N. 121 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 febbraio 2008

  Ordinanza  del 21 febbraio 2008 emessa dal Tribunale amministrativo
regionale del Lazio sul ricorso proposto da Bonsignori Armando contro
Ministero della giustizia ed altri
  Professioni  -  Notaio  -  Concorso per notaio - Valutazione di non
  idoneita'  alle prove scritte - Obbligo di motivazione - Previsione
  per  i  bandi  di  concorsi  emanati  successivamente  alla data di
  entrata  in vigore della norma censurata e non anche per i concorsi
  in  espletamento  alla  stessa  data  -  Violazione dei principi di
  uguaglianza e di buon andamento della pubblica amministrazione.
  - Decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166, art. 16, comma 2.
  - Costituzione, artt. 3 e 97.
(GU n.18 del 23-4-2008 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4833 del 2007,
proposto  da  Bonsignori  Armando,  rappresentato  e difeso dall'avv.
Egidio  Lamberti,  per il presente giudizio elettivamente domiciliato
in  Roma,  alla via dei Due Macelli n. 60, presso lo studio dell'avv.
Massimiliano Marsili;
   Contro  il  Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro
tempore;  la  Commissione giudicatrice del concorso a n. 200 posti di
notaio,  nella  persona  del  Presidente pro tempore, rappresentati e
difesi  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, presso la quale sono
elettivamente  domiciliati,  in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 e
nei  confronti  di  Bardelli  Chiara  Angela  e Pensato Massimiliani,
controinteressati, non costituitisi in giudizio per l'annullamento:
     dei   provvedimenti   attraverso   i   quali   si  e'  proceduto
all'esclusione  del  ricorrente  dalla prova orale del concorso a 200
posti  di  notaio indetto con decreto dirigenziale 1° settembre 2004,
pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 71 del 7 settembre 2004;
     del  giudizio,  avente  ad  oggetto  la prova scritta svolta dal
ricorrente (n. di busta 1595) espresso dalla Commissione esaminatrice
nel verbale n. 124 del 31 gennaio 2007;
     del verbale anzidetto;
     dei  criteri  generali  di  valutazione  delle prove di concorso
individuati  dalla  Commissione  esaminatrice nel verbale n. 6 del 19
novembre   2005   e   di  ogni  altro  eventuale  atto  dalla  stessa
successivamente adottato con verbale di cui si ignora numero e data;
     nonche'   di   ogni   altro   atto   connesso,   presupposto   e
conseguenziale.
   Visto il ricorso con la relativa documentazione;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'Amministrazione
intimata;
   Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Relatore  alla pubblica udienza del 6 febbraio 2008 il dr. Roberto
POLITI;  uditi  altresi'  i  procuratori  delle parti come da verbale
d'udienza.
   Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue.
                              F a t t o
   Espone   il   ricorrente   di   aver  partecipato  alla  selezione
concorsuale  a  200  posti  di notaio e di essere stato escluso dalle
prove  orali  in  ragione  del  complessivo punteggio pari a punti 96
conseguito  in  esito  allo svolgimento delle prove scritte, le quali
sono state cosi' valutate dalla Commissione:
     atto tra vivi: 30;
     atto di ultima volonta': 33;
     ricorso di volontaria giurisdizione: punti 33.
   Questi i motivi di censura articolati con il presente ricorso:
1)  Violazione  degli  artt.  3,  24,  97  e  113 della Costituzione.
Violazione  e  falsa  applicazione  degli  artt.  11 e 16 del decreto
legislativo  24 aprile 2006, n. 166. Violazione dell'art. 3, comma 1,
della  legge  7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per violazione
dei principi generali in tema di giusto procedimento, di trasparenza,
di par condicio dei candidati.
   Con   decreto   legislativo   n. 166/2006   e'  stato  introdotto,
relativamente  al  concorso notarile, l'obbligo per la Commissione di
motivare  il  giudizio  di  non  ammissione  dei candidati alle prove
orali.
   Sulla  base di tale principio, del quale si afferma l'operativita'
anche  relativamente  alla  selezione de qua, assume parte ricorrente
che  l'avversata  determinazione  di  esclusione  sia  illegittima in
ragione   dell'omessa  ostensione  dell'apparato  motivazionale  reso
obbligatorio per legge.
2)  Violazione  degli  artt.  3, 24, 97, 98 e 113 della Costituzione.
Violazione  degli  artt. 11, 13, 22, 23, 24 e 27 del r.d. 14 novembre
1926,   n. 1953.   Violazione  dell'art.  3,  comma  1,  della  legge
n. 241/1990  alla  stregua  dei  principi  interpretativi forniti dal
decreto  legislativo  n. 166/2006.  Difetto  assoluto di motivazione.
Eccesso  di  potere  per  difetto  di  istruttoria  e di motivazione.
Disparita'  di  trattamento.  Ingiustizia  manifesta.  Illogicita' ed
irrazionalita' manifesta.
   Anche  laddove  si  ritenesse  che  le disposizioni introdotte dal
decreto   legislativo   n. 166/2006   non   siano   ratione  temporis
applicabili  alla procedura concorsuale in discorso, nondimeno assume
parte  ricorrente l'illegittimita' del provvedimento di esclusione in
quanto   privo   di  motivazione:  in  proposito  sottolineandosi  la
disparita'  di  trattamento  fra  candidati risultati «insufficienti»
(per  i  quali  e'  prevista  l'esplicitazione  delle  ragioni  della
disposta  esclusione)  e  candidati  «non  idonei»  (per i quali tale
obbligo  non era, precedentemente al decreto legislativo n. 166/2006,
contemplato).
3)  Violazione  degli  artt.  3,  24,  97  e  113 della Costituzione.
Violazione  degli  artt. 11, 13, 22, 23, 24 e 27 del r.d. 14 novembre
1926, n. 1953. Violazione e mancata applicazione degli artt. 11, 12 e
15 del d.P.R. 9 maggio 1984, n. 487. Violazione dell'art. 3, comma 1,
della  legge  n. 241/1990. Eccesso di potere per violazione del bando
di  concorso  per  violazione dei principi generali in tema di giusto
procedimento,  di  trasparenza,  di  par  condicio  fra candidati, di
ripercorribilita'  ed affidabilita' degli atti endoprocedimentali del
concorso,  per difetto di istruttoria e di motivazione. Disparita' di
trattamento.  Ingiustizia  manifesta.  Illogicita'  ed irrazionalita'
manifesta. Sviamento di potere.
   Lamenta   poi   il  ricorrente  la  mancata  predeterminazione  di
analitici  e puntuali criteri di massima per la valutazione, ad opera
della  Commissione,  degli  elaborati  predisposti in occasione dello
svolgimento  delle  prove scritte: elemento la cui valenza inficiante
vieppiu' rileverebbe in presenza di un voto espresso esclusivamente a
mezzo di coefficienti numerici.
4)  Violazione  dell'art.  97  della Costituzione. Violazione e falsa
applicazione  del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953, come modificato dal
r.d.  22  dicembre  1932, n. 1728. Violazione dell'art. 3 della legge
n. 241/1990. Irragionevolezza. Eccesso di potere. Difetto assoluto di
motivazione. Disparita' di trattamento.
   La  consentita  possibilita' di formazione di due Sottocommissioni
non  sarebbe  stata  preceduta,  come  imposto dalla legge, da alcuna
formale  determinazione  da  parte  del  Presidente della Commissione
esaminatrice; per l'effetto assumendosi che:
     l'operato   dei   due  anzidetti  organismi  (anche  in  ragione
dell'omessa predeterminazione dei componenti di ciascuno di essi) sia
illegittimo;
     i  criteri  di  massima sono stati approvati solo dai componenti
effettivi e non anche dai membri supplenti;
     la  valutazione  operata  rispetto  agli  elaborati  da ciascuna
Sottocommissione non e' poi stata sottoposta all'esame dell'altra.
5)  Violazione  degli  artt.  3 e 97 della Costituzione. Violazione e
falsa   applicazione   del  r.d.  14  novembre  1926,  n. 1953,  come
modificato dal r.d. 22 dicembre 1932, n. 1728. Violazione degli artt.
1  e  3 della legge n. 241/1990. Irragionevolezza. Eccesso di potere.
Difetto assoluto di motivazione. Disparita' di trattamento.
   Nel sottolineare l'assenza di alcun elemento volto a consentire di
comprendere le ragioni della disposta esclusione dalla partecipazione
alle  prove  orali,  evidenzia  parte  ricorrente  che  gli elaborati
esaminati siano privi di tracce di errori e/o nullita'.
6)  Violazione  degli  artt.  3 e 97 della Costituzione. Violazione e
falsa  applicazione  dell'art. 23 del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953.
Eccesso   di   potere  per  difetto  di  istruttoria.  Disparita'  di
trattamento.
   Evidenzia  poi  il  ricorrente che la votazione (33) relativa alla
prova  avente  ad  oggetto il ricorso di volontaria giurisdizione non
sia  stata  apposta  in  chiusura  dell'elaborato,  ma  sul penultimo
foglio,  con riveniente violazione della disposizione di cui all'art.
23 del r.d. n. 1953/1926.
7)  Si  rinnovano qui le censure dedotte in epigrafe del terzo motivo
che sussistono anche in ragione del seguente ulteriore profilo.
   Sarebbe   poi   stata   omessa  dalla  Commissione  la  prescritta
indicazione  degli  eventuali  punti  aggiuntivi attribuibili, ovvero
delle  dichiarazione  dei  commissari  in  ordine  alle ragioni della
mancata attribuzione di essi.
8)  Si  rinnovano qui le censure dedotte in epigrafe del terzo motivo
che sussistono anche in ragione del seguente ulteriore profilo.
   Nel  rammentare il complessivo punteggio di 96 punti conseguito in
esito  alla  correzione  delle  prove  scritte,  pone  in evidenza il
ricorrente  -  anche  con  riferimento  ad  un  parere  pro  veritate
depositato  in  atti  del  giudizio  -  la  correttezza sostanziale e
formale  degli  elaborati  dal medesimo predisposti: conseguentemente
contestando  l'attribuzione  di un punteggio inferiore al minimo (105
punti) per l'ammissione agli orali.
9)  Illegittimita' costituzionale del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953,
come  modificato  dal  r.d. 22 dicembre 1932, n. 1728, per violazione
degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.
   Assume  il  ricorrente  che  la  fissazione della «soglia» dei 105
punti  ai  fini  dell'accesso  alle prove orali sia stata operata dal
legislatore  quale  criterio  suppletivo  e/o  selettivo (rispetto al
giudizio  di idoneita' conseguente al raggiungimento dei 90 punti) in
presenza  di un particolare numero di posti messi concorso, ovvero di
candidati partecipanti alla procedura di selezione.
   Argomenta,  per  l'effetto,  l'illegittimita' costituzionale delle
epigrafate   disposizioni   nella   parte  in  cui  non  si  consente
l'ammissione  alle  prove  orali  pur  in  presenza  di un conseguito
giudizio  di  idoneita' integrato dal riconoscimento di una soglia di
punteggio superiore a 90 punti.
   Conclude   parte  ricorrente  insistendo  per  l'accoglimento  del
gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.
   L'Amministrazione  intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito
l'infondatezza   delle  esposte  doglianze,  invocando  la  reiezione
dell'impugnativa.
   La  domanda  di  sospensione  dell'esecuzione dell'atto impugnato,
dalla  parte  ricorrente  proposta  in  via  incidentale, e' stata da
questo  tribunale  respinta  con ordinanza n. 3645, pronunziata nella
Camera di consiglio del 25 luglio 2007.
   Il  ricorso  viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza
del 6 febbraio 2008.
                            D i r i t t o
   1.  -  Va  in  primo luogo osservato come la predeterminazione dei
criteri  di  massima  per  la valutazione degli elaborati costituisca
espressione  di  potesta'  amministrativa  discrezionale e, in quanto
tale,  e'  sindacabile  in sede di giurisdizione di legittimita' solo
per  manifesta illogicita' (ex multis: Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo
2007, n. 1390).
   I criteri di valutazione delle prove scritte in concorsi che, come
quello  notarile,  richiedono  un'elevata specializzazione, peraltro,
non  necessitano  di particolare analiticita' essendo sostanzialmente
in re ipsa, a differenza di altre ipotesi di procedimenti ad evidenza
pubblica     in     cui     l'intensita'    della    discrezionalita'
dell'amministrazione  e'  espressa  anche  dalla  variabilita'  degli
elementi  da  valutare, con la conseguente esigenza di individuare ed
esplicitare gli stessi.
   La Commissione, nella fattispecie all'esame, ha deliberato che non
puo'   essere   attribuito   il   punteggio   minimo   richiesto  per
l'approvazione nei seguenti casi:
     travisamento della traccia o contraddittorieta' tra le soluzioni
adottate, o tra le soluzioni medesime e le relative motivazioni;
     gravi  errori  di  diritto  nella  scelta  delle  soluzioni  e/o
nell'illustrazione delle parti teoriche;
     gravi  carenze nella parte teorica, anche per omessa trattazione
di punti significativi della stessa;
     vizi formali sanzionati con nullita' da leggi;
     gravi e reiterati errori di grammatica e sintassi.
   Tali criteri, elencando le fattispecie in presenza delle quali non
e' possibile attribuire il punteggio minimo, appaiono funzionali alla
finalita' per la quale la Commissione li ha previsti.
   Ne',   l'omessa   previsione   di   criteri   di  valutazione  per
l'attribuzione  di  punteggi compresi tra la sufficienza (90 punti) e
il  punteggio  minimo  complessivo  (105 punti) per l'ammissione alle
prove  orali,  in  assenza  di  uno specifico obbligo normativo, puo'
tradursi in un vizio di legittimita' dell'azione amministrativa.
   2. - Va poi osservato come la disciplina del concorso notarile sia
stata  modificata  dal decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166: il
quale  equipara,  ai  fini  dell'ammissione  all'orale,  il  voto  di
sufficienza  a quello di idoneita', stabilendo che il giudizio di non
idoneita'  e'  motivato mentre nel giudizio di idoneita' il punteggio
vale motivazione.
   L'art.  11,  comma  3,  in particolare, dispone che il giudizio di
idoneita'  comporta  l'attribuzione  del  voto  minimo  di 35 punti a
ciascuna  delle tre prove scritte, sicche' il nuovo sistema delineato
dalla  legge  non contempla piu' la figura del «novantista», ossia di
colui  che,  come  il ricorrente, ha conseguito un punteggio compreso
tra  90  e  104  (vale  a dire, un punteggio di sufficienza, non tale
tuttavia  da raggiungere l'idoneita), ma prevede l'attribuzione di un
giudizio  di  non idoneita' che, ai sensi dell'art. 11, comma 5, deve
essere  sempre  motivato nei confronti del candidato che non consegue
un voto minimo di 35 punti in ciascuna delle tre prove scritte ovvero
di un giudizio di idoneita' non motivato, in quanto il punteggio vale
motivazione,  verso  il  candidato  che  consegue almeno trentacinque
punti in ciascuna prova scritta.
   L'art. 16, comma 2, del decreto legislativo n. 166/2006 stabilisce
altresi'  che  le  disposizioni  di  cui all'art. 11 si applicano con
decorrenza  dalla  data  di emanazione del prossimo bando di concorso
per la nomina a notaio.
   La  nuova disciplina non puo' ritenersi applicabile ai concorsi le
cui  prove  scritte sono state svolte precedentemente, anche nel caso
in   cui,   come   nella   specie,  la  correzione  delle  prove  sia
materialmente  avvenuta  dopo  l'emanazione  del  bando  di  concorso
successivo all'entrata in vigore del d.lgs. n. 166/2006.
   La  norma,  nonostante la sua formulazione poco perspicua, dispone
evidentemente  che  le  disposizioni de quibus trovino applicazione a
partire  dal  primo  concorso  successivo  all'entrata  in vigore del
decreto legislativo.
   Ne  consegue che il concorso di cui alla presente controversia, in
quanto  bandito  prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo
n. 166/2006,  rimane  disciplinato,  per  l'aspetto  che interessa in
questa  sede,  dall'art. 24 del r.d. n. 1953/1926, secondo cui non e'
ammesso  agli  orali  il  concorrente  che non abbia riportato almeno
trenta   punti  in  ciascuna  delle  prove  scritte  e  non  meno  di
centocinque  nel  complesso  delle prove stesse, senza nulla indicare
circa le motivazioni del giudizio di non idoneita'.
   In  tale  contesto  normativo ed in un contesto fattuale in cui la
Commissione  ha  stabilito discrezionalmente di motivare i giudizi di
totale  insufficienza,  cioe' degli elaborati che non hanno raggiunto
la  valutazione  di  30,  occorre  quindi  stabilire  se il candidato
«novantista» abbia anch'egli diritto ad una motivazione che chiarisca
in  concreto  le  ragioni  della  mancata  attribuzione del punteggio
necessario per l'ammissione agli orali.
   La  giurisprudenza  sia del giudice di appello che di primo grado,
dalla  quale  il  Collegio  non ravvisa motivi per discostarsi, si e'
costantemente  orientata  per  l'assenza  di  uno  specifico  obbligo
motivazionale,  evidenziando in particolare che convincenti argomenti
di  ordine  testuale  e sistematico portano ad escludere, nel sistema
anteriore  al  decreto  legislativo n. 166/2006, la sussistenza di un
obbligo per la Commissione esaminatrice di motivare specificamente il
mancato  raggiungimento,  in  sede  di  valutazione  degli  elaborati
sufficienti,   del   superiore   punteggio  necessario  per  ottenere
l'ammissione  all'orale  (ex  multis: Cons. Stato, IV, 26 luglio 2006
n. 4687).
   Di qui, impregiudicata la questione di legittimita' costituzionale
di  cui  infra,  l'infondatezza,  in  relazione ai profili esaminati,
della censura di difetto di motivazione.
   3.  -  Con  riferimento  alla  doglianza di omessa verbalizzazione
delle  espressioni  individuali  di  voto  dei singoli commissari, e'
sufficiente  osservare come nessuna norma imponga che ogni operazione
compiuta  dalla  Commissione  debba  essere  verbalizzata  a  pena di
nullita'   o   invalidita'   della   stessa,   per   cui  l'onere  di
verbalizzazione  puo'  dirsi  garantito dall'indicazione del giudizio
finale.
   4.   -  Ne',  sotto  diverso  profilo,  dimostrano  fondatezza  le
doglianze  con  le quali parte ricorrente assume che le operazioni di
correzione  degli  elaborati siano state svolte esclusivamente da una
delle  due sottocommissioni nelle quali si sarebbe diviso l'organismo
concorsuale  per  la  valutazione  delle  prove scritte; senza che il
giudizio  conclusivamente  reso da essa sia stato, poi, sottoposto al
vaglio anche dell'altra sottocommissione.
   Dalla  documentazione  versata  in  atti  si  evince  infatti che,
contrariamente  a quanto assunto da parte ricorrente, con conseguente
allegazione  della  violazione degli artt. 22-24 del r.d. 14 novembre
1926,  n. 1953, il Presidente della Commissione non ha inteso formare
due sottocommissioni.
   Cio'  significa,  come  gia'  evidenziato  in precedenti decisioni
della Sezione (tra cui Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez.
I,  11 marzo 2004, n. 2368), che le operazioni di correzione dei temi
sono  state compiute da un'unica Commissione, composta, a norma degli
artt.  13  e  14  dello  stesso  r.d.  n. 1953/1926, da cinque membri
effettivi  (e  cinque  membri  supplenti),  di  cui un magistrato con
funzioni di legittimita' che la presiede, un professore universitario
di  materie  giuridiche,  un  magistrato  con  funzioni di appello in
servizio  presso  la  Corte di appello di Roma, e due notai, anche se
cessati dall'attivita'.
   Quanto   poi   alla   «casuale»   composizione  delta  Commissione
esaminatrice,  e'  sufficiente  ricordare che l'art. 27, comma 2, del
citato  decreto prevede che, nel caso che qualcuno dei commissari non
possa  assumere  o  continuare  l'esercizio  delle  sue  funzioni, e'
immediatamente  surrogato da un membro supplente, sicche' sussiste la
fungibilita'  del  membro  effettivo  con  uno  qualsiasi  dei membri
supplenti  senza  la  necessita'  di  una specifica motivazione delle
ragioni  dell'impossibilita'  dell'esercizio  delle funzioni da parte
del titolare.
   La  sostituzione  e' automatica e non richiede alcuna motivazione,
in  difformita'  da  quanto  previsto  (in via generale) dall'art. 9,
comma  5, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 (regolamento recante norme
sull'accesso  agli  impieghi  nelle  pubbliche  amministrazioni  e le
modalita' di svolgimento dei concorsi), a norma del quale i supplenti
intervengono   alle   sedute   della  Commissione  nelle  ipotesi  di
impedimento grave e documentato degli effettivi.
   Quella  dell'art.  27  del  r.d. n. 1953/1926 si atteggia, dunque,
quale  norma  speciale,  inequivoca  nella  sua portata precettiva, e
funzionale  alle  esigenze di speditezza della procedura concorsuale,
come  e'  stato  evidenziato,  in  sede di esegesi giurisprudenziale,
specialmente  con riferimento all'esame di abilitazione all'esercizio
della  professione  forense,  ed in particolare con riguardo all'art.
22,  comma 5, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (ordinamento della
professione  di  avvocato),  dal  quale  si desume il principio della
fungibilita'  di  ogni  componente  effettivo  con  qualsiasi  membro
supplente   (in  termini,  tra  le  tante,  Tribunale  amministrativo
regionale  Lombardia,  Milano,  sez.  III,  11  giugno 2003, n. 3083;
Tribunale  amministrativo  regionale  Puglia, Bari, sez. I, 29 agosto
2002,  n. 3755;  Cons.  Stato,  sez.  IV, 25 luglio 2001, n. 4069, 20
novembre 2000, n. 6160 e 27 aprile 1984, n. 300).
   Tale  principio  di  fungibilita'  dei  membri  della  Commissione
esaminatrice,    ribadito    dal    Consiglio   di   Stato,   seppure
prevalentemente  con  pronunce  adottate in sede cautelare, anche con
riferimento  al concorso notarile, merita condivisione: per l'effetto
escludendosi  la fondatezza delle doglianze al riguardo esposte dalla
parte ricorrente.
   5.  -  Quanto  al merito delle soluzioni prescelte dal ricorrente,
giudicata  dalla  Commissione  non  sufficienti  al  fine di disporne
l'ammissione  alle  prove  orali,  e'  il caso di rammentare che, dal
momento  che  il  giudizio  di legittimita' non puo' trasmodare in un
pratico  rifacimento,  ad  opera  dell'adito  giudice,  del  giudizio
espresso  dalla  Commissione  (con conseguente sostituzione del primo
alla  seconda),  vale  il principio che l'apprezzamento tecnico della
Commissione  e'  sindacabile  soltanto  ove risulti macroscopicamente
viziato da illogicita', irragionevolezza o arbitrarieta'.
   Come piu' volte affermato (anche dalla sezione), il giudizio della
Commissione comporta una valutazione essenzialmente qualitativa della
preparazione  scientifica  dei  candidati ed attiene cosi' alla sfera
della  discrezionalita'  tecnica,  censurabile  unicamente, sul piano
della  legittimita',  per  evidente  superficialita',  incompletezza,
incongruenza,    manifesta   disparita',   emergenti   dalla   stessa
documentazione,  tali  da  configurare  un  palese eccesso di potere,
senza  che con cio' il giudice possa o debba entrare nel merito della
valutazione  (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 2006,
n. 172).
   Pur   essendosi   cioe'   «superata  l'equazione  concettuale  tra
discrezionalita'  tecnica  e  merito,  riservato  all'amministrazione
nella  determinazione  del regolamento di interessi piu' opportuno, e
dunque  insindacabile  [...], il limite del controllo giurisdizionale
e' dato comunque dal fatto che l'applicazione della norma tecnica non
sempre si traduce in una legge scientifica universale, caratterizzata
dal   requisito  della  certezza  [...],  ed  anzi,  quando  contiene
"concetti   giuridici  indeterminati",  da'  luogo  ad  apprezzamenti
tecnici ad elevato grado di opinabilita» (si confronti, in proposito,
la sentenza 25 giugno 2004, n. 6209 di questa sezione).
   Si dimostra, pertanto, infondata una censura che miri unicamente a
proporre  una  diversa  modalita'  di  soluzione  del tema oggetto di
concorso   (anche  ove  supportata  dall'allegazione  di  pareri  pro
veritate),  atteso  che  in  tal  modo  verrebbe  a giustapporsi alla
valutazione  di  legittimita'  dell'operato  della  Commissione una -
preclusa - cognizione del merito della questione.
   In altri termini, se, per un verso, l'indagine proposta porterebbe
ad  un completo rifacimento da parte del tribunale del giudizio della
commissione  in sostituzione di questa (esito di certo non consentito
alla   luce  degli  evidenziati  limiti  sul  sindacato  del  giudice
amministrativo),   per  altro  verso  cio'  che  conta,  in  sede  di
valutazione  degli elaborati svolti in una procedura per l'accesso ad
una  professione a numero chiuso, non e' solamente la esattezza delle
soluzioni  giuridiche  propugnate e prescelte, ma anche e soprattutto
la modalita' espositiva.
   Ove  cosi'  non  fosse,  dovrebbe ammettersi che tutti i candidati
estensori   di   elaborati   recanti   soluzioni   corrette   debbano
necessariamente  superare  la  prova  concorsuale,  il  che  non puo'
sicuramente  avvenire,  posto che le finalita' del concorso risiedono
nella  selezione  dei  migliori  e  non  gia'  di  tutti  coloro  che
dimostrino di saper comunque giungere a conclusioni esatte.
   6.  -  Viene  poi  in considerazione la censura con la quale parte
ricorrente  ha  ipotizzato  che la votazione (33) relativa alla prova
avente  ad  oggetto  il  ricorso  di volontaria giurisdizione non sia
stata  apposta  in  chiusura dell'elaborato, ma sul penultimo foglio,
con  riveniente  -  asserita  -  violazione della disposizione di cui
all'art. 23 del r.d. n. 1953/1926.
   Tale  profilo  di  censura  ha  formato  oggetto,  ad  opera della
sezione,  di  specifica  indagine istruttoria (disposta con ordinanza
n. 780  del  20 giugno 2007): in esito alla quale si e' avuto modo di
appurare   -  come  gia'  indicato  nell'ordinanza  n. 3645/2007  (di
reiezione  della proposta istanza cautelare) - l'assenza di elementi,
anche  di  carattere  meramente induttivo, idonei ad escludere che la
valutazione  del  predetto  elaborato  non  sia  stata condotta dalla
Commissione con correttezza e completezza.
   Nell'osservare come tali considerazioni siano state poi confermate
anche dal giudice d'appello (cfr. ordinanza della sezione IV n. 5469,
19  ottobre  2007),  il  quale  ha  avuto  modo  di  rilevare che «in
relazione  alla  apposizione  del  giudizio  di  inidoneita', che non
sarebbe  avvenuta sull'ultima pagina dell'elaborato» non e' risultata
«provata  la  incompletezza  o  scorrettezza della lettura», non puo'
esimersi il Collegio dal disattendere la censura all'esame.
   7. - Dato atto, alla luce di quanto precedentemente esposto, della
infondatezza delle doglianze esaminate, ritiene nondimeno il Collegio
che  sia  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la  sollevata
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 2, del
decreto legislativo n. 166/2006.
   Il  principio  d'uguaglianza  di cui all'art. 3 della Costituzione
non   vieta   in   assoluto   discipline   differenziate,   ma   solo
discriminazioni  irragionevoli, con una presunzione di irrazionalita'
per  le discriminazioni fondate su una delle categorie indicate nello
stesso art. 3, per cui il principio di uguaglianza viene ad evolversi
in principio di ragionevolezza delle leggi.
   Il principio di ragionevolezza esige che le disposizioni normative
contenute  in  atti  aventi valore di legge siano adeguate e coerenti
rispetto  al fine di pubblico interesse perseguito dal legislatore ed
in  tal  modo  costituisce  un  limite  al  potere  discrezionale del
legislatore impedendone un esercizio arbitrario.
   La verifica di ragionevolezza di una legge comporta l'indagine sui
suoi  presupposti di fatto, la valutazione della congruenza tra mezzi
e  fini  e  l'accertamento  degli  stessi  fini  ed  il  giudizio  di
costituzionalita'   si   compie   mediante   comparazione  tra  norma
costituzionale,  norma  della cui costituzionalita' si dubita e terza
norma  ordinaria che funge da parametro di riferimento, nel senso che
se la norma impugnata prevede una disciplina discniminatoria rispetto
a quella contenuta nella norma di riferimento e non giustificata alla
stregua    del   principio   di   ragionevolezza,   tale   norma   e'
incostituzionale.
   In  altri  termini,  l'organo  legislativo,  al  quale  spetta  di
compiere  le scelte relative alla individuazione dei fini di utilita'
generale  che  con la legge si intendono perseguire, deve compiere un
apprezzamento  dei mezzi necessari per raggiungere i fini individuati
che   non   sia   inficiato   da   criteri   illogici,   arbitrari  o
contraddittori, altrimenti la norma e' viziata da irragionevolezza ed
e' lesiva del principio di cui all'art. 3 della Costituzione nonche',
quando   incide   sull'azione  amministrativa,  del  canone  di  buon
andamento di cui all'art. 97 della medesima Carta costituzionale.
   Nel  caso di specie, l'art. 11 del decreto legislativo n. 166/2006
ha  equiparato  il  giudizio  di  sufficienza  a quello di idoneita',
stabilendo  che  il giudizio di idoneita' comporta l'attribuzione del
voto  di minimo di 35 punti a ciascuna delle tre prove scritte, ed ha
imposto   l'obbligo  di  motivazione  per  tutti  i  giudizi  di  non
idoneita'.
   La  scelta  del  legislatore,  quindi,  e' stata quella di rendere
percepibile,  attraverso  una specifica motivazione, le ragioni della
valutazione  che, non attribuendo al candidato la votazione minima di
35  in  ciascuna  prova  scritta,  determina  la non ammissione dello
stesso alle prove orali.
   Il  fine di utilita' generale, che emerge chiaramente dalla norma,
appare pero' perseguito, per quanto riguarda la fase transitoria, con
mezzi illogici e contraddittori.
   L'art.  16,  comma  2, del decreto legislativo n. 166/2006 prevede
che  le  relative  disposizioni  trovino  applicazione con decorrenza
dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina
a notaio, vale a dire dal primo concorso bandito successivamente alla
data di entrata in vigore del decreto stesso.
   Ne  consegue,  come  in  precedenza evidenziato, che un obbligo di
motivazione  non puo' ritenersi esistente nelle ipotesi, quale quella
oggetto del presente giudizio, in cui il candidato abbia ricevuto una
valutazione  superiore  a  30 per ciascuna delle tre prove scritte ma
non  tale da raggiungere il punteggio complessivo minimo di 105 in un
concorso bandito prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo
n. 166/2006, sebbene le prove siano state valutate dopo tale data.
   Di   qui,   la  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  16,  comma 2, per violazione
degli   artt.  3  e  97  della  Costituzione  in  quanto,  una  volta
individuato quale fine di utilita' generale un obbligo di motivazione
per tutti i giudizi inferiori a 35 per singola prova, appare illogico
e contraddittorio non prevedere la sua immediata applicazione, vale a
dire  la  sua applicazione anche al concorso in itinere, ma differire
nel  tempo  ad  un  concorso  successivo  l'entrata  in  vigore delle
relative disposizioni. In altre parole, il Collegio rileva che:
     se  e'  vero che l'imposizione di un obbligo di motivazione alla
valutazione  di  non  idoneita'  alle  prove scritte del concorso per
notaio   rientra  in  una  sfera  insindacabile  di  discrezionalita'
legislativa,
     nondimeno,   in   presenza   del   positivo   apprezzamento  dal
Legislatore  stesso  manifestato quanto all'introduzione dell'obbligo
in  discorso,  non vi e' allora alcuna ragione per cui esso non trovi
immediata  applicazione  (dimostrandosi,  al  contrario,  illogico  e
contraddittorio  il  differimento  della  operativita' della relativa
previsione,  volta  al perseguimento di un fine di utilita' generale,
alla successiva tornata concorsuale).
   La  rilevanza della dedotta questione di costituzionalita', quanto
al  giudizio  in esame, viene in considerazione ove si consideri che,
per  effetto  dell'eventuale  annullamento  della  norma  in  sede di
giudizio  di  legittimita'  costituzionale,  verrebbe  a determinarsi
l'immediata  applicabilita' delle disposizioni di cui all'art. 11 del
decreto   legislativo   n. 166/2006   (introduttive  dell'obbligo  di
motivazione  per  tutti  i  giudizi di non idoneita), per cui sarebbe
fondata la censura di difetto di motivazione dedotta dal ricorrente.
   In  ragione  di  quanto sopra esposto, si presenta rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale,
in  relazione  agli  artt.  3  e 97 della Costituzione, dell'art. 16,
comma  2, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166, nella parte
in  cui  prevede  che  le  disposizioni  di  cui all'art. 11, decreto
legislativo  n. 166/2006  si  applicano  con decorrenza dalla data di
emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio.
   Dispone  conseguentemente  il Collegio la sospensione del presente
giudizio  e  la  rimessione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale
affinche' si pronunci sulla questione.
                             P.  Q.  M.
   Interlocutoriamente pronunciando in ordine al ricorso in epigrafe,
cosi' dispone:
     dichiara  rilevante e non manifestamente infondata, in relazione
agli  artt.  3  e 97 della Costituzione, la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  16,  comma  2,  del decreto legislativo 24
aprile  2006,  n. 166, nella parte in cui prevede che le disposizioni
di  cui  all'art.  11 dello stesso decreto legislativo n. 166/2006 si
applicano  con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando
di concorso per la nomina a notaio;
     dispone,  per  l'effetto,  la  sospensione del giudizio e ordina
l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
     ordina  che,  a cura della segreteria della sezione, la presente
ordinanza  sia  notificata  alle  parti in causa ed al Presidente del
Consiglio  dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica.
   Ordina  che  la  presente  decisione  sia  eseguita dall'Autorita'
amministrativa.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella Camera di consiglio del 6 febbraio
2008.
                     Il Presidente: Savo Amodio
                                      Il magistrato estensore: Politi