N. 106 ORDINANZA 14 - 18 aprile 2008

  Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
  Previdenza e Assistenza - Pensioni di guerra - Termine quinquennale
  di  prescrizione per la richiesta - Lamentata lesione del principio
  di  uguaglianza rispetto alla disciplina delle pensioni ordinarie -
  Esclusione - Manifesta infondatezza.
  - D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 99, secondo comma.
  - Costituzione, art. 3, primo comma.
(GU n.18 del 23-4-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              ORDINANZA
nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 99, secondo
comma,  del  d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme
in  materia  di  pensioni  di  guerra),  promosso con ordinanza del 9
ottobre   2006   dal  Giudice  unico  delle  pensioni  della  Sezione
giurisdizionale  per  la  Regione  Puglia  della Corte dei conti, sul
ricorso  proposto da S. R. contro la Direzione provinciale del Tesoro
di  Bari, iscritta al n. 538 del registro ordinanze 2007 e pubblicata
nella   Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 32,  prima  serie
speciale, dell'anno 2007;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  camera  di consiglio del 13 febbraio 2008 il Giudice
relatore Paolo Maddalena;
   Ritenuto  che,  con ordinanza del 9 ottobre 2006, il Giudice unico
delle  pensioni  della  Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia
della  Corte dei conti ha sollevato, in riferimento all'art. 3, primo
comma,  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  99,  secondo  comma,  del  d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915
(Testo  unico  delle  norme  in materia di pensioni di guerra), nella
parte  in cui «prevede il termine quinquennale di prescrizione per la
richiesta  del trattamento pensionistico di guerra limitatamente alla
ipotesi  in  cui l'invalidita' o la morte derivino da lesioni di arma
da  fuoco  di  origine  bellica o da esplosione di un ordigno bellico
provocata da un minorenne»;
     che   il   rimettente  riferisce  che  nel  giudizio  a  quo  si
controverte  su  una  domanda  di trattamento pensionistico di guerra
presentata il 21 gennaio 1988 e respinta con decreto del Ministro del
tesoro  9  luglio  1993  «in  quanto  pervenuta  dopo la scadenza dei
termini stabiliti dagli artt. 99 e 127 del D.p.r. n. 915/1978»;
     che,   in  particolare,  nell'impugnare  tale  provvedimento  di
rigetto,  il ricorrente, nato il 29 dicembre 1945, ha dedotto che «in
data  30  aprile  1956  fu ferito agli arti inferiori a seguito dello
scoppio  di  un  residuato  bellico,  siccome  comprovato dal referto
rilasciato   dall'Ospedale   civile  "Vito  Fazzi"  di  Lecce»  e  da
dichiarazioni  testimoniali,  precisando  altresi' che «fino all'anno
1988  non  ha  mai  avuto  conoscenza  dell'accaduto in quanto tenuto
all'oscuro   dai   suoi   genitori,   secondo  quanto  risulta  dalla
dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta' della madre»;
     che  il  giudice  a quo sostiene, quindi, che l'art. 99, secondo
comma,  del d.P.R. n. 915 del 1978, «nella parte in cui stabilisce il
termine  quinquennale di prescrizione, con decorrenza dal verificarsi
dell'evento  lesivo,  in  relazione  alle lesioni da arma da fuoco di
origine  bellica o allo scoppio di un ordigno bellico provocato da un
minore»,  contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione, giacche' la
prevista «prescrizione (rectius:
decadenza)  del  diritto  a  chiedere il trattamento pensionistico di
guerra»   violerebbe  il  principio  di  uguaglianza  «rispetto  alla
disciplina  delle  pensioni  ordinarie per le quali il diritto non si
perde  per  prescrizione»,  secondo  quanto  disposto dall'art. 5 del
d.P.R  29  dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle
norme  sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari
dello Stato);
     che  il  rimettente  rammenta che, in forza della sentenza n. 97
del    1980    della    Corte    costituzionale,   le   ragioni   che
giustificherebbero  la  disciplina  del  censurato art. 99 del d.P.R.
n. 915  del  1978  andrebbero  ravvisate  nella ovvia «esigenza di un
tempestivo accertamento della dipendenza della morte o invalidita' da
causa  di  servizio  o  fatto  di  guerra  ad  opera delle competenti
autorita' amministrative o sanitarie»;
     che,  tuttavia,  dette  particolari  ragioni non sussisterebbero
nella  fattispecie,  poiche', ai sensi dell'art. 8, quarto comma, del
d.P.R. n. 915 del 1978, «e' sempre presunta la dipendenza da fatto di
guerra quando l'invalidita' o la morte derivino da lesione da arma da
fuoco  di  origine  bellica  o  da  esplosione  di un ordigno bellico
provocata  da  un  minorenne», ne' potrebbero sussistere ove «poste a
raffronto  con la disciplina delle pensioni privilegiate ordinarie e,
in  particolare,  con  la  norma  dell'art.  169 d.P.R. 1092/1973, in
quanto  anche  tale  norma  si  fonda sulla esigenza di un tempestivo
accertamento  della  dipendenza  della  infermita'  o  delle  lesioni
contratte a causa del servizio»;
     che,  ad  avviso  del  giudice a quo, la sollevata questione «si
presenta,  quindi,  non  manifestamente  infondata  e,  ancor  prima,
rilevante  nel  presente  giudizio, in quanto dall'accoglimento della
medesima  dipende  la  definizione  del  medesimo in senso favorevole
all'interessato»;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso per l'infondatezza della proposta questione;
     che  la  difesa  erariale ricorda che, con la sentenza n. 97 del
1980,  richiamata  pure  dal  giudice a quo, la Corte costituzionale,
oltre  ad  indicare  le ragioni particolari che fondano la previsione
dell'art.  99 del d.P.R. n. 915 del 1978, avrebbe affermato anche che
«il  giusto  tertium  comparationis va ricercato nella disciplina dei
trattamenti   ordinari   per   fattispecie   di  analoga  natura»  e,
segnatamente,  nell'ambito  del  trattamento privilegiato, ponendo in
risalto  che  l'art.  169  del  d.P.R.  n. 1092  del  1973 stabilisce
l'inammissibilita'  della  domanda di liquidazione ove «il dipendente
abbia  lasciato  decorrere  cinque anni dalla cessazione del servizio
senza  chiedere  l'accertamento  della  dipendenza delle infermita' o
delle lesioni contratte»;
     che, pertanto, secondo l'Avvocatura generale dello Stato, quanto
evidenziato  comproverebbe che il «processo di omogeneizzazione nella
tutela  delle  pretese pensionistiche, sia per i trattamenti ordinari
che  di  guerra»,  invocato  dal  rimettente, «appare razionalmente e
incontrovertibilmente garantito nel diritto positivo vigente».
   Considerato  che  viene  denunciato  l'art. 99, secondo comma, del
d.P.R.  23  dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia
di  pensioni  di  guerra)  nella  parte  in  cui  «prevede il termine
quinquennale   di  prescrizione  per  la  richiesta  del  trattamento
pensionistico   di   guerra   limitatamente   alla   ipotesi  in  cui
l'invalidita'  o  la  morte  derivino  da lesioni di arma da fuoco di
origine bellica o da esplosione di un ordigno bellico provocata da un
minorenne»;
     che,  ad  avviso  del  giudice  a quo, la disposizione censurata
violerebbe  l'art.  3,  primo  comma,  Cost.,  giacche'  la  prevista
«prescrizione (rectius:
decadenza)  del  diritto  a  chiedere il trattamento pensionistico di
guerra»   violerebbe  il  principio  di  uguaglianza  «rispetto  alla
disciplina  delle  pensioni  ordinarie per le quali il diritto non si
perde  per  prescrizione»,  secondo  quanto  disposto dall'art. 5 del
d.P.R  29  dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle
norme  sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari
dello Stato);
     che,  questa  Corte,  oltre  a  porre  piu'  volte in risalto la
differenza ontologica tra pensioni ordinarie e pensioni di guerra, al
fine  di  escludere  la  disparita'  di  trattamento di queste ultime
rispetto   alle   prime   in  punto  di  disciplina  dei  termini  di
prescrizione  (tra le altre, ordinanze n. 905 e n. 850 del 1988), con
la  sentenza  n. 125  del  1985,  ha  gia'  dichiarato non fondata la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 99, secondo comma,
del  d.P.R.  23  dicembre  1978,  n. 915,  sollevata,  in riferimento
all'art.  3  Cost.,  nella  parte in cui, appunto, prevede un termine
quinquennale  di  prescrizione  per  la  richiesta  della pensione di
guerra;
     che,  in  detta  occasione, nel rammentare la propria precedente
sentenza  n. 97  del  1980  sulle  ragioni fondanti la previsione del
denunciato  art.  99  -  da  ravvisarsi  nella  ovvia «esigenza di un
tempestivo accertamento della dipendenza della morte o invalidita' da
causa  di  servizio  o  fatto  di  guerra  ad  opera delle competenti
autorita'  amministrative  o  sanitarie»  -  la Corte ritenne che non
