N. 89 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 - 13 dicembre 2007
Ordinanza del 13 dicembre 2007 emessa dal Commissione tributaria provinciale di Messina sul ricorso proposto da Sciotto Antonino contro Comune di Milazzo Imposte e tasse - Imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) - Nozione di area fabbricabile rilevante per l'applicazione dell'imposta - Sopravvenienza di norme di interpretazione autentica tese ad ampliare, a fini di recupero di base imponibile, la nozione di area fabbricabile attraverso la ritenuta irrilevanza dell'adozione di strumenti urbanistici attuativi - Denunciata violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza - Incidenza sul principio di capacita' contributiva - Asserita lesione della tutela costituzionalmente garantita alla proprieta privata. - Decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, art. 11-quaterdecies, comma 16, convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 248; decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248. - Costituzione, artt. 3, 42 e 53.(GU n.15 del 2-4-2008 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 1149/2004, depositato il. 27 febbraio 2004, avverso avviso di liquidazione n. 99AEP0881 - I.C.I. 1999, contro Comune di Milazzo difeso da: Leto Francesco, via Moleti n.14 - 98051 Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), proposto dal ricorrente: Sciotto Antonino, via L. Capuana, 8 - 98057 Milazzo (Messina). Oggetto della domanda, svolgimento del processo e motivi della decisione Il Comune di Milazzo notificava in data 30 dicembre 2003 un avviso di liquidazione relativo al tributo ICI per l'anno 1999 al sig. Sciotto Antonino, e cio' nel presupposto che il terreno dallo stesso posseduto nella qualita' di proprietario rivestiva secondo le previsioni del piano regolatore generale le caratteristiche di area edificabile. Conseguentemente l'Ente impositore prendeva a base del calcolo del tributo il valore venale del terreno. Eccepisce il ricorrente che il terreno oggetto di imposizione e' in effetti classificato secondo le risultanze del vigente P.R.G. area edificabile; ma per la sua edificabilita' lo stesso P.R.G. prescrive l'obbligo della redazione di un piano particolareggiato comprendente una superficie di almeno dieci ettari, superficie questa notevolmente superiore a quella posseduta dal ricorrente. Il quale, pertanto, non possedendo la superficie minima richiesta per la approvazione del piano particolareggiato, di fatto non puo' in alcun modo utilizzare dal punto di vista edificatorio il terreno di cui e' proprietario. Anzi a tal proposito il ricorrente afferma - e in cio' non viene contestato in alcun modo dal resistente comune - che le norme di attuazione prescrivono la predisposizione di un piano particolareggiato esteso all'intera zona, piano particolareggiato che non e' stato ancora attuato dalla pubblica amministrazione, nonostante il decorso di quasi venti anni dalla adozione del P.R.G. E cio' con la assurda conseguenza che da un lato il comune e' inadempiente nella predisposizione del piano di lottizzazione che, se approvato, consentirebbe di potere edificare sul terreno oggetto di imposizione; e dall'altro lato pretende che il contribuente paghi il tributo sull'area classificata quale area edificabile, calcolandone l'ammontare sulla base del suo valore venale, ma di fatto non utilizzabile a scopo edificatorio. Resiste il Comune di Milazzo, il quale non contesta ne' la circostanza che per l'area della quale si controverte e' prescritto l'obbligo della redazione di un piano particolareggiato comprendente una superficie non inferiore a dieci ettari e neppure la circostanza che il piano particolareggiato esteso all'intera zona non sia stato ancora attuato, nonostante siano trascorsi quasi venti anni dalla adozione del P.R.G.; anzi eccepisce a sua volta la irrilevanza delle dette circostanze ai fini della normativa relativa all'ICI, in quanto il mero inserimento del terreno quale area edificabile nel P.R.G. da' luogo all'applicazione del tributo calcolato sulla base del suo valore venale. Infatti - sostiene sempre parte resistente e in cio' rifacendosi ad alcune risoluzioni ministeriali e ad alcune decisioni della Corte di cassazione (tra le quali la n. 16751 del 24 agosto 2004 ) - che per le aree poste al di fuori degli strumenti urbanistici particolareggiati, ma incluse quali edificabili nel P.R.G., la potenzialita' edificatoria non viene meno, anche se essa e' attenuata, in quanto anche se possono esistere gradi piu' o meno ampi di incertezza sulle effettive possibilita' di utilizzare il suolo a scopo edificatorio nel futuro allorquando la zona sara' inclusa in piano particolareggiato, tuttavia cio', non influendo sulla qualificazione giuridica dell'area che permane un' area edificabile, influenzera' soltanto la quantificazione della base imponibile, la quale rappresentata dal valore venale in comune commercio. Infatti e' abbastanza evidente che il valore di mercato di un'area qualificata edificabile dal P.R.G. e' man mano decrescente a seconda che si tratti di un'area per la quale e' stata rilasciata la concessione edilizia, o di un'area priva di concessione edilizia ma compresa m un piano di lottizzazione, ovvero di un'area qualificata soltanto edificabile in base alle prescrizioni del P.R.G. 2) Sulla rilevanza. Invero il predetto orientamento giurisprudenziale della Corte di cassazione menzionato da parte resistente non era stato univoco: infatti altre decisioni della stessa Corte avevano affermato che ai fini dell'applicazione del tributo ICI era da considerarsi imponibile soltanto l'area utilizzabile a scopo edificatorio in maniera immediata ed effettiva e non gia' soltanto in maniera potenziale: e pertanto soltanto «con l'approvazione definitiva degli strumenti urbanistici attuativi del P.R.G. e la costruzione almeno delle opere di urbanizzazione primaria e' possibile individuare le aree effettivamente destinate ad insediamenti residenziali ed utilizzabili a scopo edificatorio, dove quindi si potra' legalmente costruire, e le aree laddove la edificabilita' e' vietata, perche' ad esempio una parte di quella zona, compresa nel P.R.G. e' stata destinata a verde pubblico, a strade, a parcheggi, a spazi pubblici, e cosi' via». (Cass. sez. trib. n. 21644 del 16 novembre 2004, nonche' Cass. n. 21573 del 13 ottobre 2004). Il contrasto giurisprudenziale derivante dalla diversa interpretazione della nozione di area edificabile veniva rimesso con la ordinanza n. 10062 del 13 maggio 2005 alle sezioni unite per la sua risoluzione; senonche', nelle more della decisione, il legislatore risolveva alla radice ogni controversa interpretazione del testo normativo statuendo espressamente con l'art. 11-quaterdecies, comma 16 del d.l. n. 203/2005 coordinato con la legge di conversione n. 248/2005 che la disposizione normativa prevista dall'art. 2, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 504/1992 istitutivo del tributo ICI «si interpreta nel senso che un'area e' da considerarsi comunque fabbricabile; se e' utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo». Successivamente il legislatore con l'art. 36, comma 2 del d.l. n. 223/2006 convertito con legge del 4 agosto 2006, n. 248 confermava il proprio orientamento statuendo che: «ai fini dell'applicazione del decreto legislativo n. 504/1992 un'area e' da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'approvazione della regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo». Secondo le inequivocabili statuizioni normative su richiamate, - peraltro definita dal legislatore nell'art. 11-quaterdecies, comma 16 del d.l. n. 203/2005, convertito nella legge n. 248/2005 quale norma di interpretazione autentica e quindi applicabile anche nella presente controversia, - l'area di proprieta' del ricorrente classificata edificabile dal piano regolatore generale del Comune di Milazzo, pur non essendo immediatamente edificabile per la carenza di un piano attuativo dello stesso P.R.G., risulta imponibile ai fini dell'applicazione del tributo ICI sulla base del valore di mercato. Altra interpretazione non appare possibile, stante il chiaro dettato normativo, e pertanto per la risoluzione della presente controversia non puo' prescindersi dalla applicazione del citato art. 11-quaterdecies, comma 16 del d.l. n. 203/2005 convertito nella legge n. 248/2005; il quale essendo una norma di interpretazione autentica (e quindi con efficacia retroattiva) trova applicazione nella fattispecie di cui e' controversia. Ed anche il successivo intervento legislativo racchiuso nell'art. 36, comma 2 del d.l. n. 223/2006 convertito nella legge n. 248/2006 definisce area edificabile, anche ai fini dell'applicazione del tributo ICI, quella indicata come tale nello strumento urbanistico generale a prescindere dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo. Inoltre sia i motivi di gravame che le eccezioni di parte resistente si incentrano sulla legittimita' o meno della imposizione ai fini ICI sulla base di valore di mercato di un area edificabile soltanto potenzialmente, a prescindere dalla effettiva possibilita' giuridica dell'edificazione. 3) Sulla non manifesta infondatezza. La soluzione adottata dal legislatore con la su citata norma di interpretazione autentica secondo la quale ininfluente per definire un'area edificabile e' la adozione di un piano attuativo al P.R.G. appare oltre che semplicistica, anche in contrasto con alcune norme della vigente Costituzione. Appare semplicistica perche' non tutte le aree, per il fatto stesso di essere incluse in un piano regolatore generale quali aree edificabili, sono tutte egualmente immediatamente suscettibili di utilizzazione edificatoria: infatti vi sono le aree edificabili incluse nelle zone omogenee classificate di tipo A (centri storici) e di B (zone di completamento), le quali sono immediatamente utilizzabili a scopo edificatorio in forza della loro inclusione nel P.R.G., in quanto essendo esse delle zone gia' urbanizzate, non necessitano di alcun strumento attuativo. Viceversa le aree classificate nella zona tipo C (e cioe' le aree non edificate e destinate a nuovi insediamenti) necessitano di varie opere di urbanizzazione, e di conseguenza la loro utilizzazione edificatoria e' subordinata, per un uso razionale del territorio, alla approvazione di un piano attuativo che individui principalmente le aree ove insistono le opere di urbanizzazione primaria e le aree destinate realmente ad insediamenti residenziali. Per dette aree incerta si appalesa la effettiva edificabilita', essendo essa subordinata alla redazione di un piano attuativo, che in concreto potrebbe anche non verificarsi a seguito di varie circostanze di fatto. Se da un lato e' vero, indiscutibilmente, che la immediata o non immediata edificabilta' di un'area determina un maggior o minor valore di mercato dell'area medesima e quindi della base imponibile del tributo, tuttavia il problema di fondo consiste nella circostanza che le aree non immediatamente edificabili, soltanto eventualmente possono divenire immediatamente edificabili: e cio' a seguito della adozione di un successivo piano attuativo del P.R.C., che a volte puo' avvenire dopo il trascorrere di un numero di anni non indifferente dalla approvazione dello stesso P.R.G. Ma non soltanto: invero per la redazione e approvazione di un piano di lottizzazione, - piano attuativo per eccellenza del P.R.G. ed in assenza del quale nessuna costruzione edilizia su quella determinata area edificabile puo' essere realizzata, - a volte non e' sufficiente la sola iniziativa del singolo proprietario del lotto di terreno; in specie se questi - come il ricorrente - possiede un lotto di terreno esteso in misura inferiore a quello previsto come misura minima nel piano di lottizzazione. In tale ipotesi infatti occorre il consenso di altri proprietari limitrofi, i quali pero' potrebbero non essere d'accordo, sicche' il loro mancato consenso rappresenta un fatto impeditivo alla redazione di un piano attuativo del P.R.G. Ovvero la approvazione del piano di lottizzazione e' molto complessa e duratura nel tempo, perche' abbisogna talvolta di diverse autorizzazioni da parte di altri uffici, anche non comunali (ad es. Sovrintendenze ai beni culturali). Con la conseguenza che il contribuente, fino a quando non viene approvato un piano attuativo e/o di lottizzazione, pagherebbe nel tempo, per diversi anni il tributo, senza potere edificare alcunche': ovvero la edificazione potrebbe non avvenire mai per difficolta' obiettive o burocratiche o per mancanza del consenso di altri proprietari. In tale ipotesi il tributo pagato su un'area classificata edificabile nel P.R.G., - ma sulla quale non puo' sorgere alcuna costruzione, - si assommerebbe anno dopo anno, ed andrebbe a decurtare annualmente il valore del bene, anche in maniera consistente, sicche' il peso tributario, accumulandosi negli anni, potrebbe eguagliare il valore del bene od anche superarlo. Ne' puo' invocarsi alcuna forma di restituzione del tributo per la evenienza su descritta: infatti l'art. 13 della legge istitutiva del tributo (d.lgs. n. 504/1992 ) statuisce che soltanto «per le aree divenute inedificabili» il rimborso spetta limitatamente all'imposta pagata e comunque per un periodo non eccedente dieci anni ed a condizione che il vincolo di inedificabilita' perduti per almeno tre anni. Ma nella situazione di fatto su descritta invero nessun vincolo giuridico di inedificabilita' viene apposto: l'area permane giuridicamente edificabile, ma di fatto non suscettibile di edificazione! Orbene, l'assoggettamento ad imposizione al tributo ICI delle aree soltanto potenzialmente edificabili sulla base delle previsioni del P.R.G. appare in contrasto non soltanto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione - come gia' sottoposto all'attenzione di codesta on/le Corte con proprie ordinanze sia dalla Commissione tributaria regionale del Lazio (Ord. n. 313 del 30 agosto 2006 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - 1ª serie speciale - n. 18 del 9 maggio 2007 pag. 103) e sia dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza (Ord. n. 29 del 13 marzo 2007), ma anche, ad avviso di questo Collegio, con l'art. 42 della Costituzione, trattandosi nei fatti di una sostanziale espropriazione di un bene senza indennizzo alcuno. Va premesso al riguardo che un bene puo' conseguire degli incrementi patrimoniali, i quali possono dare luogo ad una entrata di denaro attraverso un trasferimento oneroso (vendita del bene) o in collegamento ad una attivita' produttiva organizzata (e' il caso tipico dell'incremento di valore dei beni patrimoniali di una impresa); ma gli stessi incrementi patrimoniali possono anche dare luogo a nessuna forma di entrata monetaria nel caso di mancato realizzo del bene. L'assoggettare a tassazione il semplice possesso di un'area edificabile, la quale fino a quando viene posseduta, realizza si' un incremento patrimoniale, il quale pero' non si concretizza in alcuna forma di entrata, - e cio' fino a quando la detta area non viene alienata o non venga trasformata in fabbricato, produttivo questo ultimo di un reddito (locazione) diverso da quello agricolo accertato sulla base della rendita catastale in ogni caso, - e' un classico esempio di imposta ordinaria sul patrimonio, a carico soltanto dei proprietari delle aree edificabili su descritte. Se e' vero che non tutte le tassazioni degli incrementi patrimoniali sono incostituzionali, rappresentando gli incrementi patrimoniali anch'essi una componente della capacita' contributiva, di cui all'art. 53 della Costituzione; tuttavia, secondo l'insegnamento di codesta on/le Corte (sentenza n. 89/1966), la capacita' contributiva, presupposto di una legittima imposizione, condiziona la misura massima del tributo, nel senso che questa non puo' mai essere fissata ad un livello superiore alla capacita' dimostrata dall'atto o dal fatto economico. E d'altronde codesta on.le Corte, pronunciandosi in occasione della legittimita' costituzionale dell'ICI, ebbe ad affermare che occorre comparare, ai fini di una eventuale violazione del principio della capacita' contributiva, il rapporto intercorrente tra l'aliquota del tributo (e quindi il carico tributario che ne consegue) e il valore del bene oggetto della imposizione. (Corte cost. n. 111/1997). Nel caso del tributo ICI non e' tanto la esistenza di una aliquota elevata che determina una occulta espropriazione del bene senza indennizzo, quanto piuttosto la prolungata tassazione nel tempo del bene (area edificabile), la quale determina alla lunga (dopo 10 - 15 anni) una sommatoria di imposte pagate pari o molto prossime alla parita' o se del caso superiore, al valore di mercato del bene. In tal modo il contribuente pur rimanendo titolare del bene, sopporta un esborso monetario che si approssima al valore del bene sino ad eguagliarlo. Cio' non si verifica ovviamente nel caso della tassazione del fabbricato o del terreno agricolo, in quanto l'imposizione e' contenuta in misura percentuale della rendita (e quindi del reddito) conseguito, senza costituire una incidenza secca sul valore del bene, improduttivo di alcun reddito come nel caso di un'area edificabile. E non c'e' dubbio alcuno che la lesione dell'art. 42 sussiste, tutte le volte che il diritto di proprieta' venga compresso senza indennizzo alcuno «mediante atti di imposizione che, indipendentemente dalla loro forma, conducono tanto ad una traslazione totale o parziale del diritto, quanto ad uno svuotamento di rilevante entita' ed incisivita' dei suo contenuto, pur rimanendo intatta l'appartenenza del diritto e la sottoposizione a tutti gli oneri, anche fiscali, riguardanti la proprieta' fondiaria. Anche tali atti vanno considerati di natura espropriativi». (Corte cost. n. 55/1968). In conclusione questa Commissione, ritenendo di ufficio che la legittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 42 della Costituzione, dell'art. 1l-quaterdecies, comma 16 del decreto-legge n. 203/2005, convertito in legge con modificazioni dall'art. 1 della legge n. 248/2005, nonche' dell'art. 36, comma 2 del decreto-legge n. 223/2006 convertito nella legge n. 248/2006, sia, - per le argomentazioni sopra rappresentate, - rilevante e non manifestamente infondata, sospende il giudizio, ai sensi dell'art. 1 della legge, costituzionale 9 febbraio 1949, n. l e dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87 e, riservata ogni altra decisione in rito e nel merito, invia gli atti alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Ogni altra decisione in rito e nel merito riservato, sospende il giudizio. Manda la segreteria di inviare gli atti alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 23, comma secondo della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87, nonche' di notificare la presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicarla ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, ai sensi del medesimo art. 23, comma quarto. Messina, addi' 29 novembre 2007 Il Presidente: Lazzara Il relatore: Comella