N. 98 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 aprile 2008

  Ordinanza  del  4  aprile  2007 emessa dal Tribunale di Firenze nel
procedimento penale a carico di Ndawaye Cisse
  Straniero  e  apolide  -  Espulsione  amministrativa  -  Delitto di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato,  in  violazione  dell'ordine di allontanamento impartito dal
  questore  -  Reclusione  da  uno  a  quattro  anni - Violazione del
  principio di proporzionalita' e di ragionevolezza della pena, anche
  con  riferimento al trattamento sanzionatorio previsto per analoghe
  fattispecie  -  Lesione  del  principio della finalita' rieducativa
  della pena.
  - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-ter,
  prima parte, sostituito dall'art. 1, comma 5-bis, del decreto legge
  14  settembre  2004,  n. 241,  convertito, con modificazioni, nella
  legge 12 novembre 2004, n. 271.
  - Costituzione, artt. 3 e 27, comma terzo.
(GU n.16 del 9-4-2008 )
                            IL TRIBUNALE
   Ritenuto  che  deve  essere  sollevata,  per  i  motivi di seguito
esposti,  questione  di legittimita' costituzionale dell'articolo 14,
comma  5-ter,  prima  parte  del  d.lgs.  n. 286/1998 come sostituito
dall'articolo 1, comma 5-bis, della legge n. 271/2004, di conversione
con modificazioni del d.l. n. 241/2004, nella parte in cui prevede la
pena  della  reclusione  da  uno  a quattro anni per lo straniero che
senza  giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in
violazione  dell'ordine  impartito  dal  questore  ai sensi del comma
5-bis,   questione  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  con
riferimento  agli  artt. 3,  primo  comma  e  27,  terzo  comma della
Costituzione,
                             R i l e v a
   Lamindyay  Mohammed alias Ndawaye Cisse e' stato arrestato in data
3 aprile 2007 nella flagranza del reato di cui all'articolo 14, comma
5-ter del d.lgs n. 286/1998. Il decreto di espulsione del Prefetto di
Torino  e  l'ordine  di  espulsione  emessi del questore della stessa
citta'  in  data  14  ottobre  2006  ex  artt.  13 e 14, comma 5-bis,
tradotti  anche  in  lingua  conosciuta  dall'interessato,  risultano
essere  stati  notificati  al  prevenuto  il  quale ha sottoscritto i
relativi verbali.
   All'udienza  tenutasi il 4 aprile 2007 - all'esito della convalida
dell'arresto, non richiesta dal p.m. l'applicazione di misure - si e'
proceduto  con  rito  direttissimo  e  l'imputato  ha tempestivamente
richiesto  il giudizio abbreviato; si e', pertanto, disposto ai sensi
dell'art  440  c.p.p.,  le  parti  hanno  formulato  e  illustrato le
rispettive conclusioni.
   La  sanzione  da  comminare  in  ipotesi di affermazione di penale
responsabilita'  dovrebbe  essere  determinata  con riguardo a quella
prevista  dalla disposizione della cui legittimita' costituzionale si
dubita.
                                  A
L'evoluzione normativa.
   Il    testo    originario   dell'articolo   14   non   comprendeva
l'incriminazione   dello   straniero   che   non  avesse  ottemperato
all'ordine   emesso   dal  questore  in  esecuzione  del  decreto  di
espulsione del prefetto.
   La  fattispecie  di  reato in  discorso  e' stata introdotta dalla
legge n. 189/2002, come contravvenzione punibile con l'arresto da sei
mesi a un anno e ad arresto obbligatorio.
   La   Corte   costituzionale,   con  la  sentenza  n. 223/2004,  ha
dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo 14, comma
5-quinquies  per  contrasto  con  gli artt 3 e 13 Costituzione «nella
parte in cui stabilisce che per il reato previsto dal comma 5-ter del
medesimo  articolo  14  e'  obbligatorio  l'arresto  dell'autore  del
fatto»,  rilevando  la  manifesta  irragionevolezza  di provvedimento
provvisorio  in  materia  di liberta' personale in difetto, atteso il
titolo  di  reato,  della  condizione  di  applicabilita' ex art. 280
c.p.p. anche in riferimento all'art 391, quinto comma c.p.p.
   Il  d.l.  n. 241/2004,  non modificando la pena suddetta, limitava
l'arresto  obbligatorio  all'ipotesi,  ex  art 14, comma 5-quater, di
delitto  punibile con la reclusione da uno a quattro anni (reingresso
nel territorio dello Stato dello straniero espulso).
   In   sede   di  conversione  del  d.l.  citato  il  reato  di  cui
all'articolo  14, comma 5-ter e' stato previsto come delitto punibile
con  la  reclusione  da  uno  a  quattro  anni e nuovamente stabilito
l'arresto  obbligatorio,  ad  eccezione  dell'ipotesi  di  espulsione
motivata  dall'essere  scaduto il permesso di soggiorno, per la quale
non si e' modificata la pena dell'arresto da sei mesi a un anno.
   Dunque,  e'  intervenuto  un notevole inasprimento della pena, per
questa  parte  la  norma attualmente in vigore apparendo in contrasto
con gli artt. 3, primo comma e 27, terzo comma della Costituzione.
                                  B
La   non  manifesta  infondatezza  per  violazione  delle  richiamate
disposizioni costituzionali.
   La Corte costituzionale, pur riservando alla «discrezionalita' del
legislatore  stabilire  quali  comportamenti  debbano  essere puniti,
determinare  quali  debbano essere la qualita' e la misura della pena
ed   apprezzare   parita'  e  disparita'  di  situazioni»,  ha  pero'
costantemente   ribadito   il  principio  che  «l'esercizio  di  tale
discrezionalita'  puo'  essere  censurato quando esso non rispetti il
limite  della  ragionevolezza e dia quindi luogo ad una disparita' di
trattamento   palese   e  ingiustificata»  (sentenza  n. 25/1994;  il
principio   e'   richiamato   anche   nella   sentenza   n. 333/1992,
nell'ordinanza n. 220/1996, nella sentenza n. 84/1997)
   E  la  sentenza n. 409/1989 individua i contenuti e la portata dei
requisiti  di  proporzionalita'  e  ragionevolezza  «il  principio di
uguaglianza,  di  cui  all'articolo 3, primo comma della Costituzione
esige  che  la pena sia proporzionata al disvalore del fatto illecito
commesso,  in  modo che il sistema sanzionatorio adempia nel contempo
alla funzione di difesa sociale ed a quella di tutela delle posizioni
individuali», disconoscendo la legittimita' di quelle «incriminazioni
che, anche se presumibilmente idonee a raggiungere finalita' statuali
di  prevenzione,  producono,  attraverso la pena, danni all'individuo
(ai  suoi  diritti fondamentali) ed alla societa' sproporzionatamente
maggiori dei vantaggi ottenuti (o da ottenere) da quest'ultima con la
tutela dei beni e dei valori offesi dalle predette incriminazioni»
   Il principio e' ora recepito anche dalla Costituzione europea («le
pene  inflitte  non  devono essere sproporzionate rispetto al reato»,
articolo 2 - 109).
   Inoltre,  si  e'  ripetutamente  affermato (sentenze n. 313/1995 e
n. 343/1993)  che  la manifesta mancanza di proporzionalita' rispetto
ai  fatti  reato  non  corrisponde  all'esigenza  della  finalita' di
rieducazione posta dall'articolo 27, terzo comma.
   Ora,  nella stessa relazione all'emendamento del d.l. n. 241/2004,
l'introduzione  di  una  sanzione cosi' elevata viene giustificata in
riferimento  soltanto  alla  asserita  necessita'  di  adeguarsi alla
sentenza  n. 223/2004  della  Corte costituzionale, ma cio' nel senso
non  condivisibile  di  inasprire  la  pena uincamente in funzione di
consentire    l'arresto   obbligatorio   e   l'eventuale   successiva
applicazione  di  misure  coercitive  personali  per  coloro  che non
ottemperino    all'ordine   del   questore.   L'intenzione   traspare
dall'essere  la  stessa pena prevista per il fatto di chi rientra nel
territorio   nazionale   dopo  un'espulsione  disposta  dal  giudice,
condotta  di  assai  piu'  rilevante gravita' in quanto presuppone la
commissione  di  un reato o quantomeno la pendenza di un procedimento
penale.
   Dunque  si  deve concludere che si e' operata una trasposizione di
un'esigenza  processuale  nel  diritto  penale  sostanziale in palese
contrasto  con  i  criteri  che devono informare la determinazione in
astratto delle sanzioni penali.
   Ne'  il  prospettato dubbio di costituzionalita' e' risolto ove si
consideri il trattamento sanzionatorio conseguente alla violazione di
precetti   di  norme  incriminatrici  che,  delineando  comportamenti
antigiuridici   assimilabili,   sono  poste  a  tutela  degli  stessi
interessi,  l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica, protetti dalla
disposizione in esame.
   L'art 650 c.p. punisce con l'arresto fino a tre mesi o con la sola
ammenda   l'ottemperanza   ad   un   provvedimento   legalmente  dato
dall'autorita'  per ragioni di sicurezza pubblica o d'ordine pubblico
(oltre che di giustizia e igiene).
   L'art.  2  della  legge  n. 1423/1956  presuppone  un ordine della
pubblica  autorita'  concernente  persone ritenute «pericolose per la
sicurezza  pubblica»  - una pericolosita' accertata in concreto e non
«potenziale»,   come   nel  caso  dello  straniero  clandestino  -  e
l'ottemperanza configura una contravvenzione sanzionata con l'arresto
da uno a sei mesi.
   Per   l'appunto,   in   applicazione  degli  stessi  parametri  di
normazione, il legislatore del 2002 aveva coerentemente previsto come
contravvenzione  l'ipotesi  di cui all'articolo 14, comma 5-ter, e la
pena  da  sei mesi a un anno di arresto, stabilita in misura maggiore
per  lo straniero, trovava ragionevole giustificazione nell'esigenza,
fatta  propria quale insindacabile scelta politica, di contrastare in
modo specifico il fenomeno dell'immigrazione clandestina, inesistente
all'epoca   della   redazione   del   codice  penale  e  della  legge
n. 1423/1956.
   Al contrario, e' di immediata evidenza la sproporzione tra la pena
per  il delitto di cui all'art. 14, comma-ter, attualmente in vigore,
e  le sanzioni per le contravvenzioni di cui agli artt. 650 c.p. e 2,
legge n. 1423/1956.
   L'irragionevolezza   si   apprezza,  pertanto,  sotto  un  duplice
profilo,  sia con riguardo alla pena che il legislatore solo due anni
prima aveva ritenuto congrua, sia con riguardo alle pene previste per
analoghe fattispecie.
   L'art  3,  primo  comma  della Costituzione impone, invece, che il
bilanciamento  tra gli interessi da tutelare e il bene della liberta'
personale  tenga  conto  delle  sanzioni  previste  per  le  analoghe
condotte di pregiudizio degli stessi interessi, derivandone l'effetto
che,   solo   quando   la   pena  sia  stabilita  con  la  necessaria
proporzionalita',  essa  risponde  alla  funzione  rieducativa di cui
all'articolo 27, terzo comma della Costituzione.
                              P. Q. M.
   Visti gli artt. 134 Cost. e 23 e ss., legge 11 marzo 1953 n. 87;
   Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittmita' costituzionale dell'articolo 14, comma 5-ter, prima parte
d  lgs. n. 286/98 come sostituito dall'articolo 1, comma 5-bis, legge
n. 271/2004  (che  ha  convertito  in legge con modificazioni il d.l.
n. 241/2004)  nella  parte in cui prevede la pena della reclusione da
uno  a quattro anni per lo straniero che senza giustificato motivo si
trattiene  nel  territorio  dello  Stato  in  violazione  dell'ordine
impartito  dal questore ai sensi del comma 5-bis, in riferimento agli
artt. 3 e 27, terzo comma della Costituzione;
   Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, sospendendo il giudizio in corso;
   Ordina  che  a  cura  della  cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai
Presidenti delle due Camere.
     Firenze, addi' 4 aprile 2007
                        Il giudice: Gratteri