fosse  correttamente  evocato come tertium comparationis l'art. 5 del
d.P.R.  n. 1092  del  1973,  giacche'  disciplinante  fattispecie non
omologa - quale quella delle pensioni ordinarie, la cui insorgenza e'
correlata,  essenzialmente, allo scorrere temporale dell'attivita' di
servizio  -, dovendosi invece avere riguardo a situazione nella quale
venissero   «positivamente   esaltate  le  correlazioni  e  i  nessi,
concernenti gli altrettanto indispensabili accertamenti medico-legali
dell'occorso evento»;
     che,   pertanto,  il  raffronto  si  reputo'  possibile  con  la
disciplina  del  trattamento  pensionistico  privilegiato,  la' dove,
pero',  l'art.  169  del  d.P.R.  n. 1092 del 1973 stabilisce proprio
l'inammissibilita'  della  domanda di liquidazione ove «il dipendente
abbia  lasciato  decorrere  cinque anni dalla cessazione del servizio
senza  chiedere  l'accertamento  della  dipendenza delle infermita' o
delle   lesioni   contratte»  (termine  elevato  ad  anni  dieci  per
invalidita' derivata da parkinsonismo);
     che,  nel  presente  giudizio, il rimettente insiste nel porre a
raffronto  la  disciplina  della  prescrizione  dettata  dall'art. 99
denunciato  con  quella di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 1092 del 1973
sulla  imprescrittibilita'  delle  pensioni ordinarie, adducendo come
elemento  differenziale  -  che non consentirebbe di fare riferimento
all'art.  169  dello  stesso  testo  unico  -  il  fatto  che,  nella
fattispecie,  rileverebbe  la  presunzione legale, di cui all'art. 8,
quarto  comma,  del d.P.R. n. 915 del 1978, sulla dipendenza da fatto
di guerra dell'invalidita' o della morte derivate «da lesione da arma
da  fuoco  di  origine  bellica o da esplosione di un ordigno bellico
provocata da un minorenne»;
     che  a  siffatta  presunzione,  secondo il giudice a quo, non si
attaglierebbero le ragioni giustificatrici del denunciato art. 99, le
quali  andrebbero  ravvisate  nella  ovvia «esigenza di un tempestivo
accertamento  della  dipendenza della morte o invalidita' da causa di
servizio  o  fatto  di  guerra  ad  opera  delle competenti autorita'
amministrative o sanitarie»;
     che, contrariamente a quanto opina il rimettente, la presunzione
di  cui  al  citato  art. 8 riguarda esclusivamente «la dipendenza da
fatto  di  guerra»  per  la  liquidazione  della relativa pensione (o
assegno  o  indennita)  in favore dei soggetti civili, e cioe' quella
causa  violenta descritta dallo stesso art. 8, nei commi dal primo al
terzo,    mentre   la   medesima   presunzione   non   opera   quanto
all'accertamento dei fatti che hanno determinato l'evento stesso, ne'
rispetto alla consistenza oggettiva di quest'ultimo;
     che,  dunque,  rimangono intatte le esigenze che giustificano la
disciplina  del  denunciato  art.  99,  le  quali,  peraltro,  non si
esauriscono  in  quelle  accennate  dalla  sentenza  n. 97  del 1980,
dovendo   invece  trovare  puntualizzazione,  secondo  la  successiva
sentenza  n. 125 del 1985, nelle «correlazioni e i nessi, concernenti
gli    altrettanto    indispensabili    accertamenti    medico-legali
dell'occorso evento»;
     che,  del  resto,  occorre  pure rilevare che, in situazione per
taluni  profili analoga a quella in esame, l'esigenza di accertamento
dei  fatti  determinanti  l'invalidita'  o  la malattia professionale
concorre  a  fondare  la  ragione  giustificativa  della prescrizione
triennale  della  rendita  INAIL ai sensi dell'art. 112 del d.P.R. 30
giugno   1965,   n. 1124   (Testo   unico   delle   disposizioni  per
l'assicurazione  obbligatoria  contro  gli  infortuni sul lavoro e le
malattie  professionali),  come  piu'  volte  affermato  dalla  Corte
costituzionale (da ultimo, sentenza n. 297 del 1999; ordinanza n. 356
del  2000)  nel  dichiarare  non fondati i dubbi di costituzionalita'
prospettati avverso la predetta norma, anche sulla base del raffronto
con la disciplina dell'imprescrittibilita' del diritto a pensione;
     che    la    questione   deve,   pertanto,   essere   dichiarata
manifestamente infondata.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  99,  secondo comma, del d.P.R. 23 dicembre
1978,  n. 915  (Testo  unico  delle  norme  in materia di pensioni di
guerra),  sollevata,  in  riferimento  all'art. 3, primo comma, della
Costituzione,   dal   Giudice  unico  delle  pensioni  della  Sezione
giurisdizionale  per  la  Regione  Puglia  della Corte dei conti, con
l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2008.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Maddalena
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositato in cancelleria il 18 aprile 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola