ... E che cosa succede a Palermo con l'arrivo di Caselli? Dei due sostituti che affianca vano Giammanco nella direzione della Procura, Guido Lo Forte Giuseppe Pignatone, Lo Forte si raccordera' presto con i congiurati e diventera' il principale collaboratore di Caselli; Pignatone si apparta in un ufficio periferico; Scarpinato e Lo Forte saranno i pubblici ministeri del processo per l'assassinio di Lima e faranno propria l'impostazione gia' data da Violante nella sua relazione alla commissione Antima, processando l'assassinato al posto degli assassini; e Lo Forte affianchera' gli stessi Scarpinato e Natali sul banco dell'accusa al processo Andreotti. Meglio di cosi' non poteva andare: e' la geometrica efficienza degli intrighi politico-giudiziari di Luciano Violante ....». Con le aggravanti di aver arrecato l'offesa mediante l'attribuzione di fatti determinati e di aver commesso il fatto contro pubblici ufficiali a causa dell'adempimento delle loro funzioni. Con la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale. In Milano, il 23 ottobre 2003. Premesso che in data 5 aprile 2005 il g.i.p. - a seguito di eccezione della difesa dell'imputato circa la insindacabilita', in sede giurisdizionale, delle opinioni espresse dal medesimo in quanto espressione funzionale delle sue prerogative di Senatore della Repubblica - sospendeva la udienza ed inviava gli atti al Senato della Repubblica ai sensi dell'articolo 3, legge n. 140/2003; nella seduta del 30 gennaio 2007, la Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari del Senato deliberava, alla unanimita', la insindacabilita' delle opinioni espresse dallo Iannuzzi nell'articolo oggetto di imputazione, in quanto manifestazione di opinioni di un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni; alla udienza del 13 marzo 2007, la difesa delle parti civili chiedeva che il giudice sollevasse conflitto di attribuzione ai sensi degli articoli 134 Cost. e 37ss. della legge n. 87/1953; per contro, la difesa dell'imputato chiedeva pronunciarsi immediata sentenza di non doversi procedere. Osservato che la vicenda oggetto di giudizio riguarda le presunte manovre politiche che avrebbero animato la Procura di Palermo onde orientare la attivita' investigativa antimafia a finalita' anch'esse politiche; che, allo stato degli atti, non risulta provata la verita' oggettiva delle circostanze riferite dallo Iannuzzi nel suo articolo, di talche' la vicenda processuale parrebbe meritevole di approfondimento dibattimentale; che quindi la decisione di insindacabilita' assunta dal Senato appare sicuramente rilevante e decisiva per la prosecuzione del giudizio; Considerato che la Giunta «ha ritenuto di dovere porre l'accento sul fatto, incontestabile e ampiamente noto, che l'impegno politico e parlamentare del senatore Iannuzzi sui temi della criminalita' mafiosa e del contrasto alla stessa ha rappresentato - e rappresenta - in certo qual modo la naturale proiezione del suo impegno giornalistico e che tale impegno ha avuto ad oggetto in modo sostanzialmente esclusivo le predette problematiche. Fatta questa premessa, non si vede come si possa negare al senatore Iannuzzi l'insindacabilita' ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, per le dichiarazioni contenute nell'articolo qui specificamente considerato, articolo, relativo ad una vicenda che rientra senz'altro fra quei temi che - come appena osservato - da sempre sono stati al centro dell'attivita' giornalistica e dell'impegno politico dello stesso senatore»; Rilevato che la decisione adottata dalla Giunta - come peraltro riconosciuto dalla Giunta medesima allorche' afferma che «circostanze specifiche e peculiari ... giustificano il riconoscimento della insindacabilita' al di la' dell'ambito normalmente considerato nella piu' recente giurisprudenza costituzionale» - si pone in aperto contrasto con il piu' recente orientamento espresso dalla Corte costituzionale in subiecta materia; che, a titolo esemplificativo, devono rammentarsi le statuizioni di cui alle sentenze numeri 10 e 11 dell'11 gennaio 2000 (alle quali si sono richiamate, tra le altre, le successive e conformi sentenze n. 52 del 27 febbraio 2002; n. 207 del 20 maggio 2002; n. 294 del 19 giugno 2002; n. 164 del 7 aprile 2005; n. 176 del 2 maggio 2005; n. 249 del 28 giugno 2006; n. 258 del 4 luglio 2006), ove si legge: «... E' pacifico che costituiscono opinioni espresse nell'esercizio della funzione quelle manifestate nel corso dei lavori della Camera e dei suoi vari organi, in occasione dello svolgimento di una qualsiasi fra le funzioni svolte dalla Camera medesima, ovvero manifestate in atti, anche individuali, costituenti estrinsecazione delle facolta' proprie del parlamentare in quanto membro dell'assemblea; che l'attivita' politica svolta dal parlamentare al di fuori di questo ambito non puo' dirsi di per se' esplicazione della funzione parlamentare nel senso preciso cui si riferisce l'art. 68, primo comma, della Costituzione; che nel normale svolgimento della vita democratica e del dibattito politico, le opinioni che il parlamentare esprima fuori dai compiti e dalle attivita' propri delle assemblee rappresentano piuttosto esercizio della liberta' di espressione comune a tutti i consociati: ad esse dunque non puo' estendersi, senza snaturarla, una immunita' che la Costituzione ha voluto, in deroga al generale principio di legalita' e di giustiziabilita' dei diritti, riservare alle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni; che la linea di confine fra la tutela dell'autonomia e della liberta' delle Camere, e, a tal fine, della liberta' di espressione dei foro membri, da un lato, e la tutela dei diritti e degli interessi, costituzionalmente protetti, suscettibili di essere lesi dall'espressione di opinioni, dall'altro lato, e' fissata dalla Costituzione attraverso la delimitazione funzionale dell'ambito della prerogativa. Senza questa delimitazione, l'applicazione della prerogativa la trasformerebbe in un privilegio personale (cfr. sentenza n. 375 del 1997), finendo per conferire ai parlamentari una sorta di statuto personale di favore quanto all'ambito e ai limiti della loro liberta' di manifestazione del pensiero: con possibili distorsioni anche del principio di eguaglianza e di parita' di opportunita' fra cittadini nella dialettica politica; che discende da quanto osservato che la semplice comunanza di argomento fra la dichiarazione che si pretende lesiva e le opinioni espresse dal deputato o dal senatore in sede parlamentare non puo' bastare a fondare l'estensione alla prima dell'immunita' che copre le seconde; che in questo senso va precisato il significato del "nesso funzionale" che deve riscontrarsi, per poter ritenere l'insindacabilita', tra la dichiarazione e l'attivita' parlamentare; non come semplice collegamento di argomento o di contesto fra attivita' parlamentare e dichiarazione, ma come identificabilita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare; che nel caso di riproduzione all'esterno della sede parlamentare, e' necessario, per ritenere che sussista l'insindacabilita' che si riscontri la identita' sostanziale di contenuto fra l'opinione espressa in sede parlamentare e quella manifestata nella sede esterna; che cio' che si richiede, ovviamente, non e' una puntuale coincidenza testuale, ma una sostanziale corrispondenza di contenuti; che nei casi in cui non e' riscontrabile esercizio di funzioni parlamentari, il valore della legalita-giurisdizione non collide certo con quello dell'autonomia delle Camere e cosi' si spiega che la giurisprudenza costituzionale abbia appunto stabilito che l'immunita' non vale per tutte quelle opinioni che "Il parlamentare manifesta nel piu' esteso ambito della politica"; che alla luce di tale interpretazione si debbono pertanto ritenere, in linea di principio, sindacabili tutte quelle dichiarazioni, che fuoriescono dal campo applicativo del «diritto parlamentare» e che non siano immediatamente collegabili con specifiche forme di esercizio di funzioni parlamentari, anche se siano caratterizzate da un asserito "contesto politico" o ritenute, per il contenuto delle espressioni o per il destinatario o la sede in cui sono state rese, manifestazione di sindacato ispettivo; che questa forma di controllo politico rimessa al singolo parlamentare puo' infatti aver rilievo, nei giudizi in oggetto, soltanto se si esplica come funzione parlamentare, attraverso atti e procedure specificamente previsti dai regolamenti parlamentari; se dunque l'immunita' copre il membro del Parlamento per il contenuto delle proprie dichiarazioni soltanto se concorre il contesto funzionale, il problema specifico, che non appare irrilevante in questo conflitto, della riproduzione all'esterno degli organi parlamentari di dichiarazioni gia' rese nell'esercizio di funzioni parlamentari si puo' risolvere nel senso dell'insindacabilita' solo ove sia riscontrabile corrispondenza sostanziale di contenuti con l'atto parlamentare, non essendo sufficiente a questo riguardo una mera comunanza di tematiche»; che tale orientamento della Corte costituzionale e' stato ribadito con la sentenza n. 120 del 16 aprile 2004, pronunciata in relazione al diverso tema del vaglio di costituzionalita' dell'articolo 3, comma 1, legge n. 140 del 2003: «... Nonostante le evoluzioni subite, nel tempo, nella giurisprudenza di questa Corte, e' enucleabile un principio, che e' possibile oggi individuare come limite estremo della prerogativa dell'insindacabilita', e con cio' stesso delle virtualita' interpretative astrattamente ascrivibili all'art 68: questa non puo' mai trasformarsi in un privilegio personale, quale sarebbe una immunita' dalla giurisdizione conseguente alla mera "qualita' di parlamentare". Per tale ragione l'itinerario della giurisprudenza della Corte si e' sviluppato attorno alla nozione del cd. "nesso funzionale", che solo consente di discernere le opinioni del parlamentare riconducibili alla libera manifestazione del pensiero, garantita ad ogni cittadino nei limiti generali della liberta' di espressione, da quelle che riguardano l'esercizio della funzione parlamentare. Certamente rientrano nello sfera dell'insindacabilita' tutte le opinioni manifestate con atti tipici nell'ambito dei lavori parlamentari, mentre per quanto attiene alle attivita' non tipizzate esse si debbono tuttavia considerare "coperte" dalla garanzia di cui all'art. 68, nei casi in cui si esplicano mediante strumenti, atti e procedure, anche "innominati", ma comunque rientranti nel campo di applicazione del diritto parlamentare, che il membro del Parlamento e' in grado di porre in essere e di utilizzare proprio solo e in quanto riveste tale carica (cfr. sentenze n. 56 del 2000, n. 509 del 2002 e n. 219 del 2003). Cio' che rileva, ai fini dell'insindacabilita', e' dunque il collegamento necessario con le "funzioni" del Parlamento, cioe' l'ambito funzionale entro cui l'atto si iscrive, a prescindere dal suo contenuto comunicativo, che puo' essere il piu' vario, ma che in ogni caso deve essere tale da rappresentare esercizio in concreto delle funzioni proprie dei membri delle Camere, anche se attuato in forma "innominata" sul piano regolamentare. Sotto questo profilo non c'e' percio' una sorta di automatica equivalenza tra l'atto non previsto dai regolamenti parlamentari e l'atto estraneo alla funzione parlamentare, giacche', come gia' detto, deve essere accertato in concreto se esista un nesso che permetta di identificare l'atto in questione come "espressione di attivita' parlamentare" (cfr. sentenze n. 10 e n, 11 del 2000, n. 379 e n. 219 del 2003). E' in questa prospettiva che va effettuato lo scrutinio della disposizione denunciata»; che la decisione della Giunta, come detto, appare in contrasto con i predetti canoni interpretativi; che l'articolo di giornale a firma dello Iannuzzi non rappresenta diretta espressione di funzioni parlamentari; che la Giunta, nella sua deliberazione, non ha neppure indicato alcuna circostanza concreta, dalla quale desumere la esatta corrispondenza oggettiva e cronologica tra il contenuto dell'articolo incriminato e quello di specifici atti parlamentari - tipizzati o meno - compiuti dallo Iannuzzi; che tale correlazione funzionale - nel senso rigoroso indicato dalla Corte costituzionale - non puo' certo derivare dall'interesse costantemente manifestato dallo Iannuzzi, nello svolgimento della sua attivita' politica, per le tematiche della politica giudiziaria in ambito di «lotta» alla mafia; che quindi la condotta posta in essere dallo Iannuzzi appare astrattamente idonea ad integrare una fattispecie delittuosa, il cui accertamento dovrebbe essere riservato alla ordinaria cognizione giurisdizionale; che, in conclusione, le opinioni manifestate dal senatore Iannuzzi non possono, per carenza del nesso funzionale, ritenersi rese nell'esercizio delle funzioni parlamentari e quindi per esse non e' invocabile l'immunita', ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione; che, nel caso di specie, appare dunque necessario sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato; che tale conflitto e' ammissibile sia sotto il profilo soggettivo (questo giudice e' l'organo competente a decidere, nell'ambito delle funzioni giurisdizionali attribuite, sulla asserita illiceita' della condotta ascritta all'indagato e quindi «a dichiarare la volonta' del potere cui appartiene, in posizione di piena indipendenza garantita dalla Costituzione»: cfr. ex plurimis, Corte cost. n. 60 del 1999; n. 469, 407, 261, 254 del 1998), sia sotto quello oggettivo, trattandosi della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 68 primo comma della Costituzione e della lesione della propria sfera di attribuzioni giurisdizionali, costituzionalmente garantita, giacche' illegittimamente menomata dalla suindicata deliberazione del Senato della Repubblica;
P. Q. M. Visti gli articoli 134 Cost. e 37, legge n. 87/1953; Dispone la sospensione del giudizio in corso a carico di Iannuzzi Raffaele e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sollevando conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato; Chiede che la Corte voglia: dichiarare ammissibile il presente conflitto, adottando ogni conseguente provvedimento ai sensi degli articoli, 37 e ss. legge n. 87/1953 ed ogni altra norma applicabile; dichiarare che non spettava al Senato della Repubblica a valutazione della condotta addebitabile al senatore Iannuzzi Raffaele, in quanto estranea alla previsione di cui all'art. 68, primo comma, Cost.; annullare la relativa delibera del Senato della Repubblica in data 30 gennaio 2007 (Doc. IV-ter n. 2-A); Manda alla cancelleria per la notifica del presente provvedimento ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' all'imputato contumace Milano, addi' 7 maggio 2007 Il giudice: Gennari Avvertenza L'ammissibilita' del presente conflitto e' stata decisa con ordinanza n. 37/2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 1ª s.s., n. 10 del 27 febbraio 2008.