N. 121 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 febbraio 2008
Ordinanza del 21 febbraio 2008 emessa dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Bonsignori Armando contro Ministero della giustizia ed altri Professioni - Notaio - Concorso per notaio - Valutazione di non idoneita' alle prove scritte - Obbligo di motivazione - Previsione per i bandi di concorsi emanati successivamente alla data di entrata in vigore della norma censurata e non anche per i concorsi in espletamento alla stessa data - Violazione dei principi di uguaglianza e di buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166, art. 16, comma 2. - Costituzione, artt. 3 e 97.(GU n.18 del 23-4-2008 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4833 del 2007, proposto da Bonsignori Armando, rappresentato e difeso dall'avv. Egidio Lamberti, per il presente giudizio elettivamente domiciliato in Roma, alla via dei Due Macelli n. 60, presso lo studio dell'avv. Massimiliano Marsili; Contro il Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore; la Commissione giudicatrice del concorso a n. 200 posti di notaio, nella persona del Presidente pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale sono elettivamente domiciliati, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 e nei confronti di Bardelli Chiara Angela e Pensato Massimiliani, controinteressati, non costituitisi in giudizio per l'annullamento: dei provvedimenti attraverso i quali si e' proceduto all'esclusione del ricorrente dalla prova orale del concorso a 200 posti di notaio indetto con decreto dirigenziale 1° settembre 2004, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 71 del 7 settembre 2004; del giudizio, avente ad oggetto la prova scritta svolta dal ricorrente (n. di busta 1595) espresso dalla Commissione esaminatrice nel verbale n. 124 del 31 gennaio 2007; del verbale anzidetto; dei criteri generali di valutazione delle prove di concorso individuati dalla Commissione esaminatrice nel verbale n. 6 del 19 novembre 2005 e di ogni altro eventuale atto dalla stessa successivamente adottato con verbale di cui si ignora numero e data; nonche' di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale. Visto il ricorso con la relativa documentazione; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 6 febbraio 2008 il dr. Roberto POLITI; uditi altresi' i procuratori delle parti come da verbale d'udienza. Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue. F a t t o Espone il ricorrente di aver partecipato alla selezione concorsuale a 200 posti di notaio e di essere stato escluso dalle prove orali in ragione del complessivo punteggio pari a punti 96 conseguito in esito allo svolgimento delle prove scritte, le quali sono state cosi' valutate dalla Commissione: atto tra vivi: 30; atto di ultima volonta': 33; ricorso di volontaria giurisdizione: punti 33. Questi i motivi di censura articolati con il presente ricorso: 1) Violazione degli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 16 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166. Violazione dell'art. 3, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per violazione dei principi generali in tema di giusto procedimento, di trasparenza, di par condicio dei candidati. Con decreto legislativo n. 166/2006 e' stato introdotto, relativamente al concorso notarile, l'obbligo per la Commissione di motivare il giudizio di non ammissione dei candidati alle prove orali. Sulla base di tale principio, del quale si afferma l'operativita' anche relativamente alla selezione de qua, assume parte ricorrente che l'avversata determinazione di esclusione sia illegittima in ragione dell'omessa ostensione dell'apparato motivazionale reso obbligatorio per legge. 2) Violazione degli artt. 3, 24, 97, 98 e 113 della Costituzione. Violazione degli artt. 11, 13, 22, 23, 24 e 27 del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953. Violazione dell'art. 3, comma 1, della legge n. 241/1990 alla stregua dei principi interpretativi forniti dal decreto legislativo n. 166/2006. Difetto assoluto di motivazione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Disparita' di trattamento. Ingiustizia manifesta. Illogicita' ed irrazionalita' manifesta. Anche laddove si ritenesse che le disposizioni introdotte dal decreto legislativo n. 166/2006 non siano ratione temporis applicabili alla procedura concorsuale in discorso, nondimeno assume parte ricorrente l'illegittimita' del provvedimento di esclusione in quanto privo di motivazione: in proposito sottolineandosi la disparita' di trattamento fra candidati risultati «insufficienti» (per i quali e' prevista l'esplicitazione delle ragioni della disposta esclusione) e candidati «non idonei» (per i quali tale obbligo non era, precedentemente al decreto legislativo n. 166/2006, contemplato). 3) Violazione degli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione. Violazione degli artt. 11, 13, 22, 23, 24 e 27 del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953. Violazione e mancata applicazione degli artt. 11, 12 e 15 del d.P.R. 9 maggio 1984, n. 487. Violazione dell'art. 3, comma 1, della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per violazione del bando di concorso per violazione dei principi generali in tema di giusto procedimento, di trasparenza, di par condicio fra candidati, di ripercorribilita' ed affidabilita' degli atti endoprocedimentali del concorso, per difetto di istruttoria e di motivazione. Disparita' di trattamento. Ingiustizia manifesta. Illogicita' ed irrazionalita' manifesta. Sviamento di potere. Lamenta poi il ricorrente la mancata predeterminazione di analitici e puntuali criteri di massima per la valutazione, ad opera della Commissione, degli elaborati predisposti in occasione dello svolgimento delle prove scritte: elemento la cui valenza inficiante vieppiu' rileverebbe in presenza di un voto espresso esclusivamente a mezzo di coefficienti numerici. 4) Violazione dell'art. 97 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953, come modificato dal r.d. 22 dicembre 1932, n. 1728. Violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990. Irragionevolezza. Eccesso di potere. Difetto assoluto di motivazione. Disparita' di trattamento. La consentita possibilita' di formazione di due Sottocommissioni non sarebbe stata preceduta, come imposto dalla legge, da alcuna formale determinazione da parte del Presidente della Commissione esaminatrice; per l'effetto assumendosi che: l'operato dei due anzidetti organismi (anche in ragione dell'omessa predeterminazione dei componenti di ciascuno di essi) sia illegittimo; i criteri di massima sono stati approvati solo dai componenti effettivi e non anche dai membri supplenti; la valutazione operata rispetto agli elaborati da ciascuna Sottocommissione non e' poi stata sottoposta all'esame dell'altra. 5) Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953, come modificato dal r.d. 22 dicembre 1932, n. 1728. Violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990. Irragionevolezza. Eccesso di potere. Difetto assoluto di motivazione. Disparita' di trattamento. Nel sottolineare l'assenza di alcun elemento volto a consentire di comprendere le ragioni della disposta esclusione dalla partecipazione alle prove orali, evidenzia parte ricorrente che gli elaborati esaminati siano privi di tracce di errori e/o nullita'. 6) Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione dell'art. 23 del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Disparita' di trattamento. Evidenzia poi il ricorrente che la votazione (33) relativa alla prova avente ad oggetto il ricorso di volontaria giurisdizione non sia stata apposta in chiusura dell'elaborato, ma sul penultimo foglio, con riveniente violazione della disposizione di cui all'art. 23 del r.d. n. 1953/1926. 7) Si rinnovano qui le censure dedotte in epigrafe del terzo motivo che sussistono anche in ragione del seguente ulteriore profilo. Sarebbe poi stata omessa dalla Commissione la prescritta indicazione degli eventuali punti aggiuntivi attribuibili, ovvero delle dichiarazione dei commissari in ordine alle ragioni della mancata attribuzione di essi. 8) Si rinnovano qui le censure dedotte in epigrafe del terzo motivo che sussistono anche in ragione del seguente ulteriore profilo. Nel rammentare il complessivo punteggio di 96 punti conseguito in esito alla correzione delle prove scritte, pone in evidenza il ricorrente - anche con riferimento ad un parere pro veritate depositato in atti del giudizio - la correttezza sostanziale e formale degli elaborati dal medesimo predisposti: conseguentemente contestando l'attribuzione di un punteggio inferiore al minimo (105 punti) per l'ammissione agli orali. 9) Illegittimita' costituzionale del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953, come modificato dal r.d. 22 dicembre 1932, n. 1728, per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione. Assume il ricorrente che la fissazione della «soglia» dei 105 punti ai fini dell'accesso alle prove orali sia stata operata dal legislatore quale criterio suppletivo e/o selettivo (rispetto al giudizio di idoneita' conseguente al raggiungimento dei 90 punti) in presenza di un particolare numero di posti messi concorso, ovvero di candidati partecipanti alla procedura di selezione. Argomenta, per l'effetto, l'illegittimita' costituzionale delle epigrafate disposizioni nella parte in cui non si consente l'ammissione alle prove orali pur in presenza di un conseguito giudizio di idoneita' integrato dal riconoscimento di una soglia di punteggio superiore a 90 punti. Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura. L'Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa. La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, e' stata da questo tribunale respinta con ordinanza n. 3645, pronunziata nella Camera di consiglio del 25 luglio 2007. Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 6 febbraio 2008. D i r i t t o 1. - Va in primo luogo osservato come la predeterminazione dei criteri di massima per la valutazione degli elaborati costituisca espressione di potesta' amministrativa discrezionale e, in quanto tale, e' sindacabile in sede di giurisdizione di legittimita' solo per manifesta illogicita' (ex multis: Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2007, n. 1390). I criteri di valutazione delle prove scritte in concorsi che, come quello notarile, richiedono un'elevata specializzazione, peraltro, non necessitano di particolare analiticita' essendo sostanzialmente in re ipsa, a differenza di altre ipotesi di procedimenti ad evidenza pubblica in cui l'intensita' della discrezionalita' dell'amministrazione e' espressa anche dalla variabilita' degli elementi da valutare, con la conseguente esigenza di individuare ed esplicitare gli stessi. La Commissione, nella fattispecie all'esame, ha deliberato che non puo' essere attribuito il punteggio minimo richiesto per l'approvazione nei seguenti casi: travisamento della traccia o contraddittorieta' tra le soluzioni adottate, o tra le soluzioni medesime e le relative motivazioni; gravi errori di diritto nella scelta delle soluzioni e/o nell'illustrazione delle parti teoriche; gravi carenze nella parte teorica, anche per omessa trattazione di punti significativi della stessa; vizi formali sanzionati con nullita' da leggi; gravi e reiterati errori di grammatica e sintassi. Tali criteri, elencando le fattispecie in presenza delle quali non e' possibile attribuire il punteggio minimo, appaiono funzionali alla finalita' per la quale la Commissione li ha previsti. Ne', l'omessa previsione di criteri di valutazione per l'attribuzione di punteggi compresi tra la sufficienza (90 punti) e il punteggio minimo complessivo (105 punti) per l'ammissione alle prove orali, in assenza di uno specifico obbligo normativo, puo' tradursi in un vizio di legittimita' dell'azione amministrativa. 2. - Va poi osservato come la disciplina del concorso notarile sia stata modificata dal decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166: il quale equipara, ai fini dell'ammissione all'orale, il voto di sufficienza a quello di idoneita', stabilendo che il giudizio di non idoneita' e' motivato mentre nel giudizio di idoneita' il punteggio vale motivazione. L'art. 11, comma 3, in particolare, dispone che il giudizio di idoneita' comporta l'attribuzione del voto minimo di 35 punti a ciascuna delle tre prove scritte, sicche' il nuovo sistema delineato dalla legge non contempla piu' la figura del «novantista», ossia di colui che, come il ricorrente, ha conseguito un punteggio compreso tra 90 e 104 (vale a dire, un punteggio di sufficienza, non tale tuttavia da raggiungere l'idoneita), ma prevede l'attribuzione di un giudizio di non idoneita' che, ai sensi dell'art. 11, comma 5, deve essere sempre motivato nei confronti del candidato che non consegue un voto minimo di 35 punti in ciascuna delle tre prove scritte ovvero di un giudizio di idoneita' non motivato, in quanto il punteggio vale motivazione, verso il candidato che consegue almeno trentacinque punti in ciascuna prova scritta. L'art. 16, comma 2, del decreto legislativo n. 166/2006 stabilisce altresi' che le disposizioni di cui all'art. 11 si applicano con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio. La nuova disciplina non puo' ritenersi applicabile ai concorsi le cui prove scritte sono state svolte precedentemente, anche nel caso in cui, come nella specie, la correzione delle prove sia materialmente avvenuta dopo l'emanazione del bando di concorso successivo all'entrata in vigore del d.lgs. n. 166/2006. La norma, nonostante la sua formulazione poco perspicua, dispone evidentemente che le disposizioni de quibus trovino applicazione a partire dal primo concorso successivo all'entrata in vigore del decreto legislativo. Ne consegue che il concorso di cui alla presente controversia, in quanto bandito prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 166/2006, rimane disciplinato, per l'aspetto che interessa in questa sede, dall'art. 24 del r.d. n. 1953/1926, secondo cui non e' ammesso agli orali il concorrente che non abbia riportato almeno trenta punti in ciascuna delle prove scritte e non meno di centocinque nel complesso delle prove stesse, senza nulla indicare circa le motivazioni del giudizio di non idoneita'. In tale contesto normativo ed in un contesto fattuale in cui la Commissione ha stabilito discrezionalmente di motivare i giudizi di totale insufficienza, cioe' degli elaborati che non hanno raggiunto la valutazione di 30, occorre quindi stabilire se il candidato «novantista» abbia anch'egli diritto ad una motivazione che chiarisca in concreto le ragioni della mancata attribuzione del punteggio necessario per l'ammissione agli orali. La giurisprudenza sia del giudice di appello che di primo grado, dalla quale il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi, si e' costantemente orientata per l'assenza di uno specifico obbligo motivazionale, evidenziando in particolare che convincenti argomenti di ordine testuale e sistematico portano ad escludere, nel sistema anteriore al decreto legislativo n. 166/2006, la sussistenza di un obbligo per la Commissione esaminatrice di motivare specificamente il mancato raggiungimento, in sede di valutazione degli elaborati sufficienti, del superiore punteggio necessario per ottenere l'ammissione all'orale (ex multis: Cons. Stato, IV, 26 luglio 2006 n. 4687). Di qui, impregiudicata la questione di legittimita' costituzionale di cui infra, l'infondatezza, in relazione ai profili esaminati, della censura di difetto di motivazione. 3. - Con riferimento alla doglianza di omessa verbalizzazione delle espressioni individuali di voto dei singoli commissari, e' sufficiente osservare come nessuna norma imponga che ogni operazione compiuta dalla Commissione debba essere verbalizzata a pena di nullita' o invalidita' della stessa, per cui l'onere di verbalizzazione puo' dirsi garantito dall'indicazione del giudizio finale. 4. - Ne', sotto diverso profilo, dimostrano fondatezza le doglianze con le quali parte ricorrente assume che le operazioni di correzione degli elaborati siano state svolte esclusivamente da una delle due sottocommissioni nelle quali si sarebbe diviso l'organismo concorsuale per la valutazione delle prove scritte; senza che il giudizio conclusivamente reso da essa sia stato, poi, sottoposto al vaglio anche dell'altra sottocommissione. Dalla documentazione versata in atti si evince infatti che, contrariamente a quanto assunto da parte ricorrente, con conseguente allegazione della violazione degli artt. 22-24 del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953, il Presidente della Commissione non ha inteso formare due sottocommissioni. Cio' significa, come gia' evidenziato in precedenti decisioni della Sezione (tra cui Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez. I, 11 marzo 2004, n. 2368), che le operazioni di correzione dei temi sono state compiute da un'unica Commissione, composta, a norma degli artt. 13 e 14 dello stesso r.d. n. 1953/1926, da cinque membri effettivi (e cinque membri supplenti), di cui un magistrato con funzioni di legittimita' che la presiede, un professore universitario di materie giuridiche, un magistrato con funzioni di appello in servizio presso la Corte di appello di Roma, e due notai, anche se cessati dall'attivita'. Quanto poi alla «casuale» composizione delta Commissione esaminatrice, e' sufficiente ricordare che l'art. 27, comma 2, del citato decreto prevede che, nel caso che qualcuno dei commissari non possa assumere o continuare l'esercizio delle sue funzioni, e' immediatamente surrogato da un membro supplente, sicche' sussiste la fungibilita' del membro effettivo con uno qualsiasi dei membri supplenti senza la necessita' di una specifica motivazione delle ragioni dell'impossibilita' dell'esercizio delle funzioni da parte del titolare. La sostituzione e' automatica e non richiede alcuna motivazione, in difformita' da quanto previsto (in via generale) dall'art. 9, comma 5, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 (regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalita' di svolgimento dei concorsi), a norma del quale i supplenti intervengono alle sedute della Commissione nelle ipotesi di impedimento grave e documentato degli effettivi. Quella dell'art. 27 del r.d. n. 1953/1926 si atteggia, dunque, quale norma speciale, inequivoca nella sua portata precettiva, e funzionale alle esigenze di speditezza della procedura concorsuale, come e' stato evidenziato, in sede di esegesi giurisprudenziale, specialmente con riferimento all'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense, ed in particolare con riguardo all'art. 22, comma 5, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (ordinamento della professione di avvocato), dal quale si desume il principio della fungibilita' di ogni componente effettivo con qualsiasi membro supplente (in termini, tra le tante, Tribunale amministrativo regionale Lombardia, Milano, sez. III, 11 giugno 2003, n. 3083; Tribunale amministrativo regionale Puglia, Bari, sez. I, 29 agosto 2002, n. 3755; Cons. Stato, sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4069, 20 novembre 2000, n. 6160 e 27 aprile 1984, n. 300). Tale principio di fungibilita' dei membri della Commissione esaminatrice, ribadito dal Consiglio di Stato, seppure prevalentemente con pronunce adottate in sede cautelare, anche con riferimento al concorso notarile, merita condivisione: per l'effetto escludendosi la fondatezza delle doglianze al riguardo esposte dalla parte ricorrente. 5. - Quanto al merito delle soluzioni prescelte dal ricorrente, giudicata dalla Commissione non sufficienti al fine di disporne l'ammissione alle prove orali, e' il caso di rammentare che, dal momento che il giudizio di legittimita' non puo' trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell'adito giudice, del giudizio espresso dalla Commissione (con conseguente sostituzione del primo alla seconda), vale il principio che l'apprezzamento tecnico della Commissione e' sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicita', irragionevolezza o arbitrarieta'. Come piu' volte affermato (anche dalla sezione), il giudizio della Commissione comporta una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati ed attiene cosi' alla sfera della discrezionalita' tecnica, censurabile unicamente, sul piano della legittimita', per evidente superficialita', incompletezza, incongruenza, manifesta disparita', emergenti dalla stessa documentazione, tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che con cio' il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 2006, n. 172). Pur essendosi cioe' «superata l'equazione concettuale tra discrezionalita' tecnica e merito, riservato all'amministrazione nella determinazione del regolamento di interessi piu' opportuno, e dunque insindacabile [...], il limite del controllo giurisdizionale e' dato comunque dal fatto che l'applicazione della norma tecnica non sempre si traduce in una legge scientifica universale, caratterizzata dal requisito della certezza [...], ed anzi, quando contiene "concetti giuridici indeterminati", da' luogo ad apprezzamenti tecnici ad elevato grado di opinabilita» (si confronti, in proposito, la sentenza 25 giugno 2004, n. 6209 di questa sezione). Si dimostra, pertanto, infondata una censura che miri unicamente a proporre una diversa modalita' di soluzione del tema oggetto di concorso (anche ove supportata dall'allegazione di pareri pro veritate), atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimita' dell'operato della Commissione una - preclusa - cognizione del merito della questione. In altri termini, se, per un verso, l'indagine proposta porterebbe ad un completo rifacimento da parte del tribunale del giudizio della commissione in sostituzione di questa (esito di certo non consentito alla luce degli evidenziati limiti sul sindacato del giudice amministrativo), per altro verso cio' che conta, in sede di valutazione degli elaborati svolti in una procedura per l'accesso ad una professione a numero chiuso, non e' solamente la esattezza delle soluzioni giuridiche propugnate e prescelte, ma anche e soprattutto la modalita' espositiva. Ove cosi' non fosse, dovrebbe ammettersi che tutti i candidati estensori di elaborati recanti soluzioni corrette debbano necessariamente superare la prova concorsuale, il che non puo' sicuramente avvenire, posto che le finalita' del concorso risiedono nella selezione dei migliori e non gia' di tutti coloro che dimostrino di saper comunque giungere a conclusioni esatte. 6. - Viene poi in considerazione la censura con la quale parte ricorrente ha ipotizzato che la votazione (33) relativa alla prova avente ad oggetto il ricorso di volontaria giurisdizione non sia stata apposta in chiusura dell'elaborato, ma sul penultimo foglio, con riveniente - asserita - violazione della disposizione di cui all'art. 23 del r.d. n. 1953/1926. Tale profilo di censura ha formato oggetto, ad opera della sezione, di specifica indagine istruttoria (disposta con ordinanza n. 780 del 20 giugno 2007): in esito alla quale si e' avuto modo di appurare - come gia' indicato nell'ordinanza n. 3645/2007 (di reiezione della proposta istanza cautelare) - l'assenza di elementi, anche di carattere meramente induttivo, idonei ad escludere che la valutazione del predetto elaborato non sia stata condotta dalla Commissione con correttezza e completezza. Nell'osservare come tali considerazioni siano state poi confermate anche dal giudice d'appello (cfr. ordinanza della sezione IV n. 5469, 19 ottobre 2007), il quale ha avuto modo di rilevare che «in relazione alla apposizione del giudizio di inidoneita', che non sarebbe avvenuta sull'ultima pagina dell'elaborato» non e' risultata «provata la incompletezza o scorrettezza della lettura», non puo' esimersi il Collegio dal disattendere la censura all'esame. 7. - Dato atto, alla luce di quanto precedentemente esposto, della infondatezza delle doglianze esaminate, ritiene nondimeno il Collegio che sia rilevante e non manifestamente infondata la sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 2, del decreto legislativo n. 166/2006. Il principio d'uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione non vieta in assoluto discipline differenziate, ma solo discriminazioni irragionevoli, con una presunzione di irrazionalita' per le discriminazioni fondate su una delle categorie indicate nello stesso art. 3, per cui il principio di uguaglianza viene ad evolversi in principio di ragionevolezza delle leggi. Il principio di ragionevolezza esige che le disposizioni normative contenute in atti aventi valore di legge siano adeguate e coerenti rispetto al fine di pubblico interesse perseguito dal legislatore ed in tal modo costituisce un limite al potere discrezionale del legislatore impedendone un esercizio arbitrario. La verifica di ragionevolezza di una legge comporta l'indagine sui suoi presupposti di fatto, la valutazione della congruenza tra mezzi e fini e l'accertamento degli stessi fini ed il giudizio di costituzionalita' si compie mediante comparazione tra norma costituzionale, norma della cui costituzionalita' si dubita e terza norma ordinaria che funge da parametro di riferimento, nel senso che se la norma impugnata prevede una disciplina discniminatoria rispetto a quella contenuta nella norma di riferimento e non giustificata alla stregua del principio di ragionevolezza, tale norma e' incostituzionale. In altri termini, l'organo legislativo, al quale spetta di compiere le scelte relative alla individuazione dei fini di utilita' generale che con la legge si intendono perseguire, deve compiere un apprezzamento dei mezzi necessari per raggiungere i fini individuati che non sia inficiato da criteri illogici, arbitrari o contraddittori, altrimenti la norma e' viziata da irragionevolezza ed e' lesiva del principio di cui all'art. 3 della Costituzione nonche', quando incide sull'azione amministrativa, del canone di buon andamento di cui all'art. 97 della medesima Carta costituzionale. Nel caso di specie, l'art. 11 del decreto legislativo n. 166/2006 ha equiparato il giudizio di sufficienza a quello di idoneita', stabilendo che il giudizio di idoneita' comporta l'attribuzione del voto di minimo di 35 punti a ciascuna delle tre prove scritte, ed ha imposto l'obbligo di motivazione per tutti i giudizi di non idoneita'. La scelta del legislatore, quindi, e' stata quella di rendere percepibile, attraverso una specifica motivazione, le ragioni della valutazione che, non attribuendo al candidato la votazione minima di 35 in ciascuna prova scritta, determina la non ammissione dello stesso alle prove orali. Il fine di utilita' generale, che emerge chiaramente dalla norma, appare pero' perseguito, per quanto riguarda la fase transitoria, con mezzi illogici e contraddittori. L'art. 16, comma 2, del decreto legislativo n. 166/2006 prevede che le relative disposizioni trovino applicazione con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio, vale a dire dal primo concorso bandito successivamente alla data di entrata in vigore del decreto stesso. Ne consegue, come in precedenza evidenziato, che un obbligo di motivazione non puo' ritenersi esistente nelle ipotesi, quale quella oggetto del presente giudizio, in cui il candidato abbia ricevuto una valutazione superiore a 30 per ciascuna delle tre prove scritte ma non tale da raggiungere il punteggio complessivo minimo di 105 in un concorso bandito prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 166/2006, sebbene le prove siano state valutate dopo tale data. Di qui, la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 2, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione in quanto, una volta individuato quale fine di utilita' generale un obbligo di motivazione per tutti i giudizi inferiori a 35 per singola prova, appare illogico e contraddittorio non prevedere la sua immediata applicazione, vale a dire la sua applicazione anche al concorso in itinere, ma differire nel tempo ad un concorso successivo l'entrata in vigore delle relative disposizioni. In altre parole, il Collegio rileva che: se e' vero che l'imposizione di un obbligo di motivazione alla valutazione di non idoneita' alle prove scritte del concorso per notaio rientra in una sfera insindacabile di discrezionalita' legislativa, nondimeno, in presenza del positivo apprezzamento dal Legislatore stesso manifestato quanto all'introduzione dell'obbligo in discorso, non vi e' allora alcuna ragione per cui esso non trovi immediata applicazione (dimostrandosi, al contrario, illogico e contraddittorio il differimento della operativita' della relativa previsione, volta al perseguimento di un fine di utilita' generale, alla successiva tornata concorsuale). La rilevanza della dedotta questione di costituzionalita', quanto al giudizio in esame, viene in considerazione ove si consideri che, per effetto dell'eventuale annullamento della norma in sede di giudizio di legittimita' costituzionale, verrebbe a determinarsi l'immediata applicabilita' delle disposizioni di cui all'art. 11 del decreto legislativo n. 166/2006 (introduttive dell'obbligo di motivazione per tutti i giudizi di non idoneita), per cui sarebbe fondata la censura di difetto di motivazione dedotta dal ricorrente. In ragione di quanto sopra esposto, si presenta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dell'art. 16, comma 2, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166, nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui all'art. 11, decreto legislativo n. 166/2006 si applicano con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio. Dispone conseguentemente il Collegio la sospensione del presente giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale affinche' si pronunci sulla questione.
P. Q. M. Interlocutoriamente pronunciando in ordine al ricorso in epigrafe, cosi' dispone: dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 2, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166, nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui all'art. 11 dello stesso decreto legislativo n. 166/2006 si applicano con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio; dispone, per l'effetto, la sospensione del giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; ordina che, a cura della segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorita' amministrativa. Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 6 febbraio 2008. Il Presidente: Savo Amodio Il magistrato estensore: Politi