N. 83 ORDINANZA 12 - 28 marzo 2008

  Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
  Ambiente  -  Rifiuti  -  Esclusione dalla categoria delle ceneri di
  pirite,   classificate   come   sottoprodotto   non  soggetto  alla
  disciplina  sui  rifiuti  -  Denunciato  contrasto con la normativa
  comunitaria  in  materia nonche' inosservanza dei vincoli derivanti
  dall'ordinamento   comunitario   -   Sopravvenienza  di  una  nuova
  disciplina  della gestione dei rifiuti, con una diversa definizione
  di  sottoprodotto  e con l'eliminazione del riferimento alle ceneri
  di  pirite  -  Necessita' di valutare l'incidenza del mutato quadro
  normativo  sul procedimento principale - Restituzione degli atti al
  giudice remittente.
  -  D.Lgs.  3  aprile  2006,  n. 152, art. 183, comma 1, lettera n),
  quarto periodo.
  - Costituzione, artt. 11 e 117, primo comma.
(GU n.15 del 2-4-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe TESAURO, Paolo Maria
NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 183, comma 1,
lettera  n),  quarto  periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152  (Norme  in materia ambientale), promosso con ordinanza del 20
settembre  2006 dal Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Dolo,
iscritta  al  n. 123  del  registro ordinanze 2007 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 12,  1ª serie  speciale,
dell'anno 2007;
   Visti  l'atto di costituzione di P.S. nonche' l'atto di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito  nella  Camera  di consiglio del 27 febbraio 2008 il giudice
relatore Gaetano Silvestri;
   Ritenuto  che il Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Dolo,
con  ordinanza  del  20  settembre 2006, ha sollevato, in riferimento
agli  artt.  11  e 117, primo comma, della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  183,  comma  1,  lettera n),
quarto  periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme
in  materia  ambientale),  nella  parte in cui qualifica le ceneri di
pirite come sottoprodotto non soggetto alla disciplina sui rifiuti, a
prescindere   dalle  caratteristiche  indicate  dalla  giurisprudenza
comunitaria per la nozione di sottoprodotto;
     che  il  rimettente  riferisce  di  essere chiamato a giudicare,
nell'ambito  di un procedimento iniziato in data 22 marzo 2002 con il
sequestro  preventivo di un deposito di ceneri di pirite in localita'
Gambarare  di  Mira,  due  imputati nei cui confronti e' stato emesso
decreto  di  citazione  diretta per la violazione, tra l'altro, degli
artt.  51,  commi 1 e 5, e 51-bis, del decreto legislativo 5 febbraio
1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della
direttiva   91/689/CEE  sui  rifiuti  pericolosi  e  della  direttiva
94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio);
     che  il  giudice  a  quo  prende in esame i mutamenti del quadro
normativo interno verificatisi dopo la commissione dei fatti di reato
contestati,  avuto  riguardo all'entrata in vigore, in data 29 aprile
2006,  del  d.lgs. n. 152 del 2006, il quale ha proceduto al riordino
della  materia  ambientale, con espressa abrogazione del d.lgs. n. 22
del 1997;
     che il rimettente evidenzia come i fatti di reato in esame siano
in  parte  sussumibili  sotto  le  nuove  disposizioni  sanzionatorie
previste dal d.lgs. n. 152 del 2006, ritenendo che vi sia coincidenza
tra  il  disposto  dell'art.  256, commi 1 e 5, del citato decreto, e
quello  dell'art.  51,  commi  1 e 5, del previgente d.lgs. n. 22 del
1997,  ma non anche tra la fattispecie delineata nell'art. 51-bis del
d.lgs.  n. 22  del  1997  e  quella prevista nell'art. 257 del d.lgs.
n. 152  del  2006,  atteso  che  quest'ultima prevede, come ulteriore
elemento  costitutivo  del reato, il superamento delle concentrazioni
soglia di rischio;
     che  inoltre, avuto riguardo al quadro normativo comunitario, il
giudice a quo richiama la direttiva 2006/12/CE - entrata in vigore il
27  aprile  2006,  che  sostituisce ed abroga la precedente direttiva
75/442/CEE e tutte le modifiche alla stessa apportate - ritenendo che
essa  costituisca  il  «nuovo  punto  di riferimento normativo per il
trattamento dei rifiuti nell'ambito dell'Unione Europea»;
     che  il  Tribunale  rimettente  pone  a  raffronto la nozione di
rifiuto  contenuta  nella  direttiva 2006/12/CE e quella presente nel
d.lgs. n. 152 del 2006, evidenziandone la sostanziale analogia;
     che  il  rimettente  rileva  come  il citato art. 183 del d.lgs.
n. 152  del  2006,  al  comma  1,  lettera  n),  contenga altresi' la
definizione    di    «sottoprodotto»,    riguardante    «i   prodotti
dell'attivita'   dell'impresa  che,  pur  non  costituendo  l'oggetto
dell'attivita'  principale,  scaturiscono  in  via  continuativa  dal
processo  industriale  dell'impresa  stessa  e  sono  destinati ad un
ulteriore impiego o consumo», e stabilisca che non sono soggetti alle
disposizioni  penali  contenute  nella parte quarta del d.lgs. n. 152
del  2006  «i  sottoprodotti  di  cui l'impresa non si disfi, non sia
obbligata a disfarsi e non abbia deciso di disfarsi ed in particolare
i  sottoprodotti impiegati direttamente dall'impresa che li produce o
commercializzati a condizioni economicamente favorevoli per l'impresa
stessa  direttamente  per  il  consumo  o  per  l'impiego,  senza  la
necessita'  di  operare  trasformazioni  preliminari in un successivo
processo produttivo. L'utilizzo del sottoprodotto non deve comportare
per  l'ambiente  o  per  la salute condizioni peggiorative rispetto a
quelle delle normali attivita' produttive»;
     che,   in   riferimento  al  quadro  normativo  comunitario,  il
rimettente  osserva  come  la nozione di sottoprodotto, di cui non si
rinviene  traccia  nella  direttiva  2006/12/CE,  sia stata enucleata
dalla  giurisprudenza comunitaria, la quale ha ritenuto possibile, in
presenza   di   particolari   condizioni,  escludere  i  «residui  di
produzione»  dal  novero dei rifiuti (Corte di giustizia, sentenza 18
aprile  2002,  in  causa C-9/00; sentenza 11 settembre 2003, in causa
C-114/01;  sentenza  11  novembre 2004, in causa C-457/02; sentenza 8
settembre  2005,  in causa C-416/02; ordinanza del 15 aprile 2004, in
causa C-235/02);
     che  il  giudice  a quo non si sofferma sulla nozione interna di
sottoprodotto,  dettata  dal  richiamato  art.  183,  lettera n), del
d.lgs.  n. 152 del 2006, limitandosi in proposito a richiamare quanto
affermato  dalla Corte costituzionale nell'ordinanza n. 288 del 2006,
secondo cui la disposizione citata ripropone, seppure in termini piu'
precisi e puntuali, l'art. 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138
(Interventi  urgenti  in  materia  tributaria, di privatizzazioni, di
contenimento  della  spesa  farmaceutica e per il sostegno delle aree
svantaggiate),  convertito,  con  modificazioni, dalla legge 8 agosto
2002, n. 178;
     che,  infatti,  oggetto di censura da parte del rimettente e' la
norma  contenuta  nel  medesimo art. 183, comma 1, lettera n), quarto
periodo,  che  qualifica  in  termini  di  sottoprodotto le ceneri di
pirite, individuate come «polveri di ossido di ferro, provenienti dal
processo  di  arrostimento del minerale noto come pirite o solfuro di
ferro  per  la  produzione  di  acido  solforico  e  ossido di ferro,
depositate   presso   stabilimenti   di   produzione   dimessi,  aree
industriali  e non, anche se sottoposte al procedimento di bonifica o
ripristino ambientale»;
     che,  a  parere del giudice a quo, tale qualificazione contrasta
con  il  quadro  normativo  comunitario  in  quanto  prescinde  dalla
ricorrenza  delle  condizioni  richieste dalla Corte di giustizia per
poter  sottrarre  un  residuo  di  produzione dal novero dei rifiuti,
avuto riguardo alla necessita' che il produttore originario non se ne
sia disfatto, che il riutilizzo della sostanza sia certo ed effettivo
gia'  al  momento  della  sua  produzione, e che dalla bonifica o dal
ripristino  della  sostanza,  ai  fini  del  riutilizzo,  non  derivi
pregiudizio per l'ambiente e per la salute;
     che  il  rimettente  evidenzia  le  ragioni, anche storiche, per
effetto  delle quali tali condizioni non sussistono in riferimento al
particolare  residuo di produzione costituito dalle ceneri di pirite,
sicche',  in definitiva, la qualificazione operata dal legislatore si
configura    come    «norma   penale   di   favore»   che   restringe
illegittimamente  la  nozione  di rifiuto, ponendosi in contrasto con
gli  artt.  11  e  117,  primo  comma,  Cost.,  i  quali impongono il
rispetto,  nell'esercizio della potesta' legislativa, dei vincoli che
discendono dall'ordinamento comunitario;
     che   il   giudice   a  quo  esclude  di  poter  procedere  alla
disapplicazione  della  norma  denunciata,  sul  rilievo  che, per un
verso,  le  direttive  comunitarie in materia di tutela dell'ambiente
non sono autoapplicative, e, per altro verso, le sentenze della Corte
di  giustizia  sono  prive  di effetti caducatori sulla norma interna
(Corte costituzionale, sentenza n. 389 del 1989);
     che, inoltre, avuto riguardo alle conseguenze in
malam  partem  cui  darebbe  luogo l'accoglimento della questione, il
rimettente  evidenzia  come  la caducazione della previsione relativa
alle  ceneri di pirite non determinerebbe la violazione del principio
di irretroattivita' della norma penale, sancito dall'art. 25, secondo
comma,  Cost.,  atteso  che  all'epoca dei fatti di reato era vigente
l'art.  51  del  d.lgs.  n. 22  del  1997,  e  il  predetto materiale
costituiva rifiuto;
     che,  infine,  con  riferimento  al  profilo della rilevanza, il
giudice  a  quo  richiama  la  sentenza  n. 148  del 1983 della Corte
costituzionale,  per  affermare  che  l'accoglimento  della questione
inciderebbe  comunque  sul  dispositivo  o sulle argomentazioni della
decisione del giudizio principale;
     che,  con  atto  depositato  il 5 aprile 2007, e' intervenuto in
giudizio  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  il quale, dopo aver
segnalato   la   predisposizione,   ad   opera   del  Governo  di  un
provvedimento  normativo  di revisione del d.lgs. n. 152 del 2006, ha
concluso  con  la  richiesta  di una pronuncia di inammissibilita' o,
comunque, di infondatezza della questione;
     che,  a  parere della difesa erariale, la pretesa del rimettente
di  risolvere  l'asserita  antinomia  tra  diritto  interno e diritto
comunitario   attraverso   la   prospettazione   della  questione  di
legittimita' costituzionale della norma interna, sarebbe in contrasto
con il sistema di verifica voluto dai Trattati dell'Unione europea;
     che,  inoltre, l'Avvocatura rileva la genericita' dell'ordinanza
di   rimessione  riguardo  alle  conseguenze  che  deriverebbero  nel
giudizio  principale  dalla  eventuale declaratoria di illegittimita'
costituzionale  della  norma  censurata  in quanto, trattandosi di un
giudizio  di  responsabilita'  penale,  il  rimettente avrebbe dovuto
affrontare  le  problematiche  connesse alla prospettata reviviscenza
della normativa previgente, alla luce del principio del favor rei
;
     che,  con  memoria depositata il 6 aprile 2007, si e' costituito
in  giudizio  P.S., imputato nel procedimento a quo, per chiedere che
la questione sia dichiarata inammissibile, o, comunque, infondata;
     che,  quanto  al  primo  profilo,  la  parte privata richiama la
giurisprudenza costituzionale sui limiti del sindacato in
malam  partem,  ammissibile  solo  a fronte di norme penali di favore
(sentenza  n. 161  del  2004),  ritenendo che, a differenza di queste
ultime,  la  norma  censurata non intervenga sul regime sanzionatorio
dei  reati  commessi in materia di gestione dei rifiuti, ma introduca
«la  definizione  di  una  categoria  di  prodotti  che,  nell'ambito
dell'attivita'  d'impresa  e a certe condizioni, sono assoggettati ad
una  disciplina  differenziata  rispetto  a  quella configurata nella
normativa sui rifiuti»;
     che pertanto l'intervento della Corte, nei termini auspicati dal
rimettente,  avrebbe  l'effetto  di  ampliare  l'area di operativita'
della  sanzione penale, costituendo una invasione del campo riservato
alle scelte del legislatore dall'art. 25, secondo comma, Cost.;
     che,  quanto  al  merito,  la difesa della parte privata osserva
come  il  rimettente  muova  da  una  lettura dell'art. 183, comma 1,
lettera  n),  del d.lgs. n. 152 del 2006, che trascura l'unicita' del
contesto  e  l'identita'  di ratio delle diverse disposizioni in esso
contenute,   potendosi,  diversamente,  ritenere  che  la  previsione
concernente  le ceneri di pirite non deroghi alla regola generale che
definisce il sottoprodotto;
     che, in data 12 febbraio 2008, l'Avvocatura generale dello Stato
ha  depositato  una  memoria integrativa evidenziando come il decreto
legislativo  16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive
ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante
norme  in  materia  ambientale),  abbia  modificato,  tra l'altro, la
definizione  di  «sottoprodotto»  contenuta  nell'art. 183 del d.lgs.
n. 152  del  2006,  dal  quale e' stato eliminato il riferimento alle
ceneri di pirite;
     che,   inoltre,   l'Avvocatura  generale  svolge  argomentazioni
ulteriori  a  sostegno delle conclusioni gia' rassegnate nell'atto di
intervento,    nel    senso    dell'inammissibilita'   o,   comunque,
dell'infondatezza della questione.
   Considerato   che  il  giudice  rimettente  solleva  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  183,  comma  1,  lettera n),
quarto  periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme
in  materia  ambientale),  in  riferimento agli artt. 11 e 117, primo
comma,  della  Costituzione, in quanto, nel classificare le ceneri di
pirite  come  sottoprodotto non soggetto alla disciplina sui rifiuti,
supererebbe  i  limiti entro i quali la normativa e la giurisprudenza
comunitaria  consentono che i residui di produzione siano considerati
sottoprodotto;
     che,  successivamente  all'ordinanza  di  rimessione, il decreto
legislativo  16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive
ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante
norme  in materia ambientale), ha introdotto una nuova definizione di
sottoprodotto  ed ha eliminato il riferimento particolare alle ceneri
di  pirite (art. 183, comma 1, lettera p, che sostituisce l'art. 183,
comma 1, lettera n);
     che tale nuova disposizione modifica il quadro normativo in modo
sostanziale   sul  punto  specifico  che  costituisce  oggetto  della
proposta questione di legittimita' costituzionale;
     che  ogni valutazione sugli effetti della nuova disciplina sulla
fattispecie  oggetto  del giudizio a quo e' di competenza del giudice
del processo principale, anche in considerazione della successione di
leggi   che,  dopo  l'inizio  del  suddetto  processo,  hanno  sinora
variamente regolato la materia dei rifiuti e dei sottoprodotti;
     che  si  rende pertanto necessaria la restituzione degli atti al
giudice  rimettente,  perche'  quest'ultimo  valuti l'incidenza della
nuova disciplina sul procedimento principale.
              per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Venezia, sezione
distaccata di Dolo.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 marzo 2008.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 28 marzo 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